Giovanni
8,31-36
31
Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: «Se
perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; 32
conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». 33
Essi gli risposero: «Noi siamo discendenti d'Abraamo, e non siamo
mai stati schiavi di nessuno; come puoi tu dire: "Voi diverrete
liberi"?» 34
Gesù rispose loro: «In verità, in verità vi dico che chi commette
il peccato è schiavo del peccato. 35
Ora lo schiavo non dimora per sempre nella casa: il figlio vi dimora
per sempre. 36
Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi.
In
questo denso dialogo che ci riporta l’evangelista Giovanni, Gesù
ci dà una grande lezione sulla libertà, che è sempre il tema al
centro delle nostre riflessioni nel culto del XVII febbraio.
C’è
una libertà che si pensa di avere, che ci si illude di avere, che è
un’illusione, che è quella che spinge gli interlocutori di Gesù a
dire: «Noi
siamo discendenti d'Abraamo, e non siamo mai stati schiavi di
nessuno».
Noi siamo già liberi, lo siamo perché apparteniamo al popolo che
Dio stesso si è riscattato liberandolo dalla schiavitù di Egitto.
In
sé, non si più certo dire che avessero tutti i torti: la libertà
che Dio aveva guadagnato al popolo ebraico, schiavo in Egitto, era
una delle caratteristiche principali che ha segnato il rapporto tra
Dio e il suo popolo: Dio aveva donato la libertà e aveva donato al
popolo anche i mezzi per viverla, ovvero la terra e la Torah,
che contiene le istruzioni per vivere e mantenere la libertà una
volta che fossero entrati nella terra promessa.
Tutto
ciò era sacrosanto, purché questa libertà non diventasse un fatto
acquisito, scontato. Purché non diventasse una proprietà e non si
cadesse nell’errore di pensare di non avere più bisogno di essere
liberati, perché “tanto siamo già liberi e non siamo mai stati
schiavi di nessuno...”.
In
questo errore cadono gli interlocutori di Gesù e in questo errore
spesso rischiamo di cadere anche noi: quello di pensare che la nostra
libertà sia un dato acquisito, sia un fatto che nessuno può
toglierci, quasi un dato naturale o storico: con la nostra storia di
valdesi perseguitati, figurati se non sappiamo che cosa sia la
libertà…!
La
libertà non è mai scontata. Non lo è quella civile, e i recenti
fatti di violenza razzista e di richiami al fascismo lo dimostrano. E
non lo è quella spirituale, come dice Gesù, perché «chi
commette il peccato è schiavo del peccato».
Da questa schiavitù del peccato, che ci separa da Dio e dal
prossimo, non ci liberiamo da soli.
Non
è una nostra proprietà la libertà, e non è nelle nostre
possibilità la liberazione. Non ci liberiamo da soli, abbiamo
bisogno di essere liberati, abbiamo bisogno di un liberatore.
E
infatti: «la verità vi farà liberi». O ancora: «Se
dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi».
I verbi sono sempre al futuro: vi farà
liberi,
sarete
veramente
liberi… Questa parola di Gesù ci viene a dire oggi, che celebriamo
le festa della libertà, che la libertà è sempre e solo un dono,
che la possiamo solo e sempre ricevere, mai avere e possedere.
E
questo, di nuovo, è vero per la libertà civile, quella che parla
dei diritti civili, dei diritti umani; ed è vero a maggior ragione
per la libertà spirituale, per la libertà dei figli di Dio.
“La
verità vi farà liberi”, dice Gesù. Cioè non siete liberi, non
siete naturalmente liberi. Naturalmente siete schiavi. Siamo schiavi
di noi stessi e della nostra miopia, che ci impedisce di vedere oltre
noi stessi.
Ma
cadiamo poi facilmente in molte altre schiavitù: possiamo diventare
servi di un leader,
di un capo, di una ideologia (che è spesso portata avanti da un
capo)… E quanti, illudendosi di essere liberi, diventano schiavi di
una qualche dipendenza, dal gioco, dall’alcol, da altre sostanze…!
Se
dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi. Perché
si può essere falsamente liberi, credere di essere liberi, ma in
realtà essere schiavi. Chi passa le sue giornate davanti alle slot
machines,
giocandosi tutto ciò che ha e riempiendosi di debiti, è convinto di
essere libero nelle sue scelte.
Il
peccato è subdolo: ci rende schiavi dandoci l’illusione di essere
liberi. Ma proprio l'illusione di essere liberi, di “possedere”
la libertà, è il primo sintomo della nostra schiavitù. C’è
bisogno di qualcuno che ci renda liberi, che ci dia la libertà.
“La
verità vi farà liberi”, dice Gesù: e la verità è lui stesso, è
lui la parola incarnata e vera che Dio pronuncia su di noi. Essa è
allo stesso tempo parola di giudizio, che scoperchia la menzogna
della nostra finta libertà travestita da egoismo e indifferenza, e
parola di grazia che ci dona la vera libertà, perché ci
libera da
tutti i padroni che possiamo avere.
Potremmo
dire: non siamo liberi, ma siamo liberati, e siamo liberi solo nella
misura in cui Dio continua a liberarci. Siamo liberi solo nella
misura in cui non pensiamo di “avere” la libertà, ma siamo
consapevoli di aver bisogno della liberazione del Signore.
E
come fa a darci la libertà? Gesù ci dice qual’è la strada: «Se
perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli;
conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».
Perseverare
nella sua parola è la prima cosa da fare per ridiventare liberi ogni
giorno, per ricevere ogni giorno la libertà dei figli di Dio.
Frequentare
la Parola equivale a frequentare una scuola di libertà. Questo la
Riforma ce lo ha insegnato chiaramente. Nell’anno di celebrazioni
del cinquecentenario della Riforma si è parlato molto della libertà
di Lutero, che si è sentito libero di disobbedire al papa e
all’imperatore, perché la sua coscienza era prigioniera della
Parola di Dio.
L’anno
di celebrazioni è finito – ed è giusto che sia finito, è stato
un bel momento ma non si può celebrare all’infinito – ma forse
il modo migliore per continuare a celebrare la Riforma è ritornare
con entusiasmo alla scuola della Parola, da cui tutto ha avuto
inizio.
La
nostra libertà non la troviamo dentro di noi, non la troviamo
nemmeno nella nostra storia, ma la troviamo soltanto in quella parola
in cui siamo chiamati a perseverare.
Perseverando
in quella Parola troveremo la nostra libertà, perché ci troveremo
prima tutte le nostre schiavitù. Specchiandoci in essa e in ciò che
essa ci racconta, troveremo le nostre schiavitù. Troveremo la
schiavitù del nostro orgoglio nella storia del fariseo che va a
pregare ringraziando di non essere come gli altri.
Troveremo
la schiavitù della nostra pigrizia nel racconto del figlio che dice
di voler andare a lavorare nella vigna ma poi non ci va. Troveremo la
schiavitù della nostra invidia nella storia dei lavoratori della
prima ora che si lamentano perché quelli dell’ultima ora hanno
guadagnato tanto quanto loro.
Troveremo
la schiavitù della nostra indifferenza nel comportamento del
sacerdote e del levita che passano oltre l’uomo ferito e per
evitarlo si spostano sull’altro lato della strada.
Frequentare
la Parola di Dio è come frequentare un buon medico, che per prima
cosa fa una diagnosi della malattia. Nella Parola troviamo la
diagnosi della nostra schiavitù, che è il giudizio sul nostro
peccato che ci rende schiavi.
Ma
come un buon medico non si limita a fare la diagnosi, ma cura poi
anche la malattia, così la Parola di Dio non si limita al giudizio
ma pronuncia anche la parola di grazia, cioè di liberazione.
Per
poter avere la cura bisogna però accettare la diagnosi, ovvero fare
nostro il giudizio che Dio pronuncia su di noi e potere così
accogliere la Parola di grazia.
La
parola di grazia è che il nostro orgoglio, la nostra pigrizia, la
nostra invidia, la nostra indifferenza non hanno l'ultima parola, che
c’è una possibilità di riscatto da tutte queste colpe, perché
l’amore di Dio ci offre una nuova possibilità, ovvero ci dona la
libertà di poter ritentare di essere come Dio ci vuole.
Questo
significa frequentare la scuola della Parola: dietro questo invito di
Gesù c’è la ferma fiducia che quella parola – che è poi stata
raccolta nella testimonianza degli apostoli e dei profeti – può
trasformarci: come l’acqua scava la roccia su cui cade goccia dopo
goccia, così la Parola di Dio vuole fare con le nostre vite,
scavandole e trasformandole.
«Perseverate
nella mia parola… conoscerete la verità e la verità vi farà
liberi».
Perseverando nella Parola di Dio conosceremo la verità innanzitutto
su di noi, sulle nostre piccolezze e sulle nostre piccole schiavitù,
che noi non vorremmo neppure vedere.
Conosceremo
quanto è illusorio pensare di liberarci da noi stessi, e quanto
siamo illusi se pensiamo di essere naturalmente liberi.
Ma
verremo anche a scoprire che la libertà ci è offerta, donata, in
Cristo, che ce l’ha guadagnata a caro prezzo, a prezzo della sua
vita.
E
che da lì, da questo dono immeritato e gratuito, tutto può
ricominciare: da lì può ricominciare la nostra fede, la gioia, la
nostra speranza e anche la nostra libertà.
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