martedì 14 settembre 2021

Predicazione di domenica 12 settembre 2021 su Luca 17,5-6 a cura di Marco Gisola in occasione della Festa di Fra’ Dolcino

 Luca 17,5-6

1 Gesù disse ai suoi discepoli: «È impossibile che non avvengano scandali, ma guai a colui per colpa del quale avvengono! 2 Sarebbe meglio per lui che una macina da mulino gli fosse messa al collo e fosse gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno solo di questi piccoli. 3 State attenti a voi stessi! Se tuo fratello pecca, riprendilo; e se si ravvede, perdonalo. 4 Se ha peccato contro di te sette volte al giorno, e sette volte torna da te e ti dice: "Mi pento", perdonalo».

5 Allora gli apostoli dissero al Signore: «Aumentaci la fede!» 6 Il Signore disse: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo sicomoro: "Sràdicati e trapiàntati nel mare", e vi ubbidirebbe.



Il brano di oggi sono i vv. 5-6 del capitolo 17 di Luca. Questo brano inizia con la richiesta che gli apostoli rivolgono a Gesù di aumentare la loro fede. Ma perché i discepoli chiedono a Gesù di aumentare la loro fede? Non lo chiedono in modo generico, per essere migliori, più buoni o per essere dei bravi testimoni.

Lo chiedono in base a ciò che Gesù ha detto appena prima. Rileggiamo il testo, a partire dal v. 1. È davanti alle parole di Gesù su scandalo e perdono che arriva la richiesta dei discepoli che vorrebbero avere più fede. Pensano che per fare quello che Gesù chiede loro di fare ci voglia molta fede, più fede di quella che hanno. Sentono di non avere abbastanza fede per fare quello che ha detto Gesù, cioè per non scandalizzare e per riuscire a perdonare.

Questa richiesta dei discepoli letta nel suo contesto ci dice una cosa molto importante: la nostra fede ci serve anche per relazionarci in modo giusto con gli altri, in particolare, secondo le parole di Gesù, non scandalizzandoli e perdonandoli. La nostra fede, cioè, è una fede vissuta nella relazione, non abbiamo fede soltanto per noi, ma per relazionarci nel modo giusto con gli altri. Per questo il contesto in cui viene la richiesta dei discepoli è importante. Che cosa ha appena detto Gesù, che porta i discepoli a chiedere di aumentare la loro fede? Gesù ha parlato di scandalo e di perdono.

La prima parola di Gesù, quella sullo scandalo è molto dura: lo scandalo va evitato al punto che sarebbe meglio per un discepolo essere buttato in mare con una pietra legata al collo piuttosto che scandalizzare “uno di questi piccoli”. Che cosa vuol dire scandalizzare nel NT? La parola scandalo in greco, la lingua del NT, viene dall’uso delle trappole per catturare gli animali. Lo scandalo è lo “scatto” della trappola e poi, per estensione, la trappola stessa. È ciò che fa cadere, che cattura. Lo scandalo nella vita comunitaria è dunque ciò che fa cadere, è un comportamento che fa cadere un fratello o una sorella, che li porta sulla strada sbagliata. Lo scandalo è dunque il male consapevole, non quello fatto per errore, senza volerlo. È il male fatto sapendo di fare del male.

Ora, detto così, è probabile che la maggioranza di noi si ritenga innocente: se per caso facciamo del male a qualcuno, di certo lo facciamo involontariamente…! Probabilmente è così, ce lo auguriamo, ma qui Gesù ci sta suggerendo di vedere le cose in modo diverso, da un altro punto di vista: se il fratello cade, se la sorella cade a causa di qualcosa che abbiamo detto o fatto, quello è male. Se qualcosa – che per noi magari è una leggerezza – fa cadere il fratello o la sorella, in realtà non è una leggerezza, è uno scandalo.

Gesù ci invita a considerare quello che facciamo a partire dalle sue conseguenze sul fratello o sulla sorella e non a partire dalle nostre opinioni. Ci invita a chiederci: quello che sto per fare o sto per dire potrà scandalizzare – nel senso di far cadere - qualcuno? Come sempre Gesù ci apre e ci dona un altro punto di vista.

E poi il perdono. Gesù dice che se a te, che ritieni di essere suo discepolo o sua discepola, viene chiesto perdono, devi perdonare anche sette volte in un giorno. Sette è un numero simbolico, un numero che indica completezza, come i giorni della settimana. Sette vuol dunque dire sempre, vuol dire che, tutte le volte che il perdono viene chiesto, il discepolo e la discepola di Gesù devono concederlo. Non c’è limite al perdono.

Notiamo che Gesù dice che la persona che chiede perdono si pente: “Se ha peccato contro di te sette volte al giorno, e sette volte torna da te e ti dice: “Mi pento”, perdonalo”. Pentimento e perdono sono le cose che ri-costruiscono una relazione.

Non parliamo qui di un perdono rituale, o di un perdono che viene dall’alto, ma del perdono tra sorelle e fratelli, parliamo di una frattura che si ricompone, di una ferita che guarisce, di una relazione rotta o interrotta che ricomincia. Parliamo cioè di riconciliazione, che è appunto la ri-costruzione di una relazione che si è rotta, che qualcuno ha rotto. La volontà di Dio che qui Gesù ci insegna è che non ci debba essere limite alla ricerca della riconciliazione e ci mostra che la riconciliazione tra due persone ha bisogno di una decisione di entrambe le persone.

Qui Gesù parla di un perdono chiesto e concesso. Chi ha rotto, deve pentirsi – cioè capire e ammettere di aver sbagliato, di aver fatto del male e di avere rotto una relazione – e chi ha subito il male deve accogliere la richiesta di perdono. Ci si riconcilia in due. In particolare qui Gesù si rivolge a chi è richiesto di concedere il perdono e gli dice semplicemente: se ti viene chiesto perdono, se sei cristiano, se sei cristiana lo concedi.

Ma il verbo “concedere” non è quello più giusto, perché sa – appunto – di concessione. Meglio dire accogliere la richiesta di perdono, perché accogliendo la richiesta di perdono si accoglie la sorella o il fratello che chiedono perdono. Riconciliazione significa accogliersi e riconoscersi di nuovo – dopo la rottura – come sorelle e fratelli.

Lo scandalo di cui Gesù ha appena parlato è ciò che rompe una relazione, il perdono è ciò che la ricostruisce. E avete notato che Gesù dice che è impossibile che non avvengano scandali, cioè è impossibile che non ci si faccia cadere a vicenda. Perché siamo umani e siamo fatti così, perché è molto difficile mettersi davvero nei panni del prossimo. Per questo il perdono è essenziale, proprio per ricostruire ciò che inevitabilmente rompiamo.

E davanti a questi compiti i discepoli chiedono a Gesù di aumentare la loro fede, perché sembra loro di essere davanti a compiti troppo grandi, per cui la loro fede non basta. E qui viene la seconda parte del brano di oggi. La risposta di Gesù è di nuovo paradossale. Alla richiesta dei discepoli di aumentare la loro fede, Gesù risponde che basta pochissima fede – grande quanto un granello di senape che è piccolissimo – per spostare un sicomoro, che è un albero con radici molto profonde (Matteo in una parola simile di Gesù dice addirittura una montagna, ma il senso è lo stesso).

È un paradosso: i discepoli chiedono maggior quantità di fede, Gesù risponde che basta – anzi: basterebbe – una piccolissima quantità di fede. Ed è un paradosso anche perché ovviamente lo scopo della fede non è spostare alberi o montagne, ma è non scandalizzare e perdonare. Che è più difficile di spostare alberi!

Gesù dice «Se aveste fede quanto un granello di senape...», quindi presuppone che i discepoli non ce l’abbiano. Ma questi discepoli ce l’hanno o non ce l’hanno la fede? O una fede sufficientemente grande? E noi? Ce l’abbiamo?

Gesù sta dicendo ai discepoli e a noi che la fede non si misura e non si quantifica. Avere fede non significa “possedere” la fede o averne una certa quantità, più o meno di altri. La fede non sta in tasca o in un magazzino o in cassaforte. Quando parliamo di una fede grande (come di un grande amore) sono modi di dire, non vere e proprie misure di quantità. La fede è fiducia, è fidarsi, è credere che è giusto ciò che Gesù dice, che è giusto non scandalizzare, non far cadere il prossimo e che è giusto perdonare ogni volta a chi ce lo chiede.

La fede è credere che questo è giusto e che questa è la volontà di Dio. E dunque agire di conseguenza. La volontà di Dio non è che noi spostiamo alberi nel mare, la volontà di Dio è che ci rapportiamo al prossimo e al mondo come Gesù si è rapportato, con giustizia e misericordia.

La nostra piccola fede è sufficiente quando riconosciamo che da soli non riusciamo né a perdonare, né a non scandalizzare. Di più: che da soli non vogliamo né perdonare né non scandalizzare.

La nostra piccola fede è sufficiente se riconosce questo e se si affida a Dio – che lui solo è grande – affinché Dio trasformi la nostra volontà nella sua, giorno dopo giorno.

La giustizia e la misericordia di Dio sono grandi, enormi. Se ci affidiamo a lui, la nostra piccola fede può imparare a vivere i grandi doni che egli ci fa dell’amore che non fa cadere e del perdono che riconcilia.

Non cerchiamo la grande fede che non possiamo avere. Riponiamo piuttosto la nostra piccola fede nel Dio il cui grande amore e la cui grande misericordia possono ogni cosa.

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