Nel
suo insegnamento Gesù diceva: «Guardatevi dagli scribi, che amano
passeggiare in lunghe vesti, ed essere salutati nelle piazze, e avere
i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei conviti; essi che
divorano le case delle vedove e fanno lunghe preghiere per mettersi
in mostra. Costoro riceveranno una maggior condanna».
Sedutosi
di fronte alla cassa delle offerte, Gesù guardava come la gente
metteva denaro nella cassa; molti ricchi ne mettevano assai. Venuta
una povera vedova, vi mise due spiccioli che fanno un quarto di
soldo. Gesù, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In
verità io vi dico che questa povera vedova ha messo nella cassa
delle offerte più di tutti gli altri: poiché tutti vi hanno gettato
del loro superfluo, ma lei, nella sua povertà, vi ha messo tutto ciò
che possedeva, tutto quanto aveva per vivere».
Il
brano odierno comprende due parti: la rottura con gli scribi e la
presentazione di una povera vedova come modello di generosità.
Scriba
era il nome che dai tempi di Esdra veniva dato ai maestri della
Legge. Gli scribi ricevevano una formazione appropriata ed erano
ritenuti e chiamati Rabbi.
Erano
teologi e giuristi e le loro spiegazioni formarono presto una
raccolta di norme accanto alla Legge, molti erano anche Farisei.
Formavano una classe distinte molto influente e si appoggiavano ai
partiti (Farisei, Sadducei, Esseni ); nel Nuovo Testamento li
troviamo con i Farisei nei conflitti contro Gesù, ma non tutti gli
erano nemici
Non
troviamo in Marco le accese requisitorie del capitolo 23 (vv. 1-14)
di Matteo contro Farisei e Scribi ma anche l’elenco di difetti
elencati in questo brano (orgoglio, rapacità, ipocrisia) li bolla
senza pietà ed è un indice della rottura definitiva di Gesù con
loro.
Nel
suo insegnamento Gesù diceva
L’insegnamento
è rivolto alla folla, e al di là della folla, alla comunità dei
discepoli ed è una messa in guardia da due atteggiamenti biasimevoli
degli scribi: vanità e ipocrisia.
Lunghe
vesti
La
vanità, si manifesta nello sfoggio dell’ampio mantello del rabbi,
il tallit, nella ricerca del saluto o riverenza nei luoghi
frequentati dalla gente e nell’accaparrarsi i seggi più onorevoli
e ambiti nei conviti e nelle assemblee
Essi
che divorano
L’ipocrisia
gli scribi la rivelano nell’ostentare una grande devozione,
prolungando la preghiera davanti a tutti, mentre di fatto divorano i
beni delle vedove.
Le
case delle vedove
Le
vedove erano difese giuridicamente e religiosamente in Israele, come
in nessun altro popolo dell’antichità, anche se le leggi non
sempre erano rispettate e il dovere di assistenza era spesso ribadito
Gesù
ritiene particolarmente vergognoso il fatto che gli scribi
approfittino dello stato di disagio delle vedove, approfittando della
loro ospitalità e generosità e ancor più che lo facciano sotto la
copertura religiosa.
Una
maggior condanna
Con
lo stile dei profeti Gesù lancia contro gli scribi il suo terribile
giudizio di condanna.
Di
fronte alla cassa delle offerte
Il
versetto si apre con una rapida annotazione geografica. Il racconto
si svolge nell’atrio delle donne del tempio di Gerusalemme, dove
erano erette 13 trombe o cassette a forma di imbuto, per le offerte
obbligatorie o libere suddivise secondo le intenzioni degli
offerenti. Probabilmente lo scopo e l’entità dell’offerta
dovevano essere comunicate al sacerdote incaricato.
Molti
ricchi ne mettevano assai
L’osservazione
delle “tante” monete gettate crea il contrasto con l’offerta
della vedova.
La
vedova, vi mise due spiccioli
La
vedova vi getta due lepton. Il lepton è la più
piccola moneta e Marco precisa che corrisponde ad un “quadrante”
romano , che è un sessantaquattresimo di un “denaro”, ed era la
paga giornaliera di un operaio. Il nostro testo traduce “lepton”
con “spicciolo” e un quarto di soldo.
Ai
tempi di Gesù non vi erano né i riflettori, né le televisioni, né
i fotografi di moda e alla moda ma non mancavano i personaggi che si
muovevano come se recitassero. Oggi mi è venuta in mente l'immagine
di un noto cardinale che giunto non molto tempo fa all'aeroporto di
Cerrione con un aereo privato ha ricevuto un baciamano di un
altrettanto noto (a livello locale) parroco di una città vicina a
Biella.
Penso
proprio che il messaggio evangelico di Gesù non abbia tempo anche se
sicuramente anche noi valdesi non siamo più ai tempi di Valdo e
spesso anche i nostri atteggiamenti possono essere abbastanza simili
a quelli degli scribi descritti nel testo evangelico.
L'importante
è che se ci viene la tentazione di metterci in mostra poi ce ne
rendiamo conto e cerchiamo di limitare il nostro desiderio di
apparire.
E
pensiamo anche alla figura della vedova anche se abbiamo bisogno di
aumentare le nostre contribuzioni.
Pensiamo
ad esempio come è nato il microcredito
Le
origini del microcredito, nella sua attuale applicazione, possono
essere collegate a diverse organizzazioni fondate in Bangladesh, in
particolare alla Grameen
Bank. La Grameen
Bank, fondata da Muhammad
Yunus nel 1983, è considerata il primo istituto di microcredito
moderno: Yunus ha iniziato il progetto in una piccola città,
chiamata Jobra,
utilizzando il proprio denaro per fornire piccoli prestiti a bassi
tassi d’interesse per i poveri delle campagne.
E
così fu anche la storia della cooperazione in cui anch'io per un
certo numero di anni ho lavorato.
La
penisola italiana non aveva ancora trovato una sua unità politica
quando, nel 1844 in piena Rivoluzione Industriale, un gruppo di
tessitori spinti dalla pesante crisi economica decise di costituire
nella cittadina inglese di Rochdale il primo spaccio cooperativo con
lo scopo di "migliorare la situazione economica dei soci".
Nasceva di fatto la cooperazione e si inaugurava un periodo pionieristico che, alimentato dai primi incoraggianti successi, ben presto fece della struttura cooperativa un modello da imitare in ogni parte d'Europa.
Non rimase avulso a questo panorama di rapide trasformazioni il suolo italiano e fu il Piemonte, dove era stata recepita l'innovazione delle Associations Fraternelles di Louis Blanc e il recentissimo Statuto Albertino aveva alimentato speranze di apertura alle forme di mutuo soccorso, a tenere a battesimo le prime cooperative nostrane. Nel 1854 a Torino fu la volta della Società degli Operai mentre due anni più tardi toccò all'Associazione artistico-vetraia di Altare.
Da quel momento il processo fu inarrestabile, tanto che alla fine dell'anno 1862 si potevano contare nel Regno d'Italia ben 443 società di mutuo soccorso delle quali 209 costituite tra il 1860 ed il 1862.
Nasceva di fatto la cooperazione e si inaugurava un periodo pionieristico che, alimentato dai primi incoraggianti successi, ben presto fece della struttura cooperativa un modello da imitare in ogni parte d'Europa.
Non rimase avulso a questo panorama di rapide trasformazioni il suolo italiano e fu il Piemonte, dove era stata recepita l'innovazione delle Associations Fraternelles di Louis Blanc e il recentissimo Statuto Albertino aveva alimentato speranze di apertura alle forme di mutuo soccorso, a tenere a battesimo le prime cooperative nostrane. Nel 1854 a Torino fu la volta della Società degli Operai mentre due anni più tardi toccò all'Associazione artistico-vetraia di Altare.
Da quel momento il processo fu inarrestabile, tanto che alla fine dell'anno 1862 si potevano contare nel Regno d'Italia ben 443 società di mutuo soccorso delle quali 209 costituite tra il 1860 ed il 1862.
Ritornando
all'Evangelo di Marco e al brano dedicato all'obolo della vedova ho
letto una interessante predicazione di Paolo Ribet che voglio
riportare in un alcuni brani significativo.
“Ultimamente
ho ascoltato un racconto indiano che mi ha molto colpito. Un giorno
si incontrano quattro mendicanti. Ognuno di loro ha qualcosa da
mangiare: uno ha un po’ di carne, un altro un po’ di pane, il
terzo una manciata di fagioli e l’ultimo ha del sale. Decidono di
mettere insieme ciò che posseggono, in modo da fare un minestrone e
poter stare tutti meglio. Mettono la pentola sul fuoco, fanno bollire
l’acqua e, quando pensano che la minestra sia pronta, immergono il
mestolo. Ma ciò che tirano su è soltanto acqua, acqua calda ed
insipida: ognuno di loro ha pensato che non fosse così necessario
dare quel che possedeva, perché tanto poteva bastare quanto
mettevano gli altri tre.
Ho
trovato molto istruttivo questo racconto, perché succede molto
spesso che, quando è necessario mettere insieme le forze per
raggiungere un obiettivo comune, ognuno degli interessati pensi di
risparmiare sul proprio impegno e di appoggiarsi agli altri.
Illuminante,
in questo senso, è allora il racconto noto come “l’obolo della
vedova” di Marco 12. Siamo già nel tempo della Pasqua e Gesù,
secondo il racconto di Marco, dopo aver fatto il suo ingresso a
Gerusalemme, si reca ogni giorno al Tempio. Qui egli insegna,
discute con i suoi avversari e compie anche dei gesti eclatanti e
provocatori, come quando caccia via i mercanti ed i
cambiavalute.
In
un tempo come il nostro, in cui il denaro sembra essere la misura di
tutte le cose, ed in cui il fatto di possedere molto denaro pare
essere la massima aspirazione di ognuno, questo piccolo ed
apparentemente marginale episodio assume un significato molto
importante: non è tanto importante quanto si dà, ma come si dà.
Ricordo
che, quando qualche anno fa ero pastore a San Germano e si stava
costruendo il nuovo Asilo dei Vecchi, venne da me un signore
cattolico il quale mi versò un assegno da mezzo milione e mi disse:
«Mi sto costruendo la casa e spendo tanti soldi per me: è giusto
che ne dia un po’ anche per gli altri». Questo fatto mi colpì
perché in molti si scusavano di non poter dare niente per l’Asilo
proprio perché avevano tante spese, cioè stavano spendendo troppi
soldi per sé (per farsi la casa nuova, per comprare la macchina
nuova) ... quest’uomo, invece, con molta semplicità, era capace
di guardare anche agli altri e non solo a se stesso”.
Questo
episodio che ha raccontato Paolo Ribet mi ha fatto ricordare quanto
mi aveva raccontato con semplicità un benefattore biellese che ha
donato la sua villa al Fondo Edo Tempia per la lotta contro i
tumori. Questo signore mi diceva che lui, se avesse voluto, poteva
mangiare anche un intero pollo al giorno, ma a malapena riusciva a
mangiarne mezzo e l'altro mezzo pollo riteneva giusto donarlo in
beneficenza
La
strada della generosità è questa ed è la strada che Dio ha scelto
nei nostri confronti, quando si è donato completamente a noi sulla
croce. L’apostolo Paolo esprime questa realtà con un’espressione
molto plastica. Quando, nella II Corinzi, invita i credenti a fare
una generosa colletta a favore dei credenti di Gerusalemme che erano
nell’indigenza, egli scrive: «Voi conoscete la generosità del
Signore nostro Gesù Cristo: per amor vostro, lui che era ricco, si è
fatto povero per farvi diventare ricchi con la sua povertà» (I Cor.
8:9).
E
la I Pietro (1:18-19) aggiunge: «Voi sapete che siete stati liberati
da quella vita senza senso che avevate ereditato dai vostri padri: il
prezzo del vostro riscatto non fu pagato in oro o argento, cose che
passano; siete stati riscattati con il sangue prezioso di Cristo».
Oggi
Gesù non ci chiede di fare come Valdo e spogliarci di tutti i nostri
beni, ma di guardare con equilibrio a ciò che abbiamo sulla terra.
Se è giusto lottare per una vita più dignitosa per noi è anche
giusto lottare per una vita dignitosa per tutti anche sacrificando
quel qualcosa in più che abbiamo di superfluo.
Credo
che la ricerca della felicità sia un obiettivo molto protestante e,
se si riesce, è ancora più cristiano cercare la felicità e la
fratellanza.
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