martedì 22 dicembre 2015

Predicazione di domenica 20 dicembre su Filippesi 4, 4-7 a cura di Massimiliano Zegna



Se avessi dovuto commentare il testo dell'epistola ai Filippesi anche solo alcuni giorni fa, non avrei avuto lo spirito ottimistico per poter trasmettere la gioia che Paolo stesso infonde agli abitanti di Filippi nel Nord della Grecia.
Avrei pensato a tutto quello che sta succedendo nel mondo a cominciare dal terrorismo che funesta la vita quotidiana di molte nazioni, per giungere ai bimbi affamati che ancora esistono a milioni nel mondo, avrei pensato a quei morti senza perché uccisi a Parigi o nel Kenya, in Siria o nella Nigeria o a quelli che nessun giornale ha riportato perché lontani dai clamori di guerre più conosciute o raccontate giorno per giorno con più dettagli.
Avrei pensato agli omicidi che anche nella nostra Italia continuano a intristire la vita quotidiana o ai mille tragici episodi di malattie, fame, miseria che esistono anche nella società del cosiddetto benessere.
Allora la speranza è morta? No per fortuna non è così e non bisogna dimenticare che accanto ai mille episodi di dolore vi sono altrettanti episodi di gioia e di felicità.
Quando Paolo scriveva questa lettera ai Filippesi si trovava in carcere e quindi non era certamente nelle condizioni di chi si trova a vivere serenamente.
La lettera è scritta da Paolo appunto mentre si trova in carcere, probabilmente durante la sua detenzione a Efeso, nel 53-55. Tradizionalmente si era pensato alla prigionia romana, ma in tempi recenti sono stati evidenziati elementi che farebbero preferire, oltre a Efeso, anche Cesarea e, con minore probabilità, Corinto.
La lettera, ispirata da sentimenti di amicizia, si rivolge alla comunità cristiana di Filippi, la prima fondata da Paolo in Europa e con la quale l'apostolo aveva un legame particolarmente armonico e affettuoso.
Filippi è una città nel nord della Grecia, situata a circa 15 chilometri dal mare. I cristiani della comunità erano prevalentemente di origine pagana, come si evince dal fatto che nella lettera Paolo, a parte una breve allusione, non cita mai l'Antico Testamento.
Eppure Paolo nonostante il carcere aveva lo spirito di chi aveva fiducia in Dio e in Gesù Cristo.
Normalmente questo tipo di lettura biblica si fa nel periodo dell'Avvento ed è un momento giusto per respirare lo spirito evangelico, ossia lo spirito del buon annuncio, della buona notizia.
Anche Maria e Giuseppe quando Gesù Cristo nacque a Betlemme non erano certo in condizioni di agiatezza: l'Evangelo di Luca racconta che il bimbo nacque in una mangiatoia perché non c'era posto per loro in albergo.
“In quella stessa regione c'erano dei pastori che stavano nei campi e di notte facevano la guardia al loro gregge. E un angelo del signore si presentò a loro e la gloria del signore risplendè attorno a loro e furono presi da gran timore. L'angelo disse loro: “non temete perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà. Oggi nella città di Davide è nato per voi un Salvatore che è il Cristo, il Signore. E questo vi servirà di segno: troverete un bambino avvolto in fasce e coricato in una mangiatoia”
Ho voluto anticipare il racconto che normalmente si legge a Natale sia perché siamo a pochi giorni dal Natale sia perché il motivo conduttore dell'epistola ai Filippesi è proprio quella della gioia.
C'è un bel libro chiamato “la gioia di credere”
Questo libro è di Madeleine Delbrel prima atea convinta e poi credente. Madeleine Delbrêl, nata nel 1904 in una famiglia cattolica ma poco praticante, a 15 anni è “strettamente atea”, a 17 sintetizza il suo ateismo proclamando “ Dio è morto…viva la morte”, a 20 anni è folgorata da Dio e inizia il suo cammino di conversione.
A questa sua radicale inversione di marcia non è certamente estraneo un gruppo di coetanei credenti con i quali si confronta e, in particolare, un certo Jean Maydieu, amico carissimo cui lei da tempo ha messo gli occhi addosso e che un bel giorno preferisce Dio a lei, decidendo di farsi prete. La ribelle, anticonformista ed emancipata ragazza, con la stessa foga con cui ha fatto aperta professione di ateismo, si tuffa in un’appassionata ed instancabile riscoperta del Dio che ha folgorato i suoi 20 anni ed attraversato così impetuosamente la sua vita. Si “tuffa” nella preghiera, coltiva il desiderio di scoprire ed approfondire il messaggio evangelico, diventa un’efficiente caposcout e, insieme all’amore per la natura, ritrova la passione per la vita semplice e la solidarietà verso gli indifesi.
Si diploma assistente sociale e nel 1933 si trasferisce a Ivry-sur-Seine, all’estrema periferia di Parigi, chiamata “la città delle 300 fabbriche” e che è un crogiuolo di tensioni, rivendicazioni salariali, lotte operaie, scontri sociali ed ideologici.
Madeleine Delbrêl morì a 60 anni, il 13 ottobre 1964 a Ivry-sur-Seine; precorritrice di tante altre belle figure di laici, sacerdoti, religiosi, che nel secolo XX, hanno scelto, specie in Italia e Francia, di vivere sulle strade del mondo, cogliendo la sfida del Vangelo e traducendola nella quotidianità a fianco dei più deboli in ogni senso, che nella storia dell’umanità sono sempre stati la maggioranza.

Ed ecco un altro scritto di Madeleine:
Fa' che da essi penetrati come "faville nelle stoppie"
noi corriamo le strade di città accompagnando l'onda delle folle contagiosi di beatitudine, contagiosi di gioia.
Perché ne abbiamo veramente abbastanza
di tutti i banditori di cattive notizie, di tristi notizie:
essi fan talmente rumore che la tua parola non risuona più.
Fa' esplodere nel loro frastuono il nostro silenzio che palpita del tuo messaggio.
C'è poi una poesia intitolata “Il filo del vestito” che mi ha colpito per la sua capacità di interpretare lo spirito di gioia della epistola ai filippesi.
Il filo del vestito
Nella mia comunità
Signore aiutami ad amare,
ad essere come il filo
di un vestito.
Esso tiene insieme
i vari pezzi
e nessuno lo vede se non il sarto
che ce l'ha messo.
Tu Signore mio sarto,
sarto della comunità,
rendimi capace di
essere nel mondo
servendo con umiltà,
perché se il filo si vede tutto è
riuscito male.
Rendimi amore in questa
tua Chiesa, perché
è l'amore che tiene
insieme i vari pezzi.
Questa epistola di Paolo ai Filippesi è stata definita il libro dell’esperienza cristiana. Esperienza che si riassume in tre parole: Cristo mi basta. Egli è la mia vita (cap. 1), il mio modello (cap. 2), il mio scopo (cap. 3), la mia forza e la mia gioia (cap. 4). Paolo non parla qui né come apostolo, né come dottore; è solo un «servitore di Cristo Gesù».
«Rallegratevi nel Signore», insiste l’apostolo. Tuttavia i motivi per piangere non gli mancano (vedere 3:18). Una brutta discordia oppone due sorelle: Evodia e Sintiche, e turba l’assemblea. Paolo esorta — o piuttosto supplica — ognuna di loro personalmente. Che noi tutti impariamo la grande lezione del cap. 2:2 (confr. Proverbi 13:10)!
La nostra dolcezza è conosciuta dai nostri fratelli e sorelle, dai nostri compagni? Quante contese cesserebbero se avessimo coscienza del fatto che il ritorno del Signore è imminente. E anche quante preoccupazioni! Mediante la preghiera, solleviamo i nostri cuori da tutto ciò che li tormenta. Per essere immediatamente esauditi? Non necessariamente, ma perché Dio possa infondervi la sua perfetta pace (v. 7). Ma come evitare i cattivi pensieri? Coltivando i buoni. Serviamoci del versetto 8 come d’un setaccio con molte griglie. Ciò che occupa in questo momento il mio spirito, è vero? è giusto? è puro? è amabile? è edificante?...
Dei pensieri purificati non potranno che tradursi in atti della stessa natura (v. 9). E quale ne sarà la conseguenza? Non più soltanto avere la pace di Dio, ma il Dio di pace che sarà «con noi» (Giovanni 14:23).
E' molto bella l'ultima frase che ho letto del brano dell'epistola di Paolo
“E la pace di Dio che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù”
Su questo passo ho letto su internet in una predicazione di un pastore credo pentecostale una meditazione che mi ha colpito per la sua efficacia e che vorrei leggervi.
Qualche anno fa, un uomo molto ricco voleva un dipinto sulla pace. Commissionò tre artisti per dipingere scenari pacifici. Dopo un mese gli artisti tornarono con i loro dipinti finiti. Ogni dipinto fu coperto da un velo in attesa del momento della rivelazione.
Il primo artista presentò il suo dipinto: era una bella scena di montagna. Le montagne erano coperte di pioppi verdi e fiori primaverili. Le cime maestose innevate erano alte fino a incontrare un cielo blu senza nuvole. L'uomo ricco disse: "Mi piace. Questa scena di montagna è davvero tranquilla ".
Poi il secondo artista tolse il velo dal suo capolavoro. Il suo dipinto era di una splendida vista sull'oceano. La sabbia era bianca come cristallo. Il mare era azzurro e tranquillo. Il sole stava tramontando lentamente nel cielo, mentre i suoi raggi riflettevano sul mare calmo. Nel centro dell'immagine vi erano due persone rilassate su una sedia a sdraio in riva al mare con i piedi in acqua. L'uomo ricco era molto contento. Egli disse: "Mi piace la spiaggia. Amo questo quadro. Che splendida interpretazione di pace ".
Il terzo artista tirò giù il velo dal suo dipinto e il ricco guardò il quadro con perplessità. Quest’artista aveva dipinto una cascata impetuosa. In questa scena un fiume in piena cadeva per centinaia di metri e s’infrangeva sulle rocce sottostanti. L'uomo ricco disse: "Ma in che cosa consiste la tranquillità? Mi sembra una scena tutt'altro che pacifica! Tutto quello che vedo è turbolenza. Dov’è la pace? ". Il terzo artista disse: "Guardi meglio, signore. Guardi vicino proprio sotto la cascata, dietro l’acqua e vedete una fenditura nella roccia, la vede? Sporgendosi in avanti, il ricco rispose: "Sì, la vedo, e vedo anche un uccello appollaiato in quella fessura. L'artista ha risposto: "Questo è tutto, signore! Questa è la pace! Nel bel mezzo della turbolenza rumorosa, l'uccello ha trovato un posto tranquillo. Amico mio, questa, è una vera pace, avere la pace in mezzo al caos, in mezzo a una vita turbolenta ".
L'insegnamento di Paolo nella lettera ai Filippesi è dunque che in mezzo al nostro mondo turbolento, in mezzo al caos si può avere e trovare la pace! Amen

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