Atti
degli Apostoli 2,41-47
41
Quelli che accettarono la sua parola furono battezzati; e in quel
giorno furono aggiunte a loro circa tremila persone.
42 Ed erano perseveranti nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. 43 Ognuno era preso da timore; e molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli. 44 Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; 45 vendevano le proprietà e i beni, e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46 E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, 47 lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che venivano salvati.
42 Ed erano perseveranti nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. 43 Ognuno era preso da timore; e molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli. 44 Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; 45 vendevano le proprietà e i beni, e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46 E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, 47 lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che venivano salvati.
Nel
leggere questi brani degli Atti degli Apostoli viene in mente come
doveva essere la comunità cristiana ideale in cui “tutti i
credenti erano assieme e avevano ogni cosa comune e vendevano le
proprietà ed i beni e distribuivano quelli a tutti secondo il
bisogno di ciascuno”.
Ma
già all'epoca di Luca, l'autore degli Atti degli apostoli, vi era
difficoltà a seguire questo modello radicale ed infatti al capitolo
quinto vi sono delle trasgressioni a queste regole nella storia di
Anania e Saffira (versetti 1 – 10).
In
tempi successivi nel Medio Evo fu Benedetto da Norcia, fondatore del
monachesimo occidentale, a dotarsi del motto “Ora et labora” e a
stabilire la regola dei tre voti di ubbidienza, povertà e castità.
In questo caso questo modello di vita ad imitazione della prassi
delle prime comunità cristiane veniva però vissuto all'interno
delle mura di un monastero.
A
questo punto ci viene da chiedere qual è il modello giusto da
seguire: quello dei primi cristiani che sembravano professare una
sorta di comunismo primitivo in cui la proprietà privata era un
furto oppure quello benedettino in cui per salvarsi dalle tentazioni
di un mondo perverso ci si chiudeva fra le mura di un convento per
riuscire a condurre una vita coerente e lontana dalle insidie
mondane?
Anche
i primi valdesi a cominciare dal fondatore Valdo avevano scelto una
strada che imitava quella dei primi cristiani: predicare liberamente
l'Evangelo di Cristo. Valdo vendette i suoi beni per tradurre la
Bibbia in lingua volgare e poi si mise a viaggiare per l'Europa
predicando l'Evangelo. Poi vennero Lutero, Calvino, Zwigli ed altri
che introdussero la Riforma protestante e la nostra chiesa valdese vi
aderì.
La
domanda che mi sono posto si rinnova: oggi qual è il modello giusto
da seguire?
Lutero,
qualche centinaio di anni dopo Valdo ha cercato di vivere la
radicalità dell'Evangelo ma anziché chiudersi dentro le mura di un
monastero ha portato nel mondo il messaggio evangelico: l'obbedienza
diventa responsabilità politica, la povertà diventa sobrietà nella
vita quotidiana, la castità diventa l'amore di due persone nel
matrimonio.
Ma
anche tutto questo può essere in parte superato nel mondo oggi se si
ha come metro di misura la Legge e non più il vangelo opera dello
Spirito Santo ossia la buona notizia come la possibilità di ciò che
la nostra comunità potrà essere per grazia di Dio soltanto,
solamente per mezzo dell'opera di Dio.
Immaginiamo
che la nostra comunità si appoggi su un tavolo a quattro gambe che
sono le parole che abbiamo letto nel capitolo e nei versetti letti
negli Atti degli apostoli. Queste sono le quattro gambe
-
Essere perseveranti nell'insegnamento degli apostoli;
-
La comunione fraterna;
-
spezzare il pane;
-
pregare;
E
adesso vorrei rileggere dando un significato attuale alla lettura del
brano letto degli Atti degli apostoli.
“Quelli
che accettarono la sua parola furono battezzati. Ed erano
perseveranti nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella
comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. Ognuno era
preso da timore; e molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli.
Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in
comune; vendevano la proprietà ed i beni e li distribuivano a tutti,
secondo il bisogno di ciascuno. E ogni giorno andavano assidui e
concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro
cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo
il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva ogni giorno alla
loro comunità quelli che venivano salvati”.
Penso
innanzitutto che la lettura dell'Evangelo debba essere fatta non come
una imposizione ma come un atto di gioia.
Scusate
se faccio un esempio personale ma credo sia giusto anche raccontarsi
quello che la vita di tutti i giorni insegna a ciascuno di noi. Sia
per necessità che per scelta io e mia moglie Anna abbiamo deciso di
rinunciare alle cose che avevamo (mobili, oggetti personali vari
ecc.) per andare ad abitare in un alloggio a Biella già ammobiliato
dalla persona che ci abitava prima di noi, prendendoci cura delle
cose che questa persona possedeva (dalle piante ai quadri, alla
cucina ai divani). Nel momento in cui abbiamo rinunciato alle cose
che avevamo, abbiano capito che non ci faceva star meglio il possesso
di molte cose ma l'usufruire di cose che c'erano già e che potevamo
condividerle fino a quando avremmo abitato in quella casa.
La
gioia della condivisione, abbiamo allora pensato non riguarda solo
mobili od oggetti di cui parlavo nel caso personale, ma anche i
talenti che ognuno di noi ha. E qui mi riferisco a tutto quello che
può essere utile in una comunità: c'è chi sa fare il muratore e
può costruire delle case come hanno fatto i nostri avi valdesi che
da paesi delle Valli con un carro bestiame avevano attraversato mezza
Europa per giungere in Germania e fondare una città come
Dornholzhausen vicino a Francoforte. Lì vi erano altri che sapevano
fare o hanno imparato a fare gli imbianchini, gli idraulici, gli
stuccatori, i mobilieri. Altri hanno imparato a fare i camionisti,
gli infermieri, gli insegnanti, i domestici. Altri ancora hanno
studiato diventando amministratori, giornalisti, artisti, scrittori.
Altri hanno preferito la cura delle piante (giardinieri), delle
persone (casalinghe), degli animali (veterinari). Altri ancora sono
diventati pastori o diaconi.
Ho
parlato di quattro gambe del tavolo. La prima gamba vuol dire essere
perseveranti nell'insegnamento degli apostoli. Questo significa
soprattutto l'amore nei confronti di Dio, di noi stessi e del
prossimo.
L'amore
per Dio è credere in tutto quello che Dio ha compiuto per il nostro
bene: dalla creazione dei mondi a tutto ciò che esiste nei mondi
stessi; dalle creature inanimate (sassi, terra, acque) alle piante,
ai fiori che contribuiscono alla nostra vita, alle creature animali.
Francesco
d'Assisi con le sue lodi al creato, con il suo chiamare le creature
animate e inanimate per nome ha messo in rilievo con prosa antica
concetti moderni. Ecco alcne frasi del suo “Cantico delle
creature”:
“Altissimu,
onnipotente, bon Signore,
tue
so' le laude, la gloria e 'honore et onne benedictione.
Ad
te solo, Altissimo, se konfàno et nullu homo ène dignu te
mentovare.
Laudato
sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo
frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è
bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta
significatione.
Laudato
si', mi' Signore, per sora luna e le stelle, in celu l'ài formate
clarite et pretiose et belle.
Laudato
si', mi' Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et
onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
Laudato
si', mi' Signore, per sor'aqua, la quale è multo utile et humile et
pretiosa et casta”.
In
questo antico poema vi è una grande modernità perché oggi vi è
maggiore sensibilità nei confronti dell'intero creato. Infatti
l'idea di una divisione netta tra regno animale, vegetale oggi appare
in parte superata anche nel dibattito interconfessionale cristiano
proprio perché si vuole dare al creato stesso un valore unitario e
non frammezzato.
E
questo ha il significato di considerare apprezzabile l'intero creato
e non solo parte di esso. Rileggendo il “Cantico delle creature”
si nota appunto quanto tutto quello che si legge non sia superato.
Superato appare solo il linguaggio anche se quando fu scritto
rappresenta il primo poema scritto in italiano.
Quindi
dicevo amore nei confronti di Dio creatore innanzitutto, che ci ha
insegnato, attraverso Gesù Cristo, ad amare noi stessi ed il nostro
prossimo. Ciò che sta succedendo nel mondo di oggi sembra un ritorno
al passato a quando i nostri avi valdesi erano perseguitati per la
lettura della Bibbia e degli Evangeli. Valdo fu scomunicato per voler
predicare liberamente l'Evangelo e questo succedeva per mani di altri
cristiani che la pensavano diversamente. Quindi quello che sta
succedendo oggi è spaventoso perché i terroristi di oggi uccidono
bestemmiando il nome di Dio, in quanto la bestemmia non è solo
aggiungere al nome di Dio un epiteto dispregiativo ma bestemmia è
anche aggiungere al nome di Dio un aggettivo apparentemente positivo
come la parola grande, e poi compiere un atto che va contro la
volontà di Dio. Uccidere un altro uomo per il semplice fatto che
questi crede in un'altra confessione religiosa non è un atto che
esegue la volontà di Dio ma una bestemmia nei confronti di Dio
stesso perché Dio non chiederebbe mai di uccidere in nome suo
un'altra creatura.
Chi
ha letto lo stesso Corano può essere colpito dal fatto che ogni
capitolo inizia così: “Nel nome di Dio misericordioso e
compassionevole”
L'amore
per il prossimo si ferma solo a chi è più vicino a te, come un
fratello, una sorella, un congiunto, un parente oppure si estende a
tutti gli uomini del creato?
Mi
pare che l'Evangelo di Cristo non si limiti alla richiesta di amare
gli amici e i famigliari ma si estenda a tutti gli uomini e le donne.
La
seconda gamba del tavolo è la comunione che può avere un
significato di comunione spirituale innanzitutto, ma può essere
anche un tentativo di mettere in comune i nostri beni oppure tutti i
nostri talenti. E qualcosa stiamo già facendo. Vorrei fare degli
esempi concreti. Il pastore Marco Gisola oltre a venirci a trovare
nelle nostre case o nelle case di chi non può più partecipare al
culto, prepara le predicazioni per le domeniche in cui è presente al
culto. Alcuni di noi preparano le predicazioni nelle domeniche in cui
il pastore è presente in altre comunità. Altri partecipano agli
incontri in cui vi sono più comunità in assemblea. Altri ancora
preparano il caffè o i pasti quando ci sono le ragazze e i ragazzi
che organizzano con il pastore il loro culto. Ed anche la sola
partecipazione al culto è un'azione importante visto che la presenza
spesso si limita al numero delle dita delle nostre mani. Quindi non
dobbiamo pensare a quanto si faceva duemila anni fa perché sarebbe
impossibile portare indietro le lancette anche solo di dieci anni fa.
Quindi ogni ricerca di un significato letteralistico sarebbe
impossibile ed anche ingiusto. Occorre dunque cogliere quello spirito
di aiuto innanzitutto che già esiste nella nostra comunità cercando
di ampliarlo e poi estendere il nostro aiuto alle possibilità di
incidere nel mondo che ci circonda. Pensandoci bene potremmo scoprire
che qualche possibilità possiamo ancora avere anche se qualcuno di
noi ha gli anni che cominciano a pesare. Credo però che a tutte le
età si possa contribuire a fare qualcosa. Io stesso mi sono reso
conto di non poter fare magari le dieci cose che potevo svolgere
quotidianamente anni fa ma limitarmi a due o tre che riesco a fare
adesso
Se
però quelle due o tre cose vengono fatte con spirito comunitario
possono avere una validità comunque.
La
terza gamba del tavolo è lo spezzare il pane ed in questo caso non è
solo un atto materiale ma anche quello nuovamente di condividere
quello che si ha. Quando partecipiamo alla santa cena non solo
mangiamo il pane e beviamo il vino in ricordo dell'ultima cena di
Gesù, ma cerchiamo di assimilare tutto ciò che ci è stato
insegnato dall'Evangelo.
Dobbiamo
interrogarci se stiamo facendo tutto il possibile per seguire gli
insegnamenti degli apostoli e di Gesù. Anche in questo caso possiamo
pensare a quanto possa essere bello poter compiere delle azioni
secondo le nostre possibilità e capacità che possano lasciare un
segno della nostra esistenza su questa terra. I segni possono essere
innumerevoli come più volte ho cercato di dire. Ognuno di noi ha
svolto una professione o svolto un compito a seconda della sua
possibilità o capacità. Anche chi è handicappato, invalido,
menomato può lasciare un segno nei confronti anche di chi è
un'atleta, un presidente di uno Stato, uno scienziato di fama
mondiale, un teologo, uno scrittore, un compositore.
E
comunque se qualcuno di noi pensa di essere non visibile a qualcun
altro ci sarà Dio che lo vedrà e saprà apprezzare anche quelle che
a noi possono apparire come delle piccole qualità. In molti passi
dell'Evangelo possiamo scoprire che Gesù Cristo non si è lasciato
influenzare dalla potenza di alcuni ma ha saputo gradire l'umiltà di
persone povere ma forti nella loro fede ricca.
La
quarta gamba del tavolo è la preghiera e qui qualcuno potrebbe dire
che questo lo potrebbero fare tutti eppure non è così e non è
questione di quantità ma di intensità della preghiera.
Quante
volte purtroppo abbiamo recitato il Padre Nostro senza a pensare alle
parole che venivano pronunciare. Quante volte noi lo abbiamo
pronunciato pensando che non sarebbe servito a nulla.
Spesso
purtroppo lo abbiamo pronunciato solo quando disperati abbiamo voluto
chiedere aiuto a Dio per qualcosa che non riuscivamo a fare o per
qualcosa che desideriamo ottenere.
Dobbiamo
invece pregare Iddio non solo quando siamo in difficoltà o quando
abbiamo bisogno ma anche per ringraziare per quello che ci viene dato
giorno per giorno e di quanto saprà darci anche dopo la nostra morte
corporale.
Pregare
significa credere e credere significa amare. E pregare ed amare
dobbiamo essere capaci di farlo sempre di più e sempre più
convinti. E ringraziare Dio per il suo amore nei nostri confronti!
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