Dall'Evangelo
secondo Luca (capitolo 17 versetti 11-19)
Nel
recarsi a Gerusalemme, Gesù passava sui confini della Samaria e
della Galilea. Come entrava in un villaggio, gli vennero incontro
dieci lebbrosi, i quali si fermarono lontani da lui, e alzarono la
voce, dicendo: “Gesù, Maestro, abbi pietà di noi!” Vedutili,
egli disse loro: “Andate a mostrarvi ai sacerdoti”.
E
mentre andavano, furono purificati. Uno di loro vedendo che era
purificato, tornò indietro, glorificando Dio ad alta voce; e si
gettò ai piedi di Gesù con la faccia a terra, ringraziandolo; ed
era un samaritano. Gesù, rispondendo, disse: “I dieci non sono
stati tutti purificati? Dove sono gli altri nove? Non si è trovato
nessuno che sia tornato per dar gloria a Dio tranne questo
straniero?” E gli disse: “Alzati e va'; la tua fede ti ha
salvato”.
Sarebbe
piaciuto molto al nostro Tavo Burat questo racconto dei dieci
lebbrosi che si trova soltanto nell' Evangelo di Luca.
Lo
dico con una certa sicurezza perché Tavo in modo evangelico amava
tutto quanto era considerato piccolo, minoritario, emarginato,
debole.
E
poi come Gesù anche Tavo amava viaggiare e conoscere cose e persone
nuove. Ci sono due letture che in genere si possono dare agli
Evangeli specialmente nei brani dove vi sono parabole in cui
l'interpretazione non è sempre chiara e comprensibile per le nostre
orecchie che leggiamo questi testi duemila anni dopo.
La
prima lettura è quella di carattere letterale ossia quanto viene
scritto può essere interpretato parola per parola senza alcuna
interpretazione. La seconda lettura che è quella che sosteniamo noi
cristiani valdesi protestanti, quella storico critica ossia una
interpretazione derivata dal fatto che gli usi e i costumi sono
naturalmente modificati rispetto a chi ha scritto i testi duemila
anni fa.
Noi
riconosciamo però che l'intera Bibbia ha avuto una ispirazione
divina e proprio dalla Sacra Scrittura dobbiamo attingere evitando
quelle che sono state interpretazioni successive soprattutto da parte
della chiesa cattolica ufficiale.
Quanto
sto dicendo potrebbe sembrare contradditorio: i protestanti dicono di
aver fede nella “Sola Scriptura” (che significa di avere come
base di riferimento soltanto i testi biblici) e poi dicono di
adottare il metodo storico critico nell'interpretazione dei testi.
Secondo
me non vi è contraddizione in quanto la lettura attenta di un testo
antico non significa non tenere conto dei mutamenti che vi sono in
ogni società, in ogni popolo e in ogni epoca. Significa
semplicemente depurarlo da ogni descrizione paesaggistica, temporale
o di costume ma cogliere sempre i significati essenziali.
All'epoca
di Gesù ad esempio non c'erano né i computer, né gli aerei, né le
automobili, né i telescopi però tutto quanto abbiamo oggi ci
allontana o ci avvicina a Dio?
Secondo
me può essere sempre più difficile avere fede perché si è
distratti da tutto quanto succede nel mondo, giorno dopo giorno, e
perché ci sono troppi idoli e vitelli d'oro da adorare. E per idoli
non intendo solo i famosi personaggi del nostro tempo (cantanti,
attori, artisti, calciatori ecc.) ma mi riferisco anche alla
ricchezza fine a stessa che fa accumulare oggetti di puro valore
materiale senza più tener conto di quanto giorno dopo giorno si può
assimilare in termini di nuove conoscenze.
Prima
dicevo di quanto è cambiato il mondo grazie ai computer, alle
automobili, agli aerei, ai telescopi però se qualcuno si fermasse
agli oggetti in sé potrebbe acquistare auto sempre più veloci,
computer sempre più innovativi, telescopi sempre più potenti ma se
non apprezza quello che recano in sé questi nuovi oggetti ossia la
possibilità di visitare con un'auto sempre più nuovi territori, la
possibilità attraverso il computer di avere sempre più nuove
conoscenze, non riuscirebbe a vivere tutte le opportunità che ci può
dare il mondo attuale.
Però
anche scienziati che hanno fatto scoperte meravigliose di nuovi
pianeti e di nuovo mondi nell'universo si fermano quando si arriva al
punto di scoprire chi è Colui che ha dato vita o acceso il motore di
tutto questo.
Quando
studiavamo il catechismo e ci dicevano che Dio poteva conoscere tutto
e tutti rimanevamo meravigliati ma tutto questo era avvolto nel
mistero. Al giorno d'oggi possiamo comprendere qualcosa in più e
possiamo capire come si possa avere più monitor accesi
contemporaneamente con le immagini provenienti dai cinque continenti
oppure dialogare attraverso internet e i social network con persone
di ogni parte del mondo.
Per
me la scienza e la conoscenza ha significato un modo nuovo e
straordinario di approcciarmi a Dio.
Ma
ritornando al passo evangelico che volevo trattare oggi forse questo
è un brano la cui interpretazione letteraria coincide con quella
simbolica perché il racconto appare chiaro e lineare ancora oggi
nella sua semplicità.
I
lebbrosi sono uomini e donne colpiti da una gravissima malattia
nota
sin dall’antichità: la lebbra è una malattia infettiva cronica
che colpisce la pelle e i nervi del corpo, può procurare gravissime
mutilazioni e attaccare anche gli organi interni. Il batterio della
lebbra, difficile da debellare, si trasmette per via respiratoria o
per contatto. Oggi si può curare ma è stata a lungo un terribile
flagello per l’umanità.
Conosciuta
sin dall’antichità, questa malattia infettiva è stata considerata
nel passato come una forma di punizione divina a causa delle
terribili mutilazioni e deformazioni che procura al corpo. Secondo le
antiche religioni, infatti, i peccati dell’animo si ripercuotevano
sul corpo, causandone così l’abbrutimento. Poiché erano ritenuti
perseguitati dalle divinità, i soggetti affetti da lebbra venivano
anche emarginati dalla società.
Nel
Medioevo dopo l’esplosione di violente epidemie si decise, per
limitare la diffusione di questa e di altre malattie contagiose, di
isolare le persone malate. Furono allora costruiti i primi
lazzaretti; dove venivano reclusi appestati e lebbrosi, mentre tutte
le persone che presentavano deturpazioni del volto o del corpo
dovevano indossare campanelli o sonagli per permettere agli altri
viandanti di accorgersi per tempo della loro presenza e di
allontanarsi al loro passaggio.
Fu
solo alla fine dell’Ottocento che il medico norvegese Gerhard
Hansen riuscì a identificare la causa della lebbra.
La
lebbra ha ancora una certa diffusione, soprattutto nell’America
Meridionale. L’Organizzazione mondiale della sanità parla di 4.000
morti e di mezzo milione di contagiati nel 2003. Per dire con
certezza che il paziente ha la lebbra è importante ricorrere alla
biopsia, cioè prelevare una piccola parte della pelle e al
microscopio cercare il bacillo di Hansen. Nonostante questo sia stato
individuato come causa della malattia sin dalla fine dell’Ottocento,
soltanto nel 1945 furono scoperte le prime cure per la lebbra. La
guarigione, se avviene, richiede tempi molto lunghi; è importante
assumere diversi farmaci e a lungo.
Anche
nel racconto evangelico i lebbrosi dovevano far sapere della loro
presenza pur fermandosi lontano da lui ma alzando la voce per
segnalare la loro presenza dissero: “Gesù. Maestro, abbi pietà di
noi”.
Dopo
che Gesù disse loro di recarsi dal sacerdote furono tutti purificati
ma solo uno tornò indietro per ringraziarlo. E questi era l'unico
straniero, il samaritano.
I
samaritani erano una mescolanza di israeliti e di diversi popoli
venuti in Israele dopo la caduta di Samaria che era la capitale delle
dieci tribù. Samaria era caratterizzata dall'idolatria. Essi avevano
conservato i loro usi pagani pur pretendendo di servire il Signore.
Possedevano la legge di Mosè e avevano costruito un tempio sul Monte
Garizim. La Samaria era una provincia nel centro della Palestina tra
la Giudea e la Galilea all'epoca di Cristo. E infatti Gesù nel brano
letto stava passando sui confini della Samaria e della Galilea nel
recarsi a Gerusalemme. Non è la prima volta che Gesù si reca in
Samaria. Al capitolo dieci (versetti dal 25 al 37) vi è una delle
parabole più note dell'Evangelo di Luca quella del buon samaritano
in cui si narra di un uomo che percorrendo la strada che da
Gerusalemme va' a Gerico si imbatte in briganti che lo spogliano lo
feriscono e lo lasciano a terra mezzo morto. Passa un sacerdote lo
vede e passa sul lato opposto, passa un Levita (un servitore del
tempio) e anche lui lo vede e passa sul lato opposto.
Poi
arriva il Samaritano considerato uno straniero, un eretico e un
miscredente, si ferma, ne ha pietà fascia le sue piaghe versando
olio e vino. Poi lo porta sulla sua cavalcatura e lo conduce ad una
locanda e si prende cura di lui. Poi dà perfino dei denari all'oste
e gli dice che se l'uomo avesse avuto bisogno di qualcosa in più al
suo ritorno avrebbe pagato la differenza.
Questa
vicenda mi ha fatto venire in mente il tragico episodio in cui
recentemente una donna viene uccisa a Roma dopo essere stata
strangolata e bruciata. E nessuno si è fermato.
E'
veramente una brutta situazione quando si ha bisogno di aiuto e
nessuno ti ascolta.
Il
significato della parabola è chiaro, perché Gesù ha parlato di che
cosa vuol vogliono dire le parole della Legge: “Ama il Signore Dio
tuo con tutto il cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la forza
tua, con tutta la mente tua e il tuo prossimo come te stesso”. E a
chi gli aveva chiesto chi fosse il prossimo, Gesù gli ha raccontato
appunto questa parabola per dirgli che delle tre persone che avevano
incontrato il malcapitato, chi aveva interpretato la legge di Dio nel
modo giusto non era né il sacerdote né il levita ma quello che era
considerato uno straniero e un miscredente.
Nel
caso dei dieci lebbrosi non si dice di che località fossero gli
altri nove lebbrosi ma l'unico che è tornato per ringraziarlo era
proprio quello considerato il miscredente e lo straniero.
Il
significato è chiaro in quanto Gesù ama le persone considerate più
deboli ed anche più lontane dal luogo in cui si vive normalmente.
Questo
non significa amare solo gli estranei o coloro che vivono con altre
fedi religiose ma è un insegnamento anche per chi oggi si dice
cristiano. Il messaggio secondo me è quello di amare non solo i
nostri genitori, i nostri parenti, i nostri amici, coloro che hanno
la nostra fede religiosa, quelli che parlano la nostra lingua o i
nostri dialetti. Il modo per amare di più quelli che vivono
normalmente insieme a te è proprio quello di amare anche quelli che
sono più lontani.
Anche
Tavo Burat quando faceva la sua predicazione in piemontese metteva
sempre in rilievo che non riteneva la nostra lingua migliore delle
altre ma invitava tutti ad esprimersi nel proprio modo di parlare per
far sì che la comprensione fosse condivisa nel modo più semplice e
migliore possibile.
Tavo
conosceva molte lingue e in particolare il francese ma non invitava a
conoscere il solo piemontese ma ad aggiungere ad esso altre
conoscenze linguistiche (magari le più piccole o minoritarie come il
gaelico) senza dimenticare le proprie radici.
La
sua battaglia era contro ogni tipo di omologazione ma questo non
significava perdere di vista l'universalità del messaggio
evangelico.
La
fratellanza è sempre stata la caratteristica del linguaggio
cristiano e quando l'uomo giungerà in mondi ancora sconosciuti
bisognerà estendere le proprie conoscenze magari a Marte, Venere,
Saturno ammesso che vi siano esseri animati con cui possiamo
dialogare o inanimati che possiamo conoscere ed ammirare.
Anche
il Padre Nostro, la preghiera che Gesù ci ha insegnato, dice “Padre
Nostro che sei nei cieli”, lasciando intendere che possono esserci
più sistemi solari e quindi più mondi.
Partiamo
però dalla terra, dalla regione in cui viviamo, amiamo le nostre
montagne, amiamo i nostri cari e le persone che ci circondano ma non
dimentichiamo mai che Gesù è vissuto in Medio Oriente per
insegnarci che l'amore non ha confini; ha scelto di vivere in una
delle terre più travagliate per farci capire che nell'ultima parte
della Bibbia vi è una nuova Gerusalemme, ossia quella che oggi è
una terra insanguinata ma domani, come si legge nel penultimo
capitolo dell'Apocalisse “Le nazioni cammineranno alla sua luce e i
re della terra vi porteranno la loro gloria. Di giorno le sue porte
non saranno mai chiuse (la notte non vi sarà più)”.
Care
sorelle, cari fratelli facciamo in modo che le porte delle nostre
anime non siano mai chiuse per nessuno. Amen
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