lunedì 18 maggio 2009

Rom, storie di ordinario pregiudizio

da Riforma di Emmanuela Banfo


Se c’è un popolo che raccoglie in sé tutti i pregiudizi più socialmente inaccettabili, questo è il popolo Rom. Pregiudizi che risalgono sin dal Medioevo, legati al nomadismo che, tuttavia, ai nostri tempi non è più il suo tratto caratteristico. Il tema è stato al centro di un dibattito, nei giorni scorsi, nella Chiesa battista di Lucento a Torino con la presidente dell’Ucebi, Anna Maffei, don Luigi Ciotti, moderatore il pastore Luigi Pecora.
L’ignoranza e la cattiva informazione, che troppo spesso fanno una gran confusione tra Rom, Romeni e Slavi, alimentano tali pregiudizi. I Rom finiscono per essere descritti sempre come sporchi, ladri, truffatori, ruba-bambini, violentatori di donne. Il pastore Pecora, nel rimarcare tutta la negatività di questi luoghi comuni, ha osservato come, invece, si tratti di una realtà molto sfaccettata al suo interno e radicata sul territorio italiano. Ci sono Rom stanziali in tutta Italia, dal Piemonte alla Calabria. Le etichette – hanno condiviso Maffei e don Ciotti – sono soltanto frutto della non conoscenza di una realtà che, come spesso accade, non è mai semplice, uniforme. Partendo dalla lettera inviata da don Ciotti a una donna Rom e dalla mozione di Bellaria dell’Ucebi su questo tema, la discussione si è soffermata sui tanti volti dell’emarginazione. Sui Rom come sugli immigrati che approdano sulle coste mediterranee a bordo di pericolosissimi barconi, sono riversate tutte le paure di una società ancora impreparata all’accoglienza, alla tolleranza, alla comprensione del diverso. Continua a leggere

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