venerdì 5 dicembre 2014

Predicazione di domenica 30 Novembre (1° domenica di Avvento) su Luca 2,25-38,di Ludovica Pepe Diaz

Oggi e la prima domenica di un tempo che la Chiesa chiama Avvento.
Questo è un tempo di quattro settimane che precedono il natale, un tempo dato ai credenti perché si preparino a commemorare l'evento più importante della nostra vita: il dono che il Signore ci ha fatto di sé stesso incarnandosi in Cristo, per la nostra salvezza.
A Natale ricordiamo la nascita del Dio fattosi uomo, raccogliendoci, commossi e riconoscenti, attorno al Dio bambino, che si è fatto piccolo, ha voluto anch'egli percorrere le vie dell'infanzia per essere, oltre che nostro Padre, nostro fratello, simile a noi così che fosse da noi comprensibile.
Sì, quest'evento ha segnato tutta la storia dell'umanità, per noi cristiani, e in essa ogni nostra singola vita.
Dovremmo ricordarcene ogni giorno, dovremmo ogni giorno sostare accanto a quella povera culla per adorare il nostro Dio Bambino, ripercorrendo con Lui la sua tremenda strada terrena fino alla Croce per poi esultare della Sua Resurrezione.
Ogni giorno per noi dovrebbe essere Natale e Pasqua! Ma noi, povere creature, limitate dalle nostre esigenze materiali che ci distolgono da un continuo e intenso rapporto con Dio, distratti dalle contingenze quotidiane, spesso non riusciamo a tenere il nostro pensiero e il nostro sguardo rivolti al volto di Cristo,ma possiamo sperare che il Signore misericordioso, che conosce i nostri limiti, ci comprenda e ci perdoni.
A causa della nostra distrazione e per le nostre dimenticanze è bene fissare un tempo particolare, come quello dell'Avvento,in cui siamo invitati a raccoglierci e meditare, sul dono della salvezza e. anche la Corona dell'Avvento e le candele che accendiamo in successione ogni domenica , sono un simbolo materiale che ci aiuta e che ci richiama a vivere questo tempo particolare.
Ora, leggendo questo episodio del Vangelo che ho scelto per la meditazione di questa mattina, incontreremo un uomo che ha saputo vivere tutta la sia vita come un tempo di Avvento.

dal Capitolo 2 del Vangelo di Luca dal v. 25 al v.38:

Vi era in Gerusalemme un uomo di nome Simeone; quest'uomo era giusto e timorato di Dio, e aspettava la consolazione d'Israele; lo Spirito Santo era sopra di lui; e gli era stato rivelato dallo Spirito Santo che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo del Signore. Egli, mosso dallo Spirito, andò nel tempio; e, come i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere a suo riguardo le prescrizioni della legge, lo prese in braccio, e benedisse Dio, dicendo:
«Ora, o mio Signore, tu lasci andare in pace il tuo servo, secondo la tua parola;
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, che hai preparata dinanzi a tutti i popoli 
per essere luce da illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele».
Il padre e la madre di Gesù restavano meravigliati delle cose che si dicevano di lui. E Simeone li benedisse, dicendo a Maria, madre di lui: «Ecco, egli è posto a caduta e a rialzamento di molti in Israele, come segno di contraddizione (e a te stessa una spada trafiggerà l'anima), affinché i pensieri di molti cuori siano svelati».
Vi era anche Anna, profetessa, figlia di Fanuel, della tribù di Aser. Era molto avanti negli anni: dopo essere vissuta con il marito sette anni dalla sua verginità, era rimasta vedova e aveva raggiunto gli ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio e serviva Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quella stessa ora, anche lei lodava Dio e parlava del bambino a tutti quelli che aspettavano la redenzione di Gerusalemme.


Questo brano non ci dice niente di chi fosse in realtà, storicamente, Simeone, il cui nome era molto frequente in Israele. Egli potrebbe anche essere una figura simbolica: infatti di lui ci vengono sottolineati solo le qualità morali del carattere, e della sua figura ci si dice soltanto che era un uomo avanti negli anni. Possiamo immaginare che quest'anziano, giunto ad un tramonto sereno della sua vita, durante la quale aveva perso ad uno ad uno sia familiari che amici, compagni del suo viaggio terreno, fosse rimasto solo. Forse anche per questo Simeone si recava più frequentemente al Tempio dove egli sentiva maggiormente la presenza di Dio, di quel Dio che riempie col suo amore tutte le solitudini dell'anima. Così' quella presenza divina illuminava come un raggio di sole la sera, la declinante giornata della vita di Simeone. Il Vangelo ci dice che questo accadeva perché Simeone era sempre stato un UOMO GIUSTO. Fin da fanciullo aveva imparato la legge d'Israele e la legge di Dio sforzandosi di metterla in pratica.
Simeone era TIMORATO di Dio, cioè egli era un uomo pio e la sua pietà era sempre stata il principio e la fonte della sua giustizia. La sua pietà era tale che gli aveva permesso di innalzare sempre di più il cuore e l'anima verso l'Eterno.
A quel giusto, a quel pio, era stato quindi concesso un privilegio immenso: sopra di lui aleggiava lo Spirito Santo. E lo Spirito Santo gli aveva rivelato che non avrebbe visto la morte prima di aver veduto il Santo del Signore.
Possiamo essere colpiti da due termini che sembrano così opposti: la vita e la morte, ma possiamo comprendere questa dicotomia se pensiamo a Simeone come alla prefigurazione del credente che nel volto del Cristo non vede la morte ma la salvezza, la vita e la Resurrezione. Questo vegliardo di cui il Vangelo ci parla, non vive come son soliti vivere gli anziani di ricordi del passato senza troppa speranza nel futuro, egli ha lo sguardo proteso verso l'avvenire perché ogni giorno nutre il suo spirito di una speranza a venire: Simeone è un vegliardo che aspetta.
Anche i Profeti dell'Antico Testamento aspettavano una liberazione, una restaurazione terrena della Nazione e l'arrivo del Messia: tutta la storia di Israele è la storia di una attesa appassionata che le promesse del Signore si compiano.
Nel Vangelo il primo annuncio della nascita di Gesù è dato a persone che erano in attesa che erano solite attendere, ai pastori che, a guardia del gregge, attendevano l'aurora; e poi ai Magi che attendevano una cometa e a Simeone ed Anna che nel Tempio, attendevano il compimento di una promessa del Signore.
L'Avvento è periodo di attesa anche per noi, tempo in cui possiamo coltivare la dolce speranza di sempre e nuove preziose benedizioni e grazie spirituali. Il cuore dell'uomo che batte nell'attesa è un cuore che spera e la nostra speranza deve essere fiduciosa come quella di Simeone piena della presenza di Dio, in modo che possiamo essere pronti ad accogliere il Signore quando si rivelerà a noi in qualsiasi forma Egli voglia farlo, anche in quella di un bimbo posto in una mangiatoia.
Simeone dunque aspettava ed aspettava una CONSOLAZIONE. I Profeti indicano l'attesa del Messia come una consolazione.
Scrive Isaia “Io sono colui che vi consola”, ed ancora; “L'Eterno mi ha inviato per consolare tutti quelli che fanno cordoglio” e poi: “Consolate consolate il mio popolo, dice il vostro Dio, l'Eterno consola il suo Popolo” .
L'elemento ATTESA non mancò neppure alla Fede dei primi Cristiani. Essi avendo ricevuto e riconosciuto il Cristo, e attendevano ancora nuove consolazioni, infatti “ Noi aspettiamo la redenzione del nostro corpo” dice il Vangelo - “Noi aspettiamo la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo” ed ancora - “Noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra in cui abiti la giustizia”.
Queste sono anche le nostre speranze di consolazione.
La consolazione è la cosa di cui abbiamo bisogno perché vinca le nostre più intime sofferenze prodotte da tutto il male che è nel mondo. Ebbene tutte le consolazioni si trovano nel Vangelo, tutte comprese nell'annuncio della redenzione.
Ci viene detto che Simone aspettava la consolazione, Anna e molti in Gerusalemme aspettavano la redenzione: consolazione e redenzione diventano così sinonimi, termini che non possiamo separare.
Se il prossimo Natale non ci portasse la redenzione (e quindi la liberazione dalle attuali catene e dalle future conseguenze del male) esso non ci porterebbe alcuna consolazione reale e duratura.
A noi non è concesso, dopo l'attesa, di stringere al cuore realmente il piccolo Gesù, come fece Simeone, ma, se in questa attesa d' Avvento faremo silenzio nei nostri cuori, protesi a cogliere il soffio dello Spirito Santo rivelatore, Egli dirà anche a noi che Gesù” ritornerà secondo la promessa e ci accoglierà presso di sé affinché dove Egli è, siamo anche noi.”
Così il giorno di Natale l'attesa sarà compiuta e il Cantico di Simeone sarà il cantico di ciascuno di noi: "gli occhi miei hanno veduto la tua salvezza". Amen 

Nessun commento: