Oggi e la prima domenica di un tempo che la
Chiesa chiama Avvento.
Questo
è un tempo di quattro settimane che precedono il natale, un tempo
dato ai credenti perché si preparino a commemorare l'evento più
importante della nostra vita: il dono che il Signore ci ha fatto di
sé stesso incarnandosi in Cristo, per la nostra salvezza.
A
Natale ricordiamo la nascita del Dio fattosi uomo, raccogliendoci,
commossi e riconoscenti, attorno al Dio bambino, che si è fatto
piccolo, ha voluto anch'egli percorrere le vie dell'infanzia per
essere, oltre che nostro Padre, nostro fratello, simile a noi così
che fosse da noi comprensibile.
Sì,
quest'evento ha segnato tutta la storia dell'umanità, per noi
cristiani, e in essa ogni nostra singola vita.
Dovremmo
ricordarcene ogni giorno, dovremmo ogni giorno sostare accanto a
quella povera culla per adorare il nostro Dio Bambino, ripercorrendo
con Lui la sua tremenda strada terrena fino alla Croce per poi
esultare della Sua Resurrezione.
Ogni
giorno per noi dovrebbe essere Natale e Pasqua! Ma noi, povere
creature, limitate dalle nostre esigenze materiali che ci distolgono
da un continuo e intenso rapporto con Dio, distratti dalle
contingenze quotidiane, spesso non riusciamo a tenere il nostro
pensiero e il nostro sguardo rivolti al volto di Cristo,ma possiamo
sperare che il Signore misericordioso, che conosce i nostri limiti,
ci comprenda e ci perdoni.
A
causa della nostra distrazione e per le nostre dimenticanze è bene
fissare un tempo particolare, come quello dell'Avvento,in cui siamo
invitati a raccoglierci e meditare, sul dono della salvezza e. anche
la Corona dell'Avvento e le candele che accendiamo in successione
ogni domenica , sono un simbolo materiale che ci aiuta e che ci
richiama a vivere questo tempo particolare.
Ora,
leggendo questo episodio del Vangelo che ho scelto per la meditazione
di questa mattina, incontreremo un uomo che ha saputo vivere tutta la
sia vita come un tempo di Avvento.
dal
Capitolo 2 del Vangelo di Luca dal v. 25 al v.38:
Vi
era in Gerusalemme un uomo di nome Simeone; quest'uomo era giusto e
timorato di Dio, e aspettava la consolazione d'Israele; lo Spirito
Santo era sopra di lui; e
gli era stato rivelato dallo Spirito Santo che non sarebbe morto
prima di aver visto il Cristo del Signore. Egli,
mosso dallo Spirito, andò nel tempio; e, come i genitori vi
portavano il bambino Gesù per adempiere a suo riguardo le
prescrizioni della legge, lo
prese in braccio, e benedisse Dio, dicendo:
«Ora, o mio Signore, tu lasci andare in pace il tuo servo, secondo la tua parola;
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, che hai preparata dinanzi a tutti i popoli
«Ora, o mio Signore, tu lasci andare in pace il tuo servo, secondo la tua parola;
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, che hai preparata dinanzi a tutti i popoli
per
essere luce da illuminare le genti e
gloria del tuo popolo Israele».
Il padre e la madre di Gesù restavano meravigliati delle cose che si dicevano di lui. E Simeone li benedisse, dicendo a Maria, madre di lui: «Ecco, egli è posto a caduta e a rialzamento di molti in Israele, come segno di contraddizione (e a te stessa una spada trafiggerà l'anima), affinché i pensieri di molti cuori siano svelati».
Vi era anche Anna, profetessa, figlia di Fanuel, della tribù di Aser. Era molto avanti negli anni: dopo essere vissuta con il marito sette anni dalla sua verginità, era rimasta vedova e aveva raggiunto gli ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio e serviva Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quella stessa ora, anche lei lodava Dio e parlava del bambino a tutti quelli che aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Il padre e la madre di Gesù restavano meravigliati delle cose che si dicevano di lui. E Simeone li benedisse, dicendo a Maria, madre di lui: «Ecco, egli è posto a caduta e a rialzamento di molti in Israele, come segno di contraddizione (e a te stessa una spada trafiggerà l'anima), affinché i pensieri di molti cuori siano svelati».
Vi era anche Anna, profetessa, figlia di Fanuel, della tribù di Aser. Era molto avanti negli anni: dopo essere vissuta con il marito sette anni dalla sua verginità, era rimasta vedova e aveva raggiunto gli ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio e serviva Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quella stessa ora, anche lei lodava Dio e parlava del bambino a tutti quelli che aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Questo
brano non ci dice niente di chi fosse in realtà, storicamente,
Simeone, il cui nome era molto frequente in Israele. Egli potrebbe
anche essere una figura simbolica: infatti di lui ci vengono
sottolineati solo le qualità morali del carattere, e della sua
figura ci si dice soltanto che era un uomo avanti negli anni.
Possiamo immaginare che quest'anziano, giunto ad un tramonto sereno
della sua vita, durante la quale aveva perso ad uno ad uno sia
familiari che amici, compagni del suo viaggio terreno, fosse rimasto
solo. Forse anche per questo Simeone si recava più frequentemente al
Tempio dove egli sentiva maggiormente la presenza di Dio, di quel Dio
che riempie col suo amore tutte le solitudini dell'anima. Così'
quella presenza divina illuminava come un raggio di sole la sera, la
declinante giornata della vita di Simeone. Il Vangelo ci dice che
questo accadeva perché Simeone era sempre stato un UOMO GIUSTO. Fin
da fanciullo aveva imparato la legge d'Israele e la legge di Dio
sforzandosi di metterla in pratica.
Simeone
era TIMORATO di Dio, cioè egli era un uomo pio e la sua pietà era
sempre stata il principio e la fonte della sua giustizia. La sua
pietà era tale che gli aveva permesso di innalzare sempre di più il
cuore e l'anima verso l'Eterno.
A
quel giusto, a quel pio, era stato quindi concesso un privilegio
immenso: sopra di lui aleggiava lo Spirito Santo. E lo Spirito Santo
gli aveva rivelato che non avrebbe visto la morte prima di aver
veduto il Santo del Signore.
Possiamo
essere colpiti da due termini che sembrano così opposti: la vita e
la morte, ma possiamo comprendere questa dicotomia se pensiamo a
Simeone come alla prefigurazione del credente che nel volto del
Cristo non vede la morte ma la salvezza, la vita e la Resurrezione.
Questo vegliardo di cui il Vangelo ci parla, non vive come son soliti
vivere gli anziani di ricordi del passato senza troppa speranza nel
futuro, egli ha lo sguardo proteso verso l'avvenire perché ogni
giorno nutre il suo spirito di una speranza a venire: Simeone è un
vegliardo che aspetta.
Anche
i Profeti dell'Antico Testamento aspettavano una liberazione, una
restaurazione terrena della Nazione e l'arrivo del Messia: tutta la
storia di Israele è la storia di una attesa appassionata che le
promesse del Signore si compiano.
Nel
Vangelo il primo annuncio della nascita di Gesù è dato a persone
che erano in attesa che erano solite attendere, ai pastori che, a
guardia del gregge, attendevano l'aurora; e poi ai Magi che
attendevano una cometa e a Simeone ed Anna che nel Tempio,
attendevano il compimento di una promessa del Signore.
L'Avvento
è periodo di attesa anche per noi, tempo in cui possiamo coltivare
la dolce speranza di sempre e nuove preziose benedizioni e grazie
spirituali. Il cuore dell'uomo che batte nell'attesa è un cuore che
spera e la nostra speranza deve essere fiduciosa come quella di
Simeone piena della presenza di Dio, in modo che possiamo essere
pronti ad accogliere il Signore quando si rivelerà a noi in
qualsiasi forma Egli voglia farlo, anche in quella di un bimbo posto
in una mangiatoia.
Simeone
dunque aspettava ed aspettava una CONSOLAZIONE. I Profeti indicano
l'attesa del Messia come una consolazione.
Scrive
Isaia “Io sono colui che vi consola”, ed ancora; “L'Eterno mi
ha inviato per consolare tutti quelli che fanno cordoglio” e poi:
“Consolate consolate il mio popolo, dice il vostro Dio, l'Eterno
consola il suo Popolo” .
L'elemento
ATTESA non mancò neppure alla Fede dei primi Cristiani. Essi avendo
ricevuto e riconosciuto il Cristo, e attendevano ancora nuove
consolazioni, infatti “ Noi aspettiamo la redenzione del nostro
corpo” dice il Vangelo - “Noi aspettiamo la manifestazione del
Signore nostro Gesù Cristo” ed ancora - “Noi aspettiamo nuovi
cieli e nuova terra in cui abiti la giustizia”.
Queste
sono anche le nostre speranze di consolazione.
La
consolazione è la cosa di cui abbiamo bisogno perché vinca le
nostre più intime sofferenze prodotte da tutto il male che è nel
mondo. Ebbene tutte le consolazioni si trovano nel Vangelo, tutte
comprese nell'annuncio della redenzione.
Ci
viene detto che Simone aspettava la consolazione, Anna e molti in
Gerusalemme aspettavano la redenzione: consolazione e redenzione
diventano così sinonimi, termini che non possiamo separare.
Se
il prossimo Natale non ci portasse la redenzione (e quindi la
liberazione dalle attuali catene e dalle future conseguenze del male)
esso non ci porterebbe alcuna consolazione reale e duratura.
A
noi non è concesso, dopo l'attesa, di stringere al cuore realmente
il piccolo Gesù, come fece Simeone, ma, se in questa attesa d'
Avvento faremo silenzio nei nostri cuori, protesi a cogliere il
soffio dello Spirito Santo rivelatore, Egli dirà anche a noi che
Gesù” ritornerà secondo la promessa e ci accoglierà presso di sé
affinché dove Egli è, siamo anche noi.”
Così il giorno di Natale l'attesa sarà compiuta e il Cantico di Simeone sarà il cantico di ciascuno di noi: "gli occhi miei hanno veduto la tua salvezza". Amen
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