Senza dubbio avete udito parlare della dispensazione della grazia di
Dio affidatami per voi; come per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui
più sopra vi ho scritto in poche parole; leggendole, potrete capire la conoscenza che io ho del mistero di
Cristo.
Nelle altre epoche non fu concesso ai figli degli uomini di conoscere
questo mistero, così come ora, per mezzo dello Spirito, è stato
rivelato ai santi apostoli e profeti di lui; vale a dire che gli stranieri sono eredi con noi, membra con noi di
un medesimo corpo e con noi partecipi della promessa fatta in Cristo
Gesù mediante il vangelo.
L’Epifania
non è una festa tenuta in grande considerazione nelle nostre chiese,
anche se gli storici ci dicono che come festa è più antica del
Natale stesso. Ma dato che il nostro lezionario prevede anche questo culto, vi propongo il testo che il lezionario suggerisce per la festa dell’Epifania.
L’epifania
ricorda la visita dei magi a Gesù. È l’evangelista Matteo (2,1-12) che ci
ha tramandato il racconto della visita dei magi di oriente al neonato
Gesù; sono loro che scatenano la gelosia del re Erode, dicendogli di
essere in cerca del re dei Giudei, gelosia che porterà Erode a
decidere la cosiddetta strage degli innocenti.
Come
avete sentito, nel racconto di Matteo non ci sono alcuni aspetti
della tradizione che ci è stata tramandata sui magi: Matteo non dice
che i magi siano tre,
numero che probabilmente la tradizione ha tratto dal fatto che i doni
che essi portano a Gesù sono tre: oro, incenso e mirra. E non dice
che i magi siano re.
Essi erano piuttosto dei saggi che si dedicavano all’astronomia,
allo studio degli astri, ed infatti arrivano a Betlemme guidati da
una stella.
Che
significato ha questa strana storia che troviamo nel vangelo di
Matteo? Che ruolo hanno questi misteriosi personaggi che vengono da
lontano, da regioni pagane, per rendere omaggio a Gesù? Quello che è
importante in questo racconto è che persino degli stranieri, persino
dei pagani, anzi potremmo dire dei pagani prima degli altri, vengono
ad adorare Gesù.
Questo
racconto ha un alto valore simbolico: ad adorare Gesù, secondo il
vangelo di Matteo, arrivano per primi dei pagani. Già nella stalla
di Betlemme si anticipa ciò che accadrà più tardi: non solo i
giudei, ma anche i pagani crederanno in Gesù.
L’unione
di giudei e pagani in Cristo è uno dei temi principali della lettera
agli Efesini, in cui si trova il testo di predicazione di oggi, ed il
passo di oggi parla proprio di questo, in particolare il verso 6, in
cui si dice che: «gli stranieri sono eredi con noi - dove noi indica
i giudei -, membra con noi di un medesimo corpo e con noi partecipi
della promessa fatta in Cristo Gesù».
Paolo
parla ovviamente da ebreo e gli stranieri indicano i pagani, e quindi
“con noi” significa” i pagani insieme con noi ebrei.
Gesù
è venuto per tutti. Questo è il senso sia del racconto della visita
dei magi a Gesù, sia il senso del brano della lettera agli Efesini.
Accettare
l’universalismo, cioè che Gesù è venuto per tutti, è stato la
sfida principale del cristianesimo primitivo. Era facile pensare, ed
alcuni lo pensavano, che appartenere al popolo di Gesù, al popolo
ebraico, potesse costituire un privilegio anche davanti a Gesù; ed
era facile pensare che Gesù fosse venuto solo per il popolo ebraico.
Fu
però giudicata vera l’altra strada, quella, appunto,
dell’universalismo: il messaggio di Gesù Cristo è per tutti;
nessuno davanti a lui ha privilegi e nessuno è svantaggiato, tutti
sono uguali, perché davanti a Gesù nessuno ha dei meriti, si parte
tutti da zero; Cristo rende tutti uguali. Per noi questo è scontato,
quasi banale, ma se allora non fosse stata scelta questa strada,
probabilmente oggi noi non saremmo cristiani.
Nei
versi precedenti a quelli che abbiamo letto, l’apostolo aveva
parlato del muro di separazione tra giudei e pagani, muro che Cristo
ha abbattuto, facendo dei due popoli un solo popolo. E nel passo che
abbiamo letto, l’autore dice di aver ricevuto il compito di
annunciare questo evento ai pagani, di predicare loro quello che fino
ad allora era un mistero e che Cristo ora ha rivelato: in lui Dio ha
deciso di rivelarsi a tutti, compresi i pagani.
Il
mistero che è stato rivelato è che ora non c’è più nessuna
appartenenza, nessuna legge, nessuna tradizione, non c’è più
niente di niente che costituisca né un privilegio, né un ostacolo
per la fede. Non è un privilegio, né una garanzia appartenere al
popolo di Gesù e non è un ostacolo non appartenervi: davanti a Dio,
davanti a Gesù siamo tutti uguali, nel senso che tutti
non abbiamo nulla
da offrire.
E
non è un caso che l’autore di questa lettera insista molto anche
su un altro tema, quello della giustificazione per sola grazia di Dio
in Cristo. Perché è questo che fonda l’uguaglianza di tutti
davanti a Dio; siamo tutti uguali perché siamo tutti poveri e nudi
davanti a Dio, perché nessuno di noi ha qualcosa da offrire, ma solo
da ricevere.
Da
Dio possiamo solo ricevere la sua grazia e non abbiamo nulla da
offrire in cambio: è stata questa la rivoluzione che ha reso
possibile che Cristo dei due popoli, quello giudeo e quello pagano,
ne facesse uno solo; è stato questo che ha reso possibile che
stranieri e giudei fossero eredi insieme, membra di un medesimo corpo
e partecipi insieme della promessa fatta in Cristo.
Ciò
che si era prima non conta più, perché in Cristo non conta ciò che
si è, ma conta ciò che si diventa. In Cristo non conta ciò che si
ha, conta ciò che si riceve.
Questo
è quello che ha fatto diventare il cristianesimo una fede
universale, che ha abbattuto non solo il muro di separazione tra
giudei e pagani, ma anche tutti gli altri muri di separazione tra
tutte le altre categorie umane: Paolo nella lettera ai Galati dice
che in Cristo non ci sono giudei e pagani, uomini e donne, nemmeno
schiavi e liberi, ma che tutti siamo uno in Cristo.
Questo
è l’evangelo, che spesso le chiese non hanno saputo e non sanno
vivere fino in fondo, costruendo dei muri là dove Cristo li aveva
abbattuti.
Guardiamo
in casa nostra e pensiamo a quello che è successo il secolo scorso
nella chiesa riformata del Sudafrica con l’apartheid. Chiese di
bianchi e chiese di neri, nettamente separate, perché i bianchi si
consideravano superiori, nella società e nella chiesa. Pensiamo alla
discriminazione razziale che c’era legalmente negli Stati Uniti,
piena di chiese protestanti.
Grazie
a Dio, in queste situazioni in cui le chiese tradivano la loro
vocazione di essere chiese per tutti, credenti come Nelson Mandela in
Sudafrica e Martin Luther King negli Stati Uniti hanno saputo vivere
questo universalismo, spesso predicato, ma non sempre – o forse
raramente – vissuto fino in fondo.
E,
per menzionare un altro muro che i credenti hanno eretto laddove
Cristo lo aveva abbattuto, pensiamo al ruolo delle donne nelle
chiese. In molte chiese esse non possono accedere ai ministeri e
anche nella nostra chiesa ci si è arrivati solo cinquant’anni fa.
Oggi
è al centro del dibattito di tutte le chiese il diritto delle
persone omosessuali di essere accettati come credenti uguali a tutti
gli altri. A mio parere, questo è un altro muro che è stato
costruito nei secoli e che ha tenuto al di fuori del perimetro delle
chiese molti credenti, facendoli anche sentire in colpa per quello
che sono.
La
storia dei magi non è un bel racconto per bambini e le parole della
lettera agli Efesini non sono riflessioni che riguardano la
situazione della chiesa antica, ma sono parole bibliche che ci
dicono che l’evangelo è per tutti e che tutti sono uguali davanti
all’evangelo.
“Con
noi” sono le parole chiave di questo brano: gli
stranieri sono eredi con noi, membra con noi di un medesimo corpo e
con noi partecipi della promessa fatta in Cristo Gesù mediante il
vangelo.
Altri
con noi, uguali a noi; altri credenti con noi, uguali a noi. Non
altro conta che non sia la fede in Cristo dono della grazia di Dio,
che abbatte tutti i muri e apre le porte a tutti ugualmente, come è
accaduto con i magi d’oriente, che rappresentano tutti quelli che
prima erano esclusi e ora sono accolti, anzi chiamati, che
rappresentano tutti i diversi, che ora sono uguali, tutti i lontani
che ora sono vicini.
Questo
è il mistero, di cui parla Paolo, che è stato rivelato
nell’evangelo e che anche noi siamo chiamati a vivere e
testimoniare.
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