Vi
ricordo, fratelli, il vangelo che vi ho annunciato, che voi avete
anche ricevuto, nel quale state anche saldi, mediante il quale siete
salvati, purché lo riteniate quale ve l’ho annunciato; a meno che
non abbiate creduto invano. Poiché vi ho prima di tutto trasmesso,
come l’ho ricevuto anch’io, che Cristo morì per i nostri
peccati, secondo le Scritture; che fu seppellito; che è stato
risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture; che apparve a
Cefa, poi ai dodici. Poi apparve a più di cinquecento fratelli in
una volta, dei quali la maggior parte rimane ancora in vita e alcuni
sono morti Poi apparve a Giacomo, poi a tutti gli apostoli;
e, ultimo di tutti, apparve anche a me, come all’aborto;
perché io sono il minimo degli apostoli e non sono degno di
essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la chiesa di Dio.
Ma per la grazia di Dio io sono quello che sono; e la grazia sua
verso di me non è stata vana; anzi, ho faticato più di tutti loro;
non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Sia dunque io
o siano loro, così noi predichiamo, e così voi avete creduto.
Quest'anno
il lezionario propone per la predicazione della domenica di Pasqua
non uno dei racconti della risurrezione, ma una riflessione di Paolo
sulla risurrezione.
E' un bene che ogni tanto si ascolti una parola su quello che
la chiesa delle origini, e prima di tutti l'apostolo Paolo, hanno
pensato dell'evento pasquale.
La
prima cosa che risulta evidente è che la Pasqua è l'evangelo, la
buona notizia.
l'evangelo
non è una dottrina, non sono dei dogmi, non è, tanto meno, una
morale; l'evangelo è l'annuncio di un fatto, la passione, la morte e
la risurrezione di Gesù. E' l'annuncio di un fatto sconvolgente, del
tutto al di fuori dagli schemi di pensiero dell'uomo, un fatto
realmente accaduto, come testimoniato da molti. Un fatto che può
essere soltanto creduto o rifiutato. Un fatto che ha trasformato un
gruppo di uomini spaventati rinchiusi in una stanza la sera del
sabato in apostoli, in testimoni della risurrezione. Perché la
risurrezione, se ad essa si crede, non può non trasformare l'uomo.
L'annuncio
di Paolo è che Gesù è morto per i nostri peccati, è stato risorto
dal Padre ed è apparso a più persone. Questa è stata la prima
predicazione cristiana, la predicazione della grazia di Dio per
l'uomo peccatore.
Una
grazia assolutamente gratuita, se si può dire così, una grazia
immeritata dall'uomo, frutto soltanto dell'amore di Dio.
Ed
è in questo evangelo, in questo annuncio che Paolo esorta i Corinzi
a vivere, perché soltanto qui c'è la salvezza.
La
dimensione dell'annuncio è quindi di capitale importanza per la
chiesa, di qualunque denominazione. Forse andrebbe recuperata
appieno: la nostra chiesa è ricca di opere, alcune ottime, altre
forse più discutibili, ma è ancora ben attenta a portare questo
annuncio? Bisognerebbe ricordarsi che i comandamenti principali per
Gesù erano: ama Iddio e ama il tuo prossimo; ma, appunto, l'amore di
Dio va al primo posto, altrimenti l'amore per il prossimo rischia di
non essere autentico, ma “carnale”, per usare un'espressione
paolina, ossia fondato sul desiderio dell'uomo di piacere a se stesso
e di sentirsi a posto con Dio.
Ci
stiamo avvicinando a grandi passi verso il 2017, cinquecentesimo
anniversario della Riforma protestante. A pensarci bene, il
fondamento della Riforma sta proprio in questo annuncio dell'amore
gratuito di Dio, nel suo intervento a favore dell'uomo.
Può
essere un'occasione per riprendere con più forza e consapevolezza
l'annuncio della risurrezione di Cristo, diventando, tornando ad
essere testimoni di questo fatto nella scia degli apostoli, di Paolo,
e di quanti ci hanno preceduti nell'annuncio dell'evangelo.
Nessun commento:
Posta un commento