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Corinzi 9,6-15 (lettura di appoggio: 2
Corinzi 8,7-15)
Ora dico questo: chi semina scarsamente mieterà altresì
scarsamente; e chi semina abbondantemente mieterà altresì
abbondantemente.
Dia ciascuno come ha deliberato in cuor suo; non di mala voglia, né
per forza, perché Dio ama un donatore gioioso. Dio è potente da far abbondare su di voi ogni grazia, affinché,
avendo sempre in ogni cosa tutto quel che vi è necessario,
abbondiate per ogni opera buona; come sta scritto: «Egli ha profuso, egli ha dato ai poveri,la sua
giustizia dura in eterno».Colui che fornisce al seminatore la semenza e il pane da mangiare,
fornirà e moltiplicherà la semenza vostra e accrescerà i frutti
della vostra giustizia.
Così, arricchiti in ogni cosa, potrete esercitare una larga
generosità, la quale produrrà rendimento di grazie a Dio per mezzo
di noi. Perché l'adempimento di questo servizio sacro non solo supplisce ai
bisogni dei santi ma più ancora produce abbondanza di ringraziamenti
a Dio; perché la prova pratica fornita da questa sovvenzione li porta a
glorificare Dio per l'ubbidienza con cui professate il vangelo di
Cristo e per la generosità della vostra comunione con loro e con
tutti.
Essi pregano per voi, perché vi amano a causa della grazia
sovrabbondante che Dio vi ha concessa. Ringraziato sia Dio per il suo dono ineffabile!
Oggi
la Parola di Dio ci parla di soldi. Nella seconda lettera ai Corinzi,
infatti, Paolo dedica ben due capitoli – l’8 e il 9 – alla
questione di una colletta che le altre chiese fanno per i cristiani
di Gerusalemme. Gli esperti ci dicono che questa lettera forse
raccoglie frammenti di diverse lettere indirizzate alla chiesa di
Corinto, che poi qualcuno ha trovato e messo insieme. In effetti
sarebbe un po’ strano che Paolo affrontasse questo argomento al
capitolo 8 e poi ricominciasse a parlarne al cap. 9, come se non ne
avesse ancora parlato. Comunque, che si tratti di una lettera o di
più lettere poi messe insieme, è chiaro per Paolo si tratta di una
questione molto importante.
Non
sappiamo esattamente che cosa fosse successo a Gerusalemme, ma
evidentemente i cristiani di quella chiesa passano un brutto momento
dal punto di vista del loro sostentamento. E si trattava della
chiesa-madre, la chiesa dei primi apostoli, quindi una chiesa che ha
un valore simbolico molto alto. Paolo infatti parla dei cristiani di
Gerusalemme definendoli “santi”. Paolo, all’inizio del capitolo
9 parla della “sovvenzione destinata ai santi”.
Che
cosa ci dice questo brano di Paolo, che qui esorta i cristiani di
Corinto a raccogliere denaro da mandare in aiuto ai cristiani di
Gerusalemme? Ci dice alcune cose:
1.
La prima è che la nostra vita materiale è una questione di fede. O
se preferite, che la nostra fede riguarda anche la sfera materiale,
economica della nostra vita. La fede tocca il nostro portafoglio.
Perché c’è qualcuno che ha meno di te, che ha più bisogno di te.
Il donare fa parte della vita
di fede, è una conseguenza della fede.
E
come? Alcune indicazioni ce le dà il capitolo 8, in cui Paolo tratta
lo stesso tema, da cui abbiamo ascoltato alcuni versetti. Paolo lì
invita i Corinzi a dare “secondo le vostre possibilità” (8,11).
Non c’è legge, non c’è tassa, Paolo non prescrive quanto i
Corinzi debbano dare per le necessità dei cristiani di Gerusalemme.
Dice loro: date secondo le vostre possibilità. In questo, come in
molte scelte che i cristiani sono chiamati a fare, c’è libertà.
E quindi c’è responsabilità, sei libero di donare quello
che ritieni giusto sia secondo le tue possibilità, sei quindi anche
responsabile di donare secondo le tue possibilità.
Qui
nel cap. 9 Paolo dice che bisogna donare con generosità e non
di malavoglia o per forza.
Se
è per forza non è più un dono; per forza si paga una multa: a me è
successo: sono passato col rosso, ed era giusto che pagassi, ma non
l’ho fatto volentieri…! Un dono invece non si fa per forza, ma
con gioia. E Dio ama un donatore gioioso. Il tuo dono deve renderti
gioioso; lo avrete sperimentato tutti: fare un regalo gradito, che
suscita gioia in chi lo riceve, rende gioioso anche chi dona.
Dunque
donare liberamente, responsabilmente, generosamente (non le briciole
del nostro superfluo) e con gioia. Questo è gradito a Dio.
2.
Che cos’è questo donare? Paolo non usa il termine colletta, ma usa
altre parole: parla di “opera di grazia” e arriva a dire che si
tratta di un “servizio sacro”, quindi un atto di culto (9,12). E
sapete qual’è la parola che la nostra Bibbia traduce con
“sovvenzione”? È diaconia, cioè servizio. Donare è
culto, è servizio. E qual è il criterio con cui si rende questo
servizio? Nel cap. 8 - scusate se salto un po’ di qua e un po’
di là – è quello che Dio stesso ha applicato quando ha donato la
manna al suo popolo nel deserto: «Chi aveva raccolto molto non ne
ebbe di troppo, e chi aveva raccolto poco, non ne ebbe troppo poco».
Nè troppo, né troppo poco: questo è ciò che Dio vuole. A
differenza degli esseri umani: qualcuno vuole molto e ha troppo,
cosicché la conseguenza è che per forza qualcun altro ha troppo
poco.
E
Paolo spiega, dicendo: “la vostra abbondanza serve a supplire al
loro bisogno, perché la loro abbondanza supplisca altresì al vostro
bisogno, affinché ci sia uguaglianza, secondo quel che è scritto:
«Chi aveva raccolto molto non ne ebbe di troppo, e chi aveva
raccolto poco, non ne ebbe troppo poco»”.
Uguaglianza
è ciò che Dio vuole. E l'uguaglianza – visto che non c’è –
si raggiunge con la condivisione, con il dono di chi ha di più a chi
ha dimeno: “la vostra abbondanza serve a supplire al loro
bisogno” : condivisione, per raggiungere l’obiettivo
dell'uguaglianza. Dunque “diaconia”, “servizio sacro”…
Paolo usa termini cultuali per parlare del dono. Il dono fa parte del
culto quotidiano che rendiamo a Dio, condividendo con chi ha meno di
noi e più bisogno di noi. Il dono è diaconia ed è culto.
3.
Inserisco qui il tema di cui di solito non si parla volentieri: le
contribuzioni alla nostra cassa culto. anch’io non ne parlo
volentieri, perché mi sembra sempre di chiedere soldi per me, per il
mio stipendio.
Paolo
parla di una colletta per i cristiani di Gerusalemme che sono in
difficoltà economiche, non parla degli “stipendi” o del
mantenimento degli apostoli. Tanto più che lui si manteneva
lavorando… Si tratta però sempre di un “dare”, si tratta
sempre di un “dono” e di condivisione. La nostra chiesa ha sempre
fatto la scelta precisa che siano i membri di chiesa a mantenere i
loro pastori e pastore. Non direttamente, ma attraverso la Tavola che
garantisce quella uguaglianza di cui parlavano prima, perché tutti i
pastori e le pastore ricevono lo stesso stipendio (a parte una
piccola anzianità di servizio).
Per
questo non si usa l’otto per mille per pagare i pastori.
Innanzitutto perché l'otto per mille è denaro dello Stato mentre la
predicazione, la cura pastorale, la catechesi è una cosa della
chiesa, anzi è la vocazione della chiesa che con lo Stato non
c’entra. E poi per mantenere quel legame di condivisione tra
pastori e membri di chiesa: i pastori mettono il loro tempo, la loro
formazione, le loro capacità, il loro impegno – sta a voi valutare
se ciò sia sufficiente o no, se risponde ai vostri bisogni oppure no
– e i membri di chiesa ci mettono il denaro perché i pastori
possano vivere senza fare un altro lavoro.
Forse
questo non c’entra direttamente con la colletta di cui parla Paolo,
ma mi sembra che con le contribuzioni che siamo chiamati a dare,
c’entrino i criteri che Paolo scrive qui: libertà, responsabilità,
generosità, gioia. Io non vorrei che nemmeno un centesimo del mio
stipendio sia dato di malavoglia o senza gioia.
Dovrebbe
essere, secondo me – e forse Paolo sarebbe d’accordo – un
circolo virtuoso di condivisione: io mi impegno a cercare – poi se
ci riesco è un altro discorso… - di fare predicazioni più o meno
decenti, di preparare studi biblici attraverso cui si possa crescere
insieme, a stare accanto alle persone che lo desiderano nella cura
pastorale... E voi vi impegnate con il vostro denaro affinché io
possa fare tutto questo senza dover fare l’operaio o l’infermiere
per mantenermi.
4.
Chiudo la parentesi “contribuzioni” e
torno al testo per dire
un’ultima cosa: che cosa produce questo donare e ricevere,
questo scambio virtuoso di doni? Paolo scrive: l'adempimento di
questo servizio sacro non solo supplisce ai bisogni dei santi ma più
ancora produce abbondanza di ringraziamenti a Dio […]
Essi pregano per voi, perché vi amano a causa della grazia
sovrabbondante che Dio vi ha concessa.
Questo
scambio di donare e ricevere produce innanzitutto abbondanza di
ringraziamenti a Dio e poi la preghiera di chi riceve per chi dona.
Produce insomma lode a Dio e comunione tra le chiese e tra i
cristiani.
Il
dono, la condivisione hanno un grande effetto, secondo Paolo. La fede
tocca la nostra vita materiale, dicevamo all’inizio, ma il
materiale diventa spirituale. La condivisione materiale produce
frutti spirituali: lode a Dio e preghiera gli uni per gli altri. Il
materiale è spirituale.
Questo
vale per la sottoscrizione per i terremotati come per le
contribuzione per la vita della nostra chiesa, come per qualunque
altra condivisione materiale.
Tutto
ciò è fondato nell’opera di “ Gesù Cristo il quale – scrive
Paolo al cap. 8 - , essendo ricco, si è fatto povero per voi,
affinché, mediante la sua povertà, voi poteste diventare ricchi”.
Per condividere ciò che si ha non è necessario essere ricchi di
beni o di proprietà. È sufficiente essere ricchi della grazia di
Dio, che è il donatore per definizione.
Per
questo Paolo conclude la sua esortazione a dare con una lode a colui
che ha dato per primo: “Ringraziato sia Dio per il suo dono
ineffabile!” Che
è Gesù Cristo, che ha dato se stesso per noi, affinché anche noi
imparassimo a donare e condividere con gioia, per
far crescere la comunione nella chiesa e per dare gloria
a
Dio.
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