Venerdì
Santo – 10 aprile 2020
2
Corinzi 5,19-21
17
«Se
dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie
sono passate: ecco, sono diventate nuove.
18
E
tutto questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di
Cristo e ci ha affidato il ministero della riconciliazione» 19
Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non
imputando agli uomini le loro colpe, e ha messo in noi la parola
della riconciliazione. 20
Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse
per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate
riconciliati con Dio. 21
Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare
peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui.
1.
Paolo utilizza una bellissima parola per descrivere l’evento della
croce: riconciliazione. È una bellissima parola che
usiamo forse troppo poco per parlare dell’opera di Cristo e anche
di ciò a cui Cristo ci chiama: siamo donne e uomini innanzitutto
riconciliati da Dio, per grazia, e poi donne e uomini che Dio stesso
chiama alla riconciliazione tra di noi e a cercare riconciliazione
nel mondo.
Ma
in queste parole di Paolo, al centro c’è ciò che Dio ha fatto
in Cristo per noi: «Dio
era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo». La parola
riconciliazione presuppone che vi sia una frattura,
qualcosa di rotto che viene ricomposto, qualcuno lontano che viene
riportato vicino, qualcuno ostile che viene appunto riconciliato,
ri-appacificato.
La
parola riconciliazione esprime uno stravolgimento totale della
realtà, da negativa a positiva, da lontano a vicino, da contrapposto
a unito. È ciò che Paolo esprime nei primi di questi versetti,
quando dice che «Se
dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie
sono passate: ecco, sono diventate nuove. E tutto questo viene da Dio
che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ci ha affidato
il ministero della riconciliazione».
La
riconciliazione è la grande novità, la nuova realtà che Dio ci ha
offerto in Cristo, anzi potremmo dire che Dio ha creato per noi in
Cristo. Lo spartiacque tra il vecchio e il nuovo, l’evento
in cui questa grande novità accade è la morte di Gesù sulla croce
nel giorno che noi chiamiamo il venerdì santo.
Noi
siamo lontani da Dio e ostili nei suoi confronti, ma in Cristo Dio si
avvicina a noi, che siamo lontani, nel suo amore che vince l’ostilità
e perdona il peccato che ci allontana e separa da lui.
In
queste parole di Paolo il soggetto della riconciliazione è sempre
Dio; è sempre Dio che riconcilia e sempre noi coloro che vengono
riconciliati. Lui è il soggetto della riconciliazione e noi i
destinatari e i beneficiari, coloro che ricevono la riconciliazione;
quella riconciliazione, che spesso non cerchiamo, Dio la mette in
atto per noi e la mette in atto in Gesù che va da solo verso la
croce.
La
sua solitudine nell’andare verso la croce è il segno di quanto ci
fosse bisogno e ci sia bisogno di riconciliazione ed è segno di
quanto quella riconciliazione potesse essere soltanto opera esclusiva
di Dio e della sua grazia, e non nostra. Gesù va da solo verso la
croce, va da solo, senza di noi a riconciliare Dio con noi.
2.
E come Dio ci riconcilia in Cristo con sé? «Non
imputando agli uomini le loro colpe»,
dice Paolo. Il linguaggio della giustificazione si intreccia con
quello della riconciliazione, due parole, due modi diversi ed
entrambi ricchissimi di significato per dire che cosa Dio ha fatto
per noi in Cristo.
Dio
non ci ha imputato le nostre colpe. La colpa c’è, è evidente.
Basta guardasi intorno per vedere le conseguenze delle colpe umane,
del peccato umano, ovvero della situazione di non-amore per Dio e di
non-amore per il prossimo e per il creato. Ma basta anche guardarsi
dentro, guardare ciascuno e ciascuna dentro di sé per vedere la
nostra colpa (e non solo quella degli altri…).
E
la vediamo dentro di noi anche quando viviamo ed agiamo con le
migliori intenzioni! Senza dubbio Paolo si sforzava di essere un buon
cristiano, eppure lui stesso arriva ad ammettere che non riesce a
fare il bene che vorrebbe fare e compie invece il male che non
vorrebbe fare!: «il
bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello
faccio»
(Romani 7,19).
La
colpa c’è, ma non viene «imputata»; detto in altre parole: la
colpa c’è, ma non c’è la condanna. La grazia di Dio non
cancella la colpa, ma cancella la condanna che dovrebbe seguire a
quella colpa. La condanna la prende Gesù su di sé andando a morire
per noi.
3.
Paolo usa poi un’altra espressione molto significativa per
esprimere questo fatto: «Colui che non ha conosciuto peccato,
egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi
diventassimo giustizia di Dio in lui».
Gesù
non ha conosciuto peccato ma, per grazia di Dio, diventa peccato per
noi. Paolo non dice che diventa peccatore, ma che diventa peccato,
il che è una cosa diversa. Continua a non essere peccatore, ma
diventa peccato perché prende il nostro peccato su di sé.
Lutero
ha espresso in modo molto
chiaro
ed efficace questo fatto utilizzando
l’espressione “felice scambio”: «così l’anima credente può
credere e gloriarsi di tutte le cose che Cristo ha come se fossero
sue, e Cristo si attribuisce
tutte le cose dell’anima come se fossero sue. […]
Cristo è pieno di grazia, vita e salvezza, l’anima è piena di
peccato, morte e dannazione. Ora si interpone tra loro la fede e
accade che il peccato, la morte e l’inferno sono di Cristo, mentre
la grazia, la vita e la salvezza sono dell’anima […]. Qui si
compie il felice scambio…» (da
La
libertà del cristiano,
1520)
Lutero
esprime nel suo linguaggio vivace e diretto ciò che Paolo dice
quando afferma che Cristo diventa peccato per noi e noi diventiamo
giustizia di Dio in lui. Ciò che non è nostro e non può essere
nostro, cioè la giustizia di Dio, lo diventa in Cristo; ma
lo diventa come dono,
non come possesso. E ciò
che può solo essere nostro, il peccato, diventa di Cristo, perché
egli lo prende su di sé.
Il
peccato diventa di Cristo, come dicevamo, non nel senso che egli
diventa peccatore, ma nel senso che egli prende la nostra condanna. E
noi riceviamo la sua giustizia, siamo giustificati. Il che non
significa che non siamo più peccatori, ma che non siamo più
condannati.
Forse
il linguaggio giuridico della giustificazione a prima vista può
apparirci un po’ freddo. Ma immaginatevi un colpevole, processato e
condannato a molti anni di prigione, a cui venga detto: la condanna
che ti meriti è di tot anni di galera. Te la meriti perché
sei colpevole, su questo non c’è dubbio.
E
invece no, niente
prigione, vai,
sei libero, la porta della prigione è aperta, anzi non ci entri
nemmeno in prigione. Sei
giustificato, ovvero libero.
Ma
non sei soltanto giustificato, sei anche – e torniamo all’inizio
– riconciliato. La riconciliazione è l’altro lato della
medaglia: su un lato la giustificazione, sull’altro la
riconciliazione.
4.
La riconciliazione è un dono,
e come tutti i doni va usato e curato e
messo a frutto. Per
questo Paolo può dire poco prima «Dio
ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo»
e subito dopo «vi
supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio. La
grazia di Dio e la nostra vocazione.
Siamo
riconciliati
con Dio
e
questa è opera di Dio soltanto, l’opera che ha compiuta nella
morte di suo figlio sulla croce. Ma Dio ci chiede di vivere questa
riconciliazione, per questo Paolo chiede, anzi supplica, Siate
riconciliati con Dio.
Vivete da riconciliati e non vivete come se la riconciliazione non ci
fosse stata.
Dio
chiama noi – riconciliati da lui – a vivere e ad annunciare la
riconciliazione: siamo «ambasciatori
per Cristo»,
cioè inviati
a costruire e ad annunciare
riconciliazione. Siamo
inviati ad annunciare riconciliazione,
non condanna;
ad
annunciare pace, non giudizio; ad annunciare evangelo, non
legge.
Ci
è stato affidato il «ministero [in greco diaconia,
cioè servizio]
della riconciliazione». Dio ci ha voluti persone
riconciliate
annunciatrici
di riconciliazione. Riconciliati, ovvero peccatori perdonati, nulla
più di questo; e solo e proprio perché riconciliati, annunciatori
di riconciliazione; solo
e proprio
perché perdonati annunciatori di perdono; solo
e proprio
perché graziati annunciatori di grazia.
La
novità di Dio, la novità che la grazia di Dio ci ha portato in Gesù
Cristo ha nome (uno dei tanti nomi…) riconciliazione.
Essa
è dono di Dio ed è di conseguenza nostra vocazione, spirituale,
umana, sociale, politica…
Oggi,
venerdì santo, celebriamo il dono di Dio per noi, che si è compiuto
sulla croce, che ci parla allo stesso tempo della nostra colpa e del
nostro perdono, per cui Cristo è morto.
Su
quella croce è avvenuta la nostra riconciliazione con Dio. Essa
è opera della grazia di Dio soltanto ed è la grande novità che
siamo chiamati a credere, a vivere, ad annunciare e a costruire.
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