venerdì 10 aprile 2020

Predicazione del Venerdì Santo su 1 Corinzi 5,17-21 a cura di Marco Gisola

Venerdì Santo – 10 aprile 2020
2 Corinzi 5,19-21
17 «Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove.
18 E tutto questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ci ha affidato il ministero della riconciliazione» 19 Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe, e ha messo in noi la parola della riconciliazione. 20 Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio. 21 Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui.


1. Paolo utilizza una bellissima parola per descrivere l’evento della croce: riconciliazione. È una bellissima parola che usiamo forse troppo poco per parlare dell’opera di Cristo e anche di ciò a cui Cristo ci chiama: siamo donne e uomini innanzitutto riconciliati da Dio, per grazia, e poi donne e uomini che Dio stesso chiama alla riconciliazione tra di noi e a cercare riconciliazione nel mondo.
Ma in queste parole di Paolo, al centro c’è ciò che Dio ha fatto in Cristo per noi: «Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo». La parola riconciliazione presuppone che vi sia una frattura, qualcosa di rotto che viene ricomposto, qualcuno lontano che viene riportato vicino, qualcuno ostile che viene appunto riconciliato, ri-appacificato.
La parola riconciliazione esprime uno stravolgimento totale della realtà, da negativa a positiva, da lontano a vicino, da contrapposto a unito. È ciò che Paolo esprime nei primi di questi versetti, quando dice che «Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove. E tutto questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ci ha affidato il ministero della riconciliazione».
La riconciliazione è la grande novità, la nuova realtà che Dio ci ha offerto in Cristo, anzi potremmo dire che Dio ha creato per noi in Cristo. Lo spartiacque tra il vecchio e il nuovo, l’evento in cui questa grande novità accade è la morte di Gesù sulla croce nel giorno che noi chiamiamo il venerdì santo.
Noi siamo lontani da Dio e ostili nei suoi confronti, ma in Cristo Dio si avvicina a noi, che siamo lontani, nel suo amore che vince l’ostilità e perdona il peccato che ci allontana e separa da lui.
In queste parole di Paolo il soggetto della riconciliazione è sempre Dio; è sempre Dio che riconcilia e sempre noi coloro che vengono riconciliati. Lui è il soggetto della riconciliazione e noi i destinatari e i beneficiari, coloro che ricevono la riconciliazione; quella riconciliazione, che spesso non cerchiamo, Dio la mette in atto per noi e la mette in atto in Gesù che va da solo verso la croce.
La sua solitudine nell’andare verso la croce è il segno di quanto ci fosse bisogno e ci sia bisogno di riconciliazione ed è segno di quanto quella riconciliazione potesse essere soltanto opera esclusiva di Dio e della sua grazia, e non nostra. Gesù va da solo verso la croce, va da solo, senza di noi a riconciliare Dio con noi.

2. E come Dio ci riconcilia in Cristo con sé? «Non imputando agli uomini le loro colpe», dice Paolo. Il linguaggio della giustificazione si intreccia con quello della riconciliazione, due parole, due modi diversi ed entrambi ricchissimi di significato per dire che cosa Dio ha fatto per noi in Cristo.
Dio non ci ha imputato le nostre colpe. La colpa c’è, è evidente. Basta guardasi intorno per vedere le conseguenze delle colpe umane, del peccato umano, ovvero della situazione di non-amore per Dio e di non-amore per il prossimo e per il creato. Ma basta anche guardarsi dentro, guardare ciascuno e ciascuna dentro di sé per vedere la nostra colpa (e non solo quella degli altri…).
E la vediamo dentro di noi anche quando viviamo ed agiamo con le migliori intenzioni! Senza dubbio Paolo si sforzava di essere un buon cristiano, eppure lui stesso arriva ad ammettere che non riesce a fare il bene che vorrebbe fare e compie invece il male che non vorrebbe fare!: «il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio» (Romani 7,19).
La colpa c’è, ma non viene «imputata»; detto in altre parole: la colpa c’è, ma non c’è la condanna. La grazia di Dio non cancella la colpa, ma cancella la condanna che dovrebbe seguire a quella colpa. La condanna la prende Gesù su di sé andando a morire per noi.

3. Paolo usa poi un’altra espressione molto significativa per esprimere questo fatto: «Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui».
Gesù non ha conosciuto peccato ma, per grazia di Dio, diventa peccato per noi. Paolo non dice che diventa peccatore, ma che diventa peccato, il che è una cosa diversa. Continua a non essere peccatore, ma diventa peccato perché prende il nostro peccato su di sé.
Lutero ha espresso in modo molto chiaro ed efficace questo fatto utilizzando l’espressione “felice scambio”: «così l’anima credente può credere e gloriarsi di tutte le cose che Cristo ha come se fossero sue, e Cristo si attribuisce tutte le cose dell’anima come se fossero sue. […] Cristo è pieno di grazia, vita e salvezza, l’anima è piena di peccato, morte e dannazione. Ora si interpone tra loro la fede e accade che il peccato, la morte e l’inferno sono di Cristo, mentre la grazia, la vita e la salvezza sono dell’anima […]. Qui si compie il felice scambio…» (da La libertà del cristiano, 1520)
Lutero esprime nel suo linguaggio vivace e diretto ciò che Paolo dice quando afferma che Cristo diventa peccato per noi e noi diventiamo giustizia di Dio in lui. Ciò che non è nostro e non può essere nostro, cioè la giustizia di Dio, lo diventa in Cristo; ma lo diventa come dono, non come possesso. E ciò che può solo essere nostro, il peccato, diventa di Cristo, perché egli lo prende su di sé.
Il peccato diventa di Cristo, come dicevamo, non nel senso che egli diventa peccatore, ma nel senso che egli prende la nostra condanna. E noi riceviamo la sua giustizia, siamo giustificati. Il che non significa che non siamo più peccatori, ma che non siamo più condannati.
Forse il linguaggio giuridico della giustificazione a prima vista può apparirci un po’ freddo. Ma immaginatevi un colpevole, processato e condannato a molti anni di prigione, a cui venga detto: la condanna che ti meriti è di tot anni di galera. Te la meriti perché sei colpevole, su questo non c’è dubbio.
E invece no, niente prigione, vai, sei libero, la porta della prigione è aperta, anzi non ci entri nemmeno in prigione. Sei giustificato, ovvero libero.
Ma non sei soltanto giustificato, sei anche – e torniamo all’inizio – riconciliato. La riconciliazione è l’altro lato della medaglia: su un lato la giustificazione, sull’altro la riconciliazione.

4. La riconciliazione è un dono, e come tutti i doni va usato e curato e messo a frutto. Per questo Paolo può dire poco prima «Dio ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo» e subito dopo «vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio. La grazia di Dio e la nostra vocazione.
Siamo riconciliati con Dio e questa è opera di Dio soltanto, l’opera che ha compiuta nella morte di suo figlio sulla croce. Ma Dio ci chiede di vivere questa riconciliazione, per questo Paolo chiede, anzi supplica, Siate riconciliati con Dio. Vivete da riconciliati e non vivete come se la riconciliazione non ci fosse stata.
Dio chiama noi – riconciliati da lui – a vivere e ad annunciare la riconciliazione: siamo «ambasciatori per Cristo», cioè inviati a costruire e ad annunciare riconciliazione. Siamo inviati ad annunciare riconciliazione, non condanna; ad annunciare pace, non giudizio; ad annunciare evangelo, non legge.
Ci è stato affidato il «ministero [in greco diaconia, cioè servizio] della riconciliazione». Dio ci ha voluti persone riconciliate annunciatrici di riconciliazione. Riconciliati, ovvero peccatori perdonati, nulla più di questo; e solo e proprio perché riconciliati, annunciatori di riconciliazione; solo e proprio perché perdonati annunciatori di perdono; solo e proprio perché graziati annunciatori di grazia.
La novità di Dio, la novità che la grazia di Dio ci ha portato in Gesù Cristo ha nome (uno dei tanti nomi…) riconciliazione.
Essa è dono di Dio ed è di conseguenza nostra vocazione, spirituale, umana, sociale, politica…
Oggi, venerdì santo, celebriamo il dono di Dio per noi, che si è compiuto sulla croce, che ci parla allo stesso tempo della nostra colpa e del nostro perdono, per cui Cristo è morto.
Su quella croce è avvenuta la nostra riconciliazione con Dio. Essa è opera della grazia di Dio soltanto ed è la grande novità che siamo chiamati a credere, a vivere, ad annunciare e a costruire.

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