Agnellini (foto Corbis)
dal sito: www.tiscali.it
(in data 13 aprile ore 23.50)
di Oscar Grazioli*
10 Aprile 2009 - Non sono credente, ma mi rifiuto anche di pensare che possa esistere, per chi ha fede, un Dio che chiede tributi di sangue per la sua rinascita. Pur nella divergenza della Pasqua fra le due più grandi religioni monoteiste, il Cristianesimo e l’Ebraismo, l’una per festeggiare la resurrezione di Cristo, l’altra per festeggiare la liberazione del popolo giudeo dalla schiavitù dell’Egitto, sacrificano agnelli e capretti al loro Dio. In Italia vengono macellati, ogni anno, circa 3 milioni e 300 mila agnellini di pochi mesi di età.
La tradizione pasquale crea un incremento vertiginoso delle uccisioni di agnelli: più del 60% degli ovini macellati in Italia, vengono consumati nel periodo pasquale, una tradizione tanto radicata quanto inutilmente crudele. Quello che succede nei mattatoi italiani sembra suggerire che per gli agnellini non è prevista pietà alcuna.
Dopo il trasporto, spesso per sentieri e tratturi disagiati (già causa di notevole stress) gli agnelli giungono al macello dove, in virtù dell’impennata dei consumi, ferve l’attività di macellazione in modo talvolta caotico e non sempre rispettoso delle regole, per cui può capitare che qualche macellaio salti la fase dello stordimento che oggi deve precedere la cosiddetta iugulazione (taglio della giugulare per la fuoriuscita rapida del sangue).
Questo senza contare che l’Italia, con il buonismo di sempre, concede alle religioni islamiche ed ebraiche la macellazione senza stordimento. Chi, come me, ha assistito nei vecchi macelli di un tempo al taglio della gola senza stordimento alcuno (così si faceva allora) ricorda, come un incubo, le immagini e i belati di queste povere creature barbaramente uccise in nome di quella che dovrebbe essere una festa e risulta una giornata macchiata dal sangue di quello che, nel famoso film con Hopkins e la Foster viene chiamato “il silenzio degli innocenti”.
A questo quadro si deve aggiungere la macellazione clandestina degli agnelli che mette in grave pericolo la salute pubblica a causa di malattie, come la Trichinellosi, presente negli ovini. Proprio ieri a Salofra (Avellino) i carabinieri hanno sequestrato numerosi capretti macellati clandestinamente. Solo la punta di un iceberg.
Quello che i tradizionalisti, mangiatori d’agnello pasquale sembrano poi dimenticare, è che, volendo seguire la tradizione del tutto, il venerdì santo sarebbe dedicato, oltre che alla preghiera per la morte di Cristo, al digiuno. Di questo preferiscono dimenticarsene strafogandosi come un giorno qualsiasi.
Leggo poi incredulo l’appello della Coldiretti perché non manchi sulle tavole degli sfollati d’Abruzzo il tradizionale agnello pasquale. Forse qualche credente che ha perso figli, casa e lavoro si chiederà, il giorno di Pasqua, se davvero quel Dio in cui ha creduto è risorto e perché lo debba glorificare mangiando agnello. Io almeno me lo chiederei, mangiando una dolce colomba di marzapane.
* Oscar Grazioli
Veterinario e Scrittore.
Il blog:
oscargrazioli.blog.tiscali.it
Il sito:
www.oscargrazioli.it
2 commenti:
Accogliere in un blog di una Chiesa
un articolo chiaramente di parte senza nessuna nota per illustrare il pensiero della Comunità in merito mi pare un poco settario.
Gesù, ebreo, ha certamente mangiato la Pasqua con l'agnello.Sono d'accordo sui metodi crudeli di allevamento, trasporto e uccisione odierni.
Il blog è uno spazio che diventa sempre più interessante quando si confrontano diverse posizioni.
- Gesù, certamente ebreo, nell’Ultima Cena ha mangiato l’agnello pasquale? Il dibattito è aperto, diversi esegeti sono convinti di no. Gesù ha seguito molto probabilmente, su questa tematica, il calendario della Comunità di Qumran (la quale non riconosceva il tempio di Erode e attendeva un nuovo tempio) e per la Comunità di Qumran la cena pasquale era senza agnello.
- Sulla tematica: Cristianesimo e Animali, interessanti elementi di riflessione offrono le seguenti parole del teologo valdese PAOLO RICCA:
«Nella sua lunga storia il cristianesimo non è stato, complessivamente, amico degli animali. Gli animali sembrano essere stati esclusi dal messaggio cristiano di riconciliazione e pace. Certamente con l’avvento del cristianesimo, la loro condizione e la loro sorte non sono molto migliorate. Basti pensare al fatto che le due maggiori festività cristiane (Natale e Pasqua) si traducono ogni volta in una grande ecatombe di animali, che finiscono sulle nostre mense. Le nostre feste sono per gli animali una vera sciagura.»
tratto da: Paolo Ricca, Introduzione a: Un Giorno Una Parola 2007, a cura della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Claudiana editrice, Torino, 2006, pp. 17-18.
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