martedì 3 agosto 2010

AIUTARE LE COPPIE E I LORO FIGLI



Una pastorale per le coppie

La notizia Istat sull’aumento delle separazioni e dei divorzi si offre a una riflessione. 
La durata media del matrimonio, alla separazione, è di 15 anni. 
Le crisi coniugali coinvolgono sempre più unioni di lunga durata: 
le separazioni oltre i 10 anni di matrimonio sono più che raddoppiate dal 1995 a oggi, 
quelle oltre i 25 anni quasi triplicate. Dati inquietanti.

Le parole evangeliche sul ripudio sono tra le più dure pronunciate da Gesù. 
Eppure esse non sono uguali. Nei Vangeli di Marco (10, 1-12) e Luca (16, 18) 
il divieto di Gesù è senza appelli. In Matteo c’è quel «quando non sia per motivo di fornicazione» 
che costituisce l’eccezione. In effetti in questa doppia versione 
c’è anche lo spartiacque tra le chiese cristiane rispetto all’ammissibilità del divorzio. 
Come facilmente si constata, la posizione intransigente della Chiesa cattolica, che obbligherebbe il coniuge separato a non risposarsi, non è riuscita a prevenire i divorzi. 
E anzi, nei casi di cattolici che scelgono di aprirsi a una seconda possibilità, essi sperimentano un senso di abbandono da parte della loro chiesa che preclude loro l’eucarestia e quindi la piena comunione.

Le chiese protestanti hanno un approccio in genere più pastorale. 
Bisognerebbe non arrivare al divorzio, ma se accade, e quando accade, 
è meglio offrire una possibilità di perdono, e per quanto possibile di comprensione, piuttosto che mettere pesi e sensi di colpa sulle spalle di persone già aggravate dal proprio senso di fallimento. 
Noi diciamo spesso che non consideriamo il matrimonio un sacramento e che più che il matrimonio cristiano esiste una maniera cristiana di vivere anche il matrimonio. 
Forse però dovremmo estendere questo concetto anche alla separazione. Potremmo dire: 
il divorzio cristiano non esiste, ma potrebbe esserci una maniera cristiana di vivere anche il dramma di una separazione.

Qui si impone una auto-riflessione critica. In generale la nostra pastorale per le coppie 
si limita a un più o meno breve corso prematrimoniale e poi la coppia è lasciata sola. 
Probabilmente faremmo bene a spostare il baricentro della nostra pastorale verso i primi anni di matrimonio, 
anni in cui si struttura la vita insieme. Insomma, fare prevenzione. 
E poi, nel caso di coppie che decidono di separarsi, sarebbe utile offrire nelle nostre chiese un accompagnamento anche durante le fasi della separazione. Invece spesso quando la coppia divorzia, 
si allontana anche dalla chiesa con la conseguenza che viene a mancare una vicinanza pastorale proprio nel momento in cui ce ne sarebbe più bisogno. 
Forse le nostre facoltà di Teologia dovrebbero dedicare maggiore spazio alla formazione 
della relazione di aiuto spirituale proprio in tali momenti, 
relazione d’aiuto che dovrebbe estendersi anche ai figli, 
che nella separazione dei propri genitori vedono i propri equilibri sconvolti senza che ci sia qualcuno che raccolga il loro dolore e li ascolti.

Quando si divorzia in malo modo l’impatto negativo che questo genera sui figli, specialmente se adolescenti, è in questi casi ancora maggiore, talvolta irreparabile. Questo vuoto di accompagnamento pastorale delle chiese va colmato. 
Almeno va fatto un tentativo.

Ancora due cose essenziali per la nostra pastorale delle coppie. La possibilità del divorzio e la disponibilità ad accogliere le coppie in seconde nozze deve poter comunicare premura e comprensione, 
e non relativismo e disinteresse. Abbandonare un partner, magari perché malato, o per ragioni di capriccio, o peggio, mantenere in piedi situazioni di infedeltà, 
con bugie, simulazioni, inganni, resta profondamente ingiusto, contrario alla Parola di Dio, 
e una pessima testimonianza, in primo luogo, per i figli. 
A queste responsabilità nessuno può illudersi di sfuggire.

In secondo luogo va fatta una pastorale in cui affermiamo che la durata del matrimonio, 
e più in generale delle relazioni affettive, è un valore. 
Bisogna capire 
che non si possono abbandonare patti d’amore a cuor leggero, 
fermandoci ai primi ostacoli perché l’amore comincia proprio 
dove l’amato non è più solo la proiezione
delle nostre fantasie romantiche o erotiche, 
ma è la persona con i suoi limiti, i suoi difetti e le sue virtù. 
L’amore rispetta l’alterità. 
Un legame che si conferma 
dopo aver superato un tempo di crisi e di incomprensioni
è un matrimonio più forte e più maturo.


Massimo Aprile




tratto dal settimanale: Riforma,
editoriale di Massimo Aprile,
RIFORMA,
Anno XVIII - numero 30 - 30 luglio 2010, p.10.
www.riforma.it

Nessun commento: