domenica 31 maggio 2009

I DONI DELLA PENTECOSTE





In cerca di una lingua per far parlare Dio

Più che rinnovare il nostro vocabolario, il nostro culto ha bisogno di lasciare spazio allo Spirito Santo che ci conduce alla gioiosa riscoperta dei doni spirituali che ha generosamente disseminato nella comunità dei credenti

Valdo Benecchi

«1 Quando il giorno della Pentecoste fu giunto, tutti erano insieme nello stesso luogo. 
2 Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov’essi erano seduti. 3 Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro. 4 Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi. 5 Or a Gerusalemme soggiornavano dei Giudei, uomini religiosi di ogni nazione che è sotto il cielo. 6 Quando avvenne quel fuoco, la folla si raccolse e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nella sua propria lingua. 7 E tutti stupivano e si meravigliavano, dicendo: Tutti questi che parlano non sono Galilei? 8 Come mai li udiamo parlare ciascuno nella nostra propria lingua natìa? 9 Noi Parti, Medi, Elaminiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, 10 della Frigia, della Panfilia, dell’Egitto e della parti della Libia Cirenaica e pellegrini romani, 11 tanto giudei che proseliti, Cretesi ed Arabi, li udiamo parlare della grandi cose di Dio nelle nostre lingue. 12 Tutti stupivano ed erano perplessi chiedendosi l’uno all’altro: “Che cosa significa questo? ”. 13 Ma altri li deridevano e dicevano: “Son pieni di vino dolce”»
(Atti 2, 1-13)

Il protagonista della Pentecoste

John Wesley, il fondatore del Metodismo, ha predicato e scritto molto sullo Spirito Santo, il protagonista della Pentecoste, dicendo, fra l’altro: «È difficile spiegare le cose profonde di Dio nel linguaggio umano. Non ci sono parole che possano rendere pienamente ciò che Dio compie per i suoi figli». Ma poi, con grande sollievo spirituale e gioia, Wesley annunciava che, grazie allo Spirito Santo, il nostro essere figli di Dio, la morte e la resurrezione di Cristo, il perdono del peccato e la riconciliazione con Dio non sono dei concetti astratti, delle formule dogmatiche, ma sono vita, forza spirituale, esperienza personale, speranza viva. Affermazioni che ci parlano dello Spirito Santo come di un evento che non possiamo relegare né nei dogmi, e neppure nelle pieghe delle formule teologiche o della tradizione religiosa.

L'azione dello Spirito Santo

Gli eventi che nel racconto introducono Pentecoste sono molto eloquenti. Sono simboli evidenti dell’alterità di Dio e dello Spirito Santo rispetto alla nostra realtà. Colpisce la presenza in Gerusalemme di tanti stranieri, di persone provenienti da paesi diversi, da culture e lingue diverse per la celebrazione della festa. Questa presenza è enfatizzata di proposito dall’autore del testo, Luca, per indicare l’universalità dell’appello di Dio all’umanità. I seguaci di Gesù non possono fare a meno di comunicare a chiunque le «grandi cose di Dio», la loro esperienza di Dio e l’Evangelo di Gesù Cristo.

L’azione dello Spirito Santo, dunque, non resta confinata all’interno del piccolo nucleo delle discepole e dei discepoli di Gesù, ma lo fa deflagrare dalla piccola stanza dove i discepoli si riuniscono alla strada, alla piazza, dalla lingua locale, dal linguaggio iniziatico della comunità al dialetto locale, alle varie lingue dei popoli. I discepoli di Gesù si muovono in ogni direzione cercando con tutti un dialogo, magari lanciando anche qualche provocazione, comunicando a tutti la propria esperienza. Il dialogo è consapevolezza di non possedere la verità in esclusiva, ma disponibilità ad accettare che vi siano altre importanti esperienze di Dio, cristiane e non, da cui essere arricchiti. L’opera dello Spirito Santo è più ampia dei nostri confini ecclesiastici e religiosi. E allora possiamo dire che la chiesa di Gesù Cristo era ben diversa da quella che oggi conosciamo o che siamo abituati a pensare. Essa è una comunità di persone che dialogano, che comunicano l’Evangelo. Un movimento in espansione e non racchiuso in un ambito statico, delimitato da cui di tanto in tanto si osano delle prudenti escursioni nel mondo, attenti a difendersi per non essere contaminati da altre culture o religioni.

Il versetto 8 fa saltare tutti i nostri schemi, confonde le carte in tavola con le quali siamo soliti giocarci le nostre strategie evangelistiche, rimette in gioco le nostre acquisizioni teologiche: «Come mai li udiamo parlare ciascuno nella nostra propria lingua natia?». «Li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue». Affermazioni del genere svuotano la nostra abitudine a considerare l’adesione alla fede cristiana sostanzialmente come l’adesione a un credo cristallizzato in un certo numero di principi fissi che, al momento, sembrano metterci al sicuro spiritualmente.

L'annuncio di un'esperienza

Gli apostoli, a Pentecoste, non corrono incontro agli altri annunciando una dottrina o una morale, ma un’esperienza. Ciò implica che non si aspettano l’adesione a una dottrina, ma la disponibilità a fare insieme un’esperienza nuova e originale di Dio. Forse non siamo abituati a collocare la nostra fede in questa dimensione. Abbiamo difficoltà a uscire da una fede intesa come costruzione razionale e logica, sempre attenta a una ortodossia teologica che poi comunichiamo dai pulpiti. La predicazione diventa spesso l’esposizione di una dottrina, il ripasso di verità che nel tempo sono diventate luoghi comuni. Certo la predicazione è ancorata nella Scrittura, ma essa deve essere vissuta come un evento all’interno della creatività dello Spirito Santo.

Quando penso al canone della Bibbia ne traggo l’impressione che spesso gli estensori hanno seguito lo Spirito con una certa spregiudicatezza e disponibilità includendo, per esempio dei libri che per quei tempi dovevano essere considerati come una forma di letteratura profana (Proverbi, Giobbe, il Cantico dei Canti, il Qohelet) che anche oggi da molti sono poco letti perché sembrano contenere posizioni che rasentano l’ateismo, una sfida radicale dell’uomo a Dio, o che sembrano diffondere il dubbio sulla sua onnipotenza. Gli stessi autori dei libri del Nuovo Testamento sapevano bene che la fede non è evidenza dei sensi, né può essere dimostrata come un teorema, ma solo cercata e vissuta nella libertà. «La Parola di Dio è vivente ed efficace» leggiamo in Ebrei 4, 12. E ciò, appunto, non dipende dall’ortodossia dei concetti che esponiamo, né dalla scelta azzeccata di termini e immagini che riescano nell’impresa di afferrare le coscienze dei nostri ascoltatori o di eccitare la loro fantasia spirituale. «È lo Spirito del Padre vostro che parla in voi». (Matteo 10, 20). Lo Spirito ci aiuta nella nostra debolezza» (Romani 8, 26).

La chiesa di Pentecoste

La chiesa di Pentecoste è un luogo nel quale si impara ad attendere da fuori. È il luogo dell’attesa dei discepoli di Cristo. «Tutti costoro perseveravano di pari consentimento nella preghiera» (Atti 1, 14). Il luogo in cui impariamo ad attendere da alto, da Dio. È il luogo non dell’organizzazione ma, semmai, della disorganizzazione della nostra salvezza perché la attendiamo dallo Spirito Santo che è e resta imprevedibile e sorprendente. La comunità dei credenti è il luogo in cui non costruiamo per nostro conto il Regno di Dio, ma in cui lo possiamo attendere e ricevere. Le nuove sorelle e i nuovi fratelli che si aggiungono non sono dei numeri per rimpolpare le nostre statistiche, ma nuovi doni dello Spirito che vengono ad arricchirci. La chiesa non è il luogo in cui si traccia il percorso della salvezza, o dove si organizza la nostra entrata nel Regno ma dove si annuncia e si ascolta l’Evangelo, dove preghiamo affinché lo Spirito di Dio ci faccia vivere più fedelmente la nostra vocazione di testimoni del Regno.

Per tutto questo dobbiamo abbandonarci alla creatività «eretica» dello Spirito Santo che, per dirla ancora con Wesley, «promuove e amministra la vita cristiana» in piena libertà. Se proprio volessimo tentare una definizione, potremmo dire che lo Spirito Santo è il grande animatore della fede e della testimonianza della comunità dei discepoli. Giungerei a dire che senza Spirito Santo non c’è Evangelo vivo e libero.

Lo Spirito Santo, pertanto, non ha solo il ruolo importante di darci l’intelligenza della Scrittura o di risvegliare la nostra fede appannata. Se ci abbandoniamo alla creatività dello Spirito, la nostra stessa liturgia torna a palpitare. Più che rinnovare il nostro vocabolario o riscoprire un antico linguaggio più suggestivo, il nostro culto ha bisogno di lasciare spazio allo Spirito Santo che più che suggerirci delle formule, ci conduce alla gioiosa riscoperta dei doni spirituali che ha generosamente disseminato nella comunità dei credenti. Lo Spirito Santo è, appunto, «la lingua per far parlare Dio».

tratto da: www.riforma.it

PENTECOSTE: ORIGINE E SIGNIFICATO

PENTECOSTE

La festa di Pentecoste cade cinquanta giorni dopo la domenica di Pasqua. Non la domenica di Pentecoste, bensì il lunedì dovrebbe essere giorno di festa. Cinquanta giorni dopo Pasqua cade anche la festa ebraica detta dapprima delle primizie del raccolto (Esodo 23,16) e ridenominata successivamente (Esodo 34,22) Festa delle Settimane (sette settimane, e un giorno, dopo Pasqua). 

Per i cristiani la festa che cade cinquanta giorni dopo Pasqua ricorda e celebra la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli (Atti degli apostoli 2).
In quella occasione, dice l'autore del libro degli Atti, la confusione delle lingue prodottasi nel corso della costruzione della torre di Babele (Genesi 11,1-9) è superata dalla forza dello Spirito che dona agli apostoli la capacità di esprimersi in modo tale da essere compreso da tutti.

Pentecoste è la festa dello Spirito di Dio, che dona ai credenti la consapevolezza di essere figlie e figli di Dio, che libera e permette all'essere rinnovato di esprimersi. 

Ma già l'apostolo Paolo ammoniva i suoi ascoltatori e ascoltatrici, presagendo ciò che sarebbe potuto accadere nella chiesa, nel passaggio da movimento a istituzione, e nel cuore dei credenti, timorosi di fronte alla libertà o vittime dell'indifferenza: "Non spegnete lo Spirito" (1 Tessalonicesi 5,19).



(con alcune varianti è tratto da: «Voce Evangelica», maggio 2004, n.5, p.39, 
rubrica: Dizionario delle Feste Christliche Feiertage).

PAROLE PER PENTECOSTE

VORREI INVENTARE

Vorrei inventare delle parole nuove, Signore,
per parlare di te
ai miei fratelli ed alle mie sorelle,
per rompere la nenia dei discorsi ripetuti,
per spezzare la cantilena
delle formule recitate macchinalmente.
Vorrei inventare delle parole nuove, Signore,
per lodare il tuo amore
che si è incarnato in Gesù,
Signore, Dio della Parola che si è fatta carne.
Vorrei inventare
delle melodie inedite, Signore,
per far cantare la mia gioia
e far salire la mia lode,
vorrei avere, Signore,
la voce di quegli artisti
che esprimono la loro fede
per mezzo del canto e della musica.
Vorrei inventare
delle melodie inedite, Signore,
per proclamare il mistero della tua risurrezione,
Signore, Dio della gioia eterna.
Vorrei inventare
delle tinte straordinarie, Signore,
per mettere colore sul grigiore dei nostri giorni
per dipingere lo spendore del cielo e dello spazio,
le montagne turchine il tramonto del sole.
Vorrei inventare
delle tinte fantastiche, Signore,
per far sprigionare la luce dal volto di un bambino.
Signore, Dio creatore
del cielo e della terra.


       Jean-Robert Guaegi


tratto da: Un Sentiero nella Foresta
raccolta di testi di fede, 
a cura di Renato Coïsson, 
Stampato ma non pubblicato, 
Torre Pellice, 2006, p. 40.

sabato 30 maggio 2009

Domenica 31 maggio 2009 - Culti a CHIVASSO e a BIELLA

DOMENICA 31 maggio 2009
PENTECOSTE
Culto di Adorazione e Lode

Chiesa Cristiana Evangelica Valdese di Biella
Via Fecia, 9/c - BIELLA
ore 10.00
Testo Biblico della Predicazione:
Evangelo di Gesù Cristo
secondo Giovanni 14,23-27
Predicazione a cura del pastore Maurizio Abbà



Chiesa Cristiana Evangelica Valdese di Biella
Via Ivrea, 3 - CHIVASSO
ore 10.30
Testo Biblico della Predicazione:
Evangelo di Gesù Cristo secondo Luca 17,6
Predicazione a cura di Sergio Turcich


BUONA DOMENICA E BUONA SETTIMANA!

venerdì 29 maggio 2009

mercoledì 27 maggio 2009

Storie di donne protestanti

A cura della Fondazione Centro Culturale Valdese

martedì 26 maggio 2009

INSIEME



Elisa ZALDERA con la mamma Lilia CIMMA.

Domenica 31 maggio confermo il mio battesimo al Tempio di Luserna

Con gioia desidero condividere con voi il mio percorso e la mia confessione di fede

Mi chiamo Elisa Zaldera e sono nata 44 anni fa a Biella, dove, nella locale Chiesa Valdese, ho ricevuto il battesimo che oggi confermo, e dove è iniziato il mio cammino di fede, proseguito negli anni in ambienti molto diversi.

Il mio dialogo appassionato con Dio mi ha portata a cercare confronti, non privi di contrasti, nel mondo valdese, attraverso studi in ambito laico, presso il cattolicesimo 'di frontiera' della Comunità di Base di Pinerolo, all'interno di diversi gruppi di meditazione e anche nel mondo buddhista.

Sono davvero riconoscente per quanto ho potuto imparare in ciascuna di queste esperienze, che considero tutte preziose.

Oggi sento di aver trovato nella Chiesa Valdese più che altrove uno spazio libero aperto al confronto, creativo, rispettoso delle differenze, capace di osare e rimettersi sempre in discussione, lo spazio dove desidero vivere la mia vita di credente e svolgere la mia parte di impegno.

Quando altri si affacceranno nella nostra piccola e meravigliosamente imperfetta Chiesa Valdese voglio che trovino anche me a testimoniare la mia fede
nel Dio di Gesù Cristo,
Dio di amore e di grazia,
Dio sollecito e presente.

Elisa Zaldera


lunedì 25 maggio 2009

Nuovo numero della circolare CSD "Notizie dalla Diaconia valdese"

Da oggi è disponibile il terzo numero della circolare "Notizie dalla Diaconia valdese", realizzato dagli uffici della CSD.La circolare vuole essere uno strumento di comunicazione sulla diaconia sempre più aperto e diffuso.

Per questo vi chiediamo di aiutarci a diffonderla, trasmettendola a coloro che possono essere interessati. Cogliamo inoltre l'occasione per ricordarvi che ogni vostro suggerimento in merito è il benvenuto: mandateci quindi i vostri commenti all'indirizzo

volontariocsd@gmail.com.

Allo stesso indirizzo potete inviare anche il vostro contributo: articoli, fotografie e segnalazioni saranno inseriti nel prossimo numero in uscita nei prossimi mesi.

Ringraziandovi per l'attenzione,un cordiale saluto a ciascuno e a ciascuna di voi.

Scaricala cliccando qui

domenica 24 maggio 2009

IL MINISTERO DEL COLPORTORE

Il Ministero del Colportore Valdese a Biella:
           LILIA CIMMA ZALDERA

Domenica 19 aprile 2009

Foto Massimo Tucci

sabato 23 maggio 2009

Domenica 24 maggio 2009 - Culti a CHIVASSO e a BIELLA

DOMENICA 24 maggio 2009
- 7a DI PASQUA -
EXAUDI (Signore, ascolta la mia voce - Salmo 27,7)


Chiesa Cristiana Evangelica Valdese di Biella
Via Fecia, 9/c - BIELLA
Culto ore 10.00.
predicazione a cura di Ludovica Pepe Diaz



Chiesa Cristiana Evangelica Valdese di Chivasso
Via Ivrea, 3 - CHIVASSO
Culto ore 10.30.
Predicazione a cura di Cinzia Carugati della Chiesa Valdese di Ivrea



Il regno a cui Tu ritorni non è un'altezza lontana: il cielo a cui appartieni è dominio del Signore ed è vicinanza. O Signore Gesù Cristo, rendici consapevoli del fatto che Dio non è dove è il cielo, bensì il cielo è dove è Dio.
Detlev Block

(tratto da: Un Giorno Una Parola 2009,
editrice Claudiana, Torino, 2008, p. 145).


BUONA DOMENICA E BUONA SETTIMANA!

venerdì 22 maggio 2009

Studio Biblico a Chivasso

Chiesa Cristiana Evangelica Valdese di Chivasso
Via Ivrea, 3 - CHIVASSO

venerdì 22 maggio 2009 ore 17.00

Studio Biblico
l'Ascensione di Nostro Signore Gesù Cristo


a cura del pastore Maurizio Abbà

giovedì 21 maggio 2009

Biella: Culto dell'ASCENSIONE

Chiesa Cristiana Evangelica Valdese di Biella
Via Fecia 9/c
Biella
giovedì 21 maggio 2009
ore 18.15
Culto
ASCENSIONE DEL SIGNORE

Gesù disse:
«Quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me»
(Evangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 12,32)
Testo Biblico della Predicazione:
Evangelo di Gesù Cristo secondo Luca 24
predicazione a cura del pastore Maurizio Abbà

LA FESTA DELL'ASCENSIONE

Ascensione  
in tedesco: Auffahrt

Quaranta giorni dopo Pasqua, le chiese celebrano l'ascensione di Gesù, l'elevazione in cielo del Cristo risorto. È una festa che si basa su pochi cenni che si trovano presso Betania; e, alzate in alto le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato su nel cielo. Ed essi, adoratolo, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio, benedicendo Dio" (Luca 24,50-53). Nei primi secoli i cristiani festeggiavano un'unica festa, dopo Pasqua, vale a dire la Pentecoste. A partire dal IV secolo l'Ascensione divenne una festa a sé stante. 
Le chiese ortodosse ricordano, all'Ascensione, l'elevazione dell'essere umano (una sorta di risposta all'abbassamento di Dio celebrato a Natale).



(citazione tratta da: Dizionario delle Feste Christliche Feiertage, rubrica della Rivista: «Voce Evangelica», maggio 2004, n.5, p.39).


ASCENSIONE DI NOSTRO SIGNORE

Ascensione

articolo
di Giorgio Tourn

"Voi moriste e la vita vostra è nascosta con Cristo in Dio"
Colossesi 3:2

La festa dell’ascensione è quella che più di ogni altra esprime la fede dei cristiani riformati, o dovrebbe essere tale perché è quella che traduce in forma simbolica la dottrina che ha qualificato la loro identità confessionale: la predestinazione. Che dice infatti questa dottrina così controversa e mal conosciuta della fede cristiana che i cristiani oggi considerano un elemento estraneo alla loro fede stessa? Semplicemente ciò che scrive l’apostolo: siete con Cristo in Dio.
Espressione che egli intende naturalmente in senso non letterale perché fino a nuovo ordine i cristiani a cui scriveva e noi che oggi leggiamo non siamo in Dio ma in terra. In senso figurato egli intendeva dire che la nostra realtà esistenziale, la nostra identità il senso della nostra vita e, volendo usare un linguaggio che e molti cristiani risvegliati usano, la nostra salvezza è già con Cristo senza che abbiamo a farcene carico o problema.
Abitualmente la comunione con Dio, la salvezza è vista come il compimento la realizzazione finale ultima e viene proiettata nel tempo futuro, oltre la morte oltre il giudizio e la risurrezione di cui parla il Credo. Non sembra invece essere questo il punto di vista dell’apostolo, quello da cui prende le mosse per le sue esortazioni, non usa infatti il futuro ma il presente, non "sarete" ma "siete".
Potrebbe trattarsi di un accorgimento retorico di un linguaggio figurato, come si fa abitualmente con l’espressione: "per modo di dire"; vi sono però nel Nuovo Testamento altri passi in cui gli apostoli esprimono pensieri analoghi. Basterà ricordare il drammatico colloquio di Gesù con la sorella di Lazzaro narrato da Giovanni nel suo evangelo al cap. 11. Marta proietta la sua fiducia in Gesù oltre la risurrezione finale ma Gesù le risponde "chi crede in me anche se muore vivrà", il che significa non può morire, è collocato al di fuori, oltre la morte.
Oltre la morte significa oltre il giudizio, per questo egli aggiunge: "chi crede e vive in me non morirà", affermazione insostenibile se presa alla lettera perché noi si muore, credenti e non credenti, ma nel senso in cui l’intende Gesù significa che la tua realtà umana, la tua identità è già ora buttata oltre l’ostacolo della morte.

Se la mia vita è con Cristo questo significa che la mia identità è collocata attualmente in Dio. Come essere umano sono ciò che egli è stato in vita, non ho da cercare una identità, da costruirla, da inventare, non ho da inventare me stesso ma lasciarmi vivere, lasciarmi essere quello che sono in Cristo.

L’avvenimento così come viene narrato nel libro degli Atti è di difficile comprensione e quasi impossibile da accettare per noi nel XXI secolo. Questo salire al cielo era accettabile e comprensibile allora, nel tempo in cui l’idea che ci si faceva del mondo era quella di un grande condominio con i diavoli in cantina e gli angeli ai piani superiori e Dio all’ultimo (al settimo) con attico, noi uomini si stava al piano terra, sul piano della strada. In questa visione della realtà è facile, anzi del tutto normale, salire e scendere ma oggi che siamo in un universo dove non c’è sopra e sotto, dove il centro è ovunque e il confine forse non esiste, dove va Gesù? In un cielo che non esiste, così come lo pensavano allora.

E' dunque evidente che il racconto di Luca va interpretato, bisogna cioè mettere in chiaro il suo messaggio senza lasciarsi bloccare dal modo di esprimersi, cogliere il contenuto senza lasciarsi condizionare dalla forma.
L’Ascensione fornisce spiegazione a due problemi fondamentali della fede cristiana: il mistero di Gesù Cristo e il senso della vita.
Cosa viene detto riguardo a Cristo? Se anche qui, come in tutta la Scrittura, la parola "cielo" non sta ad indicare un luogo fisico ma equivale a dire Dio, dicendo che Gesù è asceso al cielo significa semplicemente dire che è con Dio, si colloca nella realtà e nella dimensione di Dio.
Se si accetta l’idea dell’incarnazione, cioè della presenza dell’assoluto di Dio nella vita dell’uomo Gesù si comprende che nella logica del messaggio evangelico compiuta la sua missione si chiuda la parentesi della rivelazione e tutto torni a Dio da cui tutto ha preso le mosse.
Nulla di eccezionale, stando naturalmente nel quadro della teologia cristiana, fuori di questa il collegare Gesù a Dio o addirittura parlare di Dio è privo di senso.

Ma qui sorge il primo interrogativo. Tutto torna come prima della sua nascita o è accaduto qualcosa di diverso che ha modificato la storia? Strumento della rivelazione divina, della comunicazione di Dio all’uomo, Gesù come il profeta Elia, compiuta la sua missione, viene rapito in cielo. Qualcosa di analogo a ciò che la religione islamica afferma riguardo a Maometto; scritto il Corano, l’insieme della norma della verità divina, il profeta chiude la sua missione.
Non è questo invece l’impianto del discorso cristiano perché nella predicazione apostolica non è in gioco unicamente la parola del maestro Gesù, il suo discorso, ma la sua umanità. Si tratta non solo di un profeta, di un maestro ma della presenza di Dio nell’uomo Gesù; l’ascensione rimanda a Natale, l’uomo che è nato quel giorno da Maria è assunto nel mondo di Dio.
E' il Gesù della storia quello che ha vissuto con i suoi discepoli 40 giorni (il 40 simbolico del tempo compiuto, il tempo di Dio).
Normalmente si pensa che a costituire il punto di maggior difficoltà nel cristianesimo sia la divinità di Gesù: figlio di Dio, Parola preesistente, seconda persona della Trinità, tutti concetti che danno le vertigini, entrare in quell’ordine di idee è come darsi alle scalate di sesto grado superiore, il Cerro Torre in invernale. Mentre invece sull’uomo Gesù non ci può essere problema alcuno: si tratta di un uomo che ha vissuto la sua religione con convinzione che non faceva niente di male, anzi del bene, e che poi in finale è stato eliminato secondo le logiche della storia da coloro che allora detenevano il potere.

In realtà a far problema è l’umanità di Cristo. Se incarnazione del divino è anche incarnazione o piena espressione dell’uomo, l’ascensione, oltre ad essere la realizzazione finale dell’incarnazione, la chiusura del cerchio è anche l’inizio di un altra realtà, segna l’inizio di un nuovo percorso, significa cioè che l’uomo ha raggiunto il divino; che il contingente è stato assunto dall’assoluto e che l’uomo è situato in Dio, anzi è veramente tale nella sua pienezza e nella sua autenticità solo quando, e nella misura in cui, è con Dio, è collocato nel mondo di Dio, realizza il suo cammino di esistenza nella realtà divina.
E qui si potrebbe aprire una parentesi e fare una riflessione non marginale ma strutturale riguardo alla fede cristiana e domandarci perché l’ascensione ha luogo dopo la morte e più ancora dopo una morte come quella della croce? Non avrebbe potuto aver luogo prima? Non potrebbe questa entrata nel mondo di Dio, questa salita al divino, essere il risultato di una purificazione della vita, un affinarsi dell’anima, una ascesi appunto come insegna tanta parte della spiritualità umana? Perché deve essere l’uomo Gesù al termine dell’esistenza storica, ivi compresa la morte, oggetto dell’ascensione?

Se non proprio per esplicitare il fatto che ad essere situata nell’Assoluto è la condizione umana nella sua globalità, cioè l’umano non il divino nell’uomo, ad essere caricato di senso è il reale non il perfettibile, l’esistente non l’immagine.
Letta con l’occhio dell’uomo religioso l’ascensione è o potrebbe essere l’immagine della ascesa dell’uomo all’Assoluto di Dio, come lo era nell’Antico Testamento l’ascensione di Elia nel suo carro di fuoco. Letta in chiave di fede cristiana è invece la negazione di ogni ascesa, salita, mistica; non si va verso Dio, verso l’Alto e tanto meno quando si crede di trovare l’Alto nel profondo della propria anima, scendendo nelle profondità dell’io. Non c’è da andare da nessuna parte, secondo Paolo si deve stare tranquilli dove si è, dove la vita (o Dio se guardi le cose dal punto di vista della fede) ti ha posto.
Giustamente il testo non usa la parola greca bios ma zoè, la vita non la sopravvivenza, dalla sua bios l’uomo non può trarre altro che la biologia, il biologico, ma la vita nel senso pregnante dell’identità piena è altro, è quello che Gesù è stato per noi.


PROSIT


sabato 23/05 ore 17,45 al Castello di Castellengo
PROSIT Aperitivo tra prosa e Poesia

martedì 19 maggio 2009

DA BASAGLIA AL TERRITORIO

30 anni di legge 180, straordinaria esperienza di "liberazione"!
Bilanci, esperienze e nuove emergenze altrove e nel territorio biellese.
Venerdì 22 maggio, ore 16,30
presso il Laboratorio sociale "la città di sotto"
via dei conciatori 1/A (angolo Costa del Vernato) - Biella

DA BASAGLIA AL TERRITORIO
Forme, percorsi e esperienze
intervengono:
  • Dott. Paolo Henry, docente Psichiatria sociale Università di Aosta
  • Dott.a Silvana Cottino Cavaretta, presidente Associazione per la lotta contro la malattia mentale, Torino
  • Dott. Giovanni Geda, direttore Dipartimento Psichiatria Asl-Biella
Laboratorio sociale "la città di sotto"

lunedì 18 maggio 2009

Rom, storie di ordinario pregiudizio

da Riforma di Emmanuela Banfo


Se c’è un popolo che raccoglie in sé tutti i pregiudizi più socialmente inaccettabili, questo è il popolo Rom. Pregiudizi che risalgono sin dal Medioevo, legati al nomadismo che, tuttavia, ai nostri tempi non è più il suo tratto caratteristico. Il tema è stato al centro di un dibattito, nei giorni scorsi, nella Chiesa battista di Lucento a Torino con la presidente dell’Ucebi, Anna Maffei, don Luigi Ciotti, moderatore il pastore Luigi Pecora.
L’ignoranza e la cattiva informazione, che troppo spesso fanno una gran confusione tra Rom, Romeni e Slavi, alimentano tali pregiudizi. I Rom finiscono per essere descritti sempre come sporchi, ladri, truffatori, ruba-bambini, violentatori di donne. Il pastore Pecora, nel rimarcare tutta la negatività di questi luoghi comuni, ha osservato come, invece, si tratti di una realtà molto sfaccettata al suo interno e radicata sul territorio italiano. Ci sono Rom stanziali in tutta Italia, dal Piemonte alla Calabria. Le etichette – hanno condiviso Maffei e don Ciotti – sono soltanto frutto della non conoscenza di una realtà che, come spesso accade, non è mai semplice, uniforme. Partendo dalla lettera inviata da don Ciotti a una donna Rom e dalla mozione di Bellaria dell’Ucebi su questo tema, la discussione si è soffermata sui tanti volti dell’emarginazione. Sui Rom come sugli immigrati che approdano sulle coste mediterranee a bordo di pericolosissimi barconi, sono riversate tutte le paure di una società ancora impreparata all’accoglienza, alla tolleranza, alla comprensione del diverso. Continua a leggere

domenica 17 maggio 2009

Credere e Pregare

Credere e pregare

La fede ci aiuta a vivere, 
perché in modo inesauribile 
dà significato
alla vita; 
e d'altra parte aggrava e complica la nostra vita, perché è
missione e sequela. 
Il credente sperimenta la certezza volgendosi, 
con un movimento sempre rinnovato, alla parola di colui che lo 
chiama. 
Questo movimento si compie in tre modi: la preghiera che 
chiede, la preghiera che ringrazia, la preghiera adorante.


tratto da: 
Helmut Gollwitzer, 
Liberazione e Solidarietà. Introduzione alla teologia evangelica,
traduzione di Gino Conte, (Sola Scriptura 12),
Claudiana editrice, Torino, 1986, p. 153.

sabato 16 maggio 2009

Domenica 17 maggio 2009 - Culti a CHIVASSO e a BIELLA



Domenica 17 maggio 2009
- 6a di PASQUA
- ROGATE (Pregate!)


Culti di Adorazione e Lode


Testo Biblico della Predicazione:
Evangelo di Gesù Cristo
secondo Giovanni
16,23b-28(29-32).33



Chiesa Cristiana Evangelica Valdese di Biella
Via Fecia, 9/c - BIELLA
Culto ore 10.00.
Predicazione a cura di Pietro Magliola



Chiesa Cristiana Evangelica Valdese di Chivasso
Via Ivrea, 3 - CHIVASSO
Culto ore 10.30.
Predicazione a cura di Sergio Turcich



BUONA DOMENICA E BUONA SETTIMANA!

Novità editoriali dell'Editrice Claudiana



www.claudiana.it

sei le novità che Claudiana presenta alla Fiera del libro, con un ampio 
spettro di argomenti permettendo così a molti di trovare un testo di loro
gradimento.

Johannes ALTHUSIUS, La politica. Elaborata organicamente, e illustrata con 
esempi sacri e profani

http://www.claudiana.it/php/mostrascheda.php?nscheda=88-7016-767

La Politica di Johannes Althusius – di cui si propone la prima edizione
mondiale scientifica integrale in lingua moderna  con testo latino a
fronte – è una pietra miliare del pensiero politico rinascimentale, in
particolare calvinista riformato, nonché un’opera di riferimento per la
teorizzazione di alcune concezioni chiave della prima modernità.
Incentrato sull’idea di sovranità popolare e di resistenza antiassolutista
alla tirannide, il pensiero althusiano ha avuto notevole importanza nel
contesto della costruzione della sussidiarietà nell’Unione Europea nonché 
dell’elaborazione del federalismo.
Oltre a essere uno dei «classici» del pensiero politico, Althusius sta
divenendo uno dei più suggestivi autori di riferimento nella fase di crisi
matura dello Stato moderno e di passaggio all’epoca «postmoderna».

J. Clinton MC CANN, Giudici

http://www.claudiana.it/php/mostrascheda.php?nscheda=88-7016-754

Spesso evitato dai cristiani per la rappresentazione di un Dio iroso e
vendicativo che punisce con terribili sventure il suo popolo per essersi
allontanato da lui, Giudici è tuttavia per J. Clinton McCann il più
attuale dei testi veterotestamentari.
Affrontando tensioni e conflitti tra gruppi rivali, dispute per la terra e
il territorio, abusi sui bambini,  molestie contro le donne, brama di
potere, disordine morale e caos sociale, Giudici sembra infatti descrivere
il mondo di oggi quanto quello di Israele antico.
Ma per McCann l’importanza del libro va oltre: mentre sperimenta la
punizione divina per le proprie colpe, Israele – e noi con lui –
conosciamo infatti anche un Dio misericordioso, che ammonisce, giudica e
insieme concede speranza e grazia.

Giorgio BOUCHARD, Evangelici nella tormenta. Testimonianze dal «secolo 
breve»

http://www.claudiana.it/php/mostrascheda.php?nscheda=88-7016-768

L’elezione di Barack Obama ha in parte ridimensionato l’opinione secondo
cui il mondo protestante sarebbe ormai un fenomeno marginale, incapace di 
incidere sui processi della storia reale, diviso tra una maggioranza di
post-cristiani secolarizzati e un’aggressiva minoranza di fondamentalisti.
Giorgio Bouchard intende così dimostrare che, oltre a personalità quali D.
Bonhoeffer e M.L. King, nel secolo appena trascorso vi sono state diverse
altre testimonianze evangeliche di grande valore spirituale e portata
storica.
Si tratta di figure del tutto dimenticate o vittime di un “oblio
selettivo”: i loro successi sono noti, ma la loro fede è sottaciuta.
Due africani, tre americani, due tedeschi, una francese e un gruppo di
martiri tedeschi: un elenco non completo ma significativo.

Carlo PAPINI, Da vescovo di Roma a sovrano del mondo. L’irresistibile
ascesa del papa di Roma al potere assoluto


http://www.claudiana.it/php/mostrascheda.php?nscheda=88-7016-773

L’eccezionale crescita di potere del pontefice romano – ultimo monarca
assoluto d’Europa – è uno degli eventi più straordinari della storia delle
istituzioni occidentali.
Ma in che modo, e per quale ragione, il papa ha conquistato il potere
assoluto nella chiesa d’Occidente? Con quali metodi, da semplice vescovo,
a volte perseguitato dal potere imperiale, è diventato sovrano del mondo
cristiano, talvolta persino in ambito politico?
A che cosa ha poi dovuto rinunciare la chiesa d’Occidente ai fini di tale
trasformazione? E quelle rinunce – si pensi ad esempio alla perdita
dell’autonomia dei vari episcopati, della collegialità delle decisioni e
della preminenza dei Sinodi –  sono conformi all’eredità di Gesù?
Ricorrendo alle fonti più accreditate, l’autore ripercorre alcuni
momenti-chiave della storia che ha portato il papato ai livelli di potere
del tardo Medioevo, livelli del resto non lontani, almeno sul piano
spirituale, dagli attuali.

Sergio ROSTAGNO, La scelta. Ciò in cui credi è la norma che ti dai

http://www.claudiana.it/php/mostrascheda.php?nscheda=88-7016-708

Benché da sempre strettamente intrecciati, concetti quali ciò in cui si
crede – il valore – e la norma che ci si dà per regolarsi conservano una
differenza che, per Sergio Rostagno, va non solo tenuta presente ma
coltivata.
In queste pagine, Rostagno ridiscute, quindi, le questioni tuttora aperte
dell’etica e della laicità dal punto di vista del rapporto tra norme e
valori.
L’Autore afferma così che le regole sono necessarie a chi non è, e non
pretende di essere, in possesso della verità, mentre il pensiero di Dio
guida la ricerca di soluzioni umane fraterne e stabili, ma sempre precarie
e rivedibili.
Per Rostagno, l’assoluto non cancella così il relativo ma, al contrario,
lo sostiene.

Infine vi segnalo una nuova edizione:

Alister E. MCGRATH, Giovanni Calvino. Il riformatore e la sua influenza
sulla cultura occidentale


http://www.claudiana.it/php/mostrascheda.php?nscheda=88-7016-779

Spesso esecrati come «rigido dittatore assetato di sangue», l’uno, e come
«rigorismo morale assurdo e senza cuore», l’altro, Calvino e il calvinismo
ebbero nondimeno grandissima influenza sulla nascita della società
moderna, in particolare su aspetti quali il lavoro, la ricchezza, i
diritti civili e le scienze naturali.
Conoscere la storia religiosa, politica, sociale ed economica dell’Europa
occidentale e del Nord America degli ultimi quattro secoli significa
anche, quindi, conoscere il pensiero del Riformatore ginevrino.
Costruito con criteri strettamente scientifici sulla base di un’ingente
bibliografia, il libro di McGrath intende restituire il «Calvino della
storia», ripercorrendone accuratamente la formazione, l’opera, la teologia
e la dottrina politica.

venerdì 15 maggio 2009

PREDESTINAZIONE: AMARA O DOLCE?

DIALOGHI CON PAOLO RICCA



«Tenere viva nel cuore questa dolcissima predestinazione»


Sono stato battezzato nella Chiesa cattolica romana, ma da pochi mesi sono entrato a far parte, in modo ufficiale, della Chiesa evangelica valdese, di cui ho sempre condiviso in gran parte la dottrina teologica. Ultimamente, approfondendo quest’ultima, ho iniziato a nutrire una grande perplessità sul tema della doppia predestinazione. Domando: ha ancora senso parlare di questo argomento oppure lo possiamo considerare datato? Perché Dio, che è tutto Bene dovrebbe scegliere per alcuni esseri umani la salvezza (bene) e per altri la dannazione (male)? Se il genere umano è predestinato, allora siamo tutti come dei «burattini» nelle mani di Dio che è il nostro «burattinaio», e ciò rischia di portarci verso il disimpegno.
Massimiliano Bianchi – Pistoia

No, il tema non è datato, a meno di non considerare datato il tema di Dio. Ha dunque senso parlarne, anche se non è facile (Calvino dice che questo tema «sembra a molti alquanto ingarbugliato»). Ha senso parlarne perché – come ha giustamente intuito il nostro lettore – la dottrina della predestinazione ha a che fare molto da vicino con la realtà profonda di Dio, anzi ci conduce, come la dottrina della Trinità, nel cuore del suo mistero. Dice ancora Calvino: interrogarsi sulla predestinazione significa «entrare nel santuario della sapienza divina», ma per evitare che questo santuario si trasformi in «un labirinto», bisogna che la mente umana non pretenda a tutti i costi di scandagliare ogni segreto che Dio ha voluto riservare a sé soltanto. Calvino lo ricorda non per soffocare le domande, ma per avvertire che non a tutte le domande è possibile oggi dare una risposta ed è meglio una domanda senza risposta piuttosto che una domanda con una risposta sbagliata.

Ma veniamo alla domanda del nostro lettore: riguarda la «doppia predestinazione» sulla quale egli nutre «una grande perplessità». Anch’io la nutro. Mi chiedo però se partire dalla «doppia predestinazione» sia il modo migliore per avviare una riflessione sulla predestinazione. Propongo un itinerario un po’ diverso, articolato in tre tempi: che cos’è la predestinazione? Che cos’è la doppia predestinazione? Che cosa possiamo pensarne?

Un termine rischioso
1. Che cos’è la predestinazione? Il termine, benché biblico, può facilmente trarre in inganno in quanto suggerisce l’idea di un «destino» molto simile al Fato che ha dominato tanta parte del pensiero greco antico e al quale ogni esistenza umana era sottoposta, senza la possibilità di sfuggirgli o di modificarlo. Ne può nascere una concezione fatalista della storia e della vita, e da qui a pensare che, in balia di quel Fato, «siamo tutti come burattini» nelle mani di un «burattinaio» che sarebbe Dio – come teme il nostro lettore –, il passo è breve. Ecco: la prima cosa da fare per cercare di comprendere la dottrina delle predestinazione è, se possibile, liberarsi da questa visione, che ne è una caricatura. Forse la parola «predestinazione» non esprime adeguatamente il messaggio che contiene. Meglio sarebbe parlare di «elezione». La predestinazione infatti non è altro che l’elezione di cui parla l’apostolo Paolo quando dice che in Cristo Dio «ci ha eletti prima della fondazione del mondo» (Efesini 1, 4). È l’esperienza di Geremia, al quale Dio rivela: «Prima ch’io t’avessi formato nel seno di tua madre, io t’ho conosciuto» (Geremia 1,5). Ed è quello che dice l’apostolo Paolo: «Quelli che Dio ha preconosciuti, li ha pure predestinati» (Romani 8, 29). Predestinati a che cosa? «A essere conformi all’immagine del suo Figlio». Non dunque a essere dei burattini, ma a conformarci a Cristo, cioè a «camminare com’egli camminò» (I Giovanni 2, 6), a seguire il suo esempio facendo quello che ha fatto lui (Giovanni 13, 15), ad avere «lo stesso sentimento» che è stato in lui (Filippesi 2, 5), a custodire e osservare le sue parole. A tutto questo tende la predestinazione: non a trasformarci in automi o marionette, ma a farci crescere verso Cristo. Potremmo esprimerci in questi termini: predestinazione vuol dire che Gesù è il nostro destino. Ma appunto: questo «destino», che è Gesù, è «prima che Abramo fosse» (Giovanni 8, 58), è iscritto in Dio da sempre. Ecco il senso del pre-conosciuti e pre-destinati: Dio ci ha eletti, cioè ci ha pensati con amore, «prima della fondazione del mondo», cioè prima di creare il mondo e di creare noi. Un po’ come una madre ama il suo bambino prima ancora di concepirlo, così Dio ci ha amati non solo prima che noi amassimo (debolmente) lui, ma addirittura prima che noi esistessimo. Questo mi sembra un pensiero stupendo, che già riempiva di meraviglia l’autore del Salmo 139: «Nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che m’erano destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora. Oh, quanto mi son preziosi i tuoi pensieri, o Dio!» (vv. 16-17). Non siamo figli del caso né della necessità, ma di un pensiero di Dio. Siamo un pensiero di Dio. Come spiegarlo? Perché Dio ci pensa? Perché ci pensa con amore e ci elegge? Non c’è altra riposta che questa: perché Dio è così, lui che «sceglie le cose che non sono come se fossero, affinché nessuna carne si glori davanti a Dio» (I Corinzi 1, 28-29). La risposta, cioè, non sta in noi, ma in lui. È questa – per citare ancora Calvino – «l’altezza della sapienza di Dio, che egli ha voluto che fosse da noi adorata più che compresa».

La doppia predestinazione
2. Ma come la mettiamo con la doppia predestinazione? Secondo questa dottrina – come ricorda il nostro lettore – Dio destina gli uni a salvezza e vita eterna, usando verso loro misericordia, e gli altri a condanna ed eterna perdizione, usando verso questi il metro della giustizia? È una dottrina proponibile e difendibile? Dio è davvero questa specie di Giano bifronte, che con una mano salva e fa vivere e con l’altra condanna e fa morire? Non c’è forse qui una contraddizione insostenibile, tale da suggerire un pensiero assurdo, per non dire blasfemo, cioè che in Dio ci sarebbe anche il suo contrario, Dio e Antidio insieme, una miscela davvero troppo umana di amore e odio, luce e tenebre, vita e morte, salvezza e perdizione? Calvino, come altri teologi prima di lui (a esempio, gli «agostiniani moderni» Gregorio da Rimini e Ugolino da Orvieto) e altri dopo di lui (a esempio il «partito» vincente al Sinodo di Dordrecht del 1618-19), hanno sostenuto, malgrado tutte le difficoltà, la dottrina della doppia predestinazione, sia pure con notevoli variazioni che qui non possiamo illustrare, anche se ne varrebbe la pena. Che dire al riguardo ? Farò due sole considerazioni.

[a] La prima è che nella Bibbia c’è, in tutta una serie di passi, qualcosa che assomiglia a una doppia predestinazione, anche se non mi sembra si possa dire che nella Bibbia ci sia una dottrina in merito. Nella Bibbia la doppia predestinazione non viene teorizzata, ma semmai constatata. Alcuni testi biblici affermano o implicano la doppia predestinazione (o qualcosa del genere), altri testi la escludono. Farò un solo esempio. Da un lato la Bibbia afferma ripetutamente che la salvezza è per tutti («Dio ha rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti» Romani 11, 32); d’altro lato ci sono parole di Gesù e di Paolo che dicono o sembrano dire il contrario: «Molti sono i chiamati e pochi gli eletti» (Matteo 22, 14); «Uno sarà preso e l’altro lasciato» (Matteo 24, 40); Dio «fa misericordia a chi vuole e indura chi vuole» (Romani 9, 18), come in antico indurò il cuore del Faraone. Dunque, la contraddizione c’è nella Bibbia stessa, è innegabile e – mi sembra – insuperabile.

[b] Può però essere superata se si segue il teologo Karl Barth che su questa questione ha scritto alcune delle sue pagine più alte, muovendo una critica radicale all’interpretazione tradizionale della dottrina della doppia predestinazione. Qual è il suo discorso? In sintesi è questo: la doppia predestinazione – il «sì» e il «no» di Dio sull’umanità: il «sì» sull’esistenza dell’umanità, il «no» sul suo peccato – esiste realmente, ma il «no» di Dio è stato inchiodato e cancellato da Cristo sulla croce. Dio stesso, attraverso Cristo, ha preso su di sé, portato e sopportato tutto il peso del suo «no», della condanna e della morte. Dopo la croce e nella luce della risurrezione, resta solo il «sì», solo la predestinazione alla salvezza e alla vita. In Cristo troviamo la nostra elezione (e, come ho detto, la nostra predestinazione), perché siamo eletti in lui, l’«eletto di Dio» (Luca 9, 35; 23, 35); e troviamo anche la cancellazione della nostra condanna, perché la nostra condanna l’ha portata lui. In Cristo la doppia predestinazione diventa un’unica predestinazione – quella alla salvezza e alla vita eterna. Che dire di questa interpretazione? Direi che essa corrisponde sicuramente al cuore del messaggio evangelico e come tale va accolta come linea di fondo di un discorso cristiano sull’argomento. Essa dissipa le ombre che la dottrina classica della doppia predestinazione poteva proiettare su Dio e libera le coscienze da ogni timore, ansia o turbamento. Ma anche qui è consigliabile non trasformare il messaggio in teorema e, ancora una volta, non rinchiudere Dio in un evangelo diventato sistema.

La posizione di Barth
3. Che dire in conclusione? Per quanto concerne la doppia predestinazione ci sono due possibilità: o sospendere il giudizio, accettare la contraddizione presente nella stessa Bibbia, senza pretendere di risolverla; oppure far propria la posizione di Barth nel senso sopra indicato – e personalmente propenderei per queste seconda ipotesi. Per quanto concerne invece la predestinazione (non quella doppia, ma quella semplice, e non tanto la dottrina, quanto il fatto), essa è biblica, cristiana ed evangelica e fa parte della nostra Confessione di fede. Per una volta la voglio citare (nell’italiano dell’epoca), dalla versione del 1662 (che riproduce sostanzialmente quella francese del 1655): «Noi crediamo che Iddio cava da quella corruttione e condannatione [del genere umano, di cui si parla nell’articolo precedente] le persone ch’egli ha elette dinanzi la fondatione del mondo, non perché egli prevedesse in loro alcuna buona dispositione alla fede o alla santità, ma per la sua misericordia in Jesu Cristo suo figliuolo…» (articolo 11). La predestinazione ha un grandissimo pregio, anzi due. Il primo è che àncora saldamente la vita, la fede, la salvezza in Dio, riconosciuto e confessato come alfa e omega, come principio e fine del nostro «destino». Questo mette nel cuore la certezza incrollabile del favore divino che non verrà mai meno, per cui la salvezza non è a rischio, per quanto avverse possano essere o diventare le circostanze della vita. Non dimentichiamo che la predestinazione è stata di immenso conforto per i protestanti perseguitati in Francia e altrove: il «sì» di Dio li ha per così dire corazzati contro il «no» di Roma e dei suoi alleati che cercavano di distruggerli. Il secondo pregio è che la predestinazione fonda quello che è stato chiamato «il trionfo della grazia», in quanto l’elezione in Dio precede assolutamente ogni merito dell’uomo, ogni sua eventuale «buona disposizione alla fede o alla santità». Potremmo dire che la predestinazione è il corollario del primato della grazia gratuita e incondizionata, cara alla Riforma, o addirittura il suo coronamento. Ecco perché Calvino – ancora lui – scrive che questa dottrina «non è soltanto utile, ma anche dolce e saporita per i frutti che reca». Gli fece eco, nel Cinquecento, il bestseller del protestantesimo italiano, Il beneficio di Cristo, contro cui si accanì per decenni l’Inquisizione romana, che a un certo punto parla della «consolazione ineffabile» che suscita nel credente «la memoria della sua predestinazione», il che lo induce a ripensare «continuamente nel suo cuore questa dolcissima predestinazione» (Benedetto da Mantova e Marcantonio Flaminio, Il beneficio di Cristo, a cura di Salvatore Caponetto, Claudiana 1975, p. 99).


Tratto dalla rubrica "Dialoghi con Paolo Ricca" del settimanale Riforma del 21 settembre 2007

giovedì 14 maggio 2009

CHIESA VALDESE DI BIELLA: ENERGIE NUOVE


Chiesa Cristiana Evangelica Valdese di Biella
Domenica 19 aprile 2009 - 2a di PASQUA QUASIMODOGENITI

(Come bambini appena nati - I Pietro 2,2)

AMMISSIONI in Chiesa di:

Gabriella CIANCIOSI
Giuseppe GIRELLI

nella foto con il pastore Maurizio Abbà

(foto Massimo Tucci)

mercoledì 13 maggio 2009

A TORINO

lunedì 11 maggio 2009

domenica 10 maggio 2009

LA CHIESA COME POTREBBE ESSERE

Domenica 10 maggio 2009
a COSSATO (Biella)
alla parrocchia Gesù Nostra Speranza
Via Paruzza,
alle ore 17.00
incontro ecumenico tra:
cattolici romani, ortodossi e valdesi
con riflessioni bibliche e canti sul tema:

la Chiesa di Gesù Cristo: 
com’è  
e come potrebbe essere


sabato 9 maggio 2009

Domenica 10 maggio 2009 - Culti a CHIVASSO e a BIELLA


Domenica 10 maggio 2009
- 5a di PASQUA
- CANTATE
(Cantate al Signore - Salmo 98,1)

Culti di Adorazione e Lode

Testo Biblico della Predicazione:
Evangelo di Gesù Cristo secondo
Matteo 11,25-30



Chiesa Cristiana Evangelica Valdese di Biella
Via Fecia, 9/c - BIELLA
Culto ore 10.00.
Predicazione a cura di Arcangelo Giuseppe Caccamo



Chiesa Cristiana Evangelica Valdese di Chivasso
Via Ivrea, 3 - CHIVASSO
Culto ore 10.30.
Predicazione a cura del pastore Maurizio Abbà
con la gradita partecipazione della Corale di Musica Gregoriana
dell'UNI3 di San Raffaele Cimena


BUONA DOMENICA E BUONA SETTIMANA!