Onora
tuo padre e tua madre,affinché
i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il SIGNORE, il tuo
Dio, ti dà.
Il
comandamento onora
tuo padre e tua madre
è il
secondo comandamento
positivo,
dopo
quello sul sabato. Ci
sono solo questi due comandamenti che dicono di fare qualcosa; tutti
gli altri iniziano con un “Non” e vietano di fare qualcosa.
Questo
comandamento non ha nulla a che fare con l’obbedienza dei bambini
ai loro genitori. Come abbiamo già detto, i
dieci comandamenti sono indirizzati all'israelita adulto e
anche questo non fa eccezione. Quello di cui si parla qui è quindi
come l’israelita adulto deve trattare i propri genitori quando
questi diventano anziani e soprattutto quando
non sono più in grado di mantenersi da soli.
A
quei tempi non c'era la pensione, e la sussistenza dipendeva dal
proprio lavoro fino alla fine della propria vita. Quando non si era
più in grado di lavorare, c'era bisogno che qualcuno si occupasse
degli anziani, che altrimenti rischiavano di cadere in miseria.
E
nella legge dell’AT vi sono diversi brani che parlano dei genitori
e prevedono anche delle pene pesanti per chi maltratta i genitori;
per esempio: “Chi percuote suo padre o sua madre deve essere messo
a morte […] “Chi maledice suo padre o sua madre deve essere messo
a morte” (Es. 21,15.17). altre prescrizioni sui genitori si trovano
nel Levitico (ad es. 20,9) e in Deuteronomio (ad es. 27,16).
Onora
tuo padre e tua madre comprende
quindi, insieme al rispetto, anche un impegno molto pratico di
trattare
bene e anche di
prendersi
cura
dei genitori anziani, di curarli finché sono in vita. La
questione dell’onore è quindi molto concreta, ed ha anche una
ricaduta economica.
Lo
abbiamo visto nel brano di Matteo 15 dove Gesù se la prende con la
regola che i maestri della legge avevano introdotto, che permetteva
di non occuparsi dei genitori se il denaro che sarebbe servito a
questo fosse stato dato in offerta per il culto.
Donando
del denaro per il culto, si veniva esonerati dall'impegno di curare i
propri anziani genitori. Gesù polemizza molto aspramente sul fatto
che l'impegno personale possa essere sostituito da un'offerta in
denaro, molto meno impegnativa per chi i soldi ce li aveva e molto
discriminante per chi i soldi non ce li aveva.
Ecco
quindi un primo aspetto dell’onorare padre e madre: occuparsi
materialmente di loro. Abbiamo detto all’inizio della lettura dei
dieci comandamenti che essi erano le istruzioni per l’uso della
libertà che Dio aveva donato al popolo di Israele.
Apparentemente
questo comandamento non c’entra con la libertà, ma in realtà
qualcuno sostiene che aiutare i genitori non più autosufficienti
voglia in fondo dire aiutarli a rimanere liberi, a mantenere lo
“status” di persone autonome perché liberate da Dio dalla
schiavitù: se loro non possono più lavorare e coltivare la terra
per la loro sussistenza, lo faranno gli eredi di quella terra al
posto loro e per loro, ma continueranno a vivere del frutto della
terra che Dio ha dato loro insieme alla libertà.
Notiamo
a proposito, che nell’AT si parla sempre insieme di padre e madre;
nonostante la società fosse senza dubbio patriarcale e la donna
contasse molto poco, almeno in questo ambito padre e madre sono
considerati insieme.
Fermiamoci
un attimo sul verbo “onorare”: Il verbo onorare che viene usato
qui, viene spesso usato nell'AT per indicare l'onore che va reso a
Dio. Lo stesso verbo viene usato per Dio e per i genitori, e questo è
quindi un fatto molto rilevante dal punto di vista della fede e non
solo dal punto di vista etico.
Le
ragioni per cui ai genitori
è
dovuto lo stesso onore che è dovuto a Dio sono almeno due:
Essi sono coloro che ti hanno donato la vita, potremmo
dire collaborando con Dio alla tua
creazione;
tu sei creatura di Dio attraverso l'opera dei tuoi genitori.
Ma
poi – e forse potremmo dire soprattutto – sono coloro che hanno
il compito di insegnare ai figli la Torah,
lo abbiamo letto nel testo del libro del Deuteronomio e questa cosa
ricorre in molti altri passaggi dell'AT. I genitori sono quindi i
primi testimoni
della parola di Dio e i primi educatori
alla fede.
Non
il comandamento in sé, ma la visione globale che l’AT ha dei
genitori, implica quindi che i genitori abbiano questo compito di
educazione e testimonianza.
Questo
comandamento, oltre a essere uno dei due comandamenti positivi, è
anche uno dei pochi comandamenti seguiti da una promessa: affinché
i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il SIGNORE, il tuo
Dio, ti dà.
Quella
del Deuteronomio è un po’ più lunga: Onora tuo padre e
tua madre, come il SIGNORE, il tuo Dio, ti ha ordinato, affinché i
tuoi giorni siano prolungati e affinché venga a te del bene sulla
terra che il SIGNORE, il tuo Dio, ti dà.
La
promessa è quella di una lunga vita sulla terra che Dio “ti dà”
(nell’ottica dell’Esodo la terra deve ancora essere data). È
interessante che la promessa da un lato sia legata alla terra e
d’altro lato leghi insieme due generazioni. Il bene di una
generazione è legato al bene della generazione precedente, e così
via.
Oggi,
davanti ai problemi ambientali, del clima ecc. potremmo anche
rovesciare il discorso: il bene della generazione che verrà dipende
dal nostro agire bene sulla terra che Dio ci ha dato.
Ma
la sostanza non cambia: nella vita materiale, nella cura della terra,
nella trasmissione della fede le generazioni sono legate le une alle
altre, in un rapporto di cura reciproca, in un dare e ricevere
reciproco.
Questo
ci insegna questo comandamento; e oltre a questo ci ricorda una cosa
importante, che in fondo ci ricorda tutta la Bibbia: l’AT, le
parole di Gesù che abbiamo letto e tutto l’insegnamento di Gesù,
ovvero a tenere insieme nelle nostre relazioni l’aspetto materiale
e l’aspetto spirituale. l’onore ai genitori comprende entrambi
gli aspetti e Gesù critica chi vuole separarli per dedicarsi solo a
quello spirituale.
Tutte
le relazioni sono invece sia materiali, sia spirituali e i due ambiti
non sono in opposizione,ma strettamente legate fra loro. Ricevere dai
genitori la testimonianza di fede e dare loro aiuto e sostegno fino
alla fine dei loro giorni sono due cose che fanno parte della stessa
relazione, dello stesso dono che Dio ci ha fatto.
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