giovedì 31 luglio 2008

PRESENZA E SILENZIO DI DIO NEI FILM DI INGMAR BERGMAN


ALBERTO CORSANI,

IL LIBRO CHE AFFIORA
SUGGESTIONI DAL CINEMA DI INGMAR BERGMAN

(collana Laissez Passer - 16), Edizioni SEB 27, Torino, 2008, pp. 152;
Prefazione di Chiara Biano, Paola Tarino e Adriano Boano

internet: www.seb27.it

Expanded Cinemah
internet: www.cinemah.com


dalla terza di copertina:

Alberto Corsani

Nato nel 1962 a Torino, si divide fra il capoluogo e Torre Pellice, dove abita. Redattore del settimanale protestante “Riforma”, appassionato di hockey su ghiaccio e di cani, collabora alla rivista on line “Tuttohockey.com”. Nell’ambito cinematografico collabora a “La linea dell’occhio”, rivista del Circolo del cinema di Lucca. Nel 2003, in questa stessa collana, ha pubblicato Con il film e senza. Appunti sul cinema pensando ad altro

dalla quarta di copertina:

Nel corso della lunga carriera cinematografica di Ingmar Bergman, una serie di film ha affrontato direttamente le tematiche religiose, esprimendo ansie ed inquietudini della cultura del tempo; ma anche in altre opere, che pure non sembrano altrettanto rivolte al trascendente né alla metafisica, si percepisce nel linguaggio e nelle messe in scena allestite dal maestro svedese un retroterra che rimanda alla sua formazione protestante e alla cultura biblica. Procedendo per coppie di film (normalmente uno degli esordi o della prima fase di grande notorietà del regista e uno del periodo centrale o delle sue ultime stagioni espressive), il percorso qui elaborato cerca di far emergere queste tracce, allo scopo di fornire un quadro interpretativo, certo non univoco né tantomeno esaustivo, ma utile per leggere celebri film secondo una prospettiva singolare. Si scoprirà che non solo di Dio o del suo silenzio si tratta, ma di un rapporto che coinvolge e chiama in causa anche le modificazioni a cui è andata incontro la società in un arco temporale di quasi sessant’anni.
Cambiano i riferimenti sociali e quelli culturali, e cambia anche, in un certo senso l’antropologia che il regista si trova di fronte: evolve, inesorabilmente, la disposizione con cui uomini e donne del nostro tempo sperimentano il proprio incontro con gli altri e la ricerca, eventuale, di una parola trascendente.

UNA PREGHIERA GIOVANE PER UN MONDO ADULTO

IL VOSTRO FUTURO

Che cosa vi riserva il vostro futuro?
Una buona salute, tanta felicità,
oppure il contrario,
tutto dipende da voi.
Se cambiate la vostra vita
non sarà più come per il passato,
in cui avete vissuto momenti molto duri.
Ogni minuto conta nella vostra vita.
Pensate ai bambini che vivono in diversi paesi
e che muoiono di fame.
Il solo loro potere è il cibo, l’acqua,
e che si dia loro un po’ di amore
e di calore umano.
Se non cominciamo a reagire,
le cose si aggraveranno sempre più.
Non ci siano più guerre, ma solo amore.
Guariamo il mondo insieme,
formiamo una grande catena molto stretta
affinché la guerra in ogni paese come
l’Africa, la Colombia o altri,
smetta di distruggerci,
perché l’avvenire di ogni fanciullo conta anche.


Maria Laura Constantin Titolo,
12 anni e mezzo.
Terre Nouvelle n. 151 giugno 2003


(citazione da: Comitato Italiano per la CEVAA Comunità di Chiese in missione, Un Sentiero nella Foresta, raccolta di testi di fede,
raccolta e traduzione testi a cura di Renato Coïsson,
stampato ma non pubblicato, Torre Pellice, 2006, p. 107).

mercoledì 30 luglio 2008

Studio importante su Giovanni Battista


Eric Noffke,
Giovanni Battista.
Un profeta esseno?
L’opera e il messaggio di Giovanni
nel suo contesto storico


(Piccola Biblioteca Teologica 88), Claudiana Editrice, Torino, 2008, pp. 176

internet: www.claudiana.it

da pagina 4:

Eric Noffke,

pastore valdese presso la comunità metodista di Roma, via XX Settembre, ha studiato teologia a Roma, Heidelberg, Princeton e Basilea. Per Claudiana ha pubblicato: Introduzone alla letteratura mediogiudaica precristiana (2004), Cristo contro Cesare. Come gli ebrei e i cristiani del primo secolo risposero alla sfida dell’imperialismo romano (2006), e Il Vangelo di Giuda. La verità storica tra scoop e pregiudizi (2006).

dalla quarta di copertina:

In Italia, la figura di Giovanni Battista è poco studiata. Quanto alle fonti, le uniche sono Giuseppe Flavio e i vangeli canonici. 
Eric Noffke si propone così di fare il punto sullo stato degli studi sul precursore di Gesù di Nazareth, tentando una ricostruzione del «Giovanni storico».
Inquadrandolo nel giudaismo del tempo e leggendolo a partire dalle più recenti acquisizioni storiografiche sul mediogiudaismo, Noffke intende verificare l’attendibilità dell’ipotesi che Giovanni fosse un esseno.
Ne studia così la predicazione, la concezione del Regno di Dio, il significato del battesimo, il rapporto con il Messia nonché la figura all’interno del movimento profetico israelita e in relazione ai partiti religiosi coevi.

DONNE VESCOVO della Chiesa d'Inghilterra

(NEV/ENI) – La chiesa luterana di Norvegia ha espresso apprezzamento per la decisione della Chiesa d'Inghilterra di avere donne vescovo. “La chiesa d'Inghilterra ha preso una decisione coraggiosa e matura”, si legge in un comunicato ufficiale dei luterani norvegesi. “La nostra chiesa – continua il documento – alcuni anni fa ha compiuto lo stesso cammino, ricevendone benedizione. Per questo accompagneremo con la preghiera i nostri fratelli e le nostre sorelle anglicani”. La dichiarazione della chiesa di Norvegia prosegue poi sottolineando che “il genere dei ministri ordinati non può essere un criterio dell'apostolicità della chiesa. Al contrario, l'ammissione delle donne alle più alte cariche del ministero ha contribuito significativamente alla piena espressione della missione di Dio nel mondo”. Inoltre, secondo i luterani norvegesi, limitare il ministero ordinato agli uomini “oscura la natura della chiesa come segno di riconciliazione e unità in Cristo che supera ogni divisione etnica, sociale e di genere”. La Chiesa d'Inghilterra e la Chiesa di Norvegia appartengono alla Comunione di Porvoo delle chiese anglicane delle isole britanniche e delle chiese luterane baltiche e scandinave.

NEV n. 29-30/2008

Solidarietà ai Roma ed ai Sinti

(NEV) – Sopra, la scritta “Arrestateci. Siamo tutti colpevoli!”. Sotto, uno spazio quadrettato dove imprimere i polpastrelli per rilevare le impronte digitali. È il volantino prodotto dall'Unione cristiana evangelica battista d'Italia (UCEBI) per protestare contro la schedatura dei bimbi rom e sinti. “Siamo un popolo di 'nomadi' – si legge nel testo che correda il volantino -. Seguiamo la promessa del Dio che disse ad Abramo: 'Va via dal tuo paese...' e del Dio di Gesù Cristo che disse: 'Il Figlio dell'uomo non ha un posto dove posare il capo”. Il volantino prosegue poi con la sfida: “Schedateci! Siamo tutti pericolosi, perché denunciamo di appartenere ad un popolo di peccatori che con la sua politica scellerata contribuisce alla rovina dell'ambiente e ad affamare milioni di persone. Ma soprattutto perché non crediamo nel mito della razza, nella superiorità di una religione, nelle ideologie che discriminano per le differenze sessuali”. Infine, “Arrestateci! Siamo una minaccia alla sicurezza perché crediamo che i rom siano persone come gli italiani e che chi non ha il permesso di soggiorno non sia per questo un criminale”.

NEV n. 29-30/2008

CHIESA METODISTA IN URUGUAY

(NEV/ECUPRES) – E' la pastora Ines Simeone la nuova presidente della chiesa metodista in Uruguay (UMI). La sua elezione è avvenuta durante la ventesima Assemblea generale dell'UMI tenutasi a Montevideo dal 17 al 20 luglio scorso. Responsabile del dipartimento di pastorale delle donne, Simeone sarà affiancata dalla vice presidente Gladys Cuña. “L'aver eletto due donne alle massime cariche amministrative della chiesa è un riconoscimento del ruolo fondamentale che le donne svolgono nella vita e nella missione della nostra chiesa”, ha dichiarato Oscar Bolioli, presidente uscente dell'UMI. Tema generale dell'Assemblea dei metodisti uruguayani, che quest'anno festeggiano i 130 anni di presenza nel paese sudamericano, è stato “Fedeli a Cristo in uno Stato laico”.

NEV n. 29-30/2008

PREGHIERA DOLCINIANA

Diceva Dolcino:

"Per pregare Dio, la chiesa consacrata non vale di più di una stalla di cavalli o di porci.
Si può adorare Cristo nei boschi come nelle chiese, anzi meglio."

PREGHIERA DOLCINIANA di Tavo Burat (Gustavo Buratti)

Sogno una chiesa che marcia verso il suo Maestro.

Sogno una chiesa che perda il suo tetto, ed al suo posto non abbia che il cielo, le nuvole del sole ed il mite chiarore delle stelle.

Sogno una chiesa senza porta né serratura, dove si possa entrare ed uscire liberamente, perché il dentro ed il fuori sono un tutt'uno.

Sogno una chiesa che non lasci alcuno fuori dalla porta, che non cerchi sicurezza e che non abbia chiave.

Sogno una chiesa i cui muri si dissolvano e si perdano, così che la luce penetri da ogni lato; una chiesa nella libertà, che non dia importanza a ciò che è, né ai suoi limiti né alle sue frontiere; una chiesa che offra in sacrificio a Dio i suoi muri ed il suo campanile, nella chiarezza luminosa dei cieli.

Sogno una chiesa trasparente come il vetro, ed anche di più, una chiesa che sia libera ed aperta quanto il mondo intero, nella quale ognuno percorre gioioso e pieno di fiducia il proprio sentiero, in cammino incontro alla gente.

martedì 29 luglio 2008

Meditazione di Mario Radaelli

LA FABBRICA DEI NUMERI


In un paese dell’Olanda esiste da molti anni una fabbrica che produce numeri di tutte le forme e le dimensioni e questo da molti secoli. Gli operai che vi lavorano fanno la spola tutti i giorni dalla fabbrica al magazzino, dove i numeri vengono riposti sugli scaffali, divisi secondo la loro identità e la loro grandezza. Per molti anni nel magazzino c’era stato solo il silenzio, nessuno si era mai lamentato di nulla. All’improvviso un bel giorno i numeri incominciarono a parlare a ed a lamentarsi. Gli zero si sentivano oppressi perché non valevano nulla, proprio zero. Gli uno si lamentavano perché i loro fratelli maggiori valevano di più. I nove infine si gloriavano di essere i più ricchi della famiglia.
Il padrone della fabbrica, ascoltati i brontolii che provenivano dal magazzino, un giorno si recò a fare visita ai numeri che stavano brontolando, mettendo a soqquadro tutti gli scaffali dove erano stati riposti dagli operai. “Cosa c’è da brontolare”, disse con tono seccato il padrone della fabbrica. Ad uno ad uno i numeri incominciarono ad esporre le proprie ragioni. “Noi zero siamo stufi di contare nulla, mentre gli altri contano qualcosa, è ora che anche noi siamo trattati in modo diverso, altrimenti prendiamo l’esaurimento nervoso ed allora sono guai per lei, signor padrone”. Il padrone non sapeva come fare, ma poi pensandoci bene spiegò loro che tutti potevano valere qualcosa e molto di più di quanto pensavano. “Vedi zero, è vero che da solo non vali nulla e che il tuo collega uno vale poco, ma se vi mettete insieme, tu vali 10 ed il tuo collega uno, vale dieci volte il suo valore”. Lo stesso discorso fece ai due, ai tre, ai quattro e via via fino ai nove che pensavano di aver perso il primato del valore dei numeri, essendo quello più alto. Alla fine il padrone aveva tranquillizzato un po’ tutti. Ma i numeri ripresero a lamentarsi aggiungendo altre osservazioni. “E’ vero, dissero gli zero, se ci mettiamo accanto ai nostri colleghi prendiamo valore ed anche loro hanno bisogno di noi ma questo non basta, mai nessuno ci prenderà in considerazione”. Allora il padrone disse loro “Chiamerò un esperto in materia e vedrò cosa mi dice”. Chiamò così un esperto che si presentò nella fabbrica dei numeri con un grande assegno bancario. Andò nel magazzino dei numeri e prese molti zero ed altri numeri che incollò su quell’assegno formando una grossa cifra. Poi mise la sua firma in calce all’assegno e lo diede al padrone della fabbrica dicendo: “Ecco, ora saranno soddisfatti i tuoi numeri perché ciascuno di loro ha formato una grossa cifra con la quale tu puoi comprare quello che vuoi”. Il padrone andò nel magazzino e raccontò tutto ai numeri che finalmente si tranquillizzarono perché avevano capito che insieme potevano valere molto. Avevano anche capito che ciascuno di loro non poteva fare a meno degli altri e così la pace ritornò nel magazzino della fabbrica dei numeri. Da quel giorno il silenzio e la pace tornò nel magazzino ed i numeri vissero a lungo felici e contenti.

Mario Radaelli
della Chiesa Evangelica Valdese di Chivasso

lunedì 28 luglio 2008

La voce di chi non ha voce


STEMMA VALDESE


CANDELIERE

Di origine ignota, probabilmente in relazione con lo stemma dei conti di Luserna, antichi feudatari della Val Pellice. Compare per la prima volta in opere a stampa del XVII secolo. La candela o fiamma sul candeliere associata alla scritta "in tenebris lux" o "lux lucet in tenebris" è chiaro riferimento al testo evangelico di Giovanni 1,5, dove Gesù è detto luce che risplende nelle tenebre. Le sette stelle che fanno corona alla luce sono un riferimento alla visione dell'Apocalisse 1,16, dove Cristo in gloria tiene nella mano sette stelle che rappresentano le sette chiese dell'Asia in crisi e persecuzione. Con questi due riferimenti biblici i valdesi hanno voluto affermare la loro volontà di fedeltà al Vangelo luce degli uomini e la loro certezza di essere in comunione con Cristo.


(citazione, con modifiche, da: www.chiesavaldese.org)

PIEMONTE: ASSISTENZA SPIRITUALE IN OSPEDALE

- I ministri di culto di 6 diverse confessioni e comunità religiose avranno accesso a tutti gli ospedali piemontesi per offrire il loro supporto spirituale ai pazienti che ne faranno richiesta. E' quanto stabilisce una delibera della Regione Piemonte che riprende un progetto già in atto presso l'ospedale torinese delle Molinette. Presso ogni struttura ospedaliera verrà creato un elenco di ministri di culto ortodossi, protestanti, ebrei, musulmani, buddisti e induisti, che potranno essere chiamati dai ricoverati appartenenti a una di queste comunità. “Anche a causa dell'immigrazione, sono sempre più numerosi i pazienti che richiedono un’assistenza spirituale diversa da quella della cappellania cattolica”, ha spiegato Giuseppe Platone, pastore della chiesa valdese di Torino e membro del Comitato Interfedi del capoluogo piemontese. Secondo Platone, dare attenzione alle esigenze spirituali dei pazienti significa considerarli “non solo come corpi da curare, ma anche come persone portatrici di diverse civiltà, culture e credenze”.



Roma (NEV - NOTIZIE EVANGELICHE 23 luglio 2008).

Diritti. Maselli: sul video testamento biologico di Ravasin

Diritti. Maselli: il video testamento biologico di Ravasin è una testimonianza e una sfida

- “Quella di Paolo Ravasin è una testimonianza importante”. Così il pastore Domenico Maselli, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) ha commentato la registrazione filmata con cui l'associazione Luca Coscioni ha reso noto il testamento biologico di Paolo Ravasin, malato di SLA (sclerosi laterale amiotrofica) e presidente della cellula di Treviso della stessa associazione. “Mentre è ancora forte la polemica sulla decisione del tribunale di Milano riguardante Eluana Englaro – ha dichiarato Maselli –, è estremamente importante la testimonianza di Ravasin, volta a provocare il legislatore affinché si provveda a dar vita al testamento biologico, e a porre di fronte alle coscienze il problema dell'accanimento terapeutico. Come cristiani siamo convinti che la lunghezza della vita non debba essere decisa da noi e, soprattutto, che dobbiamo realizzare la promessa di Gesù: avere vita in abbondanza. Pensiamo forse – ha concluso Maselli - che il Padre celeste ci offra dopo la morte una vita peggiore di quella dataci dalla macchina?”

Roma (NEV - NOTIZIE EVANGELICHE 23 luglio 2008).

EDITRICE MORCELLIANA: Nuova collana




GABRIELE BOCCACCINI,
I giudaismi del Secondo Tempio
Da Ezechiele a Daniele


traduzione di Aloma Bardi, (Antico e Nuovo Testamento 1), Edizione italiana riveduta e ampliata, Editrice Morcelliana, Brescia, 2008, pp. 264;

internet: www.morcelliana.com

dalla terza di copertina:

GABRIELE BOCCACCINI insegna dal 1992 presso la University of Michigan, USA. È autore e curatore di numerose opere sul giudaismo del Secondo Tempio e le origini cristiane, tra cui: Il medio giudaismo (Marietti 1992), Oltre l’ipotesi essenica (Morcelliana 2003) Il messia tra memoria e attesa (Morcelliana 2005). È direttore della rivista «Enoch» e promotore dell’Enoch Seminar.

dalla quarta di copertina:

L’idea dell’ebraismo come di una religione monolitica, da tempo immemorabile uguale a se stessa e dalla quale si sarebbe separata solo la novità del cristianesimo, cede il passo ad una ricostruzione storica che esalta il grande pluralismo e la grande vivacità intellettuale dei “giudaismi del Secondo Tempio”. Ebrei e cristiani possono oggi finalmente insieme riconoscere le proprie origini. I loro comuni antenati si chiamano sadociti, samaritani, enochici, sapienziali: sono essi i principali protagonisti dello sviluppo del pensiero giudaico “da Ezechiele a Daniele”. La storia dei loro conflitti e del loro conflitti e del loro competere getta le premesse per la nascita parallela del giudaismo rabbinico e del cristianesimo quali movimenti intellettuali di riforma.

La Casa Editrice MORCELLIANA con il libro di G. Boccaccini
inaugura una nuova qualificata collana dal titolo:
Antico e Nuovo Testamento.

prossimi titoli della collana Antico e Nuovo Testamento annunciati dall’Editrice:

J. Barr, Il giardino dell’Eden e la speranza dell’immortalità (in preparazione)
A. Destro – M. Pesce, Forme culturali del cristianesimo nascente (2a ed. in preparazione)

Per vincere la solitudine

VIVO SOLA

Io vivo sola, Signore, stammi vicino.
Guidami in ogni mio pensiero, in ogni mia decisione
e in ogni mia azione.
Non permettere che io cada nell’ansia o nella malattia.
Fa che io possa dare senso e contenuto ad ogni giornata della vita che mi sta dinnanzi.
Non permettere che mi seppellisca nella mia solitudine,
ma dammi di rimanere aperta agli altri,
cercando e donando amicizia e affetto.
Signore, ho bisogno di aiuto, sii tu il mio aiuto,
Dammi la possibilità di aiutare
chi sta peggio di me,
al fine di ricevere aiuto a mia volta.
Dammi di vivere e creare attorno a me la gioia autentica
della solidarietà umana.
Salvami dalle lingue malvagie, dai ladri,
dagli imbroglioni, dai venditori di illusioni,
dalle false consolazioni e dagli ipocriti.
Se divento ammalata, se mi succede un incidente,
se mi coglie l’angoscia o se i ricordi
mi rinchiudono nel mio dolore, Signore, ti prego,
vieni in mio soccorso, fortifica il mio cuore
e restituiscimi la pace, la speranza,
la gioia del tuo amore.
Vivo sola, Signore, ma non ho paura perché sento,
vicina, la tua presenza.
Amen.

da “il piccolo messaggero”

(citazione da: Al di là delle barriere, raccolta di testi di fede, preghiere, confessioni di fede, parabole, Comitato Italiano per la CEVAA, raccolta di testi a cura di Renato Coïsson, stampato ma non pubblicato, Trieste, 1995, p.171).

sabato 26 luglio 2008

Meditazione del pastore valdese Gregorio Plescan

Evangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 5,1-16

Gesù guarisce un paralitico a Betesda

1 Dopo queste cose ci fu una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
2 Or a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, c'è una vasca, chiamata in ebraico Betesda, che ha cinque portici. 3 Sotto questi portici giaceva un gran numero d'infermi, di ciechi, di zoppi, di paralitici[, i quali aspettavano l'agitarsi dell'acqua; 4 perché un angelo scendeva nella vasca e metteva l'acqua in movimento; e il primo che vi scendeva dopo che l'acqua era stata agitata era guarito di qualunque malattia fosse colpito].
5 Là c'era un uomo che da trentotto anni era infermo. 6 Gesù, vedutolo che giaceva e sapendo che già da lungo tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?» 7 L'infermo gli rispose: «Signore, io non ho nessuno che, quando l'acqua è mossa, mi metta nella vasca, e mentre ci vengo io, un altro vi scende prima di me». 8 Gesù gli disse: «Àlzati, prendi il tuo lettuccio, e cammina». 9 In quell'istante quell'uomo fu guarito; e, preso il suo lettuccio, si mise a camminare.
10 Quel giorno era un sabato; perciò i Giudei dissero all'uomo guarito: «È sabato, e non ti è permesso portare il tuo lettuccio». 11 Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: "Prendi il tuo lettuccio e cammina"». 12 Essi gli domandarono: «Chi è l'uomo che ti ha detto: "Prendi il tuo lettuccio e cammina?"» 13 Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, perché in quel luogo c'era molta gente. 14 Più tardi Gesù lo trovò nel tempio, e gli disse: «Ecco, tu sei guarito; non peccare più, ché non ti accada di peggio». 15 L'uomo se ne andò, e disse ai Giudei che colui che l'aveva guarito era Gesù. 16 Per questo i Giudei perseguitavano Gesù e cercavano di ucciderlo; perché faceva quelle cose di sabato.

Scrive G.Plescan

Questo è il racconto di un miracolo.

Già questa constatazione solleva una serie di problemi: infatti il nostro approccio scientifico tende ad avere uno scetticismo istintivo rispetto a guarigioni “incomprensibili” e lontane dall’esperienza medica e il fatto che vi siano chiese e tradizioni cristiane che affermano con forza di “credere nei miracoli”, “oggettivamente” non aiuta, anzi, complica ulteriormente le cose perché solleva più domande di quante ne taciti (domande come “chi ha l’autorevolezza di dire cosa è miracolo e cosa non lo è?” oppure “perché qualcuno verrebbe oggettivamente guarito e qualcun’altro no?”). 

Al contrario di tutto ciò, i miracoli evangelici non sono mai né a sé stanti, né fuori da un contesto preciso: essi sono sempre degli eventi che portano sia il “beneficiario”, sia coloro che gli sono vicino, a pensare in modo nuovo e inatteso al loro rapporto con il mondo e con Dio e che, attraverso la vita e le opere di Gesù, vuole che le persone che lo incontrano abbiano un’esistenza più piena e meglio: il miracolo non è un gesto che semplicemente “salva” il malato nel suo universo privato, ma è un gesto che permette a tutti coloro che lo circondano di gettare uno sguardo nuovo sulla loro stessa vita. 

Questo racconto parla della vicenda di un uomo che è sempre stato malato.

È così gravemente immobilizzato, da dipendere in tutto e per tutto dalla buona volontà altrui, siano essi umani (le persone che lo portano a bordo della piscina), sia divine (l’angelo che potrebbe mutare la sua sorte). 

Con queste espressioni, solo apparentemente ingenue, il racconto mostra un realtà triste ma facilmente sperimentabile: non sempre il confronto con la sofferenza altrui crea solidarietà, ma a volte crea concorrenza e disinteresse o “carità pelosa”. 

Ma questo non è un testo di denuncia della cattiveria umana, è il 

racconto di un miracolo che Gesù compie.

Gesù non è mai stato né sdolcinato e piamente menzognero, e la sua domanda iniziale al malato ci porta subito al centro della questione. 

Apparentemente la domanda ha una sfumatura quasi provocatoria, quasi da sembrare fuori luogo: “vuoi essere guarito?”. 

Sembra una presa in giro: quale malato non vorrebbe essere guarito?

In realtà è una domanda molto seria, se pensiamo che attorno all’universo della malattia girava una discreta “economia finanziaria” (quella dei mendicanti e dei medici) e un’altrettanto florida “economia spirituale” (quella di chi si sente di aver fatto il suo dovere religioso dando le elemosina). 

Inoltre il malato aveva un ruolo “sociale”, perché aiutarlo significava “comportarsi bene”, mettersi a posto l’anima (e, ammettiamolo, la cosa fa piacere in ogni epoca storica). 

A pensarci bene questo non è cambiato: anche lasciando da parte le questioni di malasanità, possiamo anche ricordare che a tutt’oggi una situazione di profondo disagio finisce per catalizzare certi sentimenti di tutti, per cui dando la colpa delle cose che non vanno alla malattia, alla malasorte, alle reazioni del malato o all’insensibilità dei sani… 

In un certo senso la domanda “vuoi essere guarito?” non è affatto peregrina, perché porta con sé altre domande, magari mai espresse chiaramente ma sempre collegate, vale a dire “accetti di cambiare ruolo”, da malato a sano, da vittima da compatire a persona normale, da parafulmine a cui tutto è permesso perché “poverino, è malato” a persona che può anche avere torno e deve combattere per aver riconosciuto il diritto al posto alla tavola di quelli che fanno e sbagliano? 

Tu, che sei da sempre “così, poverino”, accetti di avere torto o ragione ma che in ogni caso deve prendersi le sue responsabilità nel mondo? 

“Vuoi essere guarnito” non è solo una domanda rivolta a un corpo, ma a tutta una persona: “vuoi che la tua vita sia radicalmente cambiata, nel bene ma verso un futuro ignoto?”. 

Ciò che rende bello e vero il vangelo è che anche le storie più incredibili mostrano un lato così reale da essere quasi banale: la risposta che dà il malato è esattamente quella che può dare una persone nelle condizioni di un malato così – e questo dimostra anche quanto profondamente Gesù ha capito la situazione. 

Infatti il malato risponde: “io sarei anche disposto a guarire nel senso indicato da Gesù, ma la solitudine mi immobilizza”. 

L’uomo è immobile fisicamente (nessuno lo butta in acqua), ma anche spiritualmente (e ce ne accorgiamo quanto sentiamo le reazioni della gente, che non gioisce per la fine di una sofferenza, ma al contrario protesta per una guarigione abusiva, avvenuta al momento sbagliato): non è il contesto religioso che gli permetterà di “muoversi”, ma l’incontro personale con Gesù. 

Non sei né tu, né il tuo contesto (religioso, culturale) che fa i miracoli…

È Gesù che fa i miracoli.

E li fa in maniera semplice ma unica, tramite la parola: alzati.

La semplicità non è data per opprimerci, per farci sentire ancora più impotenti di fronte alla sofferenza, ma piuttosto è un veicolo dell’unicità di Gesù: con la parola “alzati” ricorda che Dio agisce attraverso la parola. 

La guarigione del malato è una nuova creazione, una risurrezione a nuova vita egli si rialza. 

Si rialza da un mondo vecchio (la piscina, gli angeli che non arrivano, gli amici che si fanno le scarpe gli uni gli altri) e va verso un mondo nuovo. 

Non vive più nel luogo della che lo teneva imprigionato – in cui egli stesso si teneva imprigionato. 

Parlare di malattia, guarigione ecc. non né facile, perché la la malattia non è una parola del passato, ma spesso è una dolorosa e angosciante realtà. 

E spesso anche nel nostro tempo malattia e guarigione vanno di pari passo con il giudizio – non necessariamente quello moralista, ma anche semplicemente quello che ha a ché fare con il pensiero “ho fatto abbastanza per me e per gli altri”? 

E, altrettanto spesso, purtroppo, la fede non guarisce, o se lo fa, non lo fa in maniera immediata e immediatamente visibile.

Per questa ragione il miracolo è ancora significativo e non ancora superato dal nostro tempo: perché Gesù ci mette di fronte alle domande reali – quanto e come ci sentiamo “malati”, quanto e come vogliamo “guarire”, e ci ricorda che possiamo farlo. 

Non con la bacchetta magica, certo, ma con l’offerta della possibilità di alzarci e affrontare le domande vere – anche possono anche essere “solo” quelle che hanno a che fare con la nostra capacità di riconoscerci deboli, bisognosi d’aiuto, soli… bisognosi di una spinta che ci butti nella vita. 


gplescan@chiesavaldese.org

venerdì 25 luglio 2008

PIEDICAVALLO - CULTO DI DOMENICA 27 LUGLIO


DOMENICA 27 luglio 2008
- UNDICESIMA DOPO PENTECOSTE – DOMENICA DI ISRAELE

a Piedicavallo, nel tempio Valdese
alle ore 17
CULTO DI ADORAZIONE E LODE
presieduto da Ludovica Pepe Diaz

- Ingresso Libero -

Preghiera:

Dio dei cieli e della terra, tu hai dato al tuo popolo la Torah,
il tuo insegnamento. Amore e misericordia devono essere
il criterio di tutte le cose. Noi ti preghiamo che tu dia valore
alla legge dell’amore là dove regnano le leggi della violenza e dell’odio,
qui da noi, in noi e ovunque nel mondo.


preghiera riportata dal lezionario:
Un Giorno Una Parola 2008 Letture bibliche per il quotidiano,
Claudiana editrice,
Torino, 2007, p. 186.

Una preghiera forte per una fede forte

Confessione di Fede:

IL DIO IN CUI NON CREDO

Il Dio nel quale io non credo...
Sì, personalmente non crederò mai,
in un Dio che vuole il monopolio di una chiesa,
di una razza, di una cultura o di una casta.
In un Dio che accoglie soltanto coloro che
sono «formati», quelli che sono «istruiti» o
quanti hanno «una buona situazione».
In un Dio che si pente di aver dato la libertà
all'uomo.
In un Dio che si interessa soltanto delle anime
e non degli uomini.
In un Dio che preferisce l'ingiustizia
al disordine.
In un Dio che raccoglie dei discepoli schivi
da responsabilità nel mondo e indifferenti alla Storia.
In un Dio che permette la guerra.
In un Dio che pone la legge al di sopra delle coscienze.
In un Dio che distrugge la terra e le cose
che l'uomo ama di più, anziché trasformarle.
In un Dio pronto a dare la felicità eterna
a qualcuno che abbia vissuto sulla terra
senza mai dare felicità a qualcuno.
In un Dio incapace di riempire di amore
il cuore di un uomo.
In un Dio che non si faccia uomo vero.

P. Arias nel « Pueblo » di Madrid
Spagna

(confessione di fede tratta da: Comitato Italiano per la CEVAA, 
In Attesa del Mattino, raccolta di testi di fede,
a cura del pastore valdese Renato Coïsson,
stampato ma non pubblicato, Torre Pellice, 1991, p.69).

I ritardi del Parlamento sul testamento biologico

Erika Tomassone: "più che censurare la Cassazione, il Parlamento deve arrivare ad una legge sulle questioni di fine vita"

"Le questioni in gioco non possono essere oggetto di battaglie ideologiche, ma piuttosto di un serio lavoro legislativo"

La Corte di Cassazione non ha "invaso il campo di attribuzioni che spettano al Parlamento, piuttosto è il potere legislativo ad "aver da anni disatteso il suo compito, vale a dire la emanazione di una legge atta a regolare le questioni di fine vita". E' quanto afferma la pastora Erika Tomassone, membro della Commissione bioetica delle chiese metodiste e valdesi, commissione che già ha espresso il proprio parere sul caso di Eluana Englaro.

Secondo Erika Tomassone, "quello che manca in Italia è una legge che, come in ogni Stato di diritto, regoli le azioni dei cittadini e delle cittadine davanti allo Stato, qualunque sia il loro orientamento etico particolare. Più che censurare la Cassazione, il Parlamento, nei suoi due rami, deve seriamente arrivare ad una legge non sull’onda del caso di Eluana Englaro, ma nel rispetto dei cittadini e delle cittadine che, in stato di salute e piena coscienza, possono esprimere le loro volontà come parte di un patto terapeutico in quanto soggetti consapevoli. Se esistesse una tale legge, non ci sarebbe stato alcun bisogno di rivolgersi alla Cassazione".

"In gioco - precisa Erika Tomassone - è il diritto di una persona ad esprimere la sua volontà su situazioni di fine vita, in rapporto a eventuali terapie da mettere in atto oppure no. Questo è il vero nodo nella legislazione italiana, ma anche nella pratica sanitaria. Perché si teme tanto l’assunzione di responsabilità dell’individuo? Nessuno Stato può eliminare dalla mia vita il dilemma etico, e se pretende di farlo muta natura e fa dei suoi cittadini dei sudditi e non degli individui liberi. Forse perché alla parola libertà viene associato l’arbitrio? La parola libertà si lega invece alla parola responsabilità. Farsi carico della propria vita".

"Mi auguro - ha concluso Erika Tomassone - che tutti coloro che in questi giorni utilizzano la situazione coraggiosa e sofferente della famiglia Englaro, per i propri fini ideologici o politici, sappiano fare un passo indietro, perché le questioni in gioco non possono essere oggetto di battaglie ideologiche, ma piuttosto di un serio lavoro legislativo".

Tratto dal comunicato stampa NEV - Notizie evangeliche del 17 luglio 2008

mercoledì 23 luglio 2008

Teologia per pensare


Gabriella Caramore, La fatica della luce. Confini del religioso, (Il pellicano rosso – nuova serie a cura di Paolo De Benedetti - 76),
Morcelliana, Brescia, 2008, pp. 256;
internet: www.morcelliana.com

dalla quarta di copertina:

L’esperienza religiosa è anche un viaggio: allontanarsi da ciò che è noto verso qualcosa che da un lato attrae, «chiama», dall’altro persiste nella sua lontananza, nel suo enigma. Ma un viaggio è innanzitutto un lavoro su di sé, uno «straniarsi» per esporsi ad altro. Appunto, una «fatica» come quella che si fa «luce» - che dà il titolo a questo libro – per illuminare il mondo. Un percorso lungo i confini, incerti, tra credenti e non credenti, investigando luoghi della Bibbia, eventi della vita, del nascere, del morire e figure del linguaggio e dell’arte. Un libro di domande sul religioso – chi è il Dio sconfitto? cosa significa sperare?, come essere liberi? – poiché, osserva l’autrice, solo nell’ostinazione di questo insonne interrogare si conserva l’umano. Un libro di formazione; un compito sempre da ricominciare, mai concluso.

GABRIELLA CARAMORE è autrice, dal 1993, della trasmissione di cultura religiosa di Radio Tre «Uomini e profeti». Dirige l’omonima collana presso la Morcelliana. Ha curato l’edizione italiana di opere di V. Segalen (Il doppio Rimbaud, Milano 1979), G. Lukács (Diario 1910-11, Milano 1983), Endre Ady (Poesie, Reggio Emilia, 1985), Y. Bonnefoy (L’impossibile e la libertà, Genova 1988; Entroterra, Roma 2004), Sergio Quinzio (Mi ostino a credere, Brescia 2006).


un qualificato commento al libro
è del teologo valdese PAOLO RICCA:

Molti lettori di Riforma conoscono – mi auguro – Gabriella Caramore grazie alla rubrica di Radiotre Uomini e Profeti, che lei dirige da quindici anni, settimana dopo settimana (due trasmissioni: una il sabato mattina, sull’attualità religiosa, intitolata «Domande»; l’altra la domenica mattina, tematica, intitolata «Letture»). Si tratta della migliore trasmissione religiosa diffusa oggi in Italia dai mezzi di comunicazione di massa, pubblici e privati. È anche l’unica sede – ripeto: l’unica – che dia voce alle minoranze religiose presenti nel nostro paese.

Ma perché Uomini e Profeti è una trasmissione così seguita e apprezzata? Perché si occupa di Dio e dell’uomo (non di uno senza l’altro) senza paraocchi confessionali e senza pagare tributi all’Istituzione (ecclesiastica o di altro genere), muovendosi in ampi spazi aperti, liberamente e laicamente, frequentando con amore e rigore i grandi testi religiosi dell’umanità, senza però ignorare o addomesticare sia le grandi domande che da sempre albergano nel cuore dell’uomo, sia quelle che via via emergono dalla storia nella quale siamo immersi. Uomini e Profeti piace perché non confonde Dio con la chiesa (virtù rara nel nostro clericale paese), né la fede con il dogma. Gabriella Caramore, poi, eccelle nell’arte del dialogo, così difficile, così vitale. Sa ascoltare (virtù anche questa rara nel nostro retorico paese) e sa porre le domande scomode ma utili a far avanzare il discorso nella ricerca paziente di una verità che ci supera e al tempo stesso ci attrae e invita a sé, essendo la ricerca stessa un pezzo – se così posso dire – della verità cercata.

Ora è possibile conoscere Gabriella Caramore più da vicino ancora, non solo attraverso l’ascolto della sua trasmissione, ma attraverso le pagine di un libro, intitolato La fatica della luce. Confini del religioso, uscito nell’aprile di quest’anno*. È il suo primo libro, anche se ne ha già curati molti, ma di altri autori. Il titolo – leggiamo nella «Premessa» al volume – è ispirato da un passo dell’Ecclesiaste in cui si dice che «la luce è dolce», ma che «i giorni delle tenebre saranno molti» (11, 7-8), «rendendo manifesta – scrive l’autrice – la fatica che la luce fa per stendersi sul corpo del mondo». Come spiegare questa fatica? È perché le tenebre sono comunque più forti e l’uomo ama le tenebre più della luce e quindi la luce, alla fine, non ce la fa, oppure è perché la luce rinuncia volutamente al suo splendore e si offre a noi smorzata per non abbagliarci e lasciarsi vedere «da quell’impasto di fango e di soffio che è l’essere umano» senza accecarlo? L’autrice pone la domanda, senza fornire la risposta, che spetta semmai al lettore. Sappiamo del resto che una buona domanda avvicina di più alla verità di una risposta improvvisata o di comodo. L’autrice non spiega la fatica della luce, la descrive però benissimo nei cinque capitoli che compongono il volume, impreziosito da quattro tavole a colori sapientemente scelte per dipingere, oltre che descrivere, la fatica della luce, e forse anche per accennare, molto discretamente, alla sua vittoria, come nell’acquarello d’apertura di J. M. W. Turner che raffigura una Venezia che, accarezzata dalla luce mite dell’aurora, emerge come una dea dai vapori delle acque dei suoi canali, o come nella Cena a Emmaus di Rembrandt, dove l’unica luce è un Gesù ormai invisibile, già scomparso («egli sparì d’innanzi a loro», dice l’evangelista Luca), ma la sua luce continua a splendere: Gesù è scomparso, ma la sua luce no, e illumina come di giorno i volti dei discepoli.

Che cos’è questo libro? È una sorta di Simposio del nostro tempo, il cui tema non è l’amore come quello di Platone, ma Dio e l’uomo che si cercano a vicenda. Intorno a questo tema Gabriella Caramore ha per così dire convocato un gran nuvolo di testimoni, da Kierkegaard a Rilke, da Simone Weil a Dag Hammarskjöld, da Hans Jonas a Sergio Quinzio, da Dietrich Bonhoeffer a Emmanuel Lévinas, da Pavel Florenskij a Nelly Sachs, e molti, molti altri – un libro corale, quindi, ma anche molto personale: i testimoni sono tanti, ma il filo del discorso lo tiene in mano l’autrice, e il messaggio complessivo dell’opera reca distintamente la sua impronta. Essa ci guida in un percorso che attraversa «l’insonne interrogare dell’uomo» nella sua ininterrotta ricerca di Dio e di se stesso, «lungo la stessa impervia, dolente, esaltante strada».

Non è possibile riassumere un libro ricco e sostanzioso come questo. Mi limito quindi a mettere in luce quelli che mi sembrano essere i suoi pregi maggiori. (1) Il primo l’ho già detto: la coralità. L’autrice non pensa e non parla da sola, ma in dialogo. L’orizzonte è dilatato, il discorso ha un ampio respiro. (2) Alla qualità elevata della bella scrittura corrisponde la qualità elevata del pensiero: al piacere di leggere si aggiunge così il piacere di pensare insieme all’autrice. (3) Originale è il punto di osservazione da lei scelto per la sua riflessione: «sul confine». Paul Tillich, citato in apertura, lo considerava «il luogo propriamente fecondo della conoscenza». Questo libro lo dimostra. (4) La molteplicità dei linguaggi, alla quale un intero capitolo è dedicato, che si apre con una magnifica meditazione sulla «poesia come preghiera». «Sul confine» tra poesia e preghiera, tra arte e fede, tra letteratura e teologia, ma anche tra parola e silenzio, Gabriella Caramore scopre o istituisce nessi fecondi. (5) Infine, c’è il tema centrale del libro, che è Dio, di cui parla ogni pagina in maniera diretta o indiretta. Gabriella Caramore non fa professione di fede, ma si confronta animatamente con quel «Tu» immancabile in ogni dialogo e in ogni preghiera. Lo fa con grande riguardo, misura, ma anche segreta passione: santifica il nome di Dio senza nominarlo.

E proprio perché Dio, in questo libro, è più approdo finale che presupposto iniziale, più promessa che possesso; proprio perché è, sì, realtà, ma non ovvia, non scontata, non risaputa: è l’Inedito rispetto al quale tutto è vecchio, il Nuovo che nella sua libertà sorprende e stupisce («sono stato trovato da quelli che non mi cercavano» Romani 10, 20) – proprio per questo La fatica della luce (che vuole anche dire: fatica della fede, fatica dell’amore e fatica della speranza, ma l’apostolo Paolo ci ricorda che «la nostra fatica non è vana nel Signore» – I Corinzi 15, 58!) è un libro che può fare del bene a molti, sia a coloro che, rispetto a Dio (e a loro stessi), hanno più domande che certezze (la luce c’è, anche se fa fatica a prevalere), sia a coloro che, rispetto a Dio (e a loro stessi), hanno solo certezze e nessuna domanda (la luce fa fatica a prevalere, anche se c’è).

Infine: il libro è dedicato «ai miei genitori, che avrebbero capito». I genitori di Gabriella Caramore non ci sono più, ma, se ci fossero, capirebbero. È molto bello pensare così i rapporti con i genitori: generazioni diverse che si capiscono.

tratto da: «RIFORMA» settimanale delle Chiese Evangeliche Battiste, Metodiste, Valdesi
anno XVI - numero 28 - 11 luglio 2008, p. 5.
internet: www.riforma.it

LA LIBERTA’ RELIGIOSA IN ITALIA

a cura di Tavo Burat

Com’è noto, le “Lettere Patenti” del 17 febbraio 1848, allegate allo Statuto Albertino, non sancivano la libertà religiosa ma soltanto la tolleranza nei confronti dei Valdesi (e poco dopo anche degli Ebrei), ai quali dopo secoli di persecuzione e di discriminazione venivano riconosciuti i diritti civili, e quindi anche l’accesso alle professioni liberali (insegnanti, notai, avvocati, magistrati, ecc.), precedentemente interdette. In effetti un mese dopo, il 18 marzo 1848, l’Art. 1 dello Statuto Albertino precisava: “La religione cattolica apostolica romana è la sola religione dello Stato”. Nel giugno seguente, il principe di Savoia Carignano firmava il decreto in cui si affermava: “La differenza di Culto non forma eccezione al godimento dei diritti civili e politici, ed all’ammissibilità delle cariche civili e militari”. A Valdesi ed Ebrei era dunque appena tollerato celebrare i loro culti, ma non fuori dai ghetti (per i Valdesi, le loro Valli), nè potevano fare opera di proselitismo: il che non poneva problemi agli Israeliti, ma ostacolava invece la vocazione missionaria degli Evangelici impegnati a far conoscere la “buona novella”. I giovani cavourriani “chiusero un occhio” e tra le proteste cattoliche (in primis quella di don Giovanni Bosco) consentirono che i Valdesi nel 1851 elevassero il loro tempio a Torino; rimanevano quindi “fuori legge” gli Evangelici non aderenti alla chiesa Valdese, come le Chiese Libere dei Fratelli. Poichè non esisteva lo “stato civile”, il sacerdote cattolico, il rabbino o il pastore valdese (nelle Valli) erano gli unici depositari degli atti di battesimo ( e quindi di nascita), di matrimonio e di morte, con conseguenze facili da immaginare per gli evangelici “liberi”, i quali come per gli atei, non dipendendo da alcun ministro religioso e rifiutando il parroco (che comunque rifiutava loro!) rimanevano privi di Stato Civile e financo di sepoltura, perchè i cimiteri erano tutti di proprietà parrocchiale. Ma la mancata corretta tolleranza nei confronti dei culti acattolici era sancita dalla legislatura piemontese: per una semplice bestemmia, per un ingiuria al nome di Dio, era decretata la pena di reclusione, che poteva estendersi sino ai 20 anni di lavori forzati. L’Art. 164 del codice penale infatti sanciva che: “Chiunque con pubblici insegnamenti, con arringhe e con mezzo di scritti, libri, di stampe da esso pubblicati o spacciati, attacchi direttamente o indirettamente la religione dello Stato (cioè la chiesa cattolica romana) con principii alla medesima contrari, sarà punito con la relegazione.”. E’ manifesto che gli scritti protestanti affermavano principii contrari alla religione cattolica e quindi erano “corpi di reato” ed i loro autori e diffusori perseguibili. La pena si subiva nei castelli e nelle fortezze dello Stato. Famosi furono i casi dei fratelli Cereghino, cantastorie, arrestati per aver tenuto dei culti valdesi a Favale (Ge) e detenuti per molti mesi nelle carceri di Chiavari. Così a Pallanza fu arrestato l’avvocato Cattaneo perchè regalava libri del filosofo Ferrari; e un dott. Mazzinghi, reo di aver regalato a La Spezia a dei fanciulli copia della lettera di Paolo ai Corinzi, fu condannato a tre anni di reclusione; il Biellese Carlo Borrione, per aver diffuso un suo opuscolo in cui negava l’esistenza dell’inferno, fu imprigionato nel 1853 e languì per mesi in attesa di processo: sollevò il suo caso, nel parlamento alpino, l’on. Angelo Brofferio, alfiere delle lotte per i diritti civili (matrimonio civile, anagrafe municipale, abolizione della pena di morte, divorzio, ecc.); nel 1850 fu condannato a ben 10 anni di reclusione don Francesco Grignaschi, parroco di Cimamulera (No) reo di essersi fatto promotore di una setta millenarista; anch’egli fu difeso da Brofferio, che con un arringa esemplare perorò la causa di religione e di pensiero.
Il concordato del 1929 tra la chiesa romana e il regime fascista, ribadisce il principio del cattolicesimo quale religione dello Stato e dichiara che i culti non cattolici da “tollerati” diventano “ammessi”: In precedenza quando ancora Stato e chiesa erano separati, il regime fascista aveva imposto il crocifisso nelle scuole e negli uffici pubblici, tra il ritratto del re e quello del duce.
Il 1° gennaio 1948, l’Art. 19 della nuova Costituzione repubblicana afferma “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda, e di esercitare in privato o in pubblico il culto, purchè non si tratti di riti contrari al buon costume”. L’Art 7 stabilisce: “Lo Stato e la Chiesa sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”. Questo famigerato articolo, votato all’Assemblea costituente del 1947 da democristiani e comunisti, con l’opposizione dei socialisti, repubblicani e liberali, recepisce dunque il concordato mussoliniano e papista nella Costituzione repubblicana. D’altra parte l’Art. 8 dispone che i rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose diverse dalla cattolica romana, sono regolate per legge sulla base di “Intese” con le relative rappresentanze. Bisognerà attendere altri 36 anni (febbraio 1984) per la prima stipula di un Intesa, quella tra le chiese rappresentate dalla Tavola Valdese (valdesi e metodiste), e la Repubblica italiana (trattative per la modifica del Concordato e per l’attuazione dell’Art. 8 erano state avviate nel 1976). Lo strumento delle Intese non era stato richiesto in sede costituente dalle minoranze religiose, ma era stato “inventato” in sede parlamentare come contraltare all’Art. 7. Dieci anni dopo, due sentenze della Corte Costituzionale fanno cadere le norme della legislazione fascista del 1929 sui “culti ammessi”: Nel 1957 si abroga l’obbligo di preavviso per le funzioni in luoghi aperti al pubblico; nel 1958 l’autorizzazione per l’apertura di luoghi di culto e l’obbligo della presenza di un ministro di culto “approvato” dall’Autorità per la celebrazione di qualsiasi rito. All’Intesa con la chiesa valdese seguono quella con l’Unione delle chiese cristiane Avventiste (1986), con l’Unione delle comunità Ebraiche (1987), con l’Unione cristiana Battista in Italia (1993), con la chiesa Luterana in Italia (1993). Sospesa la stagione delle Intese, rimane il problema del “riconoscimento” per le confessioni rimaste senza. Per queste infatti, rimane in vigore la legge dei “culti ammessi”, pur corretta dalle sentenze della Corte Costituzionale. A tal riguardo, la sentenza 195 del 1993 afferma in via generale che non è ammissibile una discriminazione tra confessioni “con Intesa” e “senza Intesa”.
Dopo il 1987 si inizia a studiare un progetto di legge “generale” sulla libertà religiosa, approvato una prima volta nel settembre 1990 dal Consiglio dei Ministri dell’ultimo governo Andreotti, ma mai giunto in parlamento. Nel 1997, il governo Prodi presenta in parlamento, per la prima volta in via ufficiale, il disegno di legge sulla libertà religiosa, anch’esso rimasto lettera morta. Tra l’altro è da rimarcare come anche la tutela delle minoranze linguistiche, in attuazione dell’Art. 6 della Costituzione, ha dovuto attendere mezzo secolo per ottenere una legge (la 482 del 1999) di attuazione minimale e scarsamente funzionante, mentre il trattato europeo n° 148 (carta delle lingue regionali e minoritarie) del 1992, non è ancora stata ratificata dal parlamento. E’ quanto mai scandaloso l’incredibile ritardo nell’attuazione di principii costituzionali quali sono quelli della libertà religiosa e della tutela delle minoranze linguistiche.
Il Governo Prodi avvia pure le trattative con due nuove confessioni: l’Unione buddista e con i Testimoni di Geova. Le Intese vengono siglate nel 2000 (Governo D’Alema), ma mai approvate dal parlamento, che conferma così la sua ignavia. Rispetto all’ultimo Governo Andreotti il nuovo progetto di legge non è più considerato come una alternativa alle Intese e infatti, nel corso di quella legislatura, vengono avviati i colloqui per altre cinque Intese: chiesa Ortodossa, chiesa Apostolica, Mormoni, Soka Gakkai (Buddisti giapponesi), Induisti.
Nel febbraio 2001 è presentato il progetto di legge sulla libertà di coscienza e di religione licenziato dalla Commissioni Affari Costituzionali alla Camera, ma la proposta decade con la fine della Legislatura. Intanto vari esponenti delle chiese Evangeliche ribadiscono che tale legge-quadro, necessaria per abrogare definitivamente quella concordataria del 1929, non può comunque essere sostitutiva dello strumento costituzionale delle Intese, che rimane la via maestra.
Il !° marzo 2002 un nuovo progetto di legge riprende ampiamente quello della precedente Legislatura, ma non ha miglior fortuna: approvato dal Consiglio dei Ministri, non è votato dal parlamento.
Lo scorso Governo prodi sembrava intenzionato a chiudere questo lungo iter.
A partire dal 1848, il 1984 segna una sorta di spartiacque. Nel protocollo addizionale al nuovo Concordato si legge infatti che “si considera non più in vigore il principio, originariamente riportato nei Patti lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato Italiano”. Tale affermazione è recepita dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale che, con la sentenza n° 203 del 1989, afferma per la prima volta il “principio supremo della laicità dello Stato”. Ma sembra che ben pochi ne siano consapevoli in Italia, anche nel mondo politico, dove sembra si faccia a gara in piaggeria ed ossequio al Vaticano...
Va ancora ricordato che soltanto nel 2006, con la legge 24 febbraio, n. 851, le norme del codice fascista (il codice Rocco), capo I del tit. IV: “dei delitti contro la Religione dello Stato e culti ammessi”, sono state finalmente oggetto di revisione; l’Art. 403 c.p. “offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone”, che prevedeva la pena di reclusione sino a due anni, e “per chi offende la religione dello Stato mediante vilipendio di un ministro di culto cattolico” da uno a tre anni, ora è stato modificato con la sostituzione di pene pecuniarie. L’Art. 406 infine non distingue più tra religione di Stato e altre confessioni.
Manca soltanto il potere politico all’appello: certamente la libertà religiosa non è un diritto civile “relativo” contingente; non è corollario della libertà in generale ma è esattamente il contrario. E’ la libertà religiosa il fondamento della libertà generale (le minoranze religiose non chiedono “tutela” ma rispetto. Anche per i non credenti). La libertà religiosa è la “cartina tornasole” che prova la sincerità democratica di uno Stato.

martedì 22 luglio 2008

Meditazione del pastore valdese Jonathan Terino

“Il tempo del riposo”

« … poiché in sei giorni il SIGNORE
fece i cieli, la terra, il mare
e tutto ciò che è in essi,
e si riposò il settimo giorno;
perciò il SIGNORE
ha benedetto il giorno del riposo
e lo ha santificato. » Esodo 20,11

« Rimane dunque un riposo sabbatico
per il popolo di Dio;
infatti chi entra nel riposo di Dio
si riposa anche lui dalle opere proprie,
come Dio si riposò dalle sue.» Ebrei 4,9.10

Per il popolo di Israele, lo Shabbat doveva essere l'orologio che ritmava il tempo. Un giorno “santificato”, perché il suo valore non stava in quel che si poteva o non poteva fare, ma nella presa di coscienza che Dio si riposò il settimo giorno della creazione. Il riposo di Dio doveva essere il metro e la misura del tempo. È il tempo dei ritmi più lenti, per trovare riposo di riflessione, di meditazione nell’interiorizzare quello che si è vissuto. Ecco il grande segreto di cui far tesoro nella vita e non solo in vacanza. È necessario rallentare la corsa del fare e del dover essere per recuperare la dimensione umana dei momenti e degli attimi che troppo spesso abbiamo sorvolato perché occupati e preoccupati a divorare il tempo, come treni ad alta velocità. Se vogliamo essere protagonisti e liberi di fronte alla vita, dobbiamo ritrovare la lentezza delle stagioni e la pazienza di assaporare la vita in pienezza. Pochissimo spazio è lasciato ad un ritmo più lento e più vero, cioè più umano. Il tempo del sabato ferma la corsa affannosa verso i propri interessi, impone uno stop alla conquista dei nostri spazi, perché ci si apra davanti lo spazio della giustizia e del regno di Dio. Poveri e divisi interiormente come siamo, cerchiamo tante scuse per i nostri affanni. Quando crediamo di aver raggiunto quello per cui avevamo fatto lo scatto iniziale, ci accorgiamo che, in fondo, ciò che abbiamo non è quello che volevamo, e allora scattiamo verso nuove inutili partenze. Siamo spesso condizionati dall’io collettivo, del dover apparire e del dover avere. Tutto questo ci porta ad essere stanchi, delusi, soli e insoddisfatti, mettendo a riposo le facoltà critiche della nostra mente, convincendoci di essere incapaci di creatività, di essere già vecchi nel cuore e di doverci conformare al pacchetto dell’esistenza.
La civiltà tecnica dei “voli low cost”, dei treni ad alta velocità, dei grandi centri commerciali come la nostra recente “Freccia Rossa” è la conquista dello spazio da parte di chi non ha smesso di correre. È un trionfo al quale si giunge sacrificando un elemento essenziale dell'esistenza, cioè il tempo. Noi consumiamo il tempo per guadagnare lo spazio. Il tempo è lo spessore della vita umana, che viene umiliato e investito per accumulare maggiori profitti nello spazio. Tutti sappiamo che avere di più non significa essere di più, e che è possibile guadagnare il mondo e perdere la propria anima (Luca 9,25). Il tempo del riposo è il cuore dell'esistenza. Il mandato alla creazione indica che la salvaguardia (il dominio) dello spazio è uno dei nostri compiti come creature umane; ma il pericolo comincia quando rinunciamo a tutte le aspirazioni nell'ambito del tempo. Esiste un regno del tempo in cui la meta non è l'avere ma il vivere, non l’imposizione del debito, ma la sua remissione, non il controllare ma il condividere, non il sottomettere ma l'essere in armonia. Lo spazio è al servizio del tempo; la pienezza del tempo è il tempo della remissione del debito. Il riposo del Sabato è il Giubileo della remissione della colpa, del debito; un nuovo inizio nel tempo scandito dalla giustizia e dall’equità. Durante il riposo estivo noi ci opponiamo alla sottomissione incondizionata allo spazio, e all’asservimento di esseri umani ad altri esseri umani, o alle cose. Il Sabato proclama l’unicità di Dio unico sovrano sullo spazio e sul tempo. La sovranità di Dio si esprime nel suo riposo, che si traduce in servizio e guarigione verso tutta la creazione. L’idolatria tecnologica e ideologica afferma che il prodotto dello spazio, l’oggetto, è più importante del tempo, cioè della vita, della persona. Invece, noi affermiamo che la salute e la famiglia di chi lavora, i suoi affetti, la sua esistenza in relazione, scandita dai ritmi delle celebrazioni, è più importante di tutto quello che la persona possa produrre. Il tempo non è denaro. Il tempo di Dio è riposo, per servire. Talvolta le nostre imprese e le nostre opere buone ci tolgono il tempo del riposo per capire che cosa Dio vuole veramente da noi. Il riposo ci mette angoscia, perché non sappiamo affrontare il silenzio e la quiete, né ascoltare il nostro grido interiore. Sono i momenti sabbatici del riposo che conferiscono significato alle cose. Non è la cosa che conferisce significato a un momento. In effetti, la Bibbia si interessa più del tempo che dello spazio. Essa vede il mondo nella dimensione del tempo, e dedica maggiore attenzione alle generazioni, agli eventi, che ai paesi, alle cose; si interessa più alla storia che alla geografia. La nostra mente è dominata dallo spazio: il tempo è invariato, ripetitivo, omogeneo, per cui tutte le ore sono uguali, senza qualità, dei gusci vuoti da riempire con lo svago, la pubblicità, il lavoro flessibile, il precetto. Invece, la Bibbia riflette il carattere diversificato del tempo: non vi sono due ore uguali; ciascuna ora è unica, la sola concessa in quel momento, esclusiva e infinitamente preziosa Il Dio Liberatore ci chiede di santificare il tempo, non le cose. Il tempo è l’opportunità di servire e di crescere, è il cuore della nostra esistenza che possiamo mettere al servizio della verità e della giustizia. È il ritmo del riposo a dare senso al tempo, a strapparlo al suo scorrere monotono e impersonale. Il tempo del riposo aiuta ad equilibrare gli affetti e il lavoro, mettendo al centro l'esigenza di ogni persona di rinnovare il rapporto con se stesso, con gli altri e con Dio. Il riposo è il tempo dei ritmi più lenti. Ne abbiamo paura perché siamo diventati incapaci di riflettere e di meditare. Ne è prova l’incapacità di esprimerci, di raccontare e sapersi raccontare. Le vacanze sono il tempo di ritornare alle relazioni logore e faticose, sia con sé stessi, con gli altri che con Dio. Dio ci invita ad entrare nel suo riposo.
Riposo per riflettere vuol dire riappropriarsi di quello che ci sfugge dalle mani - le relazioni umane - mettendo le cose al loro giusto posto, rifiutando la confusione nella quale siamo precipitati.
Riposo per meditare vuol dire riappropriarsi di se stessi, dell’autenticità, per riprendere il cammino controcorrente. Il riposo è il momento di interiorizzare e rielaborare ciò che non abbiamo veramente vissuto. È l’occasione (ma non l’unica) di essere incontrati dal Signore e accettare che uno solo è l’Onnipotente: Dio.

citazione da La Circolare della Chiesa Evangelica Valdese di Brescia, luglio-agosto 2008.
CHIESA EVANGELICA VALDESE di BRESCIA
Via dei Mille, 4 - BRESCIA

Il pastore Jonathan Terino a Piedicavallo




Dialogo Interreligioso secondo un teologo cattolico romano


Brunetto Salvarani, Vocabolario minimo del dialogo interreligioso
Per un’educazione all’incontro tra le fedi,
seconda edizione aggiornata e aumentata, (collana «Oggi e domani» serie II), EDB – Edizioni Dehoniane Bologna, 2008, pp. 120.


dalla quarta di copertina:

BRUNETTO SALVARANI
Da tempo si occupa di dialogo ecumenico e interreligioso,
avendo fondato nel 1985 la rivista di studi ebraico-cristiani Qol. Fa parte del consiglio direttivo dell’Associazione italiana degli «Amici di Nevé Shalom-Waahat as-Salaam», è direttore della rivista CEM Mondialità e docente presso la Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna.


L’obiettivo di queste pagine è di tracciare le basi e i presupposti di un incontro serio fra donne e uomini di fede cristiana con donne e uomini di fede «altra», sulla linea della rivelazione biblica, della storia delle Chiese cristiane (pur se in maniera frammentaria) e dei documenti del magistero (in particolare postconciliare). Nella consapevolezza che tale incontro è ormai nelle cose, e dunque indilazionabile e ineludibile; ma rappresenta anche, se vissuto appieno e non puramente subìto, un’ìnsospettabile fonte di arricchimento reciproco: una «benedizione», per dirla con una categoria biblica.
Dopo aver delineato alcuni elementi dello scenario ecclesiale sul fronte ecumenico (capitolo 1°), il volume presenta un «alfabeto del dialogo» articolato in sette principi (capitolo 2°) e conclude con tre notazioni sul presente nel nostro paese che si va scoprendo multireligioso (capitolo 3°). Il tutto in funzione di un’auspicabile «pedagogia del dialogo».

lunedì 21 luglio 2008

Polo Oncologico di Zenica in Bosnia Erzegovina



Veduta di Zenica

La storia del Polo Oncologico di Zenica parte da lontano. Il legame tra Piemonte e Bosnia si è infatti intessuto e consolidato nel corso degli anni, arricchendosi nel tempo di una preziosa conoscenza reciproca e di molti traguardi raggiunti.
Già nel 1997 era stato stipulato un Protocollo di Cooperazione e Partenariato tra la Regione Piemonte e il Cantone di Zenica-Doboj, rivolto al sostegno di riabilitazione del sistema socio economico del Cantone, come atto conseguente alle iniziative umanitarie e di assistenza post bellica.
Successivamente, nel dicembre 2003, la Regione Piemonte ed il Ministero degli Affari Esteri hanno sottoscritto un accordo attraverso il quale sono state finanziate iniziative di cooperazione internazionale nei Paesi dei Balcani.
Per sviluppare un’azione di cooperazione e collaborazione in Bosnia-Erzegovina, nello specifico Cantone di Zenica-Doboj, che consentisse la realizzazione di progetti di sviluppo socio-sanitario ed economico, il 12 dicembre 2004 è stato siglato un ulteriore Protocollo di Intesa che prevedeva, nel campo della sanità, l’attivazione di un Programma di Screening per i tumori del collo dell’utero e l’istituzione di un Polo Oncologico, funzionalmente collegato alla Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta.
Operativamente, nel settore dell’oncologia, tutto ebbe inizio nel 2002, quando si diede vita al progetto Breza Vedra (Breza Serena), di screening per il tumore del collo dell’utero nella piccola città di Breza, che, gradualmente, si è poi esteso alle 12 municipalità del cantone di Zenica-Doboj.

Team di operatori presso Uffici "Antenna Regione Piemonte"

Traendo spunto e impulso da questa felice esperienza di prevenzione dei tumori femminili, si è voluto garantire la possibilità di cura dei tumori rilevati. Nasce così il progetto di attivazione del nuovo Polo della Rete Oncologica Piemonte Valle d'Aosta presso l'Ospedale Cantonale di Zenica.
Tale progetto è stato reso possibile anche grazie al significativo contributo della compagnia di San Paolo, che ha finanziato la parte dei lavori di ristrutturazione, e della fondazione CRT, che a sua volta ha finanziato l'attività di formazione degli operatori bosniaci. La Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta, partner tecnico e scientifico dell’iniziativa, ha contribuito anche economicamente garantendo la copertura dei viaggi e dei soggiorni a Zenica dei propri operatori, nell’ambito del programma formativo.
Sono trascorsi circa tre anni di intenso lavoro comune, fatto di incontri, progettazione, verifiche, formazione, tutoraggio. Risultato: il 15 maggio di quest'anno l'Ospedale cantonale di Zenica è stato finalmente in grado di ospitare un servizio di Oncologia, primo e unico di tutto il Cantone, provvisto di posti letto di ricovero ordinario e di day hospital e di spazi dedicati all'attività ambulatoriale.

L'Ospedale di Zenica

Il personale medico e infermieristico, che durante l'ultimo triennio ha compiuto l'iter formativo sia presso l'Azienda Sanitaria Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, sia presso la Scuola di specializzazione in Oncologia di Belgrado, è pronto. Tuttavia, l'attivazione ex novo di un servizio di diagnosi e cura comporta la necessità di supportare gli operatori locali, almeno nel periodo iniziale.
L' attivazione del Polo di Zenica, ha coinvolto tutti i Poli della Rete che garantiscono la presenza di alcuni operatori, durante la fase di monitoraggio/tutoraggio presso l'Ospedale di Zenica. Infatti un medico ed un infermiere, a turni di un paio di settimane, stanno affiancando il personale in loco. Tutto ciò dimostra la grande disponibilità e l'interesse di tutta la Rete, a partecipare al progetto della propria estensione oltre i confini, in uno dei Paesi più critici dei Balcani, la Bosnia appunto.
Il lavoro di questi anni, fatto di progettazioni, relazioni, viaggi e incontri con gli amministratori, i medici e gli infermieri bosniaci, ha creato, nel gruppo di operatori, un legame più intenso della “normale” collaborazione professionale che ha permesso di superare le difficoltà e di trovare un nuovo significato e qualche obiettivo in più nel lavoro di rete.

Lavori in corso

Particolare del nuovo reparto di oncologia

L’impegno e la collaborazione reciproca ha permesso di vedere, attraverso una differente prospettiva, la realtà di vita e di lavoro di un posto meno fortunato, con poche risorse ma con molta volontà e molto coraggio nella realizzazione di nuovi servizi per le persone malate.
Anche la Chiesa Valdese contribuisce alla realizzazione di questo ambizioso progetto, attraverso la partecipazione all’attività di tutoraggio a Zenica svolta dal Primario del Oncologia dell’Ospedale Valdese di Torino, Gianni Fornari e del Primario di Oncologia dell’Ospedale Molinette, Libero Ciuffreda, membro della Chiesa Valdese di Chivasso e responsabile scientifico del progetto di istituzione del Polo Oncologico di Zenica-Doboj in Bosnia-Erzegovina.

MUSICA, FILMATI, LIBRI

Estratto dal comunicato della CLAUDIANA editrice,
www.claudiana.it

«Una Torre di libri» - ultimo appuntamento

Si chiude il 25 luglio il Caffè letterario in Piazza del Municipio a Torre
Pellice

Chiude all'insegna della musica, dei filmati e dei libri la rassegna «Una
Torre di libri». Nella serata del 25 luglio, alle ore 21.00, Luciano Del
Sette presenterà i suoi Viaggi perduti. Suoni, immagini e parole. Sarà
accompagnato al pianoforte da Rocco De Rosa, musicista e compositore,
autore – tra l'altro – delle musiche del film Aprile di Nanni Moretti.

Ci sono luoghi del pianeta che un tempo, appena un attimo fa, si potevano
raggiungere e scoprire seguendo il proprio spirito di avventura. Questi
luoghi sono diventati viaggi perduti. A distruggere quei viaggi sono stati
le guerre, la fame, il nuovo colonialismo, gli odi razziali, il
terrorismo, il fanatismo, i disastri ecologici, l’imperialismo delle
multinazionali, il turismo insensibili alle culture e alle identità.
In meno di quarant’anni, e con un’incredibile accelerazione negli ultimi
venti, il pianeta si è rimpicciolito tra le macerie dell’Afghanistan il
sangue dell’Iraq, l’Africa a brandelli, l’Europa con gli incubi dell’ex
Jugoslavia.
Tredici di questi viaggi perduti, tredici esempi di una realtà purtroppo
assai più grande, vengono descritti da uno stuolo di artisti attraverso
parole, musica e immagini per ricordare, restituire alla memoria,
raccontare di un mondo dove le geografie anche umane somigliano sempre più
a variabili impazzite. E la speranza all’utopia.

A seguire, Andrea Satta e i Têtes des bois presenteranno Avanti pop – I
diari del camioncino, un libro e un DVD che presentano un viaggio nel
mondo del lavoro, dalle campagne alle fabbriche, ai call center, tra
memoria e presente
IL LIBRO: I diari del camioncino
La descrizione del viaggio in ordine cronologico, tappa per tappa, per
tutte le venti tappe che sono state effettuate. Una raccolta dei testi
originali, delle storie, dei documenti e delle vicende narrate in ogni
sito. Gli interventi scritti degli ospiti, i retroscena, le modalità di
realizzazione del progetto, la squadra, la band.
IL DVD: Avanti Pop
Un raro documento reso possibile grazie alle immagini spontaneamente
riprese e trovate da appassionati ricercatori, amici, semplici e qualche
volta anonimi spettatori nel corso di due anni di lavoro. Il viaggio del
camioncino ripercorso attraverso otto storie significative otto capitoli
che tagliano trasversalmente le tappe per affinità tematiche. I veri
testimoni delle storie, i luoghi, i contributi. Un’incredibile carrellata
di artisti di primo livello che hanno prestato le loro voci, i loro volti
e il loro cuore a questa vicenda.
È prevista la proiezione di spezzoni dei due filmati.

Prima delle presentazioni è prevista – come sempre – la cena preparata da
Gisella e Walter Eynard

Venerdì 25 luglio 2008
ore 21.00
Luciano Del Sette con Rocco De Rosa presenta I viaggi perduti. Suoni,
immagini e parole

ore 22.00
I Têtes des Bois presentano Avanti pop – I diari del camioncino

venerdì 18 luglio 2008

PIEDICAVALLO - CULTO DI DOMENICA 20 LUGLIO e Conferenza



DOMENICA 20 luglio 2008
- DECIMA DOPO PENTECOSTE

a Piedicavallo, nel tempio Valdese
alle ore 17
CULTO DI ADORAZIONE E LODE
presieduto da Ludovica Pepe Diaz

a seguire alle ore 18
conversazione con Jonathan Terino pastore valdese
nella Chiesa Evangelica Valdese di Brescia, - già pastore a Biella -
tema: Storia ed Attualità della Chiesa Evangelica Valdese

- Ingresso Libero -

Preghiera:

Signore, Dio nostro, noi siamo parte della tua creazione e viviamo ogni giorno grazie ai suoi generosi doni. Mantienila e proteggila contro tutto ciò che la minaccia. Aiuta tutti gli esseri umani a riconoscere che tu li hai chiamati a proteggere il tuo creato fino a quando verrai di nuovo.

dalla liturgia dei Fratelli Moravi

preghiera riportata dal lezionario
Un Giorno Una Parola 2008 Letture bibliche per il quotidiano,

Claudiana editrice,
Torino, 2007, p. 181.

TEOLOGIA CONTEMPORANEA


PETER EICHER (ed.)

I CONCETTI FONDAMENTALI
DELLA TEOLOGIA


VOLUME 2 E – L

(collana Biblioteca di Teologia Contemporanea 140),

titolo originale: Neues Handbuch Theologischer Grundbegriffe 1.2.3.4

traduzione dal tedesco
di
Andrea Aguti, Maria Cristina Bartolomei, Gianni Capra, Marco Di Serio, Gianni Francesconi, Enzo Gatti, Valentino Maraldi, Armido Rizzi

EDITRICE QUERINIANA,
Brescia, 2008, pp. 720;

dalla terza di copertina le voci presenti nel II volume:

Ebraismo/Giudaismo
Ecologia
Ecumenismo
Erotismo/Eros
Escatologia/Apocalisse
Esegesi/Scienza biblica
Esoterismo
Etica
Etica economica
Etica sessuale
Etica sociale
Eucaristia

Fede/Fiducia
Felicità
Film e religione
Filosofia
Finitudine/Trascendenza
Fondamentalismo

Gerarchia
Gesù Cristo/Cristologia
Giustificazione
Giustizia
Grazia

Identità
Incarnazione/Farsi uomo
Inculturazione
Induismo
Inferno
Islam

Laico/Clero
Lavoro
Letteratura e teologia
Libertà
Liturgia
Lutto/Accompagnamento del morente


internet: www.queriniana.it
e-mail: direzione@queriniana.it

giovedì 17 luglio 2008

CULTURA A TORRE PELLICE

Estratto dal comunicato della Claudiana editrice:


«Una Torre di libri» - quarto appuntamento
Giornata «Edmondo De Amicis»

continua il 18 luglio il Caffè letterario in Piazza del Municipio a Torre Pellice

Dopo il grande successo dei primi tre appuntamenti, «Una Torre di libri» propone, venerdì 18 luglio una serata dedicata al centenario della morte di Edmondo De Amicis. Alle ore 17.00 Lorenzo Tibaldo intervisterà Marino Boaglio dell'Università di Torino, e Walter Cesana dell'Università di Genova, che cercheranno di delineare l'intreccio tra la vita privata del grande scrittore, le sue opere e il suo pensiero. L'appuntamento assume un significato particolare, in quanto De Amicis ha dedicato nel suo libro Alle porte d'Italia pagine memorabili alle Valli valdesi e a Torre Pellice in particolare:

Noi stiamo per entrare, siamo già entrati anzi, in una regione famosa e gloriosa, in una piccola Svizzera italiana, che ha là vicino, in Torre Pellice, la sua Ginevra. […] Questo popolo ha una storia propria, la cui origine si perde nell'oscurità del medio evo, una fede sua, una letteratura sua, un suo dialetto, un particolare organamento religioso democratico, che appartiene a lui solo, un'assemblea libera che tratta e decide dei suoi interessi più delicati […]; e vanta amicizie di popoli e principi, ospita visitatori riverenti e devoti di tutti i paesi, manda soldati e divulgatori della sua fede in tutti i continenti.
Edmondo De Amicis, Alle porte d'Italia

Dopo la cena – preparata come sempre da Gisella e Walter Eynard – la mezzosoprano Rosy Zavaglia e il tenore Simone Maresca, accompagnati al pianoforte da Leonardo Nicassio, presenteranno una selezione di arie risorgimentali.

Venerdì 18 luglio 2008
ore 17.00
Edmondo De Amicis a cent'anni dalla morte
Lorenzo Tibaldo intervista Marino Boaglio e Walter Cesana. Letture di Carlo Arnoulet

Ore 16.00-22.00
Annullo filatelico per il Centenario della morte di Edmondo De Amicis

ore 21.00
Concerto di musica classica
Mezzosoprano: Rosy Zavaglia
Tenore: Simone Maresca
Pianoforte: Leonardo Nicassio

Programma
I parte
Gioachino Rossini Una voce poco fa da Il Barbiere di Siviglia
Giuseppe Verdi La mia letizia infondere da I lombardi alla prima crociata
Camille Saint-Saëns Amour, viens aider… da Samson et Dalila
Gaetano Donizetti Una furtiva lagrima da L’elisir d’amore
Giuseppe Verdi Ai nostri monti da Trovatore

II parte
Jules Massenet Pourquoi me réveiller da Werther
Georges Bizet Seguedilla da Carmen
Gaetano Donizetti Me voglio fa’ ‘na casa
Giuseppe Verdi La donna è mobile da Rigoletto
Stanislas Gastaldon Musica proibita
Ruggero Leoncavallo Mattinata
Guido Maria Ferilli Antonella Maggio Un amore così grande


Prosegue, inoltre, nell'atrio del Comune di Torre Pellice, l'esposizione di acquerelli “Per occhi di bambino. La Bibbia attraverso le immagini di Silvia Gastaldi. Venerdì 18 luglio alle ore 17, in occasione della mostra vengono proposti dei laboratori gratuiti per bambini dai 4 ai 12 anni, con ritrovo nell’atrio del Palazzo Comunale di Torre Pellice. Si consiglia di prenotare chiamando la Biblioteca comunale C. Levi 0121932530.
La mostra di Silvia Gastaldi è visitabile tutti i giorni dalle 9 alle 18, fino al 25 luglio.

La manifestazione è realizzata con il contributo della Regione Piemonte, in collaborazione con: Provincia di Torino, Centro culturale valdese, Radio Beckwith Evangelica, Civica biblioteca di Torre Pellice «Carlo Levi», Sistema bibliotecario pinerolese e Pro Loco di Torre Pellice.
In caso di maltempo gli incontri si svolgeranno presso la Civica Galleria d’Arte «Filippo Scroppo», via R. D’Azeglio 10, e le cene sotto i portici del Municipio.

Claudiana editrice
Manuel Kromer

internet: www.claudiana.it
e-mail: info@claudiana.it

DIRITTI: PER UNA VITA DIRITTA A PARTIRE DALL'INFANZIA

I DIRITTI NATURALI
DI BIMBI E BIMBE


IL DIRITTO ALL’OZIO
a vivere momenti di tempo non programmato dagli adulti

IL DIRITTO A SPORCARSI
a giocare con la sabbia, la terra, l’erba,
le foglie, l’acqua, i sassi, i rametti

IL DIRITTO AGLI ODORI
a percepire il gusto degli odori,
a riconoscere i profumi offerti dalla natura

IL DIRITTO AL DIALOGO
ad ascoltare e poter prendere la parola
ad interloquire e dialogare

IL DIRITTO ALL’USO DELLE MANI
a piantare chiodi, segare e raspare legni, scartavetrare, incollare,
plasmare la creta, legare le corde, accendere un fuoco

IL DIRITTO AD UN BUON INIZIO
a mangiare cibi sani fin dalla nascita,
a bere acqua pulita e respirare aria pura

IL DIRITTO ALLA STRADA
a giocare in piazza liberamente,
a camminare per le strade

IL DIRITTO AL SELVAGGIO
a costruire un rifugio-gioco nei boschetti,
ad avere canneti in cui nascondersi,
alberi su cui arrampicarsi

IL DIRITTO AL SILENZIO
ad ascoltare il soffio del vento,
il canto degli uccelli,
il gorgogliare dell’acqua

IL DIRITTO ALLE SFUMATURE
a vedere il sorgere del sole e il suo tramonto,
ad ammirare, nella notte, la luna e le stelle




Gianfranco Zavalloni


ECOISTITUTO DI CESENA (FC)
(http://www.tecnologieappropriate.it)

La versione definitiva si trova in www.scuolacreativa.it
e nel sito della Regione dove Gianfranco Zavalloni cura una rubrica proprio su questi
DIRITTI NATURALI e sta cercando di tradurli in 100 lingue 
http://www.scuolaer.it/page.asp?IDCategoria=133&IDSezione=402&ID=182189.