sabato 31 gennaio 2009

Culto a BIELLA - Domenica 1 febbraio 2009

CHIESA EVANGELICA VALDESE di BIELLA
Via Fecia 9/c - BIELLA
DOMENICA 1 FEBBRAIO 2009
4a DOPO L'EPIFANIA
Culto di Adorazione e Lode 
ore 10,00


Testo della Predicazione: 
Evangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 17,1-9
(passi paralleli: Marco 9,1-10; Luca 9,28-36)

1 Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li condusse sopra un alto monte, in disparte. 
2 E fu trasfigurato davanti a loro; la sua faccia risplendette come il sole e i suoi vestiti divennero candidi come la luce.
3 E apparvero loro Mosè ed Elia che stavano conversando con lui.
4 E Pietro prese a dire a Gesù: «Signore, è bene che stiamo qui; se vuoi, farò qui tre tende; una per te, una per Mosè e una per Elia».
5 Mentre egli parlava ancora, una nuvola luminosa li coprì con la sua ombra, ed ecco una voce dalla nuvola che diceva: «Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto; ascoltatelo». 
6 I discepoli, udito ciò, caddero con la faccia a terra e furono presi da gran timore.
7 Ma Gesù, avvicinatosi, li toccò e disse: «Alzatevi, non temete».
8 Ed essi, alzati gli occhi, non videro nessuno, se non Gesù tutto solo.
9 Poi, mentre scendevano dal monte, Gesù diede loro quest’ordine: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo sia risuscitato dai morti».


Predicazione di: Arcangelo Giuseppe Caccamo

Culto a CHIVASSO - Domenica 1 febbraio 2009

CHIESA EVANGELICA VALDESE di CHIVASSO
Via Ivrea, 3 - CHIVASSO
DOMENICA 1 FEBBRAIO 2009
4a DOPO L'EPIFANIA
Culto di Adorazione e Lode
ore 10,30


Testo della Predicazione: 
Evangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 17,1-9

predicazione di: Maurizio Abbà

venerdì 30 gennaio 2009

Una Poesia di Ludovica Pepe Diaz

AL MATRIMONIO

Ancor se silenzioso
nell'abbraccio tremante
svelasti l'emozione.
Il tuo esser vicino
in un giorno radioso
senza trite parole...
Ci dicesti soltanto:
ricordatela sempre
nella notte più buia
questa gioia di oggi,
che non muoia
in tramonti di noia.
Ti ascoltammo
e nei giorni più bui
è tornato il ricordo
del tuo abbraccio tremante:
così con nuovo ardore
riprendemmo la via.


                   Ludovica Pepe Diaz

giovedì 29 gennaio 2009

Napoléon Peyrat, pastore e storico - di Tavo Burat

Il 20 gennaio 1809 ai Bords-sur-Arize (Ariège) nasceva Napoléon Peyrat, figlio di un contrabbandiere pirenaico che non ebbe molto tempo di occuparsi di lui. Ebbe un’infanzia non comune: orfano di madre, fu allevato dal nonno, burbero e rigoroso patriarca protestante, e dagli zii, reduci dalle campagne napoleoniche: gli insegnarono a montare a cavallo, a leggere e a scrivere, un po’ di latino, molta botanica e soprattutto impregnarono la sua anima dell’epopea della Grande Armata. Studiò teologia alla facoltà di Montauban, e dopo una residenza di due anni a Châtillon-sur-Loire dal pastore Rossellotti per imparare il greco e l’inglese, «sale a Parigi» dopo la rivoluzione del luglio 1830, dove si fa notare tra i poeti romantici per il lirismo aquitano della sua poesia e per la sua lunga capigliatura «merovingia»


Peyrat conosce Lamennais, Michelet, Guizot, Sainte-Beuve e Béranger. Poi, nel 1834, a 38 anni, è consacrato e designato dal Concistoro al servizio, come pastore protestante, della parte settentrionale del dipartimento Seine-et-Oise. Si tratta di una parrocchia di 15 leghe d’estensione, da Rueil a Vernon. Ha la fortuna di inaugurare il primo tempio di Saint-Germain-en-Laye, nel 1882, e di fondarvi una scuola protestante femminile, in rue de l’Aigle d’or, attiva sino al 1913. Aiutato nelle sue funzioni dalla moglie Eugenia, dalla quale avrà quattro figli, Peyrat dà prova di tutta la sua generosità e della sua sensibilità negli atti pastorali che narrano la storia di una nascente povera parrocchia.

Ma Napoléon Peyrat occupa una significativa quanto misconosciuta posizione nella storiografia del Catarismo e della Riforma. La sua prima opera storica, Les pasteurs du désert (1847), scritta su esortazione di Béranger, riabilita i Camisards delle Cevenne. Fondamentale è la sua Histoire des Albigeois, in cui vibra la fierezza di essere originario di una regione catara e di discendere da una famiglia di origine albigese il cui nome si trova negli elenchi dei condannati per eresia dal 1237 al 1329; della sua stessa famiglia era il capitano ugonotto Pèyre Peyrat, caduto nel 1625 alla difesa del Mas-d’Azil (sempre nell’Ariège...); egli non manca di sottolineare infatti che, quando la Riforma del XVI secolo esplose, le «antiche stirpi albigesi, per metà divorate dall’Inquisizione, l’acclamarono con entusiasmo»1.

Impegnatissimo a svolgere il servizio pastorale, non aveva molto tempo da dedicare alla redazione della sua storia degli Albigesi, i cui due primi volumi uscirono solo nel 1870, editi da A. Lacroix, Verboeckhoven & C. ie. Nel suo lavoro manifesta una non comune inclinazione all’enfasi e agli eccessi narrativi. Trascura i suggerimenti di Béranger, che lo ammoniva di «diffidare della passione protestante che lo anima», da cui trapela talvolta un veemente antipapismo. Purtroppo la sua opera perde il valore allorché egli trasforma leggende poco credibili in fatti storici, interpreta a suo modo un avvenimento. situa e descrive luoghi inesistenti, suppone più di quanto poi riesca a provare. Egli è l’artefice della popolarità di Montségur...

Tuttavia, malgrado queste spiacevoli libertà ch’egli si prende con la storia, ha comunque il grande merito di essere stato il primo a rappresentare la tragedia albigese, allorché, prima di lui, per conoscerne alcune briciole occorreva riportarsi esclusivamente alle indiscrezioni dei boia, alle confessioni ottenute con la tortura e con il supplizio. Quando il suo lavoro apparve, i francesi ch’egli sperava di commuovere raccontando l’agonia della sua patria occitana, erano troppo preoccupati della guerra con la Prussia per concedere interesse a lontani avvenimenti medioevali. E dopo la sconfitta pochi erano disponibili, a eccezione di qualche studioso e appassionato di regionalismo, a conoscere sugli Albigesi qualcosa di più di quanto insegnato dai Fratelli delle Scuole cristiane o dalle suore. Lo stesso Frédéric Mistral per non offendere le opinioni clericali e reazionarie di molti lettori dell’Ardmana prouvençau ignorò il lavoro di Peyrat.

Nel 1873 esce il terzo volume dal medesimo editore. Del resto Peyrat, pur condividendo gli scopi del Félibrige mistraliano2, ne critica severamente l’azione ispirata purtroppo «ai vecchi amici clericali e capetingi» e troppo limitata a banchetti, discorsi e al folklore. Tuttavia, fu uno dei primi ad aderire a «La Cigale», fondata nel 1876, sollecitato da un giovane parigino di 33 anni, Louis-Xavier de Ricard (1843-1911), poeta delicato, brillante giornalista, occitanista, democratico e repubblicano, condannato per aver partecipato nel 1871 alla Comune, il quale, all’inizio del 1876 espose all’amico poeta linguadociano Auguste Fourès (1848-1891) la necessità di far fronte, nel Félibrige, alla corrente cattolica reazionaria degli avignonesi, guidati da Jousé Roumanille. L’ispiratore dei due Félibri laici e progressisti era appunto Napoléon Peyrat.

Sorse così quello che fu chiamato il Félibrige rouge, accanto all’Ardmana di Avignone. I «rossi» pubblicarono La lauseta (l’allodola). Mistral faceva del suo meglio per tenere uniti i «linguadociani» rossi e gli avignonesi bianchi, barcamenandosi tra le due correnti. Il rischio della rottura originava nel settembre precedente, dai «giochi floreali» che si tennero a Forcalquier, in occasione della dedica della cappella a Notre Dame de Provence, con la solenne processione e presenza di vescovi e prelati vari, quando si cantò per la prima volta l’inno Prouvençau e Catouli di Malachite Frizet (1850-1909), tuttora eseguito al termine delle messe in provenzale. Quell’esternazione cattolica contrastava con lo spirito degli Statuti del Félibrige, approvati proprio nel 1876, nei quali si affermava che nelle riunioni «erano vietate le discussioni politiche e religiose».

Nel novembre 1877 Peyrat pubblica una raccolta di sue poesie, Les Pyrénées, nella cui prefazione attacca ferocemente il Félibrige affermando che il rinascimento della poesia provenzale non fu più provenzale che limosino, alverniate o guascone; fu «romano» (cioè occitano). La Provenza, malgrado le sue incontestabili glorie, non giustifica la pretesa preminenza ambiziosa; nessun grande trovatore, né Figueras, né Cardinal, né Tudella, era provenzale; a eccezione di Avignone e delle Alpi, nella Provenza non vi furono né trovatori, né cavalieri, né grandi momenti di resistenza. Ramon Béranger, il suo conte, abbandonò la causa comune per allearsi alla Francia. I Félibri cantano i nemici che misero a ferro e fuoco l’Aquitania, il re René, un pagliaccio; la regina Giovanna, una messalina sanguinaria; i papi di Avignone, saccheggiatori e carnefici del Mezzogiorno... non ricordano Bonifacio di Castellane, che pagò con la testa la difesa delle libertà di Marsiglia contro Carlo d’Angiò (1157). René e Giovanna, i papi d’Avignone, ecco il loro ideale, l’età dell’oro dei Provenzali. Ma per il resto del Mezzogiorno fu l’età del ferro e del fuoco.

Malgrado questa opposizione radicale, i rossi, laici e repubblicani, rimasero nel Félibrige di Mistral: Peyrat risulta nel 1877 iscritto alla Maintenance di Linguadoca; tra i majorau (gli esponenti eletti a vita alla dirigenza del Félibrige, come gli accademici), troviamo Fourès eletto nel 1881; de Ricard, nel 1888. A ciascun majorau è attribuita una «cicala d’oro» che, dopo la morte, è trasmessa al successore: Fourès sarà «cigalo della libertà», e de Ricard «cigalo de Cleira». Nei Félibrige di oggi troviamo protestanti (come il riformato poeta René Jouveau, capoulié, cioè presidente, dal 1971 al 1982) e progressisti (come Pau Pons, capoulié dal 1989 al 1992). Peyrat comunque continuerà a spronare i suoi discepoli a cantare nella lingua degli avi la storia del loro paese; della Linguadoca saccheggiata, sei secoli prima, dalla crociata contro gli Albigesi.

Tra le sue altre opere storiche, sono da ricordare Le colloque de Poissy e Le journal de guerre scritto negli anni 1870-71. Dopo 34 anni di servizio nella parrocchia di St. -Germain-en-Laye, Peyrat muore in seguito a una pleurite il 4 aprile 1881. «Heureux le serviteur que le maître trouvera veillant», si legge sulla sua tomba nel vecchio cimitero di St. -Germain-en-Laye.

(un ringraziamento particolare a M. me Arlette Millard per le notizie biografiche e per la foto inviateci)

1. Sulla relazione storica tra Catarismo e Riforma, cfr. M. Jas, Braises cathares. Filiation sécrète à l’heure de la Réforme, Loubatières éditeur, Portet-sur-Garonne, 1992.

2. Il Félibrige è un’associazione letteraria fondata il 21 maggio 1854 da Mistral e da altri sei poeti provenzali al fine di prendere le difese delle culture regionali tradizionali e della lingua occitana.



mercoledì 28 gennaio 2009

Nuovo numero della circolare CSD

Potete scaricare la circolare cliccando qui

lunedì 26 gennaio 2009

Calendario Culti a Biella

Calendario Culti a Chivasso

Alla ricerca dell'amore

RIEMPILO DI AMORE

Sempre, quando c’è un vuoto nella tua vita,
riempilo di amore.
Adolescente, giovane, vecchio,
sempre, quando c’è un vuoto nella tua vita,
riempilo di amore.

Non pensare: ne soffrirò;
non pensare: mi sbaglierò;
vai spontaneamente, allegramente,
alla ricerca dell’amore.
Ama, come puoi,
ama tutto quello che puoi,
ama sempre.

Non preoccuparti dello scopo del tuo amore;
contiene in se stesso il suo scopo.
Non giudicarlo incompleto,
perché non troverai risposta alla tenerezza;
l’amore porta nel dono di sé, la sua pienezza.

Sempre, quando c’è un vuoto nella tua vita,
riempilo di amore.

                                          Amado Nervo


tratto da: raccolta di testi di fede,
In Attesa del Mattino,
Comitato Italiano per la CEVAA, 
Torre Pellice, 1991, stampato ma non pubblicato, p. 97.


domenica 25 gennaio 2009

Teologia della Liberazione dalla Lebbra

Vogliamo cancellare la lebbra dal mondo
Giornata mondiale della lotta contro la lebbra

L'ultima domenica di gennaio è la giornata dedicata alla Missione evangelica contro la lebbra (Mecll) e le collette delle chiese valdesi e metodiste sono destinate a questa importante espressione di solidarietà con il prossimo.
La "Giornata mondiale della lotta contro la lebbra" fu istituita nel 1953 grazie a Raoul Follereau: è una giornata di preghiera e di riflessione spirituale sul tema della malattia e della guarigione ed anche un invito a sostenere questa opera.
Ancora 25 anni fa si calcolavano circa 20 milioni d’ammalati di lebbra nel mondo; oggi le cose sono migliorate. Infatti, dal 1985 è stata introdotta una nuova cura: la polichemioterapia. Dopo la somministrazione della prima dose, gli ammalati non sono più infetti e possono essere guariti entro pochi mesi, per cui il loro numero è diminuito vertiginosamente. Essi sono ormai ospedalizzati solo per interventi chirurgici e solo nei casi gravi come, a esempio, in presenza di ulcere perforanti. Il personale sanitario ha perciò più tempo libero per andare alla ricerca dei nuovi casi di lebbra e convincere coloro che ne sono affetti che la lebbra non è una punizione degli dèi ma una malattia che si può curare; anzi, se presa all’inizio, non lascia alcun segno.

La missione medica svolta, come recita il suo Statuto, "opera nel nome del Signore Gesù Cristo" e quindi si accompagna all’annunzio dell’Evangelo. Essa prosegue anche dopo la guarigione in quanto l’ammalato ha bisogno d’assistenza per essere reinserito nella famiglia e nella società: a tal fine, operano gli assistenti sociali attraverso la creazione di luoghi assistiti e di centri di riabilitazione, offrendo, così, varie opportunità lavorative.
Il lavoro svolto non parte più, come una volta, dall’alto verso il basso ma è un lavoro "orizzontale" in quanto, oggi, i rappresentanti degli ammalati partecipano a pieno titolo alle assemblee internazionali, dove esprimono i loro bisogni, danno consigli e suggerimenti e vengono ascoltati. Coloro che lavorano nella missione sono fratelli (e sorelle) che aiutano altri fratelli, insegnando loro il modo per aiutarsi, a loro volta, vicendevolmente. Perciò, in vari centri della Missione, sorgono scuole di formazione per il personale medico o altre specializzazioni.

Il programma della missione per il 2008 prevede: di raddoppiare il contatto globale. Di ridurre l’esclusione sociale degli ammalati di lebbra, che rappresenta l’esperienza giornaliera più triste per questi sofferenti. Di ridurre le invalidità provocate dalla lebbra e aiutare coloro che ne sono colpiti. Di rafforzare i loro valori e la loro vita cristiana. Di restare in prima linea nella lotta contro la lebbra, ma soprattutto pregare e lasciarsi guidare sempre dallo Spirito del Signore verso un servizio amorevole.

La missione italiana invia annualmente alla sede centrale i doni raccolti. Un sentito grazie ai moltissimi donatori e alle tante comunità che hanno sostenuto questo lavoro. Si ricorda che la Missione può ricevere offerte, lasciti e donazioni. Le offerte alla Mecll possono essere inviate: tramite banca (Intesa San Paolo, IBAN IOT 55 B030 6930 6000000000959; BIC: BCITITTMM) oppure tramite conto corrente postale (ccp n. 12278057; C.c.p. IT 39 P 07601 1440 0000 12278057; BIC: BPPIITRRXXX.



Tratto dal settimanale: Riforma
e riportato anche dal sito: www.chiesavaldese.org

sabato 24 gennaio 2009

Culto a BIELLA - Domenica 25 gennaio 2009


CHIESA EVANGELICA VALDESE 
di
BIELLA
Via Fecia 9/c
Domenica 25 gennaio 2009
3a DOPO L'EPIFANIA
Culto di Adorazione e Lode
ore 10,00

Testo biblico della predicazione:
Evangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 2,1-11.

Primo miracolo a Cana

1 Tre giorni dopo, ci fu una festa nuziale in Cana di Galilea, e c'era la madre di Gesù. 
2 E Gesù pure fu invitato con i suoi discepoli alle nozze.
3 Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino».
4 Gesù le disse: «Che c'è fra me e te, o donna? L'ora mia non è ancora venuta».
5 Sua madre disse ai servitori: «Fate tutto quel che vi dirà».
6 C'erano là sei recipienti di pietra, del tipo adoperato per la purificazione dei Giudei, i quali contenevano ciascuno due o tre misure. 
7 Gesù disse loro: «Riempite d'acqua i recipienti». Ed essi li riempirono fino all'orlo.
8 Poi disse loro: 
«Adesso attingete e portatene al maestro di tavola». 
Ed essi gliene portarono. 
9 Quando il maestro di tavola ebbe assaggiato l'acqua che era diventata vino (egli non ne conosceva la provenienza, ma la sapevano bene i servitori che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse: 
10 «Ognuno serve prima il vino buono; e quando si è bevuto abbondantemente, il meno buono; tu, invece, hai tenuto il vino buono fino ad ora».
11 Gesù fece questo primo dei suoi segni miracolosi in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui.



Predicazione a cura di: Maurizio Abbà

Culto a CHIVASSO - Domenica 25 gennaio 2009


Chiesa Evangelica Valdese di CHIVASSO
Via Ivrea, 3
Domenica 25 gennaio 2009
3a DOPO L'EPIFANIA
ore 10,30
Culto di Adorazione e Lode



Testo Biblico della Predicazione:
 Evangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 8,5-13

Guarigione del servo di un centurione

5 Quando Gesù fu entrato in Capernaum, un centurione venne da lui, pregandolo e dicendo: 
6 «Signore, il mio servo giace in casa paralitico e soffre moltissimo». 
7 Gesù gli disse: «Io verrò e lo guarirò». 
8 Ma il centurione rispose: «Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. 
9 Perché anche io sono uomo sottoposto ad altri e ho sotto di me dei soldati; 
e dico a uno: 
"Va'", ed egli va; e a un altro: "Vieni", ed egli viene; 
e al mio servo: "Fa' questo", ed egli lo fa». 
10 Gesù, udito questo, ne restò meravigliato, e disse a quelli che lo seguivano: «Io vi dico in verità che in nessuno, in Israele, ho trovato una fede così grande! 
11 E io vi dico che molti verranno da Oriente e da Occidente e si metteranno a tavola con Abraamo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, 
12 ma i figli del regno saranno gettati nelle tenebre di fuori. Là ci sarà pianto e stridor di denti». 
13 Gesù disse al centurione: «Va' e ti sia fatto come hai creduto». E il servitore fu guarito in quella stessa ora.


Predicazione di:
Sergio Turcich

venerdì 23 gennaio 2009

a Te che sei il Signore il cui nome è Pace


da Gino Dentico riceviamo e pubblichiamo:

Una preghiera ebraica 
per i bambini di Gaza
Di Bradley Burston, 
inviata da Rabbi Levi Weiman-Kelman 
di Kol Ha Neshama, Gerusalemme


Se c’è mai stato un tempo per pregare, questo è il tempo per pregare.
Se c’è mai stato un luogo abbandonato, allora Gaza è quel luogo.
Signore, che sei il creatore di tutti i bambini, ascolta in questi giorni maledetti la nostra preghiera. O Dio, che noi chiamiamo il Benedetto, volgiti verso di loro, verso i bambini di Gaza, affinché possano conoscere le tue benedizioni, la tua protezione, possano conoscere luce e calore dove ora c’è solo oscurità, fumo e un freddo che sferza la pelle.
Onnipotente che compi eventi straordinari, che noi chiamiamo miracoli, compi qualcosa di straordinario per i bambini di Gaza. Proteggili da noi e da loro stessi. Risparmiali. Guariscili. Fa’ che stiano al sicuro. Liberali dalla fame, dall’orrore, dalla violenza e dal dolore. Liberali da noi e da loro stessi.
Restituiscigli la loro infanzia rubata, la loro primogenitura che ha il sapore del paradiso.
Donaci di ricordare, o Signore, il bambino Ismaele che è il padre di tutti i bambini di Gaza. Donaci di ricordare come il bimbo Ismaele fosse senz’acqua e prossimo alla morte nel deserto di Beer-Sheba, privo ormai di ogni speranza, mentre sua madre non riusciva a sopportare di vederlo morire sotto i suoi stessi occhi.
Sii quel Signore, il Dio del nostro fratello Ismaele, che ne udì il grido e gli inviò il Suo angelo per consolare sua madre Agar.
Sii quel Signore che, in quel giorno, fu accanto ad Ismaele e continuò ad esserlo per tutti i giorni della sua vita. Sii quel Dio, il Misericordioso, che in quel giorno aprì gli occhi di Agar, che poté scorgere un pozzo d’acqua e dare da bere al piccolo Ismaele salvandogli la vita.
Allah, nome che noi pronunciamo Elhoim, Tu che doni la vita, Tu che conosci il valore e la fragilità di ogni vita umana, manda i tuoi angeli in soccorso di questi bambini. Proteggi i bambini di Gaza, luogo bellissimo e al tempo stesso dannato.
In questi giorni in cui l’inquietudine, la rabbia e il lutto della guerra si impadroniscono del nostro cuore per ricoprirlo di cicatrici, noi gridiamo a Te che sei il Signore il cui nome è Pace:
Benedici questi bambini e proteggili.
Volgiti verso di loro, o Signore. Mostra loro, come se fosse la prima volta, luce e benevolenza, sommergili con il tuo amore.
Ponili sotto il tuo sguardo, o Signore. Dona loro di vedere il tuo volto.
E, come se fosse per la prima volta, dona loro la pace.

giovedì 22 gennaio 2009

ELENCO COMMENTATO DEGLI SCRITTI DI CALVINO


Gli scritti di Calvino (1509-1564) 
STUDI di TEOLOGIA
Rivista teologica semestrale edita a cura dello
ISTITUTO DI FORMAZIONE EVANGELICA 
E DOCUMENTAZIONE 
 PADOVA

 Anno XXI/I         N° 41         I° Semestre 2009

Wulfert de Greef, Gli scritti di Calvino

dall'Introduzione di Leonardo De Chirico:

"Di Calvino si conosce in Italia poco più che il nome"; così scriveva Giovanni Papini nel 1912 all'indomani del IV centenario di Calvino, presentando una raccolta di scritti calviniani curata da Piero Jahier1. Dietro quella frase c'erano secoli di rimozione controriformistica e di nascondimento illuministico che hanno reso Calvino un (quasi) perfetto sconosciuto per la cultura italiana. Quest'anno si ripropone  un'altra ricorrenza per ovviare a questa lacuna storica. Questo V centenario è un'opportunità di fare i conti con questo grande teologo e pastore di levatura europea. Dopo secoli di colpevole ignoranza, ecco un'altra chance.
     "Di Calvino si conosce in Italia poco più che il nome", ma anche quel poco che si sa è grottescamente caricaturizzato. L'immagine del riformatore francese è ancora molto legata a stereotipi storiografici tanto negativi quanto infondati. Soprattutto, le sue opere sono poco conosciute e ancor meno lette. Anche molti evangelicali sono infarciti di tanti pregiudizi su Calvino quali la fredda aridità teologica, la spietata visione della salvezza, la cinica gestione del potere, ecc.
     Il costo complessivo della secolare negligenza è salato, salatissimo. Sul piano teologico, il pensiero di Calvino e la tradizione riformata classica hanno scarsamente fecondato la teologia protestante protestante italiana, esponendola a esiti razionalistici, sentimentalisti, neo-ortodossi e, ora, post-qualcosa. Sul piano culturale, la complessa tessitura dell'identità italiana è stata privata di un patrimonio ideale che ha invece dato slancio alla cultura di altre regioni europee. E si potrebbe andare avanti.
     La speranza è che il centenario contribuisca a rendere un po' meno vera la realistica constatazione di Papini del secolo scorso, aprendo così scenari che rendano l'Italia più europea e l'evangelismo italiano più protestante.

                                          Leonardo De Chirico 


1 La religione individuale, Lanciano, Carabba, 1912.






mercoledì 21 gennaio 2009

La RAI a PIEDICAVALLO




martedì 20 gennaio 2009 la Rai è stata in visita a Piedicavallo: 
per la trasmissione televisiva di RaiUno: Effetto Sabato,
per un servizio dedicato ad alcuni dei più significativi 
luoghi religiosi presenti nel territorio biellese.
Il servizio riguardante la visita al tempio Valdese di Piedicavallo
 andrà in onda nella trasmissione di Sabato 31 gennaio 2009.

Per questa gradita iniziativa ringraziamo:

- la Rai 
- BARBARA CANEPARO     - responsabile degli EcoMusei del biellese
- Prof. PIERGIORGIO ODIFREDDI 


Foto: Silvana Panza Abbà

martedì 20 gennaio 2009

a BIELLA conferenza di Domenico Calvelli

a BIELLA 
la Chiesa Evangelica Valdese invita
in: Via Fecia 9/c

Venerdì 23 gennaio 2009 
ore 18

alla conferenza di: 

DOMENICO CALVELLI

docente di Ebraismo e di Enologia
all’Università Popolare Biellese

tema:

Le tre grandi religioni monoteiste 
e l'alimentazione; il caso del vino


Ingresso Libero


Domenico Calvelli è autore del libro:
Vino e religioni.
Editore LINEADARIA.

lunedì 19 gennaio 2009

DOVE SI TROVA DIO?

RACCONTO INDIANO: DOVE È DIO?

Latchou era un uomo molto pio. Ogni giorno,
svegliandosi, faceva le abluzioni rituali e, subito dopo,
si recava al tempio con il paniere delle sue offerte
in mano, per assistere al culto mattutino.

Con fervore pregava: “Signore, vengo a renderti visita
a casa tua, senza mancare un solo giorno.
Mattina e sera ti porto le mie offerte:
non potresti venire una volta a casa mia?”

Attento a questa preghiera quotidiana,
Dio alla fine gli rispose: “Domani io verrò a trovarti”.
Quale la gioia per Latchou. Lava e rilava tutta la casa.
Fa disegnare davanti alla porta di casa con farina e pasta di riso degli ornamenti augurali.

All’alba, appende una ghirlanda di foglie
e fiori all’ingresso. Accende le lampade ad olio a varie luci sul banco che ogni casa indiana possiede.
Al centro di ogni disegno splende un bel fiore giallo.
Nella sala dei ricevimenti, vassoi di frutta,
di biscotti dolci e di fiori sono allineati in abbondanza.
Tutto è pronto per ricevere Dio.
Latchou, in piedi, è pronto ad accoglierlo.

L’ora del culto mattutino si avvicina.
Un ragazzino che passa da quelle parti vede, attraverso la finestra aperta, i vassoi dei biscotti. Si avvicina: “ Nonno, hai tanti biscotti lì dentro, non potresti darmene uno?”.

Latchou, furioso per l’audacia del ragazzino, replica:
“ Vuoi filartene, moccioso, come osi richiedermi ciò che è preparato per Dio?”.

Ed il ragazzino, spaventato, se ne fugge via.
La campana del tempio ha suonato;
il culto del mattino è finito. Latchou pensa:
“ Dio verrà dopo il culto di mezzogiorno.
Aspettiamolo…”. Stanco si siede sul banco.
Un mendicante arriva a chiedergli l’elemosina.
Latchou lo scaccia con rabbia. Poi lava con cura
il posto sporcato dai piedi del mendicante… E passa
anche mezzogiorno. Dio non viene all’appuntamento.
Viene la sera, Latchou, tutto triste,
aspetta sempre la visita promessa…
Un pellegrino si presenta all’ora del culto della sera.
“ Permettimi di riposarmi sul banco e di dormirvi sopra per questa notte “.
“ Mai al mondo! E’ il sedile riservato a Dio”.
La notte è calata… “ Dio non ha mantenuto la sua promessa!, pensa Latchou con delusione.
Il giorno dopo, ritornato al tempio per la preghiera
del mattino, il devoto rinnova la sua offerta
e scoppia in lacrime: “ Signore, non sei venuto da me come avevi promesso. Perché?”.
Una voce gli dice allora:
“ Sono venuto tre volte, ed ogni volta tu mi hai cacciato!”

                                 
                                            
                                                            Missione Popolare Evangelica


tratto da: 
Comitato Italiano per la CEVAA, 
Quando è giorno?, raccolta di testi di fede, 
traduzione di Renato Coïsson, 
Torre Pellice 1988, Trieste 1994, 
stampato ma non pubblicato, 
pp. 142-143.




domenica 18 gennaio 2009

SPERARE ANCORA

Intervista
Maselli: 
“Coltivare la speranza, 
  pregare ed operare per la pace, 
  costruire l'ecumenismo”

a cura di Paolo Naso

Roma (NEV), 14 gennaio 2009 - Il 2009 è iniziato in un clima di viva preoccupazione per la crisi economica che colpisce migliaia di famiglie anche in Italia e di vera e propria angoscia per le notizie che giungono da Israele e dalla Striscia di Gaza. In questo quadro i buoni propositi e le speranze per il nuovo anno possono apparire vani e retorici. Inizia così, da questa diffusa sensazione di pessimismo, la nostra intervista a Domenico Maselli, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).

E' vero. Il 2009 è iniziato in un clima cupo e ci pare che la notte non potrebbe essere più buia. Eppure proprio in queste circostanze ci sostiene la speranza della fede. Il profeta Isaia chiedeva: “sentinella, a che punto è la notte”? E noi, come cristiani ma anche come uomini e donne che vogliamo imparare a coltivare la speranza, sappiamo che l'alba non può essere lontana, e a quell'alba dobbiamo guardare con fiducia e impegno.

In questa notte buia si continua a sparare.
L'arma più potente dei cristiani è la preghiera e non vi è dubbio che oggi la preghiera è fondamentale per tanti nostri fratelli e sorelle – israeliani e palestinesi, ebrei, cristiani e musulmani - che rischiano la vita senza avere nessuna colpa se non quella di trovarsi sulla traiettoria di un missile o di una bomba. Ogni azione di guerra, anche se giustificata dagli errori altrui, è di per sé negativa, è solo morte, distruzioni, ferite, e allontana gli spiragli di pace che pur sembrano aprirsi qua e là. In questa prospettiva ci associamo al messaggio del segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese, il pastore Samuel Kobia, che chiede una tregua immediata. Ma al tempo stesso sappiamo che il nostro vero obiettivo non è la tregua ma la costruzione di una vera pace nel Medio Oriente.

Nella richiesta di una tregua in Medio Oriente le chiese sono unite. Su altri temi, invece, appaiono distanti e il movimento ecumenico oggi appare più debole. Tra pochi giorni, il 18 gennaio, si apre la consueta Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. Dal suo punto di vista qual è il clima nel quale verrà celebrata in Italia?
Andiamo verso la Settimana ecumenica in un clima che non è certo il più favorevole al dialogo. D'altra parte siamo convinti della necessità di continuare a sperare ed operare perché si facciano passi concreti nel dialogo ecumenico. Ho ritrovato recentemente il pensiero di un vescovo cattolico che mi ha profondamente colpito; egli dice che, anche se i vertici ecclesiastici creano difficoltà, il risultato più evidente è l'avvicinamento dei cristiani alla base delle rispettive comunità confessionali. Quando e fino a che l'ecumenismo si traduce in dialoghi e rapporti di vertice la grande massa dei credenti si sente estranea. Ma ora che ci siamo abituati al dialogo, è la base che chiede che si facciano passi concreti nel cammino dell'unità cristiana. E questa unità appare molto più necessaria all'inizio di quest'anno, segnato da una grave crisi economica che mette a repentaglio posti di lavoro anche nei paesi ricchi e quando sembra sempre più imminente una crisi ambientale dalle conseguenze ancora incerte. Insomma è necessario non solo che i cristiani di tutto il mondo preghino insieme, ma soprattutto che si mettano insieme per lottare contro la miseria, le disuguaglianze, le ingiustizie e anche per la difesa del nostro pianeta.

Tra i temi che nel 2009 maggiormente hanno impegnato la FCEI c'è stato quello della difesa della libertà religiosa. Con quali aspettative possiamo guardare al 2009?
E' un dato di fatto che nel nostro paese la libertà religiosa è ancora imperfetta, è una costruzione ancora largamente incompleta. Basti pensare alla vicenda delle Intese ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione già firmate da vari presidenti del Consiglio e non ancora presentate in Parlamento; per non citare la sconcertante vicenda della legge sulla libertà religiosa sostitutiva delle norme fasciste sui “culti ammessi”, che sembra destinata a non fare nessun passo avanti. 

Che cosa si può fare per smuovere queste acque un po' stagnanti?
Occorre farsi sentire, e la Federazione delle chiese evangeliche sta facendo di tutto per richiamare l'attenzione della classe politica e dell'opinione pubblica su questo tema. Quello della libertà religiosa non è il tema di una parte politica; è una questione fondamentale per una democrazia ed anche per la pace nel mondo. Mentre in tanti paesi la libertà religiosa viene negata o calpestata occorre dare un segnale forte di controtendenza, a dimostrazione che una moderna democrazia cresce e si consolida anche nel riconoscimento dei diritti delle sue sempre più numerose e consistenti comunità di fede.


Per informazioni:
Agenzia NEV - Notizie Evangeliche
Federazione delle chiese evangeliche in Italia
tel. 06/48.25.120
fax 06/48.28.728
e-mail: Agenzia Stampa NEV

sabato 17 gennaio 2009

Culto a Biella - Domenica 18 gennaio 2009

CHIESA EVANGELICA VALDESE 
di
BIELLA
Via Fecia 9/c
Domenica 18 gennaio 2009
2a DOPO L'EPIFANIA
Culto di Adorazione e Lode
ore 10,00
Ingresso Libero


Predicazione a cura di: 
Gustavo Buratti detto Tavo Burat 



Signore, risveglia i miei sentimenti, opera tu stesso nel mio cuore, fa' che apprenda i tuoi insegnamenti e venga da te consolato; chiamami al tuo servizio così che il suono della tua parola risuoni profondamente nel mio cuore.

                             Jonathan Krause


tratto da: Un Giorno Una Parola. Letture bibliche quotidiane per il  2009.
edizione italiana: Editrice Claudiana, Torino, 2008, p. 61.

Culto a Chivasso - Domenica 18 gennaio 2009

CHIESA EVANGELICA VALDESE 
di
 CHIVASSO
Via Ivrea, 3

Domenica 18 gennaio 2009
2a DOPO L'EPIFANIA 
ore 10,30 
Culto di Adorazione e Lode
  Scuola Domenicale 
Ingresso Libero

Testo biblico della predicazione: 
Evangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 2,1-11.

Primo miracolo a Cana

1 Tre giorni dopo, ci fu una festa nuziale in Cana di Galilea, e c'era la madre di Gesù. 
2 E Gesù pure fu invitato con i suoi discepoli alle nozze. 
3 Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». 
4 Gesù le disse: «Che c'è fra me e te, o donna? L'ora mia non è ancora venuta». 
5 Sua madre disse ai servitori: «Fate tutto quel che vi dirà». 
6 C'erano là sei recipienti di pietra, del tipo adoperato per la purificazione dei Giudei, i quali contenevano ciascuno due o tre misure. 
7 Gesù disse loro: «Riempite d'acqua i recipienti». Ed essi li riempirono fino all'orlo. 
8 Poi disse loro: «Adesso attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. 9 Quando il maestro di tavola ebbe assaggiato l'acqua che era diventata vino (egli non ne conosceva la provenienza, ma la sapevano bene i servitori che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse: 
10 «Ognuno serve prima il vino buono; e quando si è bevuto abbondantemente, il meno buono; tu, invece, hai tenuto il vino buono fino ad ora».
11 Gesù fece questo primo dei suoi segni miracolosi in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui.


Predicazione a cura di: Maurizio Abbà


Poesie di Italia Bronzini



Poesie & Pensieri

di 

Italia Bronzini

Gabriella Bretz, evangelica battista, 
della Chiesa Evangelica Valdese di Chivasso,
ha raccolto, in memoria, le poesie della sua cara mamma Italia Bronzini

Senza titolo

Il mio tempo non ha
il nome dei giorni, dei mesi, degli anni
il mio è il tempo dell'amore
e non conta le ore.


citazione da p. 36.



Senza titolo

Non posso dire se mi arrabbio
"Lei non sa chi sono io"
perché non son nessuno
abbozzo allor un bel sorriso
a chi mi offende
e ottengo un risultato
inaspettato.
Smonto la controparte che tosto si diparte
e dentro nel mio cuore
s'accende ancora un briciolo d'amore.

                                                                                  1974


citazione da p. 50.

venerdì 16 gennaio 2009

TUTTI I BAMBINI SONO UGUALI E HANNO GLI STESSI DIRITTI



L'infanzia sacrificata ad Haiti

Ad Haiti, da 180. 000 a 300. 000 bambini – le cifre variano a seconda delle fonti – lavorano come domestici. Circa l’8-10% degli haitiani minori di 18 anni sono in questa situazione che li priva dei loro diritti fondamentali.Questi bambini sono la categoria sociale più vulnerabile in un Paese in preda a una povertà estrema, a un forte degrado ambientale, a una corruzione endemica e a una instabilità politica cronica. Molti di loro sono nati in grandi famiglie povere in campagna e i loro genitori li mandano in famiglie affidatarie sperando che saranno ben nutriti e trattati bene. «Invece, essi passano le loro giornate a svolgere compiti domestici massacranti, vengono spesso picchiati quando il loro lavoro non soddisfa la famiglia affidataria», ha spiegato Wenes Jeanty, che dirige il Foyer Maurice Sixto, a una delegazione di «Lettere viventi» del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec).

Manuel Quintero*


Nella lingua creola di Haiti, li chiamano «restavek», dal francese «reste avec» (resta con), perché vivono in famiglie che non sono loro. Ma questi bambini sono lungi dal ricevere tutta l’attenzione di cui avrebbero bisogno: le loro famiglie affidatarie li trattano come schiavi.

Ad Haiti, da 180. 000 a 300. 000 bambini – le cifre variano a seconda delle fonti – lavorano come domestici. Circa l’8-10% degli haitiani minori di 18 anni sono in questa situazione che li priva dei loro diritti fondamentali.

Questi bambini sono la categoria sociale più vulnerabile in un Paese in preda a una povertà estrema, a un forte degrado ambientale, a una corruzione endemica e a una instabilità politica cronica. Molti di loro sono nati in grandi famiglie povere in campagna e i loro genitori li mandano in famiglie affidatarie sperando che saranno ben nutriti e trattati bene. «Invece, essi passano le loro giornate a svolgere compiti domestici massacranti, vengono spesso picchiati quando il loro lavoro non soddisfa la famiglia affidataria», ha spiegato Wenes Jeanty, che dirige il Foyer Maurice Sixto, a una delegazione di «Lettere viventi» del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec).

Le «Lettere viventi» sono piccole équipe ecumeniche internazionali che si recano in vari luoghi nel mondo dove dei cristiani si sforzano di sconfiggere la violenza. A fine novembre, una di quelle équipe – costituita da cristiani di Francia, Paesi Bassi, Libano, Canada e Cuba – si è recata nella capitale haitiana Port-au-Prince e in altre zone colpite dai recenti uragani.

La delegazione è stata ospite del Foyer Maurice Sixto per conoscere meglio la sorte di questi bambini che vivono da schiavi domestici e che sono vittime di una servitù profondamente radicata nella storia del Paese.

Molti «restavek» perdono il contatto con la loro famiglia biologica. Alcuni sono sballottati da una famiglia affidataria all’altra senza che nessuno chieda loro il loro parere e senza che i loro genitori ne vengano informati. I maltrattamenti fisici e psicologici sono frequenti, secondo Wenes Jeanty.

Il Foyer Maurice Sixto è stato fondato nel 1989 con l’aiuto di Terre des Hommes, un’organizzazione caritativa con sede in Svizzera. Il foyer prende il nome da Maurice Sixto (1919-1984), un famoso intellettuale haitiano che aveva denunciato gli abusi delle élite nazionali nei confronti dei lavoratori domestici minorenni.

«La nostra missione è di venire in aiuto ai bambini e ai giovani costretti a lasciare la propria famiglia biologica per essere inseriti in una famiglia affidataria. Quando finiscono di lavorare, vengono al Foyer per approfittare dell’istruzione, delle animazioni e delle possibilità di fare un po’ di artigianato», ha detto Wenes Jeanty.

«Tutti i bambini sono

uguali»

Situato a Carrefour, un quartiere povero e densamente popolato del sud di Port-au-Prince, il Foyer lavora con circa 300 bambini, essenzialmente ragazze. Esse vi ricevono un pasto caldo ogni giorno nonché un’assistenza medica e dentaria in una clinica molto vicina dove medici haitiani propongono i propri servizi gratuitamente.

Il Foyer Maurice Sixto lavora inoltre con le famiglie affidatarie, onde sensibilizzarle ai bisogni dei bambini servitori, e responsabilizzarle. «Diciamo loro che tutti i bambini sono uguali e che hanno gli stessi diritti», ha spiegato Wenes Jeanty.

Non esiste una soluzione già pronta a questa situazione complessa, in un Paese con forte crescita demografica, dove metà della popolazione vive sotto la soglia internazionale di povertà, fissata a 1 dollaro al giorno, e dove il 76% degli abitanti vivono con meno di due dollari al giorno.

«Purtroppo, questi bambini non possono essere liberati da questa servitù. Le risorse mancano per provvedere ai loro bisogni, non si possono rispedirli nelle loro famiglie biologiche e non si possono trovare famiglie più attente per accoglierli», ha affermato.

Il Foyer però si accerta che almeno alcuni dei «restavek» di Haiti abbiano la possibilità e il tempo di giocare, di esprimersi e di godere della propria identità. «Ci sforziamo di restituire loro l’infanzia alla quale hanno diritto», ha concluso Wenes Jeanty.

Al termine della visita, i membri della delegazione di «Lettere viventi» si sono impegnati a denunciare la sorte di questi schiavi domestici della nostra epoca. «Attraverso le sue chiese membro, il Cec deve potere difendere la causa di questi bambini presso i governi e le organizzazioni internazionali», ha dichiarato Geneviève Jacques, che guidava la delegazione di «Lettere viventi». (cec media)

(Traduzione dal francese di Jean-Jacques Peyronel)

* Cubano, dirige il programma Frontier Internship in Mission, con sede a Ginevra.

tratto da: Riforma
www.riforma.it

giovedì 15 gennaio 2009

AOSTA ECUMENICA

A O S T A

COMITATO ECUMENICO PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI
(Cattolici, Avventisti e Valdesi)

INIZIATIVE ECUMENICHE NELL’AMBITO DELLA 
SETTIMANA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI
(19-25 GENNAIO 2009)

Tema: 
“Essere riuniti nella tua mano” 
(Ezechiele, 37: 17)

Lo scorso anno le chiese cristiane hanno ricordato il Centenario dell’Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani, che fu celebrato per la prima volta dal 18 al 25 gennaio 1908. 
Quest’anno l’iniziativa parte dalle chiese coreane che ci invitano a meditare la seconda grande visione di Ezechiele (Ez. 37) perché si trovano nella situazione da cui era partito Israele prima dell’esilio. Anche la Corea, che si sente un’unica nazione, è un paese diviso in due stati. 
Ma questa è anche la situazione della cristianità oggi: una realtà divisa, ma che ha come speranza centrale quella di “formare un solo bastone nella mano di Dio” (Ez., 37: 17).

PROGRAMMA

1. Lunedì 19 gennaio 2009, alle ore 20,30, presso la parrocchia di Saint-Etienne: incontro/dialogo a tre voci (Avventisti, Cattolici, Valdesi) sull’apostolo Paolo in occasione delle celebrazioni dell’Anno Paolino.

Relatori:
− Don Paolo Papone: L’approccio psicologico alle comunità nelle lettere paoline;

− Pastore Francesco Mosca: La speranza di Paolo di fronte alla morte (2 Corinti 5:1-10);

− Prof. L. Sandro Di Tommaso: L’apostolo Paolo maestro di una teologia in ricerca


2. Il 20 gennaio, alle 21: serata ecumenica presso il salone delle manifestazioni del Palazzo Regionale; tema: Una nuova sobrietà per abitare la Terra. 

3. Il 21 gennaio, alle 18.30: Messa celebrata dal Vescovo per l’unità dei cristiani in Cattedrale. 

4. Sabato 24 gennaio 2009, alle ore 20,30: 
     Celebrazione ecumenica della Parola, 
     presso il Tempio Valdese di Aosta.



Gli incaricati:
Fratel Renato Tallone (Chiesa cattolica)
L. Sandro Di Tommaso (Chiesa Valdese)
Michela Tumminelli (Chiesa Avventista)