domenica 21 luglio 2019

predicazione di domenica 14 luglio 2019 (tempio di Piedicavallo) su Luca 6,36-42 a cura di Marco Gisola

Piedicavallo, 14 luglio 2019
Luca 6, 36-42

Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro.Non giudicate, e non sarete giudicati; non condannate, e non sarete condannati; perdonate, e vi sarà perdonato. Date, e vi sarà dato; vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi».
Poi disse loro anche una parabola: «Può un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più grande del maestro; ma ogni discepolo ben preparato sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo? Come puoi dire a tuo fratello: "Fratello, lascia che io tolga la pagliuzza che hai nell'occhio", mentre tu stesso non vedi la trave che è nell'occhio tuo? Ipocrita, togli prima dall'occhio tuo la trave, e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello.

Siate misericordiosi, non giudicate… siamo al cuore del comandamento che Gesù ci ha donato, al cuore dell’etica cristiana. Sono parole importanti e parole esigenti, parole che mettono in crisi la nostra piccola umanità. Parole importanti, parole esigenti: Parola di Dio.
1. Partiamo dal negativo per arrivare al positivo: non giudicate. Non giudicate perché il giudizio è di Dio e non è vostro. Perché giudicare è mettersi al posto di Dio. Quanto facilmente invece giudichiamo e condanniamo, spesso senza nemmeno metterci in dialogo con coloro che giudichiamo, senza renderci conto che così facendo ci mettiamo al posto di Dio.
Questa è la ragione fondamentale per cui Gesù chiede di non giudicare: per non mettersi al posto di Dio e lasciare che Dio sia Dio e che sia lui a giudicare, e non noi; per non mettersi al posto del giudice, perché noi non siamo giudici, noi siamo giudicati, non giudici.
Giudicare il prossimo significa salire sullo scranno del giudice, ergersi a ciò che non si è, prendersi un compito che nessuno ci ha dato, tanto meno Dio: Dio riserva a sé il giudizio, non lo dà a noi.
Ergersi a giudici vuol anche dire che ci si sottrae al proprio giudizio: infatti il giudice giudica, non è giudicato. Se mi prendo il ruolo del giudice, significa che non mi ritengo più giudicato, ovvero non mi ritengo più peccatore, non mi ritengo più bisognoso di perdono.
E proprio qui ricade su di me il giudizio di Dio: Non giudicate, e non sarete giudicati; se disobbedisco a questa indicazione e giudico, allora sono io a essere giudicato!
Non condannate, e non sarete condannati: se ignoro il comandamento di Gesù e condanno gli altri, allora sono io condannato, faccio ricadere la condanna su di me. Condanna perché ho preso il posto di Dio, il posto del giudice.
Non giudicare non vuol dire che tutto vada bene e che tutto sia equivalente. Non è la stessa cosa passare oltre il moribondo che sta sulla strada come fanno il sacerdote e il levita e fermarsi e curarlo come fa il samaritano. Non è affatto la stessa cosa.
Non è la stessa cosa lasciare sbarcare esseri umani stremati da giorni di navigazione in mare o tenere i porti chiusi e costringerli a vagare nel mediterraneo.
Possiamo e dobbiamo valutare le cose che accadono intorno a noi, possiamo e dobbiamo prendere posizione davanti a certi eventi o riguardo a certe questioni. Prendere posizione fa parte del discepolato, l’indifferenza o l’apatia no, non sono comportamenti da discepoli.
Ma la valutazione che il discepolo di Gesù fa di un fatto, la posizione che la discepola di Gesù prende riguardo a certe questioni non devono diventare giudizio e condanna di chi non la pensa come lui o come lei.
È necessario distinguere tra la persona e le sue idee e le sue azioni. Distinguere tra il peccato e il peccatore, come si suol dire.
Se ho a che fare con una persona apertamente razzista, posso e devo condannare le sue idee o le sue parole, ma non lui. Lui rimane il destinatario della grazia di Dio che chiama sempre a conversione. Sarà il Dio giusto e misericordioso che giudicherà, non noi.
2. Già mettere in atto il comandamento del non giudicare sarebbe molto, ma nelle parole di Gesù non c’è soltanto il comandamento in negativo (non giudicare), ma c’è quello in positivo: Siate misericordiosi! E non siate misericordiosi per quanto potete, per come e quanto vi viene…. Ma Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro. Come Dio! Misericordiosi come Dio!
È possibile? È possibile essere misericordiosi come Dio? Già chiedersi se è possibile è un mettere le mani avanti, un voler relativizzare e diminuire il comandamento, trasformarlo nel comandamento che noi ci daremmo, ovvero “cercate di essere il più possibile misericordiosi, di fare del vostro meglio...”.
Ma non è questo il comandamento di Gesù: non cercate, non del vostro meglio (che spesso sottintende: finché ti va, e poi basta…), ma “siate” e “come il Padre vostro”. Amare come Dio, non come il migliore degli esseri umani. Come Dio!
Amare come Dio non è una questione di quanto si ama, come se l’amore fosse misurabile, ma di come si ama. È chiaro che il nostro amore sarà sempre relativo, limitato, sempre anche un po’ egoista, anche quando si cerca di essere il più possibile altruisti, ecc. ecc.
È chiaro che il nostro amore sarà lontano anni luce dall’amore di Dio, ma l’amore di Dio rimane il criterio e il modello dell’amore che è chiesto anche a noi. L’amore di Dio, cioè la misericordia di Dio, è senza pregiudizi ed è gratuita. Queste sono due (non tutte…) caratteristiche dell’amore di Dio.
Senza pregiudizi vuol dire che ciò che hai fatto ieri, ciò che hai fatto la settimana scorsa, ciò che hai fatto dieci anni fa non ti fa perdere la possibilità di essere amato e perdonato da Dio, oggi. La misericordia di Dio sta nel fatto che Dio ti offre oggi di nuovo la possibilità, una nuova possibilità di fidarti, di affidarti e di seguirlo.
Dio ricomincia con te sempre di nuovo, ogni giorno di nuovo, e quindi ogni giorno è nuovo, è una nuova possibilità che Dio ti dà.
Ed è gratuita, è grazia, è dono, non ti costa, ti è offerta, donata. Certo, poi ti è chiesto di fare buon uso di questa possibilità, con Dio e con il prossimo; non devi buttare il dono dalla finestra, ma non c’è un prezzo da pagare per avere questa possibilità. Dio te la dà, tu devi riceverla e usarla.
E a noi, a cui Gesù chiede di essere misericordiosi come il Padre nostro, è chiesto questo: di andare incontro al nostro prossimo senza pregiudizi e gratuitamente. Senza far dipendere la relazione con lui/lei da ciò che so di lui e da ciò che penso di lui, senza guardarlo dall’alto in basso, senza cioè giudicarlo ed emettere una sentenza su di lui / su di lei.
Di nuovo: ciò non significa che non devo pensare nulla di nessuno e non significa nemmeno che non devo dire ciò che penso. Significa però che ciò che penso di te, nel bene e nel male, non mi impedisce di amarti e di venirti incontro.
Il giudizio allontana, separa, la misericordia avvicina e unisce; unisce i diversi, non quelli che si somigliano e hanno le stesse idee; unisce i diversi, che non smettono di essere diversi, ma smettono di giudicarsi a causa dello loro diversità.
Gratuitamente significa senza aspettarsi un tornaconto, senza aspettarsi un contraccambio, senza attendersi nemmeno gratitudine.
Se ci sarà gratitudine, se l’amore sarà ricambiato tanto meglio; spesso succede ed è una benedizione: Gesù dice: «perdonate, e vi sarà perdonato. Date, e vi sarà dato». Dio perdona e benedice chi perdona e impara a donare.
Ma questo non è l'obiettivo dell’amore che Gesù ci chiede, non è lo scopo del mio amare. Altrimenti non è amore gratuito, non è misericordia, non è “come il padre vostro”.
Il samaritano della parabola – per quanto ci dice il racconto – non riceve nemmeno un grazie dal malcapitato, che è tramortito e non si può nemmeno accorgere che qualcuno gli ha salvato la vita!
Quello è amore senza pregiudizi (il samaritano non sapeva chi fosse l’uomo ferito) e gratuito (al contrario: al samaritano costa aiutare quel povero uomo aggredito dai briganti, perché paga il conto della locanda).
Dio lo avrà senz’altro benedetto, ma lo ha fatto perché il samaritano ha agito gratuitamente e senza pregiudizi, perchè è stato misericordioso come il padre suo.

3. Infine, la parte finale del brano, che contiene la piccola parabola del cieco che guida un altro cieco e la parola sulla trave e la pagliuzza, mette il dito nella piaga della più diffusa malattia dell’animo umano: l’ipocrisia, che qui si concretizza di nuovo nel giudizio, nella ricerca della pagliuzza che sta nell’occhio del fratello.
Se il tuo scopo è quello di cercare la pagliuzza che c’è nell’occhio del fratello, significa – come dicevamo prima – che lo hai già giudicato e condannato e non vedi più in lui un fratello.
Questa è la trave nel tuo occhio, che ti impedisce di riconoscere nel prossimo un fratello, una sorella.
Questo è l’ipocrisia: negare la propria colpa per cercare la colpa dell’altro; non vedere la trave nel proprio occhio perché troppo occupati a cercare la pagliuzza nell’occhio altrui.
Voler fare i giudici quando il nostro posto sarebbe sul banco degli imputati, dei giudicati.
E come fai a togliere la trave dall’occhio tuo? Rinunciando a voler cercare la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, rinunciando a giudicare il prossimo e vedendo in lui un tuo fratello e una tua sorella.
E che cos’è che lo rende tuo fratello/tua sorella? Il fatto che è simpatico? Che la pensa come te? Che ha i tuoi stessi gusti o le tue stesse idee?
No, il fatto che tu e lui/lei non siete giudici l’uno dell’altra, ma siete entrambi giudicati dall’unico giudice.
Che è il padre vostro che è misericordioso. Che quindi ti fa misericordia e ti chiede di vivere questa misericordia e questo amore come lo fa lui, senza pregiudizi e gratuitamente, senza cercare pagliuzze, ma cercando solo sorelle e fratelli.
Ecco l’evangelo di oggi: Cristo ci ha liberati dall’ipocrisia di voler essere giudici. Non siamo giudici ma giudicati. E graziati.
Siamo graziati, perdonati, amati, dunque liberi di amare, liberi di vivere fino in fondo la misericordia che Dio stesso ha mostrato verso di noi.