domenica 30 dicembre 2018

Predicazione di Natale 2018 su Giovanni 3,31-36 a cura di Marco Gisola

Giovanni 3,31-36
31 Colui che viene dall'alto è sopra tutti; colui che viene dalla terra è della terra e parla come uno che è della terra; colui che vien dal cielo è sopra tutti. 32 Egli rende testimonianza di quello che ha visto e udito, ma nessuno riceve la sua testimonianza. 33 Chi ha ricevuto la sua testimonianza ha confermato che Dio è veritiero. 34 Perché colui che Dio ha mandato dice le parole di Dio; Dio infatti non dà lo Spirito con misura. 35 Il Padre ama il Figlio, e gli ha dato ogni cosa in mano. 36 Chi crede nel Figlio ha vita eterna, chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui».


Il nostro lezionario ci propone quest’anno un testo apparentemente poco natalizio. Un brano che parla di cielo e di terra e della loro distanza; che parla della rivelazione che Dio ha fatto nel suo figlio Gesù, che dice le parole di Dio; che parla dello Spirito, che Dio dona non con misura, cioè dona in modo smisurato.
Un testo intenso e complesso a partire dal fatto che non si capisce bene chi sia a parlare, se Giovanni il battista o Gesù. Uno di quei brani che costituiscono un rompicapo per gli studiosi. Ma andiamo con ordine:

1. «colui che viene dalla terra è della terra e parla come uno che è della terra; colui che vien dal cielo è sopra tutti. Egli rende testimonianza di quello che ha visto e udito, ma nessuno riceve la sua testimonianza»
ecco qui descritta la distanza tra cielo e terra: Gesù viene dal cielo, cioè da Dio e rende testimonianza di ciò che ha visto e udito presso Dio: tipico linguaggio giovanneo per dirci che Gesù è venuto a farci conoscere Dio e la sua volontà per noi.
Gesù viene dal cielo: ecco qui l’aggancio con il vangelo del Natale, cioè con il vangelo dell’incarnazione: Gesù viene, scende dal cielo, non rimane lassù, ma viene quaggiù.
Viene a rendere testimonianza, viene a parlarci di Dio, a farcelo conoscere attraverso ciò che egli dice e attraverso ciò che egli fa.
Gesù colma quella distanza che noi non possiamo e non potremmo colmare. Noi non possiamo salire al cielo. Possiamo solcare il cielo con le astronavi, con i satelliti e con le sonde, possiamo arrivare persino a toccare e a fotografare Marte, ma non possiamo arrivare a toccare e fotografare Dio. Dio è oltre, non è raggiungibile. E allora viene lui da noi, nel suo figlio Gesù.
Non sarà la nostra sapienza, non sarà la nostra forza, non sarà la nostra morale a portarci da lui. Bisogna che venga lui da noi. Poiché la terra non sale al cielo, il cielo scende sulla terra.
Ma nessuno riceve la sua testimonianza: la testimonianza che ci porta Gesù non viene creduta. Chi crederebbe a un figlio di Dio che nasce profugo in una stalla e muore da ribelle su una croce? Umanamente parlando è poco credibile, molto poco credibile!
Ma «chi ha ricevuto la sua testimonianza ha confermato che Dio è veritiero». Il testo si contraddice subito dopo: qualcuno dunque ha ricevuto questa testimonianza, qualcuno ha creduto! Ha creduto che cosa e ha creduto perché?

2. Ha creduto che «colui che Dio ha mandato dice le parole di Dio». Chi ha ricevuto la sua testimonianza è chi ha ricevuto la sua Parola. Colui che Dio ha mandato dice le parole di Dio, parla, dice l’evangelo della grazia. La rivelazione è in primo luogo parola; poi ci sono anche i miracoli, anzi i segni, come li chiama Giovanni. Ma quanti vedranno i segni e non crederanno alla Parola che accompagna i segni?
È alla parola che è necessario credere per incontrare la volontà di Dio. Gesù è venuto dal cielo alla terra per dirci le parole di Dio, per rivelarci la sua volontà di amore, di giustizia e di libertà, attraverso le sue parole e i suoi gesti.
Dio si fa Parola, e la Parola si fa carne, e la carne, cioè la persona di Gesù, dice le parole di Dio: «E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità», aveva detto Giovanni all’inizio del suo Vangelo.
Parole di giudizio e parole di grazia; parole di promessa e parole di consolazione, parole di appello alla conversione e alla fede.
Tutto questo non ci viene incontro in eventi o gesti spettacolari e portentosi, ma nella Parola annunciata e creduta.

3. E perché alcuni hanno ricevuto la testimonianza di Gesù? Perché «Dio infatti non dà lo Spirito con misura». È lo Spirito che fa sì che crediamo a quella testimonianza incredibile, apparentemente troppo umana per essere creduta, apparentemente troppo debole per essere creduta.
Umana e debole come un neonato in una mangiatoia. Solo lo Spirito può aiutarci a credere che lì, che proprio lì c’è il nostro Signore e il nostro Salvatore, come ci dice il racconto del vangelo di Luca che abbiamo letto oggi.
Dio non dà lo Spirito con misura. Non vuol solo dire che dona molto Spirito, vuol dire che non lo possiamo misurare, che non sottosta ai nostri limiti, ai nostri confini e alle nostre misure.
Lo Spirito di Dio ci dona di credere a ciò che pare incredibile, ci dona di credere che Dio rende possibile ciò che a noi pare impossibile, come dicevamo nel culto con la scuola domenicale alcuni giorni fa. Ci dona di credere a ciò che non vediamo e ci dona di credere che egli viene nel mondo nella debole carne di un neonato, di credere che la «potenza di Dio si mostra perfetta nella debolezza» come dirà l’apostolo Paolo.
Quella debolezza e quella fragilità sono il segno del fatto che Gesù si mette nelle mani degli esseri umani, e quella debolezza e quella fragilità lo accompagneranno fino alla croce, quando si metterà definitivamente nelle mani degli esseri umani, che lo uccideranno, perché lui non opporrà resistenza.

4. Ma torniamo all’inizio: noi che veniamo dalla terra, ci crediamo davvero che lui viene dal cielo? Cioè: fuori di metafora: che Gesù viene davvero a rivelarci la volontà di Dio per noi? Che davvero viene dall’alto e la sua Parola è una Parola di salvezza e di liberazione?
A pieno diritto diciamo che in Gesù Dio si rivela nella debolezza e nella fragilità, che la sua Parola è anch’essa debole e fragile, che può essere facilmente fraintesa e altrettanto facilmente respinta.
Ma questo nostro – legittimo - mettere al centro la debolezza e la fragilità di Gesù non deve portarci a credere in un Dio semplicemente debole e fragile, che sarebbe in fondo un Dio a nostra immagine e somiglianza.
La scelta dell’incarnazione, la scelta della discesa del figlio nella carne, il suo consegnarsi nelle mani degli esseri umani non è stata una scelta di un Dio debole.
La scelta della debolezza l’ha fatta il Dio onnipotente, il creatore del cielo e della terra, che in Cristo ha voluto convogliare tutta la sua potenza nell’amore e nel dono del suo figlio al mondo.
Il debole e fragile Gesù della mangiatoia e della croce è ben di più che un fragile neonato o un debole uomo: è il figlio di Dio, che è venuto a dirci le parole di Dio. Il figlio che Dio ama, «a cui – dice il nostro testo – [Dio] ha dato ogni cosa in mano».
E infatti, «Chi crede nel Figlio ha vita eterna», dove sappiamo che “eterna” per Giovanni esprime molto di più che una durata; esprime una qualità, una vita qualitativamente diversa e nuova, vissuta in Dio e dono di Dio.
Per questo quella dura parola finale: «chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui». L’ira di Dio non è definitiva, come ci racconta tutta la Bibbia; il giudizio è sempre anche un appello alla conversione.
Qui non è il caso di andare a pensare ai non credenti o a chi crede diversamente da noi, ma è bene pensare in primo luogo a noi stessi: rifiutare la parola dell’evangelo è respingere il dono della vita nuova che Dio ci offre.
Invece, «Chi crede nel Figlio ha vita eterna», riceve in dono la possibilità di una vita nuova, piena e libera.
Celebrando, a Natale, la venuta di Gesù nel mondo, noi celebriamo l’aprirsi di questa possibilità di vita nuova anche per noi.
Il nostro brano di oggi iniziava raccontandoci la distanza che c’è tra cielo e terra. Il racconto del Natale ci mostra che il cielo – cioè Dio – è venuto sulla terra – cioè fino a noi - in quella mangiatoia di Betlemme.
Dio continui a darci il suo Spirito senza misura, smisuratamente, cosicché guardando il neonato Gesù, possiamo scorgere il cielo venuto in terra, e ascoltando le parole di Gesù, possiamo percepire la Parola di Dio che ci viene a dire tutto il suo amore per la terra e per noi che la abitiamo.