1
Timoteo 4,1-5
1
Ma lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcuni
apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a
dottrine di demòni, 2
sviati dall'ipocrisia di uomini bugiardi, segnati da un marchio nella
propria coscienza. 3 Essi
vieteranno il matrimonio e ordineranno di astenersi da cibi che Dio
ha creati perché quelli che credono e hanno ben conosciuto la verità
ne usino con rendimento di grazie. 4
Infatti tutto quel che Dio ha creato è buono; e nulla è da
respingere, se usato con rendimento di grazie; 5
perché è santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera.
Ci
imbarazzano sempre un po’ le parole bibliche che ci parlano degli
“ultimi tempi”. Ci imbarazzano perché quando gli autori del NT
parlavano degli ultimi tempi pensavano che loro gli ultimi tempi li
stavano vivendo in quel momento, e invece sono passati quasi duemila
anni…!
Era
diffusa l’idea che con l’avvicinarsi degli ultimi tempi, appunto,
cioè del ritorno di Gesù e della venuta del Regno di Dio, sarebbero
successe cose particolari. Una di esse era l’apostasia di alcuni
cristiani: «alcuni apostateranno dalla fede», scrive
l'apostolo Paolo a Timoteo. Apostasia letteralmente significa
allontanamento, andare via, e ha assunto il significato negativo di
allontanarsi dalla fede per rivolgersi a false dottrine.
1.
In che cosa consiste questa apostasia? Quale falsa dottrina o idea
insegneranno quelli che “apostateranno”? La falsa idea che Paolo
rimprovera loro potremmo riassumerla così: «le tue rinunce ti
salveranno!»: «Essi vieteranno il matrimonio e ordineranno di
astenersi da cibi che Dio ha creati», scrive Paolo.
«Essi
vieteranno»: i propagatori di queste false dottrine metteranno delle
leggi che dovranno essere rispettate se si vuole essere cristiani. Le
norme stabiliscono un criterio che serve per stabilire chi è dentro
e chi è fuori: se rispetti le norme che io ti do, sei cristiano, se
non le rispetti sei fuori.
In
realtà, le cose che dice Paolo accadono già, questi divieti sono
già propinati da alcuni che Paolo considera falsi predicatori.
Chi
fa queste leggi proibisce alcuni comportamenti, ma sono queste
proibizioni, secondo Paolo, ad essere contrarie alla volontà di Dio.
I falsi predicatori contro cui scrive Paolo proibiscono quello che
Dio non proibisce, vietano quello che Dio consente.
Perché
Paolo è così duro e parla di bugiardi, di spiriti seduttori,
dottrine di demoni? Perché questi uomini vogliono sostituirsi a Dio.
Voglio introdurre la legge, il divieto, laddove Dio lascia libertà.
I
due ambiti in cui questi “seduttori” tentano di introdurre questi
divieti sono quelli del matrimonio e del cibo.
Riguardo
al cibo, Paolo aveva scritto nella 1 Corinzi: «Ora non è un cibo
che ci farà graditi a Dio; se non mangiamo, non abbiamo nulla di
meno; e se mangiamo non abbiamo nulla di più» (8,8).
Dio
ha tolto un divieto, gli esseri umani vogliono reintrodurlo, e così
facendo vogliono reintrodurre l’idea che l’essere umano possa
salvarsi attraverso l’osservanza di alcune regole.
Questa
tentazione è molto umana, quella di sostituire le opere alla fede,
la legge alla libertà. Paradossalmente è (o sembra) più facile
contare su stessi che su Dio. Sembra più facile contare sul proprio
sforzo, piuttosto che affidarsi totalmente a Dio. E per qualcuno
forse è effettivamente più facile limitarsi a dovere seguire alcune
regole, piuttosto che assumersi la responsabilità delle proprie
scelte.
L’altro
ambito è quello del matrimonio. Chi lo proibisce, lo fa
probabilmente non tanto perché pensa che sia meglio stare soli
anziché in coppia, ma perché rinunciando al matrimonio si rinuncia
ad avere non solo una vita affettiva, ma anche una vita sessuale.
Era
un’idea corrente in alcune filosofie greche che la castità fosse
una virtù, una scelta che rendeva chi la compiva migliori degli
altri. Erano filosofie che ritenevano il corpo e dunque la sessualità
qualcosa di negativo, di inferiore rispetto all’anima.
Questa
idea è entrata nel cristianesimo antico con una distinzione netta
tra materiale e spirituale, o meglio tra fisico, corporeo e
spirituale. Il corpo diventa a un certo punto nemico dell’anima, e
dunque peccaminoso.
Per
questo, mentre il NT ci parla del matrimonio dei vescovi (che però
non erano la stessa cosa dei vescovi di oggi) poi con il tempo si
sono introdotti il celibato obbligatorio per i sacerdoti e i voti di
castità per monaci e monache.
Come
risponde Paolo a questi tentativi di vietare ciò che Dio non vieta?
Paolo come abbiamo visto prima condanna nettamente questi tentativi
legalisti e li bolla come ipocrisia.
Qui
non è solo questione di avere più o meno leggi, più o meno regole,
la questione è da dove passa il mio rapporto con Dio, la mia
obbedienza a Dio: passa da alcune regole o passa dall’ascolto della
sua parola, che mi libera e mi chiama a obbedirle responsabilmente?
Dietro
al tentativo di trasformare Dio in una regola, Paolo vede un’eresia,
un errore, un modo sbagliato di intendere l'obbedienza a Dio, un modo
sbagliato di intendere il rapporto con Dio. Tra Dio e me non c’è
la regola, la legge, la norma; tra Dio e me c’è solo Gesù Cristo.
È lui il criterio della mia libertà e della mia responsabilità.
2.
L’obbedienza a Dio che Paolo propone è quella che troviamo nella
parte positiva del suo discorso, che era in realtà il testo proposto
per oggi:
Infatti
tutto quel che Dio ha creato è buono; e nulla è da respingere, se
usato con rendimento di grazie; perché è santificato dalla parola
di Dio e dalla preghiera.
Tutto
quel che Dio ha creato è buono. Tutto ciò che Dio ha creato lo ha
affidato alla nostra libertà e alla nostra responsabilità. E il
modo di trattare i doni di Dio che Paolo suggerisce è quello del
rendimento di grazie.
Vale
per le cose di cui ha parlato Paolo appena prima, cioè del consumo
dei cibi e del matrimonio e della sessualità, vale per ogni altro
dono di Dio.
Il
cibo è un dono di Dio, va quindi consumato con gioia, gratitudine e
responsabilità. La stessa cosa si potrebbe dire della sessualità: è
un dono di Dio, che va vissuto con gioia, gratitudine e
responsabilità.
Ma
i due esempi del cibo e del matrimonio possono rappresentare per noi
le relazioni con la natura, con il creato di cui ciò che mangiamo fa
parte, e le relazioni con le persone, dunque non solo il matrimonio,
non solo la coppia, ma ogni tipo di relazione umana.
La
Parola di Dio ci chiede di rapportarci con il creato e con gli altri
esseri umani con rendimento di grazie, ovvero riconoscendo che tutto
ciò che è creato, la natura e le persone sono un dono di Dio e
tutto è in sé buono, nulla è di per sé malvagio.
Tutto
è dono, dunque di tutto e di tutti dobbiamo essere grati al Signore.
I
doni di Dio, si sa, non implicano possesso. Se io ti regalo qualcosa
poi quella cosa è tua, perché io l’ho regalato a te. Ma non è
così con i doni di Dio. I doni che Dio fa a te, li fa anche a tutti
gli altri. Dunque il dono di Dio non diventa tuo, diventa un dono
comune, condiviso.
Ciò
che mangiamo non è nostro, è il cibo che il Signore ci dona oggi e
che ci insegna a chiedergli nel Padre Nostro quando diciamo “dacci
oggi il nostro pane quotidiano”.
Tuo
marito o tua moglie, non è “tuo” o “tua” anche se nella
nostra lingua si dice così, ma è il compagno e la compagna che Dio
ti ha data; e lo stesso vale per i genitori, per i figli, per gli
amici, per le sorelle e i fratelli di chiesa.
Sono
persone che Dio ci dona, con cui ci lega in rapporti più o meno
stretti, più o meno duraturi, ma che sono e rimangono in ogni caso
un suo dono.
Tutto
ciò che Dio ha creato, dunque ogni relazione con il creato e con
l’umanità, è santificato dalla parola di Dio e dalla
preghiera. Ciò non vuol dire verniciare con un po’ di
religiosità tutto ciò che facciamo ma significa imparare dalla
Parola di Dio come Dio vuole che ci rapportiamo al suo creato e alle
persone che ci mette a fianco.
E
significa dirgli, nella preghiera, che riconosciamo che tutto ciò è
un suo dono, non solo per noi, ma per tutti gli esseri umani, e
esprimergli tutta la nostra gratitudine.
Tutto
ciò che Dio ha creato è buono, è bello, è lì per il nostro
sostentamento, per il nostro bene, per la nostra gioia. E rinunciare
ai doni di Dio pensando di avvicinarsi a lui è un errore madornale,
perché così facendo si finisce per rifiutare i suoi doni e si
trasforma Dio da donatore a regola.
Possiamo
dunque godere dei doni di Dio, senza egoismi e senza ingordigie.
Tutto
ciò che Dio ha creato è buono ed è dono. La Parola di Dio ci
invita oggi a gioire di tutti i suoi doni e ad esserne riconoscenti
al creatore che è il donatore per eccellenza, colui che ci ha donato
la vita, la grazia, la fede e molte altre cose insieme.
Possa
la gratitudine al donatore essere la prima e l’ultima parola di
ogni nostra giornata.