lunedì 28 febbraio 2011

UTOPIA: QUANDO SI SOGNA IN MOLTI, E' GIA' LA REALTA' CHE INIZIA

UTOPIA?

Non bisogna mai aver paura dell'utopia.

Mi piace ripetere:
"Quando si sogna da soli,
è ancora soltanto un sogno,
quando si sogna in molti,
è già la realtà che inizia".
L'utopia condivisa,
è la molla della storia.

E ancora:

Se dò da mangiare ai poveri,
mi dicono che sono un santo;
ma quando domando
perché i poveri non hanno di che nutrirsi,
allora dicono che creo disordine!

E' sempre utopia?

Don Helder Camara.





tratto da:


Comitato Italiano per la Cevaa, 
Comunità di Chiese in missione:
Spalanca la finestra
raccolta di testi di fede, a cura di Renato Coïsson,
stampato ma non pubblicato, Trieste, 2000, p. 104.

giovedì 24 febbraio 2011

GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA




Donne credenti

La Giornata Mondiale di preghiera

Vera Petrosillo Velluto


Anche quest’anno, il primo venerdì del mese di marzo, in tutto il mondo cristiano le donne pregano insieme con parole di speranza e di sfida. La liturgia della Giornata mondiale di preghiera (Gmp), tradotta in centinaia di lingue e di dialetti, ogni anno viene scritta da donne di una nazione diversa, le quali rendono partecipi decine di migliaia di sorelle, sparse in tutti i continenti, delle situazioni di sofferenza e di ingiustizia di cui sono testimoni.

In un momento in cui le donne, a vario titolo, sono bersagliate dai riflettori mediatici, è più che mai gratificante rivivere la storia della Gmp, una significativa storia di donne che hanno creduto nella forza della preghiera e nella necessità dell’azione, dell’impegno quotidiano per trasformare l’umanità e liberarla dai mali che la travagliano.

Tutto cominciò nel lontano 1887, quando gli Stati Uniti, appena usciti da una tremenda guerra fratricida, avevano gravi problemi sociali e nazionali da risolvere. Mary Ellen James, presidente del Comitato Femminile dell’Opera Missionaria della Chiesa presbiteriana negli Usa, consapevole dell’urgenza di una riappacificazione nazionale, senza indugi lanciò un appello perché venisse celebrata una Giornata nazionale di preghiera in segno di «confessione dei peccati individuali e nazionali», con raccolta di offerte quale «adeguata manifestazione di pentimento».

Consapevole che alla forza della preghiera dovesse affiancarsi l’efficacia dell’azione, Mary Ellen James non lesinò il suo impegno nell’opera di risanamento della sua nazione lacerata dalla guerra civile. Si prodigò per aiutare gli immigrati venuti negli Stati Uniti a rifarsi una vita e con i suoi sette figli andò per il mondo dovunque ci fosse bisogno di aiuto. Tre anni dopo, Helen Barrett Montgomery, scrittrice e studiosa del Nuovo Testamento, e Lucy Peabody, missionaria in India, con ruoli importanti nella Chiesa battista degli Usa, lanciarono, a loro volta, un appello perché fosse organizzata una giornata di preghiera e raccolta di offerte da dedicare alla alfabetizzazione delle donne e dei bambini dell’Africa, dell’Asia, dell’India. Le due donne avevano avuto l’intuizione che i problemi delle popolazioni povere non sarebbero stati risolti con la carità, ma con progetti atti a promuovere cultura e sviluppo e avevano anche capito quale handicap sia per la donna la mancanza di istruzione per il pieno inserimento nella vita attiva della società.

Passarono alcuni anni e nel 1922 le donne canadesi, che già celebravano ogni anno una giornata nazionale di preghiera, vollero unirsi alle sorelle degli Usa per una comune celebrazione. L’idea si diffuse rapidamente, varcò i mari e nel 1927 la Giornata di preghiera divenne di nome e di fatto la Giornata mondiale di preghiera. Il piccolo seme che alla fine del ‘800 alcune donne protestanti misero a dimora è poi diventato un Movimento che, a ragione, può definirsi planetario.

Fin qui la storia. Oggi donne cristiane di 170 Paesi aderiscono al Movimento della Gmp, il cui Comitato esecutivo è composto da rappresentanti dell’Africa, dell’Asia, dei Caraibi, dell’Europa, dell’America Latina, del Pacifico e, da alcuni anni, della Chiesa cattolica. La lampada che Mary Allen accese e tenne alta nel lontano 1887, a volte, può essersi affievolita, ma non si è spenta se vi sono ancora donne che, con la forza della preghiera, dovunque nel mondo, si adoperano per la giustizia, per il diritto, per la pace ogni giorno della loro vita.


tratto da: Riforma

25 febbraio 2011 - ANNO XIX - NUMERO 8
www.riforma.it

mercoledì 23 febbraio 2011

L'INTENSITA' DI UN GIORNO DI DIO

APRENDO GLI OCCHI

Aprendo gli occhi alla luce mattutina,
riprendendo coscienza di se stessi,
e quindi della realtà degli impegni e delle gioie,
del lavoro e degli incontri con gli altri,
è importante dire:
      "Signore, io credo,
     vieni in aiuto alla mia incredulità ".

Bisogna, infatti, dare al giorno che viene
tutto il valore e l'intensità di un
" giorno di Dio ".

                                               Paul Richardot, 1968





tratto da:
Comitato Italiano per la CEVAA,
Quando è giorno?
raccolta di testi di fede, traduzione di Renato Coïsson,
Torre Pellice 1988, Trieste 1994, stampato ma non pubblicato,
p. 75.

martedì 22 febbraio 2011

DIO BENIGNO E MISERICORDIOSO

La nostra fede non è nulla, 
se non abbiamo la certa persuasione
che Cristo è nostro 
e che in lui il Padre ci è favorevole.


                                        Giovanni Calvino

lunedì 21 febbraio 2011

L'Italia del teologo Bonhoeffer




L'Italia del teologo Bonhoeffer
Le fotografie, le cartoline, le impressioni…
L'incontro con la chiesa cattolica
I legami tra fede e quotidianità, dottrina e fede

Nella primavera del 1924, il giovane Dietrich Bonhoeffer, in compagnia del fratello Klaus, si reca in Italia, fermandosi in particolare nella capitale e in Sicilia. Da qui i due fratelli intraprendono un avventuroso viaggio in Libia, terminato anzitempo con la loro mai chiarita espulsione.
Nel volume, le parole del futuro teologo si accompagnano a immagini dei luoghi visitati, a fotografie inedite, scattate dai due fratelli, nonch´ a lettere, molte in prima traduzione italiana, che essi scambiarono con amici e parenti.
Dalle pagine di Dietrich emerge l'acuta osservazione del nostro Paese e del comportamento degli italiani nella colonia libica. Possiamo così seguirne l'emozionante incontro con la Roma antica e, soprattutto, la scoperta del cattolicesimo romano: un'esperienza, questa, che influenzerà significativamente la riflessione del teologo maturo.

L'autore
Dietrich Bonhoeffer (1906-1945), teologo luterano e radicale oppositore del regime nazionalsocialista, fu impiccato nel campo di concentramento di Flossenbürg nell’aprile 1945 per ordine diretto di Hitler.

Il libro
Dietrich Bonhoeffer
Viaggio in Italia
a cura di Fulvio Ferrario e Manuel Kromer
illustrato con foto originali
pp. 112



www.claudiana.it

martedì 15 febbraio 2011

FESTA VALDESE DEL 17 FEBBRAIO: LE ORIGINI





«Come è noto (ma chi lo sa ancora?) il primo “17 febbraio” non ebbe luogo il 17 ma il 25; la pubblicazione delle Lettere Patenti, firmate da Carlo Alberto il 17, venne rinviata di alcuni giorni per motivi di ordine pubblico. Il clima culturale e politico in cui vennero emanate le leggi che riguardavano le minoranze discriminate – valdesi ed ebrei – è quanto di più agitato si possa immaginare. Siamo, non va dimenticato, nel ’48 (e «fare un 48 è rimasto sino ad oggi sinonimo di disordine, baccano): l’anno delle petizioni popolari, dei cortei di cittadini che assediano in modi pacifici ma energici i palazzi regi chiedendo la Costituzione, un nuovo sistema politico in cui il popolo sia rappresentato. In questo disfacimento  del sistema politico precedente, quello che si chiama abitualmente l’Ancien Régime, anche il piccolo mondo valdese viene coinvolto: si tratta pur sempre di avvenimenti traumatici, non di ordinaria amministrazione. Di quelle giornate memorabili abbiamo le testimonianze preziose di due giovani valdesi che le hanno vissute: Jean-Jacques Parander, aiuto del pastore Bert all’ambasciata di Prussia a Torino, che recò nella notte del 24 febbraio la notizia alle Valli (…) e Antoine Monastier (…) Quella giornata fu naturalmente gran festa, e si comprende, ed ebbe i suoi momenti chiave nel culto di ringraziamento in chiesa, nel corteo, nei banchetti e, la sera, nei fuochi: forme di comunicazione dell’epoca romantica. Il Te Deum (dalle parole d’inizio del canto: Te Deum laudamus, Ti lodiamo Signore), servizio religioso solenne a Dio per un evento eccezionale (una vittoria, una liberazione) appartiene alla tradizione; altrettanto tradizionale è il fuoco (…) Molto meno tradizionale – anzi innovativo – è invece il corteo, classica espressione di una coscienza civile moderna: nel 1789 è il popolo in marcia verso la Bastiglia, nel 1848 la folla che chiedeva la Costituzione»

- Giorgio Tourn, in:
Giorgio Tourn – Bruna Peyrot, Breve storia della Festa del XVII Febbraio, monografie edite in occasione del 17 febbraio, XVII Febbraio 1994, pp. 40.
La citazione è tratta da p. 5.







lunedì 14 febbraio 2011

BIBBIA DI GERUSALEMME IN DVD


 Nuovo Verbum

NUOVO VERBUM
La Bibbia di Gerusalemme in DVD
Anno: 2010 (dicembre)
Edizione: 1
Pagine: 8
Collana: Editoria elettronica

Confezione: DVD


REQUISITI MINIMI DI SISTEMA

Windows XP Home Edition
                            o superiore

Microsoft Net Framework 4
                    incluso nel DVD

Processore
Pentium 4 a 2 GHz

Memoria Ram
               2 GB

Spazio su HD
                4 GB

        Lettore DVD

Scheda Video
1024x768x65000 colori


Sito Internet
www.nuovoverbum.it

questa prima versione NON è utilizzabile
per Apple (MAC), successivamente uscirà Nuovo Verbum
in versione Apple (MAC), per informazioni  scrivere a:






Descrizione dell'opera

Nuovo Verbum offre La Bibbia di Gerusalemme con nuovo testo CEI (edizione 2008) su DVD.
Si tratta di un utilissimo strumento di lettura, studio e lavoro sui testi biblici della Bibbia di Gerusalemme con funzionalità innovative e la possibilità di arricchire i contenuti mediante la connessione a internet.
Nella modalità offline, è possibile navigare e ricercare tra i testi, creare segnalibri e raccolte, aggiungere documenti: i contenuti potranno poi essere trasferiti e sincronizzati, direttamente dall'utente, verso apparati mobili come smartphone, palmari, notebook, tablet.
Attraverso il sito web www.nuovoverbum.it gli utenti registrati potranno accedere a contenuti extra che andranno ad arricchire la biblioteca personale.
Con Nuovo Verbum «la Scrittura diventerà testo letterario fragrante, espressione di poesia, di intuizioni altissime e dei mille segreti dell'esistenza. Con questa guida la Scrittura diventerà in modo più limpido Parola di Dio, "saldezza della fede, cibo dell'anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale" (DV 21)» 
(dalla Presentazione di mons. Gianfranco Ravasi).


tratto dal sito:
www.dehoniane.it



giovedì 10 febbraio 2011

DIACONIA VALDESE PER ANZIANI

borse di sostegno per anziani in difficoltà economica

La CSD Diaconia Valdese, su mandato del Sinodo delle Chiese Valdesi e Metodiste, si occupa della gestione di un fondo di solidarietà finalizzato all'erogazione di borse di sostegno per persone che, per comprovate difficoltà economiche, non siano in condizione di sostenere interamente il costo delle rette della casa di riposo presso la quale sono ospitati o che, per rimanere presso il proprio domicilio, abbiano necessità di un aiuto economico per garantire loro una adeguata assistenza.

La gestione del fondo è disciplinata da un regolamento che ne definisce gli scopi e il finanziamento. Ogni anno la CSD Diaconia Valdese nomina una Commissione consultiva che ha il compito di istruire e valutare le richieste pervenute. Il fondo di solidarietà è alimentato da contributi e doni di singoli e di chiese, da eventuali lasciti finalizzati a tale scopo, nonché da progetti sostenuti dai fondi provenienti dall'otto per mille valdese.



La richiesta della borsa di sostegno deve essere fatta entro e non oltre il 31 dicembre di ciascun anno. Esiste tuttavia un fondo per le emergenze che permette di conferire borse di sostegno anche in altri periodi dell’anno, in caso di comprovata necessità.

Scarica i moduli da compilare per richiedere una borsa anziani. 

In alternativa, i moduli sono disponibili presso le Case di riposo valdesi o direttamente presso la CSD, alla quale ci si può rivolgere per ulteriori informazioni anche tramite e-mail (servizigenerali@diaconiavaldese.org)

Tutte le domande vanno inviate a: 

Commissione sinodale per la Diaconia
via Angrogna, 18
10066 Torre Pellice (TO).

Chi desidera contribuire al Fondo "Borse Anziani" può farlo tramite versamento sul conto corrente bancario intestato a: 

Commissione Sinodale per la Diaconia - IBAN: IT 16 R 03069 30601 100000001067. 

Vi ricordiamo che è importante indicare la causale "Borse anziani" e che per tutte le offerte è possibile richiedere la defiscalizzazione rivolgendosi agli uffici della CSD Diaconia Valdese. 





www.diaconiavaldese.org

mercoledì 9 febbraio 2011

CATTOLICI E PROTESTANTI TEDESCHI SUL TESTAMENTO BIOLOGICO

Germania: Formulario cristiano per le direttive di fine vita






Germania


Presentato il nuovo formulario 



per le direttive di fine vita 


di cattolici e evangelici



Roma (NEV), 2 febbraio 2011 - Dopo quello varato nel 1999 e nel 2003 dalla Chiesa evangelica in Germania (EKD) e dalla Conferenza episcopale tedesca (DBK), è stato ora presentato il nuovo formulario congiunto per permettere ai tedeschi che lo desiderano di lasciare il proprio "testamento biologico". Il nuovo testo - adattato al mutato quadro legislativo - rispetto alla vecchia versione resa obsoleta, mette in primo piano la figura del fiduciario e la sua podestà, mentre affina ulteriormente le disposizioni sui trattamenti sanitari. Il nuovo modello è stato elaborato in collaborazione con la Comunità delle chiese cristiane in Germania (ACK). La preoccupazione dei leader cattolici ed evangelici è quella di non lasciare alcuno spazio ad interpretazioni rispetto alla scelta espressa dal paziente, mettendo al centro la sua responsabilità.
La nuova versione della "Christliche Patientenvorsorge" è stata presentata al pubblico lo scorso 26 gennaio nel Domforum di Colonia, dove sono intervenuti tra gli altri, l'arcivescovo Robert Zollitsch, presidente della DBK, e il vescovo luterano Jochen Bohl, vicepresidente della EKD.
"Le chiese consigliano di esprimere le direttive di fine vita nominando sempre anche un fiduciario - ha precisato Bohl -. Solo così potranno essere evitati abusi di quanto precedentemente espresso garantendo la giusta interpretazione dei desiderata del paziente non più in grado di decidere. Da questo punto di vista è prioritaria la scelta del fiduciario rispetto alle mere direttive sul trattamento sanitario". "Una scelta sensata ed eticamente responsabile", ha detto Zollitsch, sottolineando come quella di potersi preoccupare del proprio fine vita, stando "ancora in buona salute", sia una vera opportunità. Friedrich Weber, presidente dell’ACK, si è rallegrato per la riuscita “collaborazione tra le chiese cristiane anche su questo importante tema”.


tratto da:
NEV - Notizie Evangeliche del 2 febbraio 2011 
www.fedevangelica.it


www.chiesavaldese.org























martedì 8 febbraio 2011

DIALOGHI CON PAOLO RICCA

DIALOGHI CON PAOLO RICCA
Lo «sbattezzo»: ha senso?

L’altro giorno in centro città c’era un gazebo di un’associazione di atei e agnostici che invitava allo sbattezzo, accompagnando l’invito con una frase polemica sul potere del Vaticano. Personalmente questo tipo di richiesta mi lascia perplessa: penso infatti che nessuna chiesa cristiana possa rilasciare un certificato di sbattezzo, sia perché ogni chiesa cristiana attribuisce un grande valore al Battesimo, sia perché non si può tornare indietro e far finta che un atto compiuto non sia stato compiuto: un battesimo amministrato è stato amministrato, qualunque sia il pensiero odierno del battezzato. Per fare un paragone, se un bambino è stato vaccinato, non può poi da adulto svaccinarsi, anche se da adulto ritiene che sia una pratica medica inutile o nociva. Quindi tutto quello che una chiesa può fare al riguardo è prendere atto che quella persona, divenuta adulta, non desidera essere considerato membro della chiesa in cui ha ricevuto il battesimo: nelle nostre chiese abbiamo un elenco dei membri di chiesa, e suppongo che qualcosa del genere esista anche nelle altre chiese.
Sempre su questo tema, qualche mese fa, proprio su Riforma ho letto la cronaca di un battesimo di un adulto in una chiesa evangelica (credo battista) in cui si accennava alle difficoltà incontrate in precedenza da questo fratello che aveva intrapreso una procedura di sbattezzo. Confesso di essere stata particolarmente sorpresa di questa richiesta da parte di un credente evangelico: una cosa infatti è lo sbattezzo chiesto da un ateo, un’altra cosa è lo sbattezzo chiesto da un cristiano. Il problema che qui, mi sembra, si pone è quello del riconoscimento del battesimo impartito da altre chiese. A questo proposito vorrei chiedere: quali chiese cristiane riconoscono il battesimo impartito dalle altre? Questo riconoscimento, se c’è, è recente o tradizionale? Le chiese della Riforma (tranne quelle battiste) riconoscono il battesimo cattolico (o ortodosso)? E se un evangelico diventa cattolico (o ortodosso) viene ribattezzato?
Roberta Colonna Romano – Mestre


Questa lettera parte da un problema, quello del cosiddetto «sbattezzo», che in fondo, come vedremo, non è un problema, ma solo un modo di dire, e giunge, nella seconda parte, a sollevare quello che invece è un vero problema: il riconoscimento del battesimo celebrato in chiese diverse dalla propria.

Perché lo «sbattezzo» non è un problema? Per il semplice motivo che, come la nostra lettrice giustamente osserva, «sbattezzarsi» è materialmente impossibile, come lo è «svaccinarsi» (l’esempio da lei portato è calzante, anche se, ovviamente, il battesimo non ha nulla a che vedere con una vaccinazione!), così come è impossibile cancellare una promozione o una bocciatura a scuola, o un matrimonio contratto (anche se poi è naufragato), e così via. Nulla di quello che è accaduto nella nostra vita può essere cancellato: può eventualmente essere corretto e migliorato, oppure rimpianto, o deplorato, o detestato, o rimosso, ma non può essere cancellato. Al massimo può essere dimenticato, cioè cancellato dalla nostra memoria, ma non dalla realtà dei fatti.
Quindi «sbattezzarsi» non si può. «Sbattezzarsi» è solo un modo di dire. Per dire che cosa? Per dire che si vuole rompere ogni legame con la Chiesa e in particolare, nel nostro paese, con la Chiesa cattolica. Siccome secondo la teologia cattolica si appartiene alla Chiesa mediante il battesimo, «sbattezzarsi» equivale a uscire dalla chiesa e non volere aver più niente a che fare con lui. Quindi «mi sbattezzo» significa: «Non riconosco il battesimo che mi è stato imposto a mia insaputa e senza il mio consenso; perciò nego a quell’atto qualunque valore, lo dichiaro nullo, per me è come se non fosse avvenuto, mi spoglio del mio vestito di battezzato e lo restituisco, alla quale non voglio in alcun modo appartenere». Ma mentre è possibile farsi cancellare dai registri di una Chiesa, non è possibile cancellare il proprio battesimo, neppure strappando (almeno idealmente) la pagina su cui il battesimo è stato registrato.

Ma lasciamo lo «sbattezzo», che è – sia chiaro – una scelta assolutamente legittima (anche se formulata male), ma che non è un problema, e veniamo al battesimo, che invece è uno dei maggiori problemi teologici ed ecumenici non solo del nostro tempo, ma di tutta (o quasi) la storia della Chiesa. È tutto un problema irrisolto, tanto da costituire uno dei principali motivi di divisione tra i cristiani. Non c’è infatti accordo tra loro né sul significato del battesimo, né sull’età per riceverlo, né sulle forme per celebrarlo. Si sente spesso dire in ambienti ecumenici: «Siamo tutti, come cristiani, uniti nel battesimo». È una mezza verità: la verità intera è che il battesimo ci unisce e ci divide al tempo stesso. Ci unisce perché tutte le Chiese battezzano e i cristiani si possono dire «uniti nel battesimo» nel senso che sono tutti battezzati. Ma il battesimo ci divide sia perché, come ho appena detto, nelle diverse Chiese le forme e le interpretazioni del battesimo sono diverse e, in qualche caso, difficilmente conciliabili, sia perché non tutte le chiese riconoscono come valido il battesimo celebrato in chiese diverse dalla propria, mentre ce ne sono altre che riconoscono una sola forma di battesimo, indipendentemente dalla chiesa che lo celebra. Quindi il battesimo ci unisce e ci divide: è uno dei tanti paradossi che accompagnano la nostra esistenza come Chiese divise.

Neppure ci può molto consolare il fatto che il problema non è nuovo, è antico. Si pose già nella Chiesa dei primi secoli, in due modalità e in due contesti diversi. Nel contesto della «grande Chiesa» (quella maggioritaria, vittoriosa sull’arianesimo, sul donatismo e su altre tendenze giudicate eterodosse) si discuteva se il battesimo amministrato in una comunità giudicata eretica, ma pur sempre cristiana, dovesse essere ripetuto quando l’«eretico» entrava nella «grande Chiesa», oppure dovesse essere considerato valido, e quindi non ripetuto. Nel contesto invece della Chiesa donatista si negava che fosse valido il battesimo amministrato da un sacerdote della «grande Chiesa», giudicato però indegno (perché durante la persecuzione aveva dissimulato o rinnegato, almeno esteriormente, la fede), e quindi chi, battezzato da quel sacerdote nella «grande Chiesa», passava alla Chiesa donatista veniva ribattezzato.

Ma contro la ripetizione del battesimo si pronunciarono, con una legge civile riportata nel Codice di Giustiniano, gli imperatori Onorio e Teodosio, che decretarono addirittura la pena di morte per chi ribattezzava una persona già battezzata! Non si sa, a dire il vero, se e quanto questa legge sia stata concretamente applicata. Si può però presumere che abbia contribuito, almeno come minaccia, a dissuadere chiunque dalla pratica del ri-battesimo e a rendere il battesimo dei bambini l’unica forma di battesimo praticata nella società cristiana europea (tranne, s’intende, che nel caso di popoli pagani che diventavano cristiani). La reazione venne nel XVI secolo con il movimento anabattista, che, sfidando una tradizione millenaria, negava qualsiasi valore al battesimo dei bambini, e quindi ribattezzava le persone che così erano state battezzate e aderivano alle loro comunità. Gli anabattisti sono stati duramente perseguitati da tutte le «chiese stabilite», comprese quelle della Riforma. Molti sono stati messi a morte: il loro martirio è stato uno dei maggiori della storia cristiana.
Il giudizio dei Riformatori sugli anabattisti è stato pesante e, per quanto concerne la questione battesimale, ingiusto, nel senso che i Riformatori non sono stati in grado di riconoscere le ragioni evangeliche della posizione degli anabattisti, anche se la loro teologia del battesimo poteva e può essere messa in discussione. C’erano naturalmente altre questioni che spiegano il giudizio negativo della Riforma sull’Anabattismo; in particolare c’era quella che possiamo chiamare l’astinenza politica degli anabattisti, che li induceva a rifiutare qualunque coinvolgimento nella gestione della cosa pubblica, che essi consideravano «fuori della perfezione di Cristo», e dunque, secondo loro, compromettente per un cristiano. I Riformatori criticavano, credo giustamente, questo atteggiamento e vedevano nell’anabattismo – per riprendere una espressione di Lutero – «un nuovo monachesimo». Ma questa è un’altra questione, rispetto a quella che stiamo trattando: il battesimo che gli anabattisti praticavano – quello dei credenti – non solo su coloro che non erano ancora battezzati, ma anche su coloro che erano stati battezzati da bambini. Le Chiese battiste hanno ripreso, a partire dalla fine del Cinquecento, l’idea e la prassi anabattista, che si è poi affermata nei secoli successivi anche in altre Chiese dell’evangelismo moderno.

Ora la nostra lettrice nota giustamente che alla base del battesimo praticato su un adulto battezzato da bambino c’è il mancato riconoscimento di questo battesimo, e si pone di conseguenza una serie di domande, a cominciare da questa: quali Chiese riconoscono il battesimo impartito dalle altre? Ecco la risposta. La Chiesa cattolica, ufficialmente, riconosce tutti i battesimi, dovunque e da chiunque celebrati (quindi anche quelli celebrati nelle Chiese evangeliche, di qualunque tipo), purché lo siano «con acqua e nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». La stessa posizione è sostenuta dalla Comunione anglicana e dalle Chiese luterane, riformate (la Chiesa valdese è una di queste) e metodiste. Le Chiese ortodosse invece sono restie a riconoscere i battesimi celebrati fuori dalle Chiese Ortodosse. Le Chiese battiste, avventiste, dei Fratelli, pentecostali di tutte le tendenze, e altre ancora – cioè tutte le Chiese che praticano solo il battesimo dei credenti – non riconoscono il battesimo dei bambini, da qualunque chiesa (cattolica, evangelica o ortodossa) venga celebrato. Per queste Chiese chi è battezzato da bambino non è battezzato. Questo non significa che non sia cristiano, significa che – secondo queste Chiese – è un cristiano non battezzato. Altro paradosso, perché se si può essere cristiani senza essere battezzati, vuol dire che il battesimo non è costitutivo dell’essere cristiani.

Il problema, insomma, esiste ed è abbastanza serio. È chiaro che le Chiese che praticano solo il battesimo dei credenti e riconoscono solo quello come unica forma valida di battesimo cristiano, hanno una teologia del battesimo diversa da quella delle Chiese che praticano anche il battesimo dei bambini. La diversità è tale da rendere finora impossibile un accordo. La situazione pareva bloccata quando, nel 2002, un teologo battista inglese, Paul S. Fiddes, ha pubblicato un saggio in cui il battesimo viene visto non tanto con evento in sé concluso, ma come processo che in realtà dura tutta la vita ed è messo in moto dal «Sì» divino della grazia (battesimo dei bambini), ricevuto e confessato dal «Sì» umano della fede (battesimo dei credenti). Entrambi hanno il loro senso e possono coesistere nella comunità cristiana, interpellandosi a vicenda. La proposta di Fiddes può, mi sembra, sbloccare la situazione e aiutarci a superare una divisione secolare che riguarda proprio il fondamento della vita cristiana.


Tratto dalla rubrica Dialoghi con Paolo Ricca del settimanale Riforma del 28 gennaio 2011

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lunedì 7 febbraio 2011

NUOVO DIZIONARIO PATRISTICO E DI ANTICHITA' CRISTIANE: QUARTO VOLUME


Nuovo Dizionario Patristico
e di Antichità Cristiane
diretto da Angelo Di Berardino

MARIETTI 1820

I edizione 1988
II edizione aggiornata e aumentata 2010
Casa Editrice Marietti - Genova-Milano


- Pagine: 144.

Tavole Cronologiche e Sinottiche
Indice Analitico
Carta delle principali sedi episcopali
nel tardo antico


dalla III di copertina:
L'ambito cronologico coperto dal Dizionario si estende dal I secolo d.C. fino al termine dell'etàpatristica e all'affermarsi del cristianesimo diepoca più propriamente medievale: per l'Occidente fino a Beda (ca. 673-735)e per l'Oriente greco fino a Giovanni Damasceno(ca. 675 - ca. 749). Per le altre aree cristiane(siriaca, copta, etiopica, georgiana e armena), in alcuni casi concreti, i criteri cronologici sonostati più elastici in ragione dell'evangelizzazionedi tali aree e della particolare natura degli scritti e delle traduzioni in queste lingue.Le voci che compongono il Dizionario sono state scelte con la preoccupazione di riflettere nellospettro più ampio possibile la ricchezza e la varietà di aspetti dell'epoca patristica.Esse includono personaggi, dottrine, correnticulturali, vicende storiche e dati geografici, elementi liturgici e di spiritualità, realizzazioniartistiche e testimonianze archeologiche.I lemmi, disposti per ordine alfabetico,risultano facilmente reperibili.Argomenti e temi di maggior rilievo hanno richiestouna suddivisione interna delle singole voci, per permettere un approccio differenziatoe una più celere utilizzazione.Il Dizionario è diviso in tre volumi: il primo con le voci comprese nelle lettere A-E, il secondo con le voci comprese nelle lettere F-O, e infine il terzo con le voci comprese nelle lettere P-Z.

Il presente volume, che completa l'opera, contienele tavole cronologiche e sinottiche dell'antichitàcristiana e l'indice analitico di tutti e tre i volumidel Dizionario. È inoltre arricchito da una carta delle principali sedi episcopali nel tardo antico,con il relativo indice dei luoghi.




tratto dal sito:
www.mariettieditore.it

IL LIBRO

L’interesse per l’antichità cristiana e i Padri della Chiesa è andato crescendo dopo la prima edizione del “Dizionario patristico e di antichità cristiane (=DPAC), che ha riscosso un ispirato successo sia in italiano che nelle diverse altre traduzioni (spagnolo, inglese, francese e portoghese). La nuova edizione è frutto della continuata collaborazione tra l’Istituto Patristico Augustinianum e l’Editrice Marietti che nel frattempo ha pubblicato i volumi IV e V della Patrologia.

L’opera colmava veramente un vuoto; ora dopo ventitré anni dalla prima edizione gli editori hanno sentito l’esigenza non di una semplice ristampa, poco convincente in questo genere di opere, ma di qualcosa di diverso e di nuovo.

Rispettando la stessa struttura e lo stesso taglio della prima edizione, si è proceduto a un radicale rifacimento.

L’aggiunta di “Nuovo” (=NDPAC) a questa edizione vuole indicare la continuità con l’opera precedente e l’intervento operato in profondità mediante una completa revisione del già esistente,

con numerose aggiunte, non solo bibliografiche, di altri lemmi e con sostituzioni di alcuni con una nuova redazione da parte di un diverso autore oppure con rifacimento di altri.


I primi tre volumi del
Nuovo Dizionario Patristico
e di Antichità Cristiane
erano stati presentati su questo blog
in data: Domenica 16 novembre 2008.

venerdì 4 febbraio 2011

LA PREZIOSA RISORSA DELLA PREGHIERA

ALL'INCROCIO DELLE STRADE


Signore, avrei un gran bisogno del tuo aiuto,
perché il pericolo appare grande.
Ecco perché mi sono fermato
all'incrocio delle strade
e guardo con apprensione quanto succede;
mi sento sollevato dalla preghiera
e posso proseguire il mio cammino.
Ci incontreremo lungo la via,
Signore.


Juan Marco Rivera,
Porto Rico



tratto da:

Comitato Italiano per la CEVAA,

In Attesa del Mattino,

raccolta di testi di fede,
a cura di Renato Coïsson.


Stampato ma non pubblicato,
Torre Pellice, 1991,

p. 23.


giovedì 3 febbraio 2011

FARE MEMORIA PER CAPIRE

Ebrei e valdesi: storia d'Italia
di Giorgio Tourn

Menorah
Il giorno della memoria è entrato ormai nel calendario ed è bene che lo sia tenendo conto delle manifestazioni di intolleranza, di xenofobia e non di rado di antisemitismo che è dato vedere nell’Europa odierna. Su questo tema però sarà bene avviare un giorno una riflessione più approfondita che superi il clima emotivo sentimentale partecipativo di questa circostanza e porsi due interrogativi. La solidarietà con la comunità ebraica nazionale è indubbiamente un dato positivo e sarebbe sciocco svalutarla nel nome di qualche altra posizione ma è il caso di andare oltre e riflettere sui problemi che stanno alla base della terribile vicenda di cui si fa memoria.

Il primo di ordine generale, e per questo associamo alla comunità ebraica anche quella valdese, si può esprimere in questi termini: le vicende drammatiche, dolorose, di cui furono oggetto non sono in primo luogo espressione della loro identità ma di quella della nazione. La storia delle persecuzioni, delle repressioni e dei massacri non è storia loro, ma dell’Italia. E l’Italia non è solo il luogo geografico in cui queste minoranze hanno vissuto e sofferto ma quella che li ha fatti soffrire. Commuoversi per le discriminazioni degli ebrei italiani sotto il regime fascista è essenziale come disciplina interiore, ma le leggi razziali non sono venute dal cielo, non sono calamità naturali, sono espressione della cultura e della coscienza (o mancanza di coscienza) degli italiani.
Lux lucet in tenebris
Giorno della memoria significa non solo fare memoria della Shoah come evento, ma in primo luogo del fatto che è stato il termine inevitabile di ciò che ha preceduto quell’evento e quello che ha preceduto non è storia degli ebrei ma degli italiani. Si sia trattato di fascisti antisemiti, di fascistizzati per interesse, di indifferenti, di timidi ecc. ecc.

Questa considerazione conduce al secondo problema. Il caso ebraico non è un unicum nella nostra cultura è piuttosto la norma; il fatto che si debba fissare un giorno della memoria non è casuale: l’italiano non elabora la memoria, serba qualche ricordo e rimuove. La memoria è il frutto di una lunga elaborazione critica dei ricordi, significa sottoporli ad analisi, verifiche e spesso giungere a pronunciare giudizi su se stessi, fare cioè quanto detto prima: riappropriarsi della vicenda in cui si è stati coinvolti e non ribaltarla sugli altri. La nostra cultura è quella dell’oblioso silenzio, di un perdonismo inteso come cancellazione assolutoria, che non conosce, o raramente conosce, il pentimento. E’ sufficiente analizzare con serietà le vicende del fascismo, delle guerre, del terrorismo per rendersi conto di quanto siamo lontani dall’elaborazione di una autentica memoria.

25 gennaio 2011


tratto dal sito:

www.chiesavaldese.org

mercoledì 2 febbraio 2011

UN PENSIERO MERAVIGLIOSO

INVENTARE COSE NUOVE

Non sono capace d'inventare cose nuove
come aeroplani
che si muovono su ali d'argento.
Ma oggi, all'alba,
ha avuto un pensiero,
un pensiero meraviglioso,
e le parti più lise
del mio vestito
sono diventate a un tratto belle,
splendenti per una luce
che cadeva dal cielo,
chiare come oro e argento,
come bronzo,
finestre illuminate dal cielo.
Il pensiero era questo:
che un piano segreto
è nascosto nella mia mano,
e la mia mano è grande,
grande a motivo di questo progetto.
Che Dio, presente nella mia mano,
conosce il piano segreto,
il progetto di quanto
egli vuol fare per il mondo
mediante la mia mano.


Tojohiko Kagawa
da "Il candeliere"


tratto da:
Comitato Italiano per la CEVAA,
Al di là delle barriere,
stampato ma non pubblicato, Trieste, 1995, p. 97,
raccolta di testi a cura di Renato Coïsson.