Io
sono il SIGNORE, il tuo Dio, che
ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non
avere altri dèi oltre a me
Nel
leggere i Dieci Comandamenti è importante, anzi fondamentale,
partire dalle parole che li precedono, il cosiddetto prologo,
ovvero i vv. 1 e 2 di Esodo 20: «Io sono il Signore, il tuo Dio, che
ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù».
Solo dopo aver detto queste parole Dio dona i comandamenti.
Queste
parole sono una sorta di presentazione: Dio si presenta, dice chi
egli è: egli è il Dio che ha liberato Israele dall'Egitto. È
il Dio liberatore che dona i comandamenti ed è il popolo liberato
che li riceve. Questo fatto ci
guida nella comprensione di tutti e dieci i comandamenti. Se leggendo
i Dieci Comandamenti, perdiamo di vista questo fatto, rischiamo di
fraintenderli: è il Dio liberatore che dona i comandamenti
ed è il popolo liberato che li riceve.
Il Dio di Israele e di Gesù Cristo
è il Dio liberatore. Dio libera dalla schiavitù, dal peccato, dal
male.Tutto ciò che invece porta alla
schiavitù, spinge al peccato, provoca il male, è quindi contrario
alla volontà di Dio. Persino la religione, quando anziché liberare
le coscienze le lega, le rende schiave, è contraria alla volontà di
Dio, che è volontà di liberazione.
Dunque, Dio dona i dieci
comandamenti al popolo di Israele dopo averlo liberato dalla
schiavitù in cui era tenuto in Egitto. Siamo nel deserto, sul monte
Sinai. Israele sta facendo dunque quel lungo cammino che dall'Egitto
lo porterà nella terra promessa, da dove Giacobbe e i suoi figli
erano partiti molti anni prima.
Israele non è più schiavo; dunque
- potremmo dire - è libero. Ma la libertà non è solo assenza di
schiavitù. Non essere più schiavi non vuol ancora dire essere
liberi. Per essere veramente liberi, a Israele mancano ancora due
cose.
Innanzitutto un luogo dove
essere liberi, perché il deserto non è un luogo dove si possa
vivere. A Israele manca una casa, la sua casa, la terra che era stata
promessa già ad Abramo e dove Giacobbe e la sua famiglia avevano
vissuto. Ma un luogo dove poter vivere la
propria libertà non basta ancora. Non è sufficiente perché
Israele sia e rimanga veramente libero. L'altro elemento che ancora
manca a Israele per essere libero è la legge.
E non intendo solo i dieci
comandamenti; anche se essi sono la parte più conosciuta della legge
di Israele, la legge è molto di più dei dieci comandamenti. È
tutto un complesso di indicazioni e di norme civili e religiose che
devono dare un'impronta al popolo di Israele, che lo rendono il
popolo particolare di Dio.
Noi
leggiamo poco la legge, ma alcune sue parti dovrebbero essere
meditate di più anche dai cristiani. Sappiamo del resto che lo
stesso termine legge è fuorviante: gli ebrei chiamano i primi cinque
libri della Bibbia, Torah,
cioè insegnamento.
La
Torah, che Dio dà a Mosè sul Monte Sinai, da
un lato è il contenuto del patto, che Dio ha proposto al popolo poco
prima di dargli i dieci comandamenti. Nel capitolo precedente, Esodo
19, tutto
il popolo ha accettato solennemente il patto e ha detto: “Noi
faremo quello tutto che il Signore ha detto”.
D’altro lato la Torah è un
insegnamento che riguarda proprio la libertà: potremmo dire che i
comandamenti sono le istruzioni per l'uso della libertà. Il
libretto di istruzioni che accompagna questa difficile cosa che è la
libertà, che Israele non si è conquistata ma ha ricevuto in dono da
Dio.
E come un dono è la libertà, un
dono è anche la Torah, cioè le sue istruzioni per l'uso.
La libertà è un grandissimo dono,
ma vivere la libertà non è affatto facile, la libertà va sempre di
nuovo imparata. Attraverso i
comandamenti, Dio diventa quindi maestro di libertà.
Dopo aver donato a Israele
la libertà, gli insegna a usarla e soprattutto a mantenerla, a
rimanere libero.
Il pericolo di ricadere in schiavitù
è sempre in agguato; dopo essere stati schiavi degli egiziani, ora
gli israeliti rischiano altri tipi di schiavitù, sia spirituale –
come ad esempio l'idolatria – sia materiale - la povertà poteva
costringere un ebreo che cadeva in miseria, per esempio a causa di
una siccità, a vendersi come schiavo a un fratello ebreo.
La schiavitù causata dalla povertà
continua a essere tragicamente attuale, e lo vediamo dal numero di
persone che arrivano sulle nostre coste. Molti di loro fuggono dalla
guerra, ma altri semplicemente dalla miseria.
Queste
parole che precedono i comandamenti ci dicono che tutti i “Non” -
cioè tutti i limiti – che i comandamenti pongono al comportamento
degli israeliti non sono lì per limitare la libertà del popolo o
dei singoli, ma anzi per salvaguardare la libertà di tutti
i membri del popolo, in particolare dei più deboli,
che tutta la legge di Israele difende dagli abusi dei più forti.
I più forti vivrebbero forse meglio
senza legge, perché laddove non c'è una legge che regola la vita
comune, è il più forte a fare la legge come piace a lui. Ma Dio che
ha liberato il suo popolo dalla schiavitù, non vuole che i membri
del suo popolo ridiventino schiavi, magari gli uni degli altri.
E così dona loro la legge, la
Torah, le istruzioni per l'uso della libertà. I “NON” che Dio
pronuncia, i limiti che pone, non diminuiscono la libertà del
popolo, ma sono come degli steccati che impediscono di deragliare, di
andare fuori strada, cioè di ricadere in qualche modo nella
schiavitù.
“Io sono il Signore, il tuo Dio,
che
ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù...”.
È questo Dio liberatore che ha dato i comandamenti a Mosè e che ha
inviato il suo figlio Gesù in mezzo a noi.
Vale la pena dunque rileggere e
ripensare queste antiche parole, attualizzarle, mettendosi alla
scuola di libertà del liberatore.
«Non
avere altri dèi oltre a me»
Questa premessa ci introduce e ci
spiega già in parte il primo comandamento: «Non avere altri dèi
oltre a me». Dio ci chiede di non avere altri dèi perché lui solo
è il Dio della libertà; lui solo è il Dio che dona libertà.
Adorando altri dèi si cade invece nella schiavitù.
Questo comandamento vuole evitare
che cadiamo nell’idolatria. Questo è un pericolo molto presente
ancora oggi, non solo ai tempi della Bibbia.
Allora gli idoli erano statue o
oggetti che gli esseri umani si costruivano per rappresentare una
qualche divinità, oggi gli idoli non sono costruiti di materia ma
esistono: la ricchezza o il denaro (“Mammona”, come dice Gesù) è
uno degli idoli più forti e subdoli ora come allora.
Il possedere cose su cose, o sempre
l’ultima uscita del mercato è un idolo molto diffuso nella nostra
società capitalistica dove regna sovrano il mercato.
E poi altri idoli sono la sete di
successo, di fama, di popolarità. L’essere “leader” del
gruppo o del branco, tentazione molto forte a ogni età. Il lavoro
può diventare un idolo. Ma in ultima analisi l’idolo vero che c’è
dietro tutti questi idoli e tutti questi comportamenti è l’ “io”.
Se la mia vita è orientata a soddisfare i miei bisogni e i miei
desideri e a nient’altro, questa è idolatria, idolatro me stesso.
A volte invece in situazioni
tragiche della vita – lutti, malattie, depressioni – c’è chi
per disperazione si rivolge a oroscopi, guaritori, maghi, santoni di
varia specie. Il primo comandamento ci avverte e ci dice che lì non
troveremo né guarigione, né libertà dalle nostre angosce.
Il primo comandamento non va inteso
in senso dottrinale, ma esistenziale. È un’indicazione per
un’esistenza libera.
Lutero lo aveva capito molto bene e
nel suo “Grande Catechismo” dà un'interpretazione molto
esistenziale di che cosa dobbiamo intendere con il termine “Dio”:
“Che significa “avere un Dio”
o che cos’è “Dio”? risposta “Dio” significa: ciò da cui
ci si deve attendere ogni bene e presso il quale si deve cercare
rifugio in ogni avversità. Dunque “avere un Dio” non significa
altro che confidare e credere in lui di cuore, … poiché fiducia e
fede del cuore rendono tali sia Dio che l’idolo. Se la fede e la
fiducia sono ben riposte, allora anche il tuo Dio è quello vero; e
viceversa, dove la tua fiducia è sbagliata e mal riposta, lì non è
il vero Dio. Infatti le due cose, fede e Dio, vanno insieme. Ciò da
cui … il tuo cuore dipende e a cui si affida, quello è,
propriamente, il tuo Dio”.
Il primo comandamento è come un
cartello indicatore che si trova a un bivio della vita di ogni
credente. Da un lato si va verso la libertà, dall’altro verso la
schiavitù. Se poniamo la nostra fiducia e fondiamo la nostra vita su
qualcosa altro che non sia Dio diventiamo schiavi, se non altro delle
nostre illusioni e degli idoli che ci auto-costruiamo. Se invece
poniamo la nostra fiducia e fondiamo la nostra vita sul Dio di
Israele e di Gesù Cristo siamo liberi.
1 commento:
Buongiorno,sono Giuseppe.Voglio manifestare gratitudine e domandare
Una Preghiera affinché come chiaramente spiega questa riflessione biblica,il Signore ci conceda di percorrere i Suoi sentieri e non permetta che ci smarriamo in false attrazioni.
Grazie ancora e Buona Festa della Visitazione di Maria
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