giovedì 14 gennaio 2016

Predicazione di domenica 10 gennaio 2016 su Efesini 3,2-6 a cura di Marco Gisola

Senza dubbio avete udito parlare della dispensazione della grazia di Dio affidatami per voi; come per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui più sopra vi ho scritto in poche parole; leggendole, potrete capire la conoscenza che io ho del mistero di Cristo. Nelle altre epoche non fu concesso ai figli degli uomini di conoscere questo mistero, così come ora, per mezzo dello Spirito, è stato rivelato ai santi apostoli e profeti di lui; vale a dire che gli stranieri sono eredi con noi, membra con noi di un medesimo corpo e con noi partecipi della promessa fatta in Cristo Gesù mediante il vangelo.

L’Epifania non è una festa tenuta in grande considerazione nelle nostre chiese, anche se gli storici ci dicono che come festa è più antica del Natale stesso. Ma dato che il nostro lezionario prevede anche questo culto, vi propongo il testo che il lezionario suggerisce per la festa dell’Epifania.
L’epifania ricorda la visita dei magi a Gesù. È l’evangelista Matteo (2,1-12) che ci ha tramandato il racconto della visita dei magi di oriente al neonato Gesù; sono loro che scatenano la gelosia del re Erode, dicendogli di essere in cerca del re dei Giudei, gelosia che porterà Erode a decidere la cosiddetta strage degli innocenti.
Come avete sentito, nel racconto di Matteo non ci sono alcuni aspetti della tradizione che ci è stata tramandata sui magi: Matteo non dice che i magi siano tre, numero che probabilmente la tradizione ha tratto dal fatto che i doni che essi portano a Gesù sono tre: oro, incenso e mirra. E non dice che i magi siano re. Essi erano piuttosto dei saggi che si dedicavano all’astronomia, allo studio degli astri, ed infatti arrivano a Betlemme guidati da una stella.
Che significato ha questa strana storia che troviamo nel vangelo di Matteo? Che ruolo hanno questi misteriosi personaggi che vengono da lontano, da regioni pagane, per rendere omaggio a Gesù? Quello che è importante in questo racconto è che persino degli stranieri, persino dei pagani, anzi potremmo dire dei pagani prima degli altri, vengono ad adorare Gesù.
Questo racconto ha un alto valore simbolico: ad adorare Gesù, secondo il vangelo di Matteo, arrivano per primi dei pagani. Già nella stalla di Betlemme si anticipa ciò che accadrà più tardi: non solo i giudei, ma anche i pagani crederanno in Gesù.
L’unione di giudei e pagani in Cristo è uno dei temi principali della lettera agli Efesini, in cui si trova il testo di predicazione di oggi, ed il passo di oggi parla proprio di questo, in particolare il verso 6, in cui si dice che: «gli stranieri sono eredi con noi - dove noi indica i giudei -, membra con noi di un medesimo corpo e con noi partecipi della promessa fatta in Cristo Gesù».
Paolo parla ovviamente da ebreo e gli stranieri indicano i pagani, e quindi “con noi” significa” i pagani insieme con noi ebrei.
Gesù è venuto per tutti. Questo è il senso sia del racconto della visita dei magi a Gesù, sia il senso del brano della lettera agli Efesini.
Accettare l’universalismo, cioè che Gesù è venuto per tutti, è stato la sfida principale del cristianesimo primitivo. Era facile pensare, ed alcuni lo pensavano, che appartenere al popolo di Gesù, al popolo ebraico, potesse costituire un privilegio anche davanti a Gesù; ed era facile pensare che Gesù fosse venuto solo per il popolo ebraico.
Fu però giudicata vera l’altra strada, quella, appunto, dell’universalismo: il messaggio di Gesù Cristo è per tutti; nessuno davanti a lui ha privilegi e nessuno è svantaggiato, tutti sono uguali, perché davanti a Gesù nessuno ha dei meriti, si parte tutti da zero; Cristo rende tutti uguali. Per noi questo è scontato, quasi banale, ma se allora non fosse stata scelta questa strada, probabilmente oggi noi non saremmo cristiani.
Nei versi precedenti a quelli che abbiamo letto, l’apostolo aveva parlato del muro di separazione tra giudei e pagani, muro che Cristo ha abbattuto, facendo dei due popoli un solo popolo. E nel passo che abbiamo letto, l’autore dice di aver ricevuto il compito di annunciare questo evento ai pagani, di predicare loro quello che fino ad allora era un mistero e che Cristo ora ha rivelato: in lui Dio ha deciso di rivelarsi a tutti, compresi i pagani.
Il mistero che è stato rivelato è che ora non c’è più nessuna appartenenza, nessuna legge, nessuna tradizione, non c’è più niente di niente che costituisca né un privilegio, né un ostacolo per la fede. Non è un privilegio, né una garanzia appartenere al popolo di Gesù e non è un ostacolo non appartenervi: davanti a Dio, davanti a Gesù siamo tutti uguali, nel senso che tutti non abbiamo nulla da offrire.
E non è un caso che l’autore di questa lettera insista molto anche su un altro tema, quello della giustificazione per sola grazia di Dio in Cristo. Perché è questo che fonda l’uguaglianza di tutti davanti a Dio; siamo tutti uguali perché siamo tutti poveri e nudi davanti a Dio, perché nessuno di noi ha qualcosa da offrire, ma solo da ricevere.
Da Dio possiamo solo ricevere la sua grazia e non abbiamo nulla da offrire in cambio: è stata questa la rivoluzione che ha reso possibile che Cristo dei due popoli, quello giudeo e quello pagano, ne facesse uno solo; è stato questo che ha reso possibile che stranieri e giudei fossero eredi insieme, membra di un medesimo corpo e partecipi insieme della promessa fatta in Cristo.
Ciò che si era prima non conta più, perché in Cristo non conta ciò che si è, ma conta ciò che si diventa. In Cristo non conta ciò che si ha, conta ciò che si riceve.
Questo è quello che ha fatto diventare il cristianesimo una fede universale, che ha abbattuto non solo il muro di separazione tra giudei e pagani, ma anche tutti gli altri muri di separazione tra tutte le altre categorie umane: Paolo nella lettera ai Galati dice che in Cristo non ci sono giudei e pagani, uomini e donne, nemmeno schiavi e liberi, ma che tutti siamo uno in Cristo.
Questo è l’evangelo, che spesso le chiese non hanno saputo e non sanno vivere fino in fondo, costruendo dei muri là dove Cristo li aveva abbattuti.
Guardiamo in casa nostra e pensiamo a quello che è successo il secolo scorso nella chiesa riformata del Sudafrica con l’apartheid. Chiese di bianchi e chiese di neri, nettamente separate, perché i bianchi si consideravano superiori, nella società e nella chiesa. Pensiamo alla discriminazione razziale che c’era legalmente negli Stati Uniti, piena di chiese protestanti.
Grazie a Dio, in queste situazioni in cui le chiese tradivano la loro vocazione di essere chiese per tutti, credenti come Nelson Mandela in Sudafrica e Martin Luther King negli Stati Uniti hanno saputo vivere questo universalismo, spesso predicato, ma non sempre – o forse raramente – vissuto fino in fondo.
E, per menzionare un altro muro che i credenti hanno eretto laddove Cristo lo aveva abbattuto, pensiamo al ruolo delle donne nelle chiese. In molte chiese esse non possono accedere ai ministeri e anche nella nostra chiesa ci si è arrivati solo cinquant’anni fa.
Oggi è al centro del dibattito di tutte le chiese il diritto delle persone omosessuali di essere accettati come credenti uguali a tutti gli altri. A mio parere, questo è un altro muro che è stato costruito nei secoli e che ha tenuto al di fuori del perimetro delle chiese molti credenti, facendoli anche sentire in colpa per quello che sono.
La storia dei magi non è un bel racconto per bambini e le parole della lettera agli Efesini non sono riflessioni che riguardano la situazione della chiesa antica, ma sono parole bibliche che ci dicono che l’evangelo è per tutti e che tutti sono uguali davanti all’evangelo.
“Con noi” sono le parole chiave di questo brano: gli stranieri sono eredi con noi, membra con noi di un medesimo corpo e con noi partecipi della promessa fatta in Cristo Gesù mediante il vangelo.
Altri con noi, uguali a noi; altri credenti con noi, uguali a noi. Non altro conta che non sia la fede in Cristo dono della grazia di Dio, che abbatte tutti i muri e apre le porte a tutti ugualmente, come è accaduto con i magi d’oriente, che rappresentano tutti quelli che prima erano esclusi e ora sono accolti, anzi chiamati, che rappresentano tutti i diversi, che ora sono uguali, tutti i lontani che ora sono vicini.
Questo è il mistero, di cui parla Paolo, che è stato rivelato nell’evangelo e che anche noi siamo chiamati a vivere e testimoniare.

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