giovedì 1 settembre 2016

Predicazione di Massimliano Zegna di domenica 28 agosto 2016 su Luca 17,11-19 (traduzione della predicazione tenuta in piemontese)

Dall'Evangelo secondo Luca (capitolo 17 versetti 11-19)

Nel recarsi a Gerusalemme, Gesù passava sui confini della Samaria e della Galilea. Come entrava in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, i quali si fermarono lontani da lui, e alzarono la voce, dicendo: “Gesù, Maestro, abbi pietà di noi!” Vedutili, egli disse loro: “Andate a mostrarvi ai sacerdoti”.
E mentre andavano, furono purificati. Uno di loro vedendo che era purificato, tornò indietro, glorificando Dio ad alta voce; e si gettò ai piedi di Gesù con la faccia a terra, ringraziandolo; ed era un samaritano. Gesù, rispondendo, disse: “I dieci non sono stati tutti purificati? Dove sono gli altri nove? Non si è trovato nessuno che sia tornato per dar gloria a Dio tranne questo straniero?” E gli disse: “Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato”.


Sarebbe piaciuto molto al nostro Tavo Burat questo racconto dei dieci lebbrosi che si trova soltanto nell' Evangelo di Luca.
Lo dico con una certa sicurezza perché Tavo in modo evangelico amava tutto quanto era considerato piccolo, minoritario, emarginato, debole.
E poi come Gesù anche Tavo amava viaggiare e conoscere cose e persone nuove. Ci sono due letture che in genere si possono dare agli Evangeli specialmente nei brani dove vi sono parabole in cui l'interpretazione non è sempre chiara e comprensibile per le nostre orecchie che leggiamo questi testi duemila anni dopo.
La prima lettura è quella di carattere letterale ossia quanto viene scritto può essere interpretato parola per parola senza alcuna interpretazione. La seconda lettura che è quella che sosteniamo noi cristiani valdesi protestanti, quella storico critica ossia una interpretazione derivata dal fatto che gli usi e i costumi sono naturalmente modificati rispetto a chi ha scritto i testi duemila anni fa.

Noi riconosciamo però che l'intera Bibbia ha avuto una ispirazione divina e proprio dalla Sacra Scrittura dobbiamo attingere evitando quelle che sono state interpretazioni successive soprattutto da parte della chiesa cattolica ufficiale.
Quanto sto dicendo potrebbe sembrare contradditorio: i protestanti dicono di aver fede nella “Sola Scriptura” (che significa di avere come base di riferimento soltanto i testi biblici) e poi dicono di adottare il metodo storico critico nell'interpretazione dei testi.
Secondo me non vi è contraddizione in quanto la lettura attenta di un testo antico non significa non tenere conto dei mutamenti che vi sono in ogni società, in ogni popolo e in ogni epoca. Significa semplicemente depurarlo da ogni descrizione paesaggistica, temporale o di costume ma cogliere sempre i significati essenziali.
All'epoca di Gesù ad esempio non c'erano né i computer, né gli aerei, né le automobili, né i telescopi però tutto quanto abbiamo oggi ci allontana o ci avvicina a Dio?

Secondo me può essere sempre più difficile avere fede perché si è distratti da tutto quanto succede nel mondo, giorno dopo giorno, e perché ci sono troppi idoli e vitelli d'oro da adorare. E per idoli non intendo solo i famosi personaggi del nostro tempo (cantanti, attori, artisti, calciatori ecc.) ma mi riferisco anche alla ricchezza fine a stessa che fa accumulare oggetti di puro valore materiale senza più tener conto di quanto giorno dopo giorno si può assimilare in termini di nuove conoscenze.

Prima dicevo di quanto è cambiato il mondo grazie ai computer, alle automobili, agli aerei, ai telescopi però se qualcuno si fermasse agli oggetti in sé potrebbe acquistare auto sempre più veloci, computer sempre più innovativi, telescopi sempre più potenti ma se non apprezza quello che recano in sé questi nuovi oggetti ossia la possibilità di visitare con un'auto sempre più nuovi territori, la possibilità attraverso il computer di avere sempre più nuove conoscenze, non riuscirebbe a vivere tutte le opportunità che ci può dare il mondo attuale.
Però anche scienziati che hanno fatto scoperte meravigliose di nuovi pianeti e di nuovo mondi nell'universo si fermano quando si arriva al punto di scoprire chi è Colui che ha dato vita o acceso il motore di tutto questo.
Quando studiavamo il catechismo e ci dicevano che Dio poteva conoscere tutto e tutti rimanevamo meravigliati ma tutto questo era avvolto nel mistero. Al giorno d'oggi possiamo comprendere qualcosa in più e possiamo capire come si possa avere più monitor accesi contemporaneamente con le immagini provenienti dai cinque continenti oppure dialogare attraverso internet e i social network con persone di ogni parte del mondo.
Per me la scienza e la conoscenza ha significato un modo nuovo e straordinario di approcciarmi a Dio.
Ma ritornando al passo evangelico che volevo trattare oggi forse questo è un brano la cui interpretazione letteraria coincide con quella simbolica perché il racconto appare chiaro e lineare ancora oggi nella sua semplicità.
I lebbrosi sono uomini e donne colpiti da una gravissima malattia
nota sin dall’antichità: la lebbra è una malattia infettiva cronica che colpisce la pelle e i nervi del corpo, può procurare gravissime mutilazioni e attaccare anche gli organi interni. Il batterio della lebbra, difficile da debellare, si trasmette per via respiratoria o per contatto. Oggi si può curare ma è stata a lungo un terribile flagello per l’umanità.

Conosciuta sin dall’antichità, questa malattia infettiva è stata considerata nel passato come una forma di punizione divina a causa delle terribili mutilazioni e deformazioni che procura al corpo. Secondo le antiche religioni, infatti, i peccati dell’animo si ripercuotevano sul corpo, causandone così l’abbrutimento. Poiché erano ritenuti perseguitati dalle divinità, i soggetti affetti da lebbra venivano anche emarginati dalla società.
Nel Medioevo dopo l’esplosione di violente epidemie si decise, per limitare la diffusione di questa e di altre malattie contagiose, di isolare le persone malate. Furono allora costruiti i primi lazzaretti; dove venivano reclusi appestati e lebbrosi, mentre tutte le persone che presentavano deturpazioni del volto o del corpo dovevano indossare campanelli o sonagli per permettere agli altri viandanti di accorgersi per tempo della loro presenza e di allontanarsi al loro passaggio.
Fu solo alla fine dell’Ottocento che il medico norvegese Gerhard Hansen riuscì a identificare la causa della lebbra.

La lebbra ha ancora una certa diffusione, soprattutto nell’America Meridionale. L’Organizzazione mondiale della sanità parla di 4.000 morti e di mezzo milione di contagiati nel 2003. Per dire con certezza che il paziente ha la lebbra è importante ricorrere alla biopsia, cioè prelevare una piccola parte della pelle e al microscopio cercare il bacillo di Hansen. Nonostante questo sia stato individuato come causa della malattia sin dalla fine dell’Ottocento, soltanto nel 1945 furono scoperte le prime cure per la lebbra. La guarigione, se avviene, richiede tempi molto lunghi; è importante assumere diversi farmaci e a lungo.

Anche nel racconto evangelico i lebbrosi dovevano far sapere della loro presenza pur fermandosi lontano da lui ma alzando la voce per segnalare la loro presenza dissero: “Gesù. Maestro, abbi pietà di noi”.
Dopo che Gesù disse loro di recarsi dal sacerdote furono tutti purificati ma solo uno tornò indietro per ringraziarlo. E questi era l'unico straniero, il samaritano.
I samaritani erano una mescolanza di israeliti e di diversi popoli venuti in Israele dopo la caduta di Samaria che era la capitale delle dieci tribù. Samaria era caratterizzata dall'idolatria. Essi avevano conservato i loro usi pagani pur pretendendo di servire il Signore. Possedevano la legge di Mosè e avevano costruito un tempio sul Monte Garizim. La Samaria era una provincia nel centro della Palestina tra la Giudea e la Galilea all'epoca di Cristo. E infatti Gesù nel brano letto stava passando sui confini della Samaria e della Galilea nel recarsi a Gerusalemme. Non è la prima volta che Gesù si reca in Samaria. Al capitolo dieci (versetti dal 25 al 37) vi è una delle parabole più note dell'Evangelo di Luca quella del buon samaritano in cui si narra di un uomo che percorrendo la strada che da Gerusalemme va' a Gerico si imbatte in briganti che lo spogliano lo feriscono e lo lasciano a terra mezzo morto. Passa un sacerdote lo vede e passa sul lato opposto, passa un Levita (un servitore del tempio) e anche lui lo vede e passa sul lato opposto.
Poi arriva il Samaritano considerato uno straniero, un eretico e un miscredente, si ferma, ne ha pietà fascia le sue piaghe versando olio e vino. Poi lo porta sulla sua cavalcatura e lo conduce ad una locanda e si prende cura di lui. Poi dà perfino dei denari all'oste e gli dice che se l'uomo avesse avuto bisogno di qualcosa in più al suo ritorno avrebbe pagato la differenza.

Questa vicenda mi ha fatto venire in mente il tragico episodio in cui recentemente una donna viene uccisa a Roma dopo essere stata strangolata e bruciata. E nessuno si è fermato.

E' veramente una brutta situazione quando si ha bisogno di aiuto e nessuno ti ascolta.

Il significato della parabola è chiaro, perché Gesù ha parlato di che cosa vuol vogliono dire le parole della Legge: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua e il tuo prossimo come te stesso”. E a chi gli aveva chiesto chi fosse il prossimo, Gesù gli ha raccontato appunto questa parabola per dirgli che delle tre persone che avevano incontrato il malcapitato, chi aveva interpretato la legge di Dio nel modo giusto non era né il sacerdote né il levita ma quello che era considerato uno straniero e un miscredente.
Nel caso dei dieci lebbrosi non si dice di che località fossero gli altri nove lebbrosi ma l'unico che è tornato per ringraziarlo era proprio quello considerato il miscredente e lo straniero.
Il significato è chiaro in quanto Gesù ama le persone considerate più deboli ed anche più lontane dal luogo in cui si vive normalmente.
Questo non significa amare solo gli estranei o coloro che vivono con altre fedi religiose ma è un insegnamento anche per chi oggi si dice cristiano. Il messaggio secondo me è quello di amare non solo i nostri genitori, i nostri parenti, i nostri amici, coloro che hanno la nostra fede religiosa, quelli che parlano la nostra lingua o i nostri dialetti. Il modo per amare di più quelli che vivono normalmente insieme a te è proprio quello di amare anche quelli che sono più lontani.

Anche Tavo Burat quando faceva la sua predicazione in piemontese metteva sempre in rilievo che non riteneva la nostra lingua migliore delle altre ma invitava tutti ad esprimersi nel proprio modo di parlare per far sì che la comprensione fosse condivisa nel modo più semplice e migliore possibile.
Tavo conosceva molte lingue e in particolare il francese ma non invitava a conoscere il solo piemontese ma ad aggiungere ad esso altre conoscenze linguistiche (magari le più piccole o minoritarie come il gaelico) senza dimenticare le proprie radici.
La sua battaglia era contro ogni tipo di omologazione ma questo non significava perdere di vista l'universalità del messaggio evangelico.
La fratellanza è sempre stata la caratteristica del linguaggio cristiano e quando l'uomo giungerà in mondi ancora sconosciuti bisognerà estendere le proprie conoscenze magari a Marte, Venere, Saturno ammesso che vi siano esseri animati con cui possiamo dialogare o inanimati che possiamo conoscere ed ammirare.
Anche il Padre Nostro, la preghiera che Gesù ci ha insegnato, dice “Padre Nostro che sei nei cieli”, lasciando intendere che possono esserci più sistemi solari e quindi più mondi.
Partiamo però dalla terra, dalla regione in cui viviamo, amiamo le nostre montagne, amiamo i nostri cari e le persone che ci circondano ma non dimentichiamo mai che Gesù è vissuto in Medio Oriente per insegnarci che l'amore non ha confini; ha scelto di vivere in una delle terre più travagliate per farci capire che nell'ultima parte della Bibbia vi è una nuova Gerusalemme, ossia quella che oggi è una terra insanguinata ma domani, come si legge nel penultimo capitolo dell'Apocalisse “Le nazioni cammineranno alla sua luce e i re della terra vi porteranno la loro gloria. Di giorno le sue porte non saranno mai chiuse (la notte non vi sarà più)”.

Care sorelle, cari fratelli facciamo in modo che le porte delle nostre anime non siano mai chiuse per nessuno. Amen

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