A cura del dott. Libero Ciuffreda.
Direttore di oncologia medica del Coes
(Centro Oncologico ed Ematologico Subalpino).
Fa parte della Chiesa valdese di Chivasso.
Il tema della morte è molto impopolare per chiunque lo tratti. Ogni volta che mi trovo ad affrontarlo, come medico,oltre che come uomo, mi rendo conto delle difficoltà, talora laceranti che si scatenano. E’ altrettanto vero che è un tema che non si può nascondere o ignorare. Di fronte alla medicina tecnologica…( rianimazione, terapie intensive, trapianti...) le scelte si fanno sempre più difficili. Scelte che appaiono dedicate a pochi casi estremi, in realtà riguardano il destino di migliaia di persone sane che improvvisamente si ammalano (esiti di incidenti stradali…) o malate, affette da malattie oncologiche o croniche – degenerative. Nei Paesi sviluppati economicamente, la situazione socio assistenziale ha portato: progresso biomedico e biotecnologico; migliorate condizioni igienico sanitarie; invecchiamento della popolazione; cronicizzazione delle malattie, che sempre più curiamo ma non siamo in grado di guarire (tumori, Aids ecc.) In quasi tutte le persone alla fine della vita si pongono interrogativi: sospendere o meno itrattamenti? Che cosa avrebbe voluto quella persona se avesse potuto scegliere? E’ lecito interrompere la vita sia pure per porre fine a sofferenze intollerabili? Interrogativi etici quotidiani per coloro che svolgono la mia professione che hanno dei risvolti e delle dimensioni giuridico-deontologico, antropologiche e scientifiche, ai quali non ci si può sottrarre: fino a che punto può spingersi la libertà di decidere per sé? Qual è il limite, e prima ancora c’è un limite, oltre il quale l’”oggettività” di un valore ( come la vita, la salute) reagisce sulla “soggettività” delle interpretazioni e delle rivendicazioni dei titolari? Negli ultimi mesi le questioni di fine vita (accanimento terapeutico, eutanasia, “testamento biologico”) hanno mobilitato l’interesse dei media, sollevato conflitti etici e suscitato dibattiti nell’opinione pubblica. Da alcuni mesi la XII Commissione Igiene e Sanità del Senato, preseduta da Ignazio Marino, sta discutendo le numerose proposte di legge sul testamento Bio-logico depositate al Senato e dopo un certo ottimismo iniziale, in cui sembrava che un testo unificato potesse essere approvato, i lavori stanno registrando una fase di impasse. L’obiettivo non è di fare una legge per staccare la spina, al contrario dovrà essere una legge per dare a ciascuno la libertà di scegliere fino a che punto ci si vuole spingere con la tecnologia moderna. Numerose indagini fatte da Istituti demoscopici e giornali dimostrano che la maggior parte dei malati e una percentuale sempre più alta di popolazione sana è favorevole al principio dell’autodeterminazione ed è contrario all’accanimento terapeutico (distanasia). Da giugno 2006 per gli italiani è possibile redigere il proprio Testamento Biologico e la Fondazione Umberto Veronesi, ha creato un Movimento per il Testa-mento Biologico appunto formato da giuristi, notai, bioeticisti, clinici…. Il Comitato Nazionale Forense, nella seduta del 28/4/06 ha espresso parere favorevole: redazione del Testamento Biologico in forma di scrittura privata. Ribadiamo cos’è il T.B.: un documento con il quale ognuno esprime le proprie indicazioni circa le cure che vuole o non vuole ricevere, nel caso in cui perdesse la propria capacità di decidere in autonomia. Secondo molti il T.B. è una svolta a favore dei diritti del malato e ritengono che debba essere attuato al di là degli scontri politici e ideologici., superando i tempi e i
vuoti legislativi. I malati ed in particolare chi sta morendo ha dei diritti: a essere considerato come persona fino alla morte; a essere informato; a non essere ingannato e a ricevere risposte veritiere; a partecipare alle decisioni che lo riguardano ed al rispetto della sua volontà; al sollievo del dolore e della sofferenza; a cure ed assistenza continue nell’ambiente desiderato; a non subire interventi che prolunghino il morire; a esprimere le sue emozioni; all’aiuto psicologico e al conforto spirituale, secondo le sue convinzioni e la sua fede; a non morire in isolamento e solitudine; a morire in pace e con dignità. Una legge sul Testamento Biologico rappresenta - ha detto il presidente onorario della commissione nazionale di bioetica D’Agostino - “un momento decisivo per la politica, ma non risolutivo per il dibattito etico”. Il giudizio negativo si fonda da un lato sull’affermazione che Dio solo è colui che dà la vita e la può togliere, da cui l’affermazione dell’intangibilità o della sacralità della vita. Dall’altro, si fonda su una concezione della vita che non ha una visione chiara né del rapporto, né della differenza tra vita biologica e vita biografica. Nel primo caso, nella Bibbia non vi è nulla di sacro, ma se Dio ha stabilito con noi una relazione, allora questa relazione è sacra, perché non noi, ma Dio è sacro…. E il nostro rapporto con Lui non finisce neppure con la morte.
(Romani 14). Se la vita biologica è separata da quella biografica e stabilire relazioni con la comunità umana non è più possibile……….sopravvivere come vegetale, come grumo di sofferenza e di dolore, non ha più nulla a che fare con una vita sensibile alla gioia per la bellezza del Creato, al dolore per l’assenza di chi si dona al servizio nei confronti della comunità…… Seneca diceva già nei primi anni dopo Cristo “il bene non sta nel vivere, ma nel vivere bene”. L’uomo saggio vive finchè deve, non finchè può… Egli pensa sempre la vita in termini di qualità, non in quantità.
Il tema della morte è molto impopolare per chiunque lo tratti. Ogni volta che mi trovo ad affrontarlo, come medico,oltre che come uomo, mi rendo conto delle difficoltà, talora laceranti che si scatenano. E’ altrettanto vero che è un tema che non si può nascondere o ignorare. Di fronte alla medicina tecnologica…( rianimazione, terapie intensive, trapianti...) le scelte si fanno sempre più difficili. Scelte che appaiono dedicate a pochi casi estremi, in realtà riguardano il destino di migliaia di persone sane che improvvisamente si ammalano (esiti di incidenti stradali…) o malate, affette da malattie oncologiche o croniche – degenerative. Nei Paesi sviluppati economicamente, la situazione socio assistenziale ha portato: progresso biomedico e biotecnologico; migliorate condizioni igienico sanitarie; invecchiamento della popolazione; cronicizzazione delle malattie, che sempre più curiamo ma non siamo in grado di guarire (tumori, Aids ecc.) In quasi tutte le persone alla fine della vita si pongono interrogativi: sospendere o meno itrattamenti? Che cosa avrebbe voluto quella persona se avesse potuto scegliere? E’ lecito interrompere la vita sia pure per porre fine a sofferenze intollerabili? Interrogativi etici quotidiani per coloro che svolgono la mia professione che hanno dei risvolti e delle dimensioni giuridico-deontologico, antropologiche e scientifiche, ai quali non ci si può sottrarre: fino a che punto può spingersi la libertà di decidere per sé? Qual è il limite, e prima ancora c’è un limite, oltre il quale l’”oggettività” di un valore ( come la vita, la salute) reagisce sulla “soggettività” delle interpretazioni e delle rivendicazioni dei titolari? Negli ultimi mesi le questioni di fine vita (accanimento terapeutico, eutanasia, “testamento biologico”) hanno mobilitato l’interesse dei media, sollevato conflitti etici e suscitato dibattiti nell’opinione pubblica. Da alcuni mesi la XII Commissione Igiene e Sanità del Senato, preseduta da Ignazio Marino, sta discutendo le numerose proposte di legge sul testamento Bio-logico depositate al Senato e dopo un certo ottimismo iniziale, in cui sembrava che un testo unificato potesse essere approvato, i lavori stanno registrando una fase di impasse. L’obiettivo non è di fare una legge per staccare la spina, al contrario dovrà essere una legge per dare a ciascuno la libertà di scegliere fino a che punto ci si vuole spingere con la tecnologia moderna. Numerose indagini fatte da Istituti demoscopici e giornali dimostrano che la maggior parte dei malati e una percentuale sempre più alta di popolazione sana è favorevole al principio dell’autodeterminazione ed è contrario all’accanimento terapeutico (distanasia). Da giugno 2006 per gli italiani è possibile redigere il proprio Testamento Biologico e la Fondazione Umberto Veronesi, ha creato un Movimento per il Testa-mento Biologico appunto formato da giuristi, notai, bioeticisti, clinici…. Il Comitato Nazionale Forense, nella seduta del 28/4/06 ha espresso parere favorevole: redazione del Testamento Biologico in forma di scrittura privata. Ribadiamo cos’è il T.B.: un documento con il quale ognuno esprime le proprie indicazioni circa le cure che vuole o non vuole ricevere, nel caso in cui perdesse la propria capacità di decidere in autonomia. Secondo molti il T.B. è una svolta a favore dei diritti del malato e ritengono che debba essere attuato al di là degli scontri politici e ideologici., superando i tempi e i
vuoti legislativi. I malati ed in particolare chi sta morendo ha dei diritti: a essere considerato come persona fino alla morte; a essere informato; a non essere ingannato e a ricevere risposte veritiere; a partecipare alle decisioni che lo riguardano ed al rispetto della sua volontà; al sollievo del dolore e della sofferenza; a cure ed assistenza continue nell’ambiente desiderato; a non subire interventi che prolunghino il morire; a esprimere le sue emozioni; all’aiuto psicologico e al conforto spirituale, secondo le sue convinzioni e la sua fede; a non morire in isolamento e solitudine; a morire in pace e con dignità. Una legge sul Testamento Biologico rappresenta - ha detto il presidente onorario della commissione nazionale di bioetica D’Agostino - “un momento decisivo per la politica, ma non risolutivo per il dibattito etico”. Il giudizio negativo si fonda da un lato sull’affermazione che Dio solo è colui che dà la vita e la può togliere, da cui l’affermazione dell’intangibilità o della sacralità della vita. Dall’altro, si fonda su una concezione della vita che non ha una visione chiara né del rapporto, né della differenza tra vita biologica e vita biografica. Nel primo caso, nella Bibbia non vi è nulla di sacro, ma se Dio ha stabilito con noi una relazione, allora questa relazione è sacra, perché non noi, ma Dio è sacro…. E il nostro rapporto con Lui non finisce neppure con la morte.
(Romani 14). Se la vita biologica è separata da quella biografica e stabilire relazioni con la comunità umana non è più possibile……….sopravvivere come vegetale, come grumo di sofferenza e di dolore, non ha più nulla a che fare con una vita sensibile alla gioia per la bellezza del Creato, al dolore per l’assenza di chi si dona al servizio nei confronti della comunità…… Seneca diceva già nei primi anni dopo Cristo “il bene non sta nel vivere, ma nel vivere bene”. L’uomo saggio vive finchè deve, non finchè può… Egli pensa sempre la vita in termini di qualità, non in quantità.
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