Mondo in bilico è il titolo del film dell’ex vice-presidente statunitense Al Gore che affronta la crisi sistemica della terra. L’impronta ecologica delle società umane – ed in particolare di alcune di esse – pesa infatti così prepotentemente sul pianeta da rischiare di schiacciarlo e sgretolarlo. Ma quello che in questa sede si vuole mettere in luce è il fatto che – forse – sembra che tale eventualità cominci ad essere guardata con il realismo che richiede, presupposto necessario, anche se non certamente sufficiente, per l’agire. È diventata in particolare analisi condivisa, e non più oggetto di continue, ironiche refutazioni, che la domanda di energia, in prevalenza di origine fossile, delle filiere produttive, dei trasporti e dei consumi civili non è compatibile con la stratificazione insediativa che si è stabilita nel tempo: in particolare la diffusione massiccia di composti chimici che bloccano negli strati bassi dell’atmosfera le radiazioni a onde lunghe emesse dal nostro pianeta hanno alterato la precedente regolazione dell’effetto serra, mentre la degradazione in calore di parte consistente dell’energia utilizzata alimenta anch’essa ulteriore incremento della temperatura.
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