giovedì 3 febbraio 2011

FARE MEMORIA PER CAPIRE

Ebrei e valdesi: storia d'Italia
di Giorgio Tourn

Menorah
Il giorno della memoria è entrato ormai nel calendario ed è bene che lo sia tenendo conto delle manifestazioni di intolleranza, di xenofobia e non di rado di antisemitismo che è dato vedere nell’Europa odierna. Su questo tema però sarà bene avviare un giorno una riflessione più approfondita che superi il clima emotivo sentimentale partecipativo di questa circostanza e porsi due interrogativi. La solidarietà con la comunità ebraica nazionale è indubbiamente un dato positivo e sarebbe sciocco svalutarla nel nome di qualche altra posizione ma è il caso di andare oltre e riflettere sui problemi che stanno alla base della terribile vicenda di cui si fa memoria.

Il primo di ordine generale, e per questo associamo alla comunità ebraica anche quella valdese, si può esprimere in questi termini: le vicende drammatiche, dolorose, di cui furono oggetto non sono in primo luogo espressione della loro identità ma di quella della nazione. La storia delle persecuzioni, delle repressioni e dei massacri non è storia loro, ma dell’Italia. E l’Italia non è solo il luogo geografico in cui queste minoranze hanno vissuto e sofferto ma quella che li ha fatti soffrire. Commuoversi per le discriminazioni degli ebrei italiani sotto il regime fascista è essenziale come disciplina interiore, ma le leggi razziali non sono venute dal cielo, non sono calamità naturali, sono espressione della cultura e della coscienza (o mancanza di coscienza) degli italiani.
Lux lucet in tenebris
Giorno della memoria significa non solo fare memoria della Shoah come evento, ma in primo luogo del fatto che è stato il termine inevitabile di ciò che ha preceduto quell’evento e quello che ha preceduto non è storia degli ebrei ma degli italiani. Si sia trattato di fascisti antisemiti, di fascistizzati per interesse, di indifferenti, di timidi ecc. ecc.

Questa considerazione conduce al secondo problema. Il caso ebraico non è un unicum nella nostra cultura è piuttosto la norma; il fatto che si debba fissare un giorno della memoria non è casuale: l’italiano non elabora la memoria, serba qualche ricordo e rimuove. La memoria è il frutto di una lunga elaborazione critica dei ricordi, significa sottoporli ad analisi, verifiche e spesso giungere a pronunciare giudizi su se stessi, fare cioè quanto detto prima: riappropriarsi della vicenda in cui si è stati coinvolti e non ribaltarla sugli altri. La nostra cultura è quella dell’oblioso silenzio, di un perdonismo inteso come cancellazione assolutoria, che non conosce, o raramente conosce, il pentimento. E’ sufficiente analizzare con serietà le vicende del fascismo, delle guerre, del terrorismo per rendersi conto di quanto siamo lontani dall’elaborazione di una autentica memoria.

25 gennaio 2011


tratto dal sito:

www.chiesavaldese.org

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