lunedì 7 marzo 2011

Gesù si arrende alla fede di una donna: universale insegnamento evangelico!

Gesu' e la donna cananea
di Gianni Genre

Matteo 15,21-28
«21 Partito di là, Gesù si ritirò nel territorio di Tiro e di Sidone. 22 Ed ecco una donna cananea di quei luoghi venne fuori e si mise a gridare: «Abbi pietà di me, Signore, Figlio di Davide. Mia figlia è gravemente tormentata da un demonio». 23 Ma egli non le rispose parola. E i suoi discepoli si avvicinarono e lo pregavano dicendo: «Mandala via, perché ci grida dietro». 24 Ma egli rispose: «Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d'Israele». 25 Ella però venne e gli si prostrò davanti, dicendo: «Signore, aiutami!» 26 Gesù rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini». 27 Ma ella disse: «Dici bene, Signore, eppure anche i cagnolini mangiano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 28 Allora Gesù le disse: «Donna, grande è la tua fede; ti sia fatto come vuoi». E da quel momento sua figlia fu guarita.»


La dimensione dell’universalità non ci appartiene, non è un tratto caratterizzante della nostra umanità, anzi il nostro sentire naturale, il nostro approccio nei confronti della vita degli altri contraddicono radicalmente questa dimensione. Anche nelle chiese è così, anche nella nostra fede. Molte espressioni di fede in realtà hanno nutrito e nutrono atteggiamenti di chiusura, d’intolleranza, a volte di razzismo. Senza arrivare all’affermazione di Sartre, secondo cui "l’altro è il mio inferno", io devo riconoscere che l’altro, soprattutto quando non mi corrisponde quanto a sensibilità, modi di fare, cultura, abitudini, mi crea disagio. Solo l’incontro, anzi l’impatto con l’altro a volte mi può convertire.

Nella storia di oggi, nel dramma di una piccola, ostinata donna pagana sono i discepoli di Gesù a confrontarsi con questo problema e poi è Gesù stesso. Quell’atteggiamento dei discepoli è comprensibilissimo: vorrebbero che Gesù si disfacesse di questa donnina che strilla e che disturba. Hai presente, sorella e fratello, quanto ci danno fastidio le grida di chi ci rincorre e ci ruba il nostro lavoro, la nostre giornate che sono così bene organizzate. La preghiera che i discepoli rivolgono a Gesù sembra una bestemmia più che una preghiera. Gli dicono: "Fai qualcosa, maestro, lascia che ci liberiamo di questa scocciatrice!" Perché vedi, sorella e fratello, a volte vorremmo essere accoglienti, a parole, tolleranti vorremmo essere, sempre disponibili. In realtà la misura della nostra capacità di ascoltare, di dare retta, di offrire tempo ed attenzione è subito colma. "Mandala via, perché ci grida dietro!"


Ma non ci sono soltanto i discepoli, c’è anche Gesù. Il suo atteggiamento ci lascia ancora più sbalorditi. Ci fa male il suo silenzio anzitutto, ci urta vedere Gesù che sembra non volere neppure rispondere. Noi sappiamo che la sofferenza, in particolare la sofferenza di un bambino è un fatto durissimo da accettare, ma ciò che la rende davvero insopportabile è la mancanza assoluta di spiegazioni. E Gesù infatti non risponde: è imbarazzato, insomma. Il suo silenzio sembra tradursi in disinteresse. È terribile il fatto che Gesù non sappia che cosa dire, che appare disarmato, afasico davanti a quel grido di aiuto. Noi siamo abituati, i pastori e i preti per primi, a cercare di rispondere sempre, anche se talvolta con molto imbarazzo. Invece il Dio che Gesù rappresenta non risponde, semplicemente perché non c’è risposta davanti allo scandalo della sofferenza di una bambina. E quando poi vi è costretto la risposta è spaventosa.
In realtà non si tratta di una risposta ma di un calcio. Gesù dice: "Non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini". Sarebbe stato meglio che Gesù avesse dato ascolto ai discepoli e cercando una scusa, come facciamo sovente noi, l’avesse congedata senza offenderla, senza darle, neppure tanto indirettamente del cane. Ci sono tanti modi, lo sappiamo, per scaricare le persone di cui non possiamo assumerci i problemi. Perché invece questa risposta sferzante di Gesù? "Sono venuto per quelli della casa d’Israele e non posso occuparmi dei cani, devo occuparmi dei figli". Perché? Perché il Gesù scandalosamente umano del vangelo è preso in contropiede proprio da quella piccola donna insistente: lui che era abituato a sorprendere, a disorientare gli altri, è preso in contro tempo da quella piccola donna pagana che strilla perché la figlia demente possa ricuperare pienezza di vita.

Gesù insomma fa come noi. Quando siamo noi a governare le situazioni riusciamo ad essere gentili, più o meno educati, quando qualcuno davvero ci spiazza dicendoci un frammento di verità che ci irrita rispondiamo pieni di stizza. Ecco che cosa succede. Gesù deve riconoscere qui che l’evangelo, quella parola di verità e di redenzione di cui lui sarà l’unico interprete autentico, per la quale accetterà di morire inchiodato ad un palo, questa volta quella parola si trova in bocca a quella piccola donna pagana fastidiosa; o forse semplicemente Gesù non era pronto, non poteva immaginare che l’evangelo corresse così in fretta, che potesse spezzare in tempi così brevi tutte le frontiere, la tradizioni, le priorità che da millenni avevano regolato la vita e la fede del suo popolo. Questo per Gesù era la prima uscita dalla Palestina: è una sorta di perlustrazione che avrebbe voluto fare l’incontro. Invece per la donna pagana il tempo dell’attesa è già scaduto: sua figlia è ammalata oggi, e l’urgenza della grazia, della misericordia è già arrivato quel tempo, è già inaugurato, è già universale in quel piccolo profeta di Nazaret che non ne è ancora consapevole.
Fai bene attenzione, sorella e fratello: questa donna cananea non mette in discussione la priorità o la precedenza del popolo d’Israele sul cammino della salvezza, no, ha la consapevolezza di essere l’ultima arrivata, di essere stata preceduta da tanti altri nella scoperta di un Dio di misericordia, e sa che Gesù non è venuto a rimuovere questa precedenza, a cancellarla, no, lei sa che quella d’Israele è la radice che ci porta e dalla quale è sorto anche Gesù. La donna cananea sa che nella sorpresa si scopre la dimensione della grazia: siamo sempre preceduti da altri, da Israele, oggi potremmo dire dalle chiese malandate che ci è dato di incontrare e di servire. La donna sostanzialmente dice: Sì, sono l’ultima arrivata al tavolo della grazia, io non chiedo di sedermi a capotavola e neppure a tavola, se non ci sarà posto, mi basta accucciarmi sotto il tavolo, se a quel tavolo ci sei tu, Gesù. Io non ho bisogno di una porzione abbondante della grazia, mi basterà la briciola che cade dal tavolo, perché quella è una briciola di grazia, e la grazia non si misura, anche un frammento, un avanzo, una briciola che raccoglierò dalla tua mano, caro Gesù, sarà sufficiente per costruire la mia speranza, sarà sufficiente a restituire mia figlia alla vita. Io non so nulla del catechismo del tuo popolo, ma ti ho riconosciuto come l’amore di Dio che ha preso corpo. Un frammento di te sarà sufficiente a far vivere mia figlia.
Gesù si arrende alla fede di quella donna che gli dà una nuova identità, un’identità universale. La bambina, dopo la parola di Gesù – "la tua fede è grande, ti sia fatto come vuoi" – la bambina è guarita e anche il dolore della madre è guarito, ma in realtà è Gesù ad essere guarito dalla donna: guarito dalla sua paura di aprire i suoi orizzonti. È Gesù qui, in questo testo straordinario, ad essere evangelizzato, a capire quanto sia grande l’evangelo che egli annunzia. L’evangelo non ci dirà più nulla di questa donna, possiamo solo immaginare quanto la vita sua e della figlia che esce dalla follia siano cambiate. Sappiamo però quanto è cambiata la vita di Gesù attraverso quell’incontro, sappiamo che Gesù ha capito, ha capito che il suo amore era ed è per tutti. E noi sappiamo che, dalla consapevolezza che abbiamo, dall’amore di Dio dipende l’autenticità della nostra fede, del nostro servizio, della nostra testimonianza. Rimanendo attenti a lasciarci convertire proprio da quelle persone diverse ed estranee che bussano alle nostre porte ed ai nostri cuori, quelle persone per le quali sovente non abbiamo né tempo né voglia di lasciarci interpellare. Ebbene, se questo avviene ogni tanto, allora impareremo qualcosa di ciò che significa essere "chiesa cattolica", cioè "universale", ed afferreremo qualcosa del messaggio rivoluzionario dell’evangelo.

Tratto dalla trasmissione Culto evangelico 
dell'1 gennaio 2011, 
Radiouno, la domenica alle 7.30

www.fedevangelica.it

www.chiesavaldese.org

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