domenica 3 aprile 2016

Predicazione della Domenica di Pasqua (27 marzo 2016) su 1 Corinzi 15,1-11 a cura di Pietro Magliola

Vi ricordo, fratelli, il vangelo che vi ho annunciato, che voi avete anche ricevuto, nel quale state anche saldi, mediante il quale siete salvati, purché lo riteniate quale ve l’ho annunciato; a meno che non abbiate creduto invano. Poiché vi ho prima di tutto trasmesso, come l’ho ricevuto anch’io, che Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture; che fu seppellito; che è stato risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture; che apparve a Cefa, poi ai dodici. Poi apparve a più di cinquecento fratelli in una volta, dei quali la maggior parte rimane ancora in vita e alcuni sono morti Poi apparve a Giacomo, poi a tutti gli apostoli; e, ultimo di tutti, apparve anche a me, come all’aborto; perché io sono il minimo degli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la chiesa di Dio. Ma per la grazia di Dio io sono quello che sono; e la grazia sua verso di me non è stata vana; anzi, ho faticato più di tutti loro; non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Sia dunque io o siano loro, così noi predichiamo, e così voi avete creduto.

Quest'anno il lezionario propone per la predicazione della domenica di Pasqua non uno dei racconti della risurrezione, ma una riflessione di Paolo sulla risurrezione. E' un bene che ogni tanto si ascolti una parola su quello che la chiesa delle origini, e prima di tutti l'apostolo Paolo, hanno pensato dell'evento pasquale.
La prima cosa che risulta evidente è che la Pasqua è l'evangelo, la buona notizia.
l'evangelo non è una dottrina, non sono dei dogmi, non è, tanto meno, una morale; l'evangelo è l'annuncio di un fatto, la passione, la morte e la risurrezione di Gesù. E' l'annuncio di un fatto sconvolgente, del tutto al di fuori dagli schemi di pensiero dell'uomo, un fatto realmente accaduto, come testimoniato da molti. Un fatto che può essere soltanto creduto o rifiutato. Un fatto che ha trasformato un gruppo di uomini spaventati rinchiusi in una stanza la sera del sabato in apostoli, in testimoni della risurrezione. Perché la risurrezione, se ad essa si crede, non può non trasformare l'uomo.
L'annuncio di Paolo è che Gesù è morto per i nostri peccati, è stato risorto dal Padre ed è apparso a più persone. Questa è stata la prima predicazione cristiana, la predicazione della grazia di Dio per l'uomo peccatore.
Una grazia assolutamente gratuita, se si può dire così, una grazia immeritata dall'uomo, frutto soltanto dell'amore di Dio.
Ed è in questo evangelo, in questo annuncio che Paolo esorta i Corinzi a vivere, perché soltanto qui c'è la salvezza.
La dimensione dell'annuncio è quindi di capitale importanza per la chiesa, di qualunque denominazione. Forse andrebbe recuperata appieno: la nostra chiesa è ricca di opere, alcune ottime, altre forse più discutibili, ma è ancora ben attenta a portare questo annuncio? Bisognerebbe ricordarsi che i comandamenti principali per Gesù erano: ama Iddio e ama il tuo prossimo; ma, appunto, l'amore di Dio va al primo posto, altrimenti l'amore per il prossimo rischia di non essere autentico, ma “carnale”, per usare un'espressione paolina, ossia fondato sul desiderio dell'uomo di piacere a se stesso e di sentirsi a posto con Dio.
Ci stiamo avvicinando a grandi passi verso il 2017, cinquecentesimo anniversario della Riforma protestante. A pensarci bene, il fondamento della Riforma sta proprio in questo annuncio dell'amore gratuito di Dio, nel suo intervento a favore dell'uomo.
Può essere un'occasione per riprendere con più forza e consapevolezza l'annuncio della risurrezione di Cristo, diventando, tornando ad essere testimoni di questo fatto nella scia degli apostoli, di Paolo, e di quanti ci hanno preceduti nell'annuncio dell'evangelo.


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