mercoledì 13 luglio 2016

Predicazione di domenica 10 luglio 2016 su Atti 2,41-47 a cura di Massimiliano Zegna

Atti degli Apostoli 2,41-47

41 Quelli che accettarono la sua parola furono battezzati; e in quel giorno furono aggiunte a loro circa tremila persone.
42 Ed erano perseveranti nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. 43 Ognuno era preso da timore; e molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli. 44 Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; 45 vendevano le proprietà e i beni, e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46 E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, 47 lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che venivano salvati.

Nel leggere questi brani degli Atti degli Apostoli viene in mente come doveva essere la comunità cristiana ideale in cui “tutti i credenti erano assieme e avevano ogni cosa comune e vendevano le proprietà ed i beni e distribuivano quelli a tutti secondo il bisogno di ciascuno”.
Ma già all'epoca di Luca, l'autore degli Atti degli apostoli, vi era difficoltà a seguire questo modello radicale ed infatti al capitolo quinto vi sono delle trasgressioni a queste regole nella storia di Anania e Saffira (versetti 1 – 10).
In tempi successivi nel Medio Evo fu Benedetto da Norcia, fondatore del monachesimo occidentale, a dotarsi del motto “Ora et labora” e a stabilire la regola dei tre voti di ubbidienza, povertà e castità. In questo caso questo modello di vita ad imitazione della prassi delle prime comunità cristiane veniva però vissuto all'interno delle mura di un monastero.
A questo punto ci viene da chiedere qual è il modello giusto da seguire: quello dei primi cristiani che sembravano professare una sorta di comunismo primitivo in cui la proprietà privata era un furto oppure quello benedettino in cui per salvarsi dalle tentazioni di un mondo perverso ci si chiudeva fra le mura di un convento per riuscire a condurre una vita coerente e lontana dalle insidie mondane?
Anche i primi valdesi a cominciare dal fondatore Valdo avevano scelto una strada che imitava quella dei primi cristiani: predicare liberamente l'Evangelo di Cristo. Valdo vendette i suoi beni per tradurre la Bibbia in lingua volgare e poi si mise a viaggiare per l'Europa predicando l'Evangelo. Poi vennero Lutero, Calvino, Zwigli ed altri che introdussero la Riforma protestante e la nostra chiesa valdese vi aderì.
La domanda che mi sono posto si rinnova: oggi qual è il modello giusto da seguire?
Lutero, qualche centinaio di anni dopo Valdo ha cercato di vivere la radicalità dell'Evangelo ma anziché chiudersi dentro le mura di un monastero ha portato nel mondo il messaggio evangelico: l'obbedienza diventa responsabilità politica, la povertà diventa sobrietà nella vita quotidiana, la castità diventa l'amore di due persone nel matrimonio.
Ma anche tutto questo può essere in parte superato nel mondo oggi se si ha come metro di misura la Legge e non più il vangelo opera dello Spirito Santo ossia la buona notizia come la possibilità di ciò che la nostra comunità potrà essere per grazia di Dio soltanto, solamente per mezzo dell'opera di Dio.
Immaginiamo che la nostra comunità si appoggi su un tavolo a quattro gambe che sono le parole che abbiamo letto nel capitolo e nei versetti letti negli Atti degli apostoli. Queste sono le quattro gambe
  1. Essere perseveranti nell'insegnamento degli apostoli;
  2. La comunione fraterna;
  3. spezzare il pane;
  4. pregare;
E adesso vorrei rileggere dando un significato attuale alla lettura del brano letto degli Atti degli apostoli.

Quelli che accettarono la sua parola furono battezzati. Ed erano perseveranti nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. Ognuno era preso da timore; e molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli. Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano la proprietà ed i beni e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che venivano salvati”.

Penso innanzitutto che la lettura dell'Evangelo debba essere fatta non come una imposizione ma come un atto di gioia.
Scusate se faccio un esempio personale ma credo sia giusto anche raccontarsi quello che la vita di tutti i giorni insegna a ciascuno di noi. Sia per necessità che per scelta io e mia moglie Anna abbiamo deciso di rinunciare alle cose che avevamo (mobili, oggetti personali vari ecc.) per andare ad abitare in un alloggio a Biella già ammobiliato dalla persona che ci abitava prima di noi, prendendoci cura delle cose che questa persona possedeva (dalle piante ai quadri, alla cucina ai divani). Nel momento in cui abbiamo rinunciato alle cose che avevamo, abbiano capito che non ci faceva star meglio il possesso di molte cose ma l'usufruire di cose che c'erano già e che potevamo condividerle fino a quando avremmo abitato in quella casa.
La gioia della condivisione, abbiamo allora pensato non riguarda solo mobili od oggetti di cui parlavo nel caso personale, ma anche i talenti che ognuno di noi ha. E qui mi riferisco a tutto quello che può essere utile in una comunità: c'è chi sa fare il muratore e può costruire delle case come hanno fatto i nostri avi valdesi che da paesi delle Valli con un carro bestiame avevano attraversato mezza Europa per giungere in Germania e fondare una città come Dornholzhausen vicino a Francoforte. Lì vi erano altri che sapevano fare o hanno imparato a fare gli imbianchini, gli idraulici, gli stuccatori, i mobilieri. Altri hanno imparato a fare i camionisti, gli infermieri, gli insegnanti, i domestici. Altri ancora hanno studiato diventando amministratori, giornalisti, artisti, scrittori. Altri hanno preferito la cura delle piante (giardinieri), delle persone (casalinghe), degli animali (veterinari). Altri ancora sono diventati pastori o diaconi.
Ho parlato di quattro gambe del tavolo. La prima gamba vuol dire essere perseveranti nell'insegnamento degli apostoli. Questo significa soprattutto l'amore nei confronti di Dio, di noi stessi e del prossimo.
L'amore per Dio è credere in tutto quello che Dio ha compiuto per il nostro bene: dalla creazione dei mondi a tutto ciò che esiste nei mondi stessi; dalle creature inanimate (sassi, terra, acque) alle piante, ai fiori che contribuiscono alla nostra vita, alle creature animali.
Francesco d'Assisi con le sue lodi al creato, con il suo chiamare le creature animate e inanimate per nome ha messo in rilievo con prosa antica concetti moderni. Ecco alcne frasi del suo “Cantico delle creature”:

Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so' le laude, la gloria e 'honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si', mi' Signore, per sora luna e le stelle, in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si', mi' Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
Laudato si', mi' Signore, per sor'aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta”.

In questo antico poema vi è una grande modernità perché oggi vi è maggiore sensibilità nei confronti dell'intero creato. Infatti l'idea di una divisione netta tra regno animale, vegetale oggi appare in parte superata anche nel dibattito interconfessionale cristiano proprio perché si vuole dare al creato stesso un valore unitario e non frammezzato.
E questo ha il significato di considerare apprezzabile l'intero creato e non solo parte di esso. Rileggendo il “Cantico delle creature” si nota appunto quanto tutto quello che si legge non sia superato. Superato appare solo il linguaggio anche se quando fu scritto rappresenta il primo poema scritto in italiano.
Quindi dicevo amore nei confronti di Dio creatore innanzitutto, che ci ha insegnato, attraverso Gesù Cristo, ad amare noi stessi ed il nostro prossimo. Ciò che sta succedendo nel mondo di oggi sembra un ritorno al passato a quando i nostri avi valdesi erano perseguitati per la lettura della Bibbia e degli Evangeli. Valdo fu scomunicato per voler predicare liberamente l'Evangelo e questo succedeva per mani di altri cristiani che la pensavano diversamente. Quindi quello che sta succedendo oggi è spaventoso perché i terroristi di oggi uccidono bestemmiando il nome di Dio, in quanto la bestemmia non è solo aggiungere al nome di Dio un epiteto dispregiativo ma bestemmia è anche aggiungere al nome di Dio un aggettivo apparentemente positivo come la parola grande, e poi compiere un atto che va contro la volontà di Dio. Uccidere un altro uomo per il semplice fatto che questi crede in un'altra confessione religiosa non è un atto che esegue la volontà di Dio ma una bestemmia nei confronti di Dio stesso perché Dio non chiederebbe mai di uccidere in nome suo un'altra creatura.
Chi ha letto lo stesso Corano può essere colpito dal fatto che ogni capitolo inizia così: “Nel nome di Dio misericordioso e compassionevole”
L'amore per il prossimo si ferma solo a chi è più vicino a te, come un fratello, una sorella, un congiunto, un parente oppure si estende a tutti gli uomini del creato?
Mi pare che l'Evangelo di Cristo non si limiti alla richiesta di amare gli amici e i famigliari ma si estenda a tutti gli uomini e le donne.
La seconda gamba del tavolo è la comunione che può avere un significato di comunione spirituale innanzitutto, ma può essere anche un tentativo di mettere in comune i nostri beni oppure tutti i nostri talenti. E qualcosa stiamo già facendo. Vorrei fare degli esempi concreti. Il pastore Marco Gisola oltre a venirci a trovare nelle nostre case o nelle case di chi non può più partecipare al culto, prepara le predicazioni per le domeniche in cui è presente al culto. Alcuni di noi preparano le predicazioni nelle domeniche in cui il pastore è presente in altre comunità. Altri partecipano agli incontri in cui vi sono più comunità in assemblea. Altri ancora preparano il caffè o i pasti quando ci sono le ragazze e i ragazzi che organizzano con il pastore il loro culto. Ed anche la sola partecipazione al culto è un'azione importante visto che la presenza spesso si limita al numero delle dita delle nostre mani. Quindi non dobbiamo pensare a quanto si faceva duemila anni fa perché sarebbe impossibile portare indietro le lancette anche solo di dieci anni fa. Quindi ogni ricerca di un significato letteralistico sarebbe impossibile ed anche ingiusto. Occorre dunque cogliere quello spirito di aiuto innanzitutto che già esiste nella nostra comunità cercando di ampliarlo e poi estendere il nostro aiuto alle possibilità di incidere nel mondo che ci circonda. Pensandoci bene potremmo scoprire che qualche possibilità possiamo ancora avere anche se qualcuno di noi ha gli anni che cominciano a pesare. Credo però che a tutte le età si possa contribuire a fare qualcosa. Io stesso mi sono reso conto di non poter fare magari le dieci cose che potevo svolgere quotidianamente anni fa ma limitarmi a due o tre che riesco a fare adesso
Se però quelle due o tre cose vengono fatte con spirito comunitario possono avere una validità comunque.
La terza gamba del tavolo è lo spezzare il pane ed in questo caso non è solo un atto materiale ma anche quello nuovamente di condividere quello che si ha. Quando partecipiamo alla santa cena non solo mangiamo il pane e beviamo il vino in ricordo dell'ultima cena di Gesù, ma cerchiamo di assimilare tutto ciò che ci è stato insegnato dall'Evangelo.
Dobbiamo interrogarci se stiamo facendo tutto il possibile per seguire gli insegnamenti degli apostoli e di Gesù. Anche in questo caso possiamo pensare a quanto possa essere bello poter compiere delle azioni secondo le nostre possibilità e capacità che possano lasciare un segno della nostra esistenza su questa terra. I segni possono essere innumerevoli come più volte ho cercato di dire. Ognuno di noi ha svolto una professione o svolto un compito a seconda della sua possibilità o capacità. Anche chi è handicappato, invalido, menomato può lasciare un segno nei confronti anche di chi è un'atleta, un presidente di uno Stato, uno scienziato di fama mondiale, un teologo, uno scrittore, un compositore.
E comunque se qualcuno di noi pensa di essere non visibile a qualcun altro ci sarà Dio che lo vedrà e saprà apprezzare anche quelle che a noi possono apparire come delle piccole qualità. In molti passi dell'Evangelo possiamo scoprire che Gesù Cristo non si è lasciato influenzare dalla potenza di alcuni ma ha saputo gradire l'umiltà di persone povere ma forti nella loro fede ricca.
La quarta gamba del tavolo è la preghiera e qui qualcuno potrebbe dire che questo lo potrebbero fare tutti eppure non è così e non è questione di quantità ma di intensità della preghiera.
Quante volte purtroppo abbiamo recitato il Padre Nostro senza a pensare alle parole che venivano pronunciare. Quante volte noi lo abbiamo pronunciato pensando che non sarebbe servito a nulla.
Spesso purtroppo lo abbiamo pronunciato solo quando disperati abbiamo voluto chiedere aiuto a Dio per qualcosa che non riuscivamo a fare o per qualcosa che desideriamo ottenere.
Dobbiamo invece pregare Iddio non solo quando siamo in difficoltà o quando abbiamo bisogno ma anche per ringraziare per quello che ci viene dato giorno per giorno e di quanto saprà darci anche dopo la nostra morte corporale.
Pregare significa credere e credere significa amare. E pregare ed amare dobbiamo essere capaci di farlo sempre di più e sempre più convinti. E ringraziare Dio per il suo amore nei nostri confronti!

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