lunedì 28 novembre 2016

Predicazione di domenica 27 novembre (prima domenica di Avvento) su Matteo 21,1-9 a cura di Massimiliano Zegna

Matteo 21, 1-9

Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero a Betfage, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: “Andate nella borgata che è di fronte a voi; troverete un'asina legata, e un puledro con essa; scioglieteli e conduceteli da me. Se qualcuno vi dice qualcosa, direte che il Signore ne ha bisogno, e subito li mandera”.
Questo avvenne affinchè si adempisse la parola del profeta:
Dite alla figlia di Sion: Ecco il tuo re viene a te, mansueto e montato sopra un'asina, e un asinello, puledro d'asina”
I discepoli andarono e fecero come Gesù aveva loro ordinato; condussero l'asina e il puledro, vi misero sopra i loro mantelli e Gesù vi si pose a sedere. La maggior parte della folla stese i mantelli sulla via; altri tagliavano dei rami dagli alberi e la stendevano sulla via.Le folle che precedevano e quelle che seguivano, gridavano: “Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nei luoghi altissimi!”


Prima di iniziare questa predicazione nella Prima domenica di Avvento vorrei spiegare il perché della scelta di questo brano tratto dall'Evangelo di Matteo. In realtà seguendo Un giorno, una Parola” le famose letture bibliche giornaliere preparate ogni anno, a partire dal 1731, dalla chiesa evangelica dei Fratelli Moravi prevedeva come testo di predicazione il capitolo 23 versetti 5 – 8 del profeta Geremia. In questo brano che abbiamo letto anche stamane si legge “Ecco, i giorni vengono” dice il Signore, “in cui io farò sorgere a Davide un germoglio giusto, il quale regnerà da re e prospererà, eserciterà il diritto e la giustizia nel paese”.
Avevo cominciato a fare alcune letture di commento a questo brano ma mi sembrava che l'interpretazione in chiave neotestamentaria fosse troppo tirata per i capelli rispetto alla drammatica e complessa vicenda di Geremia. C'era qualcosa che non mi convinceva in questo accostamento tra Vecchio e Nuovo Testamento pur ritenendolo un libro profetico e quindi che avrebbe predetto in qualche modo che cosa sarebbe avvenuto con la nascita di Gesù Cristo.
Ho preferito allora abbandonare la ricerca e dedicarmi ad un libro che, secondo me, in modo più diretto aveva stabilito un trait d'union tra la parola antica del Vecchio testamento e la Buona Novella che caratterizza il Nuovo.
E questo brano l'ho trovato in un'altra lettura per questa prima Domenica d'Avvento proposta da “Un giorno, una parola” e che riguarda l'inizio del capitolo 21 dell'Evangelo di Matteo in cui si parla dell'entrata di Gesù a Gerusalemme a cavallo di un'asina e affiancato ad un puledro. Questo brano mi è sembrato il più adatto per celebrare questa prima domenica di avvento anche se normalmente viene letto durante la domenica delle Palme.
Tale brano viene spesso considerato un brano minore dell'Evangelo mentre secondo me è uno dei più significativi e belli contenuto in tutti e quattro Evangeli seppur con qualche lieve differenza.
La prima considerazione che vorrei fare è il richiamo forte all'Antico Testamento con la lettura di un brano del profeta Zaccaria al capitolo 9 versetto 9. Matteo richiama questi versetti: “Esulta grandemente o figlia di Sion, manda grida di gioia, o figlia di Gerusalemme; ecco, il tuo re viene a te; egli è giusto e vittorioso, umile in groppa a un asino, sopra un puledro, il piccolo dell'asina”.
Questo il brano di Zaccaria riportato da Matteo. Ma Zaccaria prosegue al versetto 10: “ Io farò sparire i carri da Efraim, i cavalli da Gerusalemme e gli archi di guerra saranno distrutti. Egli parlerà di pace alle Nazioni, il suo dominio si estenderà da un mare all'altro, e dal fiume sino alle estremità della terra”.
Gesù allora vuole rendere reale la profezia di Zaccaria e arriva a Gerusalemme in groppa ad un'asina.
Sicuramente questa immagine è ben lontana da quella di chi vorrebbe considerare Gesù un re come quelli che abbiamo conosciuto nella storia oppure un capo rivoluzionario come forse volevano gli zeloti ossia i nazionalisti di Israele.
I re della storia arrivano in groppa di cavalli belli, bianchi, neri o color marrone. Sono preceduti da armate che preparano il suo cammino e sterminano chi gli si oppone.
L'umiltà invece è la caratteristica di Gesù che pur sapendo di essere figlio di Dio vuole dimostrare che la sua non è una missione espansionistica basata sullo sterminio dei nemici ma una missione di pace basata sulla fratellanza degli uomini.
Per questo motivo arriva in groppa ad un'asina che è un animale mite, mansueto, l'animale del contadino. Un animale però fortemente intelligente in contrapposizione al luogo comune del significato che si dà al somaro.
Proprio sul giornale “Il Biellese”di martedì scorso dal titolo: “Ardito, salvato l'asino della valle Cervo” ho letto un articolo che mi ha commosso in quanto avevano segnalato la situazione drammatica di un asino chiuso dentro una stalla da molto tempo al buio in mezzo ai suoi escrementi. Il proprietario era un anziano signore che non riusciva più a seguirlo e ad accudirlo. Sono arrivati dei volontari del “Rifugio degli asinelli” di Sala biellese per portarlo nel grande terreno dove vivono numerosi asini in gran parte provenienti da zone in cui venivano maltrattati o abbandonati. La mansuetudine degli asini serve anche per l'onoterapia che è appunto una cura attraverso il contatto con gli asini. Leggo su “La Stampa” in un articolo di Daniela Raspa di qualche anno fa che “Nel Rifugio degli asinelli Onlus di Sala Biellese ci si prende cura degli asini maltrattati, provvedendo alla loro protezione e sicurezza permanente. Fra queste docili bestiole si scelgono poi quelli più adatti all'onoterapia per bambini diversamente abili, procedendo all' addestramento. Si può anche adottare un asinello a distanza o richiederne l'affidamento, per dare il proprio contributo a questo nobile progetto”. La onoterapia (che è appunto la terapia che viene fatta con gli asini; onos in greco vuol dire appunto asino) coinvolge sia bambini che adulti: gli adulti imparano a prendersi cura degli asini portandoli in giro e spazzolandoli. Questo contatto vuol dire tantissimo per le persone diversamente abili perché l’asino - dicono gli addetti del rifugio -non ti giudicherà mai per come sei e le persone che hanno delle difficoltà psicologiche si sentono rassicurati da questa presenza che non ti mette mai alla prova. È un’iniezione di fiducia!

Ritornando all'Evangelo di Matteo mi ha colpito un brano della predicazione di Franco d'Amico. Ecco alcune sue frasi

Gesú entra a Gerusalemme dimostrando la sua regalità, e vuole spronare discepoli e non-discepoli a prendere posizione sulla sua persona. Matteo ci dice che la folla lo acclama come figlio di Davide, ma molto probabilmente questa folla è la folla dei pellegrini che si recano a Gerusalemme per festeggiare la Pasqua, non la folla degli abitanti di Gerusalemme, che invece vorranno il suo sangue e la sua morte. A Gerusalemme si preferisce la liberazione di Barabba, che non teme di affrontare in armi gli occupanti stranieri.
Gesú arriva a Gerusalemme, scaccia i mercanti dal Tempio, quasi a prenderne possesso, ma la notte si ritira a Betania, non mostra alcuna mira politica, non si scaglia contro i Romani, non promette liberazione dagli occupanti stranieri.
Penso che anche noi saremmo caduti nell’equivoco di scambiare Gesù per un liberatore politico, e avremmo condannato come ambiguo il suo ingresso a Gerusalemme. Proiettare su Gesú la soddisfazione dei propri bisogni è uno sbaglio che facciamo di continuo anche noi.
C'è da chiedersi perché mai Gesù sia in possesso di una forza di attrazione e di coesione tali da attirare l’osanna della folla che cammina con lui.
Come si spiega il suo forte magnetismo che faceva accorrere la gente come se in città stesse per entrare un comandante reduce da una spedizione vittoriosa? Apparentemente non c'è spiegazione. Gesù manca di quei requisiti che sono segni di potere e di autorità. Non ha né il piglio del tribuno né lo sguardo del dominatore. E non dispone di una guardia del corpo. Anche come inviato da Dio, non ha nulla che possa evocare l'immagine tradizionale di Dio.
Come mai questo è un testo per il nostro avvento, tempo di preparazione al Natale?
Gesù entra in città disarmato, inerme, fragile della stessa fragilità che aveva rivelato nascendo a Betlemme.
Tra Betlemme e Gerusalemme corre una linea di fedeltà e di coerenza.
Paradossalmente proprio la mitezza, la fragilità, la povertà di Gesù esercitano un fascino straordinario in grado di accendere nei cuori semplici un fervore di gioiosa adesione perché propongono un altro volto di Dio.
Avvento significa venuta, arrivo. E l’arrivo di Gesú è sempre un avvento. L’arrivo di Gesú a Gerusalemme è un avvento vero, anzi l’unico avvento a Gerusalemme secondo l’evangelista Matteo”

Capiamo quello che sta succedendo a Natale? - si chiede e ci chiede Franco D'Amico -
Dio irrompe nella storia e nella vita di ciascuno di noi.
E nella vita di ognuno Dio viene entro le pieghe della vita quotidiana, nei modi meno vistosi, con discrezione: richiede di essere riconosciuto e accolto.
"Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me" (Ap 3,20).
E‘ nell‘attenzione interiore, cioè nella preghiera, che si percepisce l‘arrivo di Dio, si colgono le ispirazioni dello Spirito, e i criteri coi quali discernere il disegno di Dio sulla propria vita”.


Un'altra predicazione di cui mi piace riportare qualche brano è quella di David Buttita avvenuta nella chiesa valdese di Firenze.
Anche in questo caso riporto alcune frasi significative;

Il simbolo dell’asino, come ha detto il professor Cardini in uno dei suoi libri, negativo per il nostro mondo, positivo per il mondo semitico, configura due modi diversi di intendere la vita. Il re di Israele è l’uomo di pace che ascolta il suo Dio e si preoccupa del suo popolo e per queste cose è considerato un buon re, come si può leggere nei giudizi di merito presenti nella bibbia ebraica sui re di Israele e di Giuda che si basano su questi parametri principali.
Gesù non a caso quindi sceglie l’asinello, la soma dal verso stonato, la soma del contadino che sale e scende fra le colline riarse della terra di Israele, la soma del profeta. Non a caso Gesù si rifà a questa tradizione.
Lo vedremo poi nei giorni che seguiranno quanto egli rifiuti a costo della sua vita di essere il re che brandisce la spada, che vuole imporre con la forza la sua regalità. Eppure gli zeloti e i partigiani nazionalisti del suo popolo, oppresso dall’invasore romano, lo vorrebbero, come ogni altro re, armato e pronto ad uccidere per ristabilire il regno di Israele.
Lo vorrebbero così anche i Romani perché con la loro mentalità, dove solo il potere delle armi conta, risulta incomprensibile quest’uomo che li spiazza, che non li vuole morti, che non li caccia da Gerusalemme, che si fa arrestare urlando di non usare la forza per salvarlo ai suoi discepoli e in particolare a Pietro nel Getzemani.

Anche per noi quindi questo asinello può e deve diventare un simbolo positivo, nel mondo cristiano d’occidente per quanto vi è stata una forte commistione far archetipi culturali indoeuropei e semiti, l’asinello è diventato anche un simbolo positivo. Così lo ritroviamo dipinto da Giotto nella fuga in Egitto, lo ritroviamo nell’invenzione del presepio di Francesco d’Assisi...
Gesù lo ha scelto, questo ci deve bastare, egli ha dichiarato pubblicamente ai due discepoli di aver bisogno di un asinello. L’umile bestia da soma è nei piani della salvezza che Gesù ha voluto donare, il testo da questo punto di vista è molto chiaro. Anche gli animali, e anche i meno belli, più famosi per i loro calci ben assestati che per le loro prestazioni atletiche, stanno nei piani della salvezza di Dio...

Non montiamoci la testa, il Signore solo lui, può usarci perché possiamo essergli utili, egli solo lui può usarci e addomesticarci per annunciare al mondo il regno della pace e della felicità. Egli, solo lui, sa servirsi di noi, qualunque sia la cosa che sappiamo fare, come ha saputo servirsi dell’asino affinché egli, il nostro salvatore, possa entrare nelle città del mondo e nel cuore della gente con la cavalcatura del profeta della pace.
E’ per grazia che siamo salvati, non per le nostre doti, non per i nostri meriti, ma perché ubbidienti portiamo sulle nostre spalle il messaggio di Gesù in ogni luogo”.
Mi piace questo finale di David Buttita e vorrei solo aggiungere quanto ho già detto in precedenza. L'asino è simbolo di mitezza e di mansuetudine ma anche di intelligenza e di aiuto per gli altri. Anche noi dobbiamo essere così: pacifici ma intelligenti, mansueti ma decisi a difendere quello in cui crediamo, buoni ma sicuri delle nostre capacità, grazie all'aiuto di Dio, di cambiare in meglio la realtà in cui viviamo.

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