lunedì 8 ottobre 2018

Predicazione di domenica 7 ottobre 2018 su 1 Timoteo 4,1-5 a cura di Marco Gisola


1 Timoteo 4,1-5
1 Ma lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demòni, 2 sviati dall'ipocrisia di uomini bugiardi, segnati da un marchio nella propria coscienza. 3 Essi vieteranno il matrimonio e ordineranno di astenersi da cibi che Dio ha creati perché quelli che credono e hanno ben conosciuto la verità ne usino con rendimento di grazie. 4 Infatti tutto quel che Dio ha creato è buono; e nulla è da respingere, se usato con rendimento di grazie; 5 perché è santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera.


Ci imbarazzano sempre un po’ le parole bibliche che ci parlano degli “ultimi tempi”. Ci imbarazzano perché quando gli autori del NT parlavano degli ultimi tempi pensavano che loro gli ultimi tempi li stavano vivendo in quel momento, e invece sono passati quasi duemila anni…!
Era diffusa l’idea che con l’avvicinarsi degli ultimi tempi, appunto, cioè del ritorno di Gesù e della venuta del Regno di Dio, sarebbero successe cose particolari. Una di esse era l’apostasia di alcuni cristiani: «alcuni apostateranno dalla fede», scrive l'apostolo Paolo a Timoteo. Apostasia letteralmente significa allontanamento, andare via, e ha assunto il significato negativo di allontanarsi dalla fede per rivolgersi a false dottrine.


1. In che cosa consiste questa apostasia? Quale falsa dottrina o idea insegneranno quelli che “apostateranno”? La falsa idea che Paolo rimprovera loro potremmo riassumerla così: «le tue rinunce ti salveranno!»: «Essi vieteranno il matrimonio e ordineranno di astenersi da cibi che Dio ha creati», scrive Paolo.
«Essi vieteranno»: i propagatori di queste false dottrine metteranno delle leggi che dovranno essere rispettate se si vuole essere cristiani. Le norme stabiliscono un criterio che serve per stabilire chi è dentro e chi è fuori: se rispetti le norme che io ti do, sei cristiano, se non le rispetti sei fuori.
In realtà, le cose che dice Paolo accadono già, questi divieti sono già propinati da alcuni che Paolo considera falsi predicatori.
Chi fa queste leggi proibisce alcuni comportamenti, ma sono queste proibizioni, secondo Paolo, ad essere contrarie alla volontà di Dio. I falsi predicatori contro cui scrive Paolo proibiscono quello che Dio non proibisce, vietano quello che Dio consente.
Perché Paolo è così duro e parla di bugiardi, di spiriti seduttori, dottrine di demoni? Perché questi uomini vogliono sostituirsi a Dio. Voglio introdurre la legge, il divieto, laddove Dio lascia libertà.
I due ambiti in cui questi “seduttori” tentano di introdurre questi divieti sono quelli del matrimonio e del cibo.
Riguardo al cibo, Paolo aveva scritto nella 1 Corinzi: «Ora non è un cibo che ci farà graditi a Dio; se non mangiamo, non abbiamo nulla di meno; e se mangiamo non abbiamo nulla di più» (8,8).
Dio ha tolto un divieto, gli esseri umani vogliono reintrodurlo, e così facendo vogliono reintrodurre l’idea che l’essere umano possa salvarsi attraverso l’osservanza di alcune regole.
Questa tentazione è molto umana, quella di sostituire le opere alla fede, la legge alla libertà. Paradossalmente è (o sembra) più facile contare su stessi che su Dio. Sembra più facile contare sul proprio sforzo, piuttosto che affidarsi totalmente a Dio. E per qualcuno forse è effettivamente più facile limitarsi a dovere seguire alcune regole, piuttosto che assumersi la responsabilità delle proprie scelte.
L’altro ambito è quello del matrimonio. Chi lo proibisce, lo fa probabilmente non tanto perché pensa che sia meglio stare soli anziché in coppia, ma perché rinunciando al matrimonio si rinuncia ad avere non solo una vita affettiva, ma anche una vita sessuale.
Era un’idea corrente in alcune filosofie greche che la castità fosse una virtù, una scelta che rendeva chi la compiva migliori degli altri. Erano filosofie che ritenevano il corpo e dunque la sessualità qualcosa di negativo, di inferiore rispetto all’anima.
Questa idea è entrata nel cristianesimo antico con una distinzione netta tra materiale e spirituale, o meglio tra fisico, corporeo e spirituale. Il corpo diventa a un certo punto nemico dell’anima, e dunque peccaminoso.
Per questo, mentre il NT ci parla del matrimonio dei vescovi (che però non erano la stessa cosa dei vescovi di oggi) poi con il tempo si sono introdotti il celibato obbligatorio per i sacerdoti e i voti di castità per monaci e monache.
Come risponde Paolo a questi tentativi di vietare ciò che Dio non vieta? Paolo come abbiamo visto prima condanna nettamente questi tentativi legalisti e li bolla come ipocrisia.
Qui non è solo questione di avere più o meno leggi, più o meno regole, la questione è da dove passa il mio rapporto con Dio, la mia obbedienza a Dio: passa da alcune regole o passa dall’ascolto della sua parola, che mi libera e mi chiama a obbedirle responsabilmente?
Dietro al tentativo di trasformare Dio in una regola, Paolo vede un’eresia, un errore, un modo sbagliato di intendere l'obbedienza a Dio, un modo sbagliato di intendere il rapporto con Dio. Tra Dio e me non c’è la regola, la legge, la norma; tra Dio e me c’è solo Gesù Cristo. È lui il criterio della mia libertà e della mia responsabilità.


2. L’obbedienza a Dio che Paolo propone è quella che troviamo nella parte positiva del suo discorso, che era in realtà il testo proposto per oggi:
Infatti tutto quel che Dio ha creato è buono; e nulla è da respingere, se usato con rendimento di grazie; perché è santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera.
Tutto quel che Dio ha creato è buono. Tutto ciò che Dio ha creato lo ha affidato alla nostra libertà e alla nostra responsabilità. E il modo di trattare i doni di Dio che Paolo suggerisce è quello del rendimento di grazie.
Vale per le cose di cui ha parlato Paolo appena prima, cioè del consumo dei cibi e del matrimonio e della sessualità, vale per ogni altro dono di Dio.
Il cibo è un dono di Dio, va quindi consumato con gioia, gratitudine e responsabilità. La stessa cosa si potrebbe dire della sessualità: è un dono di Dio, che va vissuto con gioia, gratitudine e responsabilità.
Ma i due esempi del cibo e del matrimonio possono rappresentare per noi le relazioni con la natura, con il creato di cui ciò che mangiamo fa parte, e le relazioni con le persone, dunque non solo il matrimonio, non solo la coppia, ma ogni tipo di relazione umana.
La Parola di Dio ci chiede di rapportarci con il creato e con gli altri esseri umani con rendimento di grazie, ovvero riconoscendo che tutto ciò che è creato, la natura e le persone sono un dono di Dio e tutto è in sé buono, nulla è di per sé malvagio.
Tutto è dono, dunque di tutto e di tutti dobbiamo essere grati al Signore.
I doni di Dio, si sa, non implicano possesso. Se io ti regalo qualcosa poi quella cosa è tua, perché io l’ho regalato a te. Ma non è così con i doni di Dio. I doni che Dio fa a te, li fa anche a tutti gli altri. Dunque il dono di Dio non diventa tuo, diventa un dono comune, condiviso.
Ciò che mangiamo non è nostro, è il cibo che il Signore ci dona oggi e che ci insegna a chiedergli nel Padre Nostro quando diciamo “dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
Tuo marito o tua moglie, non è “tuo” o “tua” anche se nella nostra lingua si dice così, ma è il compagno e la compagna che Dio ti ha data; e lo stesso vale per i genitori, per i figli, per gli amici, per le sorelle e i fratelli di chiesa.
Sono persone che Dio ci dona, con cui ci lega in rapporti più o meno stretti, più o meno duraturi, ma che sono e rimangono in ogni caso un suo dono.
Tutto ciò che Dio ha creato, dunque ogni relazione con il creato e con l’umanità, è santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera. Ciò non vuol dire verniciare con un po’ di religiosità tutto ciò che facciamo ma significa imparare dalla Parola di Dio come Dio vuole che ci rapportiamo al suo creato e alle persone che ci mette a fianco.
E significa dirgli, nella preghiera, che riconosciamo che tutto ciò è un suo dono, non solo per noi, ma per tutti gli esseri umani, e esprimergli tutta la nostra gratitudine.
Tutto ciò che Dio ha creato è buono, è bello, è lì per il nostro sostentamento, per il nostro bene, per la nostra gioia. E rinunciare ai doni di Dio pensando di avvicinarsi a lui è un errore madornale, perché così facendo si finisce per rifiutare i suoi doni e si trasforma Dio da donatore a regola.
Possiamo dunque godere dei doni di Dio, senza egoismi e senza ingordigie.
Tutto ciò che Dio ha creato è buono ed è dono. La Parola di Dio ci invita oggi a gioire di tutti i suoi doni e ad esserne riconoscenti al creatore che è il donatore per eccellenza, colui che ci ha donato la vita, la grazia, la fede e molte altre cose insieme.
Possa la gratitudine al donatore essere la prima e l’ultima parola di ogni nostra giornata.




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