Luca
10,38-42
letture:
Amos 5, 21–24; 1 Corinzi 13
Mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio; e una donna,
di nome Marta, lo ricevette in casa sua. Marta aveva una sorella chiamata Maria, la quale, sedutasi ai piedi
di Gesù, ascoltava la sua parola. Ma Marta, tutta presa dalle faccende domestiche, venne e disse:
“Signore, non ti importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a
servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma il Signore le rispose: “Marta, Marta, tu ti affanni e sei
agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria. Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta”.
Gesù
è in cammino con i suoi discepoli verso Gerusalemme, dove troverà
ad attenderlo la passione e la croce. Questo cammino è lungo e Gesù
e i discepoli fanno molte tappe e molti incontri. Una tappa è a casa
di Marta e Maria; dal testo sembra però che soltanto Gesù entri in
casa delle due donne, non i discepoli.
Anche
il vangelo di Giovanni ci racconta di due sorelle di nome Marta e
Maria, ma ci parla soprattutto del loro fratello, Lazzaro, che muore
e che Gesù riporta in vita. Luca invece, sembra non sapere nulla su
Lazzaro.
La
scena, che Luca racconta con molta naturalezza, non è invece per
niente naturale: non era affatto normale che un uomo entrasse in casa
di una o più donne se non ne era il marito. Gesù è accolto da
Marta, ci dice il racconto; non è chiaro se la casa sia la sua o se
le sorelle abitino insieme. Ma questo, ai fni del racconto, non è
importante.
Il
racconto mette l’accento su che cosa le due sorelle fanno: mentre
Marta si dà da fare per trattare bene l’ospite, Maria si siede ai
suoi piedi e ascolta la sua parola. Il testo dice proprio “ascolta
la sua parola”, dando alla frase un significato solenne e mettendo
Maria nella situazione della discepola seduta ai piedi del maestro.
Proprio
la naturalezza di Luca nel raccontare questa scena è già
rivoluzionaria: pensate che uno scritto ebraico del tempo diceva che
era meglio bruciare le parole della Torah piuttosto che comunicarle
alle donne. Le donne non erano nemmeno tenute a osservare la legge e
nemmeno ad andare in sinagoga e se ci andavano dovevano stare
separate dagli uomini, nella parte riservata alle donne.
Per
l’Evangelo – sia nel senso di “buona notizia, sia nel senso del
Vangelo scritto da Luca – è invece naturale che una donna sieda ai
piedi di Gesù per ascoltare la sua parola. È naturale per Maria,
che va contro le regole, ed è naturale anche per Gesù, che non solo
non glielo impedisce, ma anzi la additerà come esempio alla sorella.
E
il fatto che una donna possa essere discepola di Gesù esattamente
come lo erano i discepoli maschi è la prima buona notizia che questo
brano proclama alle donne e alla chiesa tutta, fatta di uomini e
donne.
E
se questo, come abbiamo detto, è normale per Gesù e per Maria, non
lo è invece per Marta. Marta si sta occupando di servire Gesù come
si serve un ospite, un ospite di riguardo evidentemente.
Non
c’è nulla di male in quello che fa Marta, anzi l’ospitalità
nella Bibbia è una pratica importantissima: Abramo ospita tre uomini
che si rivelano essere messaggeri di Dio e la lettera agli ebrei
(13,2)commenta questo brano dicendo: “Non dimenticate l'ospitalità;
perché alcuni praticandola, senza saperlo, hanno ospitato angeli”.
Il
problema è che Marta rinchiude se stessa in questo ruolo e pensa
che, come donna, non possa avere altro ruolo e non possa fare altro
che preparare un buon pranzo o una buona cena per il suo ospite. Non
considera l’ipotesi di diventare sua discepola. Non riesce nemmeno
a immaginarsi di sedersi ai piedi di Gesù; secondo Marta non è
quello il suo posto: il suo posto è in cucina.
E
non solo: si arrabbia con sua sorella che l’ha lasciata sola nelle
faccende di casa e quindi l’ha lasciata sola nel suo ruolo di donna
che non può essere altro che quella che serve. Marta non riesce a
pensare di essere altro che quella che serve.
Ho
usato il verbo essere
e non solo il verbo fare, perché non è solo questione di fare, è
questione di essere: Marta intende preparare il pasto e servirlo
perché pensa che questo sia il suo modo di essere e non ne vede
altri.
Ma
Gesù la rimprovera, anche se molto benevolmente: “Marta, Marta...”
la ripetizione del nome è segno di affetto da parte di Gesù. Gesù
le sta dicendo che, come Maria ha fatto, anche lei può fare altro e
soprattutto può essere altro che una donna che serve gli uomini.
Con
Gesù, davanti a Gesù, c’è per le donne la possibilità di
scegliere di essere discepole, esattamente come per gli uomini.
Gesù
sottolinea che Maria ha scelto la parte buona, perché ha scelto di
ascoltare la parola di Gesù, mentre Marta ha scelto di non
ascoltarla, di fare altro, per quanto buono e bello potesse essere
quell’altro.
Gesù
infatti non critica la scelta di Marta di servire e di occuparsi
degli ospiti, ma critica la sua non
scelta di
ascoltare la sua parola in quel momento in cui questa possibilità le
è offerta, in cui Gesù è lì. Solo che Marta non aveva capito che
le fosse offerta questa possibilità, perché non era abituata.
Quindi
il primo messaggio di questo racconto, il primo evangelo, nel senso
di buona notizia è che anche le donne possono essere discepole e
dedicarsi all’ascolto della Parola. Qualcuno sostiene che se Maria
ha ascoltato la Parola, è possibile che ne sia diventata anche
testimone e dunque annunciatrice, apostola.
Il
racconto non arriva a questo, ma possiamo arrivarci noi nella nostra
attualizzazione: chiunque ascolti la Parola, ne diventa anche
testimone e annunciatore, donne o uomini che siano.
Ma
c’è un secondo evangelo in questo brano: se il primo punto era la
possibilità
di scegliere di sedersi per ascoltare la parola, il secondo potremmo
definirlo la necessità
di scegliere di sedersi per ascoltare la parola: “una
cosa sola è necessaria”
dice Gesù a Marta.
Ci
verrebbe da dire che nella vita ci sono tante cose necessarie,
intanto per sopravvivere, come il lavoro, e poi ci sono tante
incombenze quotidiane. Ma c’è una cosa necessaria, secondo Gesù,
per vivere nella
fede,
una cosa davanti alla quale tutto il resto passa in secondo piano:
ascoltare la sua Parola.
Certo,
si vive anche senza ascoltare la parola, si vive anche senza andare
in chiesa e non dobbiamo diventare come i farisei con cui spesso
discute Gesù, che pensano di essere migliori degli altri perché
osservano la legge alla perfezione. Sappiamo bene che non è affatto
detto che chi non crede o non viene in chiesa sia peggiore di noi ci
veniamo.
Ma
Gesù vuole dirci che se hai incontrato una volta la sua parola che
chiama, la sua parola che libera, la sua parola che perdona, la sua
parola che guarisce, hai bisogno di incontrarla di nuovo ogni giorno,
e non per sopravvivere, ma per vivere, cioè per dare senso alla tua
vita, per dare senso a tutto il resto della tua vita.
Marta
sbaglia a pensare che per lavorare deve rinunciare ad ascoltare. Il
servizio non deve portare a rinunciare all’ascolto. L’ascolto è
la cosa necessaria, il servizio deriva dall’ascolto, non può
sostituirlo.
Sarebbe
infatti sbagliato contrapporre l’ascolto di Maria e il lavoro di
Marta, come se fossero due scelte alternative: o ascolto la Parola o
mi do da fare, come se si potesse fare solo una di queste due cose.
Il racconto ci vuole dire che l’ascolto dà senso al servizio e il
servizio trae il suo senso dall’ascolto. l’ascolto porta
all'impegno e l’impegno è orientato dall’ascolto della Parola.
Questo
testo biblico non vuole farci scegliere tra l’essere Maria e
l’essere Marta, tra l'ascolto e l’impegno. Vuole dirci che quando
c’è la possibilità di ascoltare la parola, quella è la cosa
necessaria, la cosa da fare in quel momento. Poi, dopo avere
ascoltato la Parola, allora sì che ci sono tante, tantissime cose da
fare per il nostro prossimo e il nostro mondo.
E
tutto ciò che faremo dopo
aver
ascoltato la parola, sarà illuminato da questo ascolto, perché
nell’ascolto si trova la forza, si trova la fiducia e la speranza
necessarie per dare senso al nostro impegno e anche alle nostre
fatiche.
Marta
è chiamata anche ad ascoltare, Maria è chiamata anche a servire. E
lo stesso vale ovviamente per i maschi: tutte e tutti chiamati a
ascoltare la Parola e
a servire.
La
parte buona scelta da Maria – dice Gesù – cioè l’ascolto, non
le sarà tolta. Tutto può esserci tolto, dagli eventi, dalle
disgrazie della vita, dalle forze che vengono meno con il tempo; ma
quello no, non può esserci tolto.
La
parola, cioè la promessa che Dio ci rinnova ogni volta che
ascoltiamo la sua parola, quella non viene meno e non ci sarà tolta,
perché non si fonda sulla nostra debolezza o sulla nostra
piccolezza, ma si fonda sull’amore di Dio, che non viene meno.
Se
come Marta rimaniamo in cucina, rimaniamo cioè lontani dalla Parola,
viviamo lo stesso, ma ci perdiamo qualcosa di essenziale della nostra
vita, ci perdiamo Dio, ci perdiamo la possibilità di ascoltare la
sua Parola di perdono, di giustizia, di riconciliazione, di amore,
ciò che Gesù chiama la cosa “necessaria” per vivere nella fede.
Senza
questa necessaria Parola di perdono, di giustizia, di
riconciliazione, di amore, rischiamo di vivere solo in superficie
questa vita che il Signore ci dona.
Che
il Signore ci aiuti a far incontrare Marta e Maria nella vita di
ciascuno e ciascuna di noi, ci aiuti a scegliere la parte buona ogni
volta che ci è data la possibilità, perché quella parte buona non
ci sarà tolta e ci accompagnerà tutta la vita.
Nessun commento:
Posta un commento