lunedì 20 luglio 2020

Predicazione di domenica 19 luglio 2020 su Deuteronomio 7,6-12 a cura di Marco Gisola

Deuteronomio 7,6-12



Infatti tu sei un popolo consacrato al SIGNORE tuo Dio. Il SIGNORE, il tuo Dio, ti ha scelto per essere il suo tesoro particolare fra tutti i popoli che sono sulla faccia della terra. Il SIGNORE si è affezionato a voi e vi ha scelti, non perché foste più numerosi di tutti gli altri popoli, anzi siete meno numerosi di ogni altro popolo, ma perché il SIGNORE vi ama: il SIGNORE vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha liberati dalla casa di schiavitù, dalla mano del faraone, re d'Egitto, perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri. Riconosci dunque che il SIGNORE, il tuo Dio, è Dio: il Dio fedele, che mantiene il suo patto e la sua bontà fino alla millesima generazione verso quelli che lo amano e osservano i suoi comandamenti, ma a quelli che lo odiano rende immediatamente ciò che si meritano, e li distrugge; non rinvia, ma rende immediatamente a chi lo odia ciò che si merita. Osserva dunque i comandamenti, le leggi e le prescrizioni che oggi ti do, mettendoli in pratica.
Se darete ascolto a queste prescrizioni, se le osserverete e le metterete in pratica, il SIGNORE, il vostro Dio, manterrà con voi il patto e la bontà che promise con giuramento ai vostri padri.


«… Il Signore vi ama». Questo brano è in fondo una dichiarazione di amore verso Israele da parte di Dio. Questa dichiarazione di amore utilizza un linguaggio che non è quello tipico dell’amore umano, ma utilizza il linguaggio, che è tipico della Bibbia, della “elezione”. «Il SIGNORE si è affezionato a voi e vi ha scelti … perché il SIGNORE vi ama». Dio ama, quindi sceglie.

È un amore chiaramente impari, squilibrato, Dio ha scelto, non il popolo. Dio ama Israele, Israele chissà… chissà se ama Dio… chissà se ricambia l’amore che riceve…

Dio ha scelto e si è legato a Israele. Perché a Israele? Da che mondo è mondo le nazioni più forti sono anche le più grandi, grandi numericamente, grandi tecnicamente, grandi finanziariamente. Guardate come vanno le cose oggi a livello mondiale: c’è il G7, il G8, il G20… le nazioni più “forti”, ovvero più industrializzate, più ricche, più potenti.

Vi sono invece degli Stati nel mondo di cui non si conosce nemmeno l’esistenza, io a volte sento dei nomi di piccole nazioni che non conosco e me ne vergogno. La dinamica piccolo-grande conta tantissimo, conta nel mondo di ieri e in quello di oggi.

Ma non per Dio! Dio si è «affezionato» a questo piccolo popolo, non a uno grande. Non all’Egitto o all’Assiria, le grandi potenze del tempo, ma a Israele, un piccolo popolo, che non conta nulla davanti alle grandi e forti nazioni del tempo.

Paolo lo esprimerà in modo straordinario quando dirà che Dio «ha scelto le cose pazze del mondo, le cose deboli […], le cose che non sono…» (1 Cor. 1,27.28)

Non c’è merito da parte di Israele – e oggi da parte nostra, dei cristiani - e non c’è virtù o qualità per cui Dio sia portato a scegliere uno piuttosto che l’altro, c’è solo amore, solo grazia. La scelta di Dio che rende Israele il tesoro particolare di Dio.

Non è una scelta contro gli altri popoli, anche se spesso il conflitto tra Israele e gli altri popoli sarà duro, ma una scelta per Israele, per amore di Israele, che – come il padre Abramo – ha la vocazione di essere benedizione per tutti i popoli.

Affermare la grazia di Dio però non è una bella teoria o uno slogan teologico. L’idea della elezione, cioè della scelta di Dio, ci salva in fondo dal rischio di essere troppo teorici, di essere astratti: quello che siamo – credenti tiepidi, discepoli e discepole pieni di contraddizioni, ma soprattutto peccatori e peccatrici perdonati – lo siamo perché Dio lo ha voluto e lo ha scelto per noi.

La nostra tiepidezza (o a volte all’opposto l’entusiasmo presuntuoso, che è peggio) e le nostre contraddizioni (mescolate con l’illusione di essere coerenti, che è ancora peggio) sono la nostra “piccolezza” di cui parla Dio nel brano di oggi. Dio dice a Israele: non ti ho scelto per quello che sei, ma per quello che non sei, non sei un grande popolo, non sei una nazione potente, non sei un popolo forte.

Per questo ti ho scelto. Perché tu non devi essere grande, potente, forte, tu devi essere il mio «tesoro», dice Dio: «il SIGNORE, il tuo Dio, ti ha scelto per essere il suo tesoro particolare fra tutti i popoli che sono sulla faccia della terra».

Prima del “dover essere” - devo essere fedele, devo essere coerente, devo essere così e cosà – c’è l’essere, c’è ciò che sei già per decisione e grazia di Dio, grazie alla sua elezione: il suo tesoro particolare. Il dover essere viene dopo.

Devi essere tante cose, ma non “devi essere” o diventare il suo tesoro, perché lo sei già, lo ha già deciso lui, la tua piccolezza, la tua tiepidezza, le tue contraddizioni non ti tolgono questo fatto, che è un fatto perché Dio lo ha deciso: sei il suo tesoro.

E l’amore di Dio si vede nei fatti: «il SIGNORE vi ama: il SIGNORE vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha liberati dalla casa di schiavitù». Il gesto, l’atto d’amore principale di Dio verso il suo popolo è stata la liberazione dalla schiavitù d’Egitto. Dio ama Israele e lo vuole libero.

Il suo tesoro non deve essere schiavo, ma libero. E Dio darà a Israele la sua Torah perché Israele usi bene la sua libertà e nessun membro del popolo debba perderla a causa dell’ingiustizia di qualcun altro. Dio non si limita a proclamare il suo amore, ma ne dà un esempio molto concreto, che Israele non può e non deve dimenticare.


2. Dopo l’essere – sei il tesoro particolare di Dio - c’è poi anche il dover essere, c’è la richiesta di Dio, perché la grazia interpella, chiama e trasforma: innanzitutto «Riconosci dunque che il SIGNORE, il tuo Dio, è Dio: il Dio fedele, che mantiene il suo patto e la sua bontà fino alla millesima generazione verso quelli che lo amano e osservano i suoi comandamenti».

E poi «Osserva dunque i comandamenti, le leggi e le prescrizioni che oggi ti do, mettendoli in pratica». Riconosci che Dio è Dio e osserva i suoi comandamenti.

Riconosci che Dio è quel Dio che ti ha scelto, che ti ama, che ti ha eletto e fatto diventare il suo tesoro particolare e che ti ha liberato dalla schiavitù. Non hai a che fare con un Dio sconosciuto, che non sai chi è e che cosa fa.

La liberazione dalla schiavitù è l’evento centrale che rende il popolo un popolo, mentre prima era una grande massa di schiavi. Lì Dio si è presentato come il Dio dei padri Abramo, Isacco e Giacobbe (dunque un Dio che conoscevano già) e si è rivelato come Dio liberatore.

E anche noi cristiani conosciamo Dio, che si è rivelato in Gesù Cristo, nella sua morte e resurrezione e nei suoi insegnamenti, anche per noi Dio è il Dio liberatore e misericordioso che ci è venuto incontro in Gesù e che incontriamo nella sua Parola.

Riconosci che Dio è Dio e che in Gesù ti viene incontro per annunciarti il suo perdono e il suo regno di giustizia e di pace.

E che ti viene incontro anche con la sua parola esigente: «Osserva dunque i comandamenti, le leggi e le prescrizioni che oggi ti do, mettendoli in pratica».

Dio osserva il suo patto e chiede al suo popolo di osservarlo anche lui. Perché quella con Dio è una relazione, una relazione impari, squilibrata, ma sempre una relazione tra lui e noi, tra lui e te.

La relazione è fatta di fedeltà e di misericordia da un lato (Dio) e di fiducia e obbedienza dall’altro (noi). La fedeltà e la misericordia di Dio sono certe, la fiducia e l’obbedienza nostre sono molto incerte, sono anzi molto vacillanti e sempre bisognose del suo perdono.

Questo brano contiene anche parole minacciose: «a quelli che lo odiano rende immediatamente ciò che si meritano, e li distrugge», parole da far tremare i polsi. Parole che vogliono dire che non si può prendere in giro Dio, non si può ascoltare la sua parola e poi ignorarla, non si può fare finta di stare nel patto, non si può volere la misericordia di Dio, ma non l’obbedienza che ci chiede.

Le parole di questo brano esprimono la grande misericordia di Dio «che mantiene il suo patto e la sua bontà fino alla millesima generazione verso quelli che lo amano» e poi, con le parole che ho definito “minacciose” esprime la richiesta di obbedienza, di risposta alla sua misericordia.

I comandamenti, come sappiamo, toccavano e riempivano tutta la vita del popolo, allo scopo di costituire e mantenere Israele quale comunità libera, fedele e giusta. La disobbedienza, il non rispettare il patto con Dio significa mettere in crisi o in pericolo la libertà, la fedeltà e la giustizia del popolo.

Il Dio del patto dona libertà e chiede fedeltà e giustizia; se fedeltà e giustizia vengono meno, il patto stesso è in pericolo.

Essere il tesoro di Dio non è soltanto un dono, è anche un compito. Questo compito è la nostra vita, che è fondata sulla fedeltà di Dio, che ci ha liberarti in Cristo e ci chiede fedeltà e giustizia.

Siamo il tesoro di Dio e in quanto “tesoro” ci è chiesta fedeltà al patto con Dio e giustizia nei confronti degli altri esseri umani.

Che Dio ci aiuti ad essere giusti e fedeli al suo patto e ci ricordi sempre che siamo il suo tesoro, che lui ha scelto semplicemente perché ci ama.




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