domenica 26 luglio 2020

Predicazione di domenica 26 luglio 2020 su Matteo 13,44-52 a cura di Daniel Attinger

LA GIOIA DEL REGNO

Testi delle letture : Rom 8,18-25 e Mt 13,44-52

Matteo 13. In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 44 “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo, che un uomo, dopo averlo trovato, nascose; e per la sua gioia, va e vende tutto quello che ha, e compra quel campo.

45 Ancora: il regno dei cieli è anche simile a un mercante in cerca di belle perle 46 e trovata una perla di gran valore la comprò dopo essere andato a vendere tutto ciò che possedeva.

47 Di nuovo: il regno dei cieli è simile a una rete capiente che è stata gettata in mare e ha raccolto ogni genere di pesce. 48 Una volta piena, la si tira su verso riva, ci si siede a raccogliere il buono in un contenitore e a gettare via ciò che è inutile. 49 Così sarà alla fine del tempo presente: gli angeli usciranno a separare i malvagi dai giusti 50 e li getteranno nella fornace di fuoco; là sarà il pianto e il digrignare dei denti.

51 Avete inteso?” “Sì” gli dicono. 52 Ed egli disse loro: “Perciò ogni scriba che diventa un discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa: egli tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie”.


Carissimi,

Il testo dell’evangelo che abbiamo appena ascoltato è la conclusione del grande capitolo tredicesimo dell’evangelo secondo Matteo tutto consacrato alle parabole del regno di Dio. È là che si trovano le parabole ben conosciute del seminatore, delle zizzanie tra il grano, del chicco di senape e del lievito. Anche le parabole di oggi, del tesoro nascosto, del mercante in cerca di perle preziose e della rete, sono parabole che vogliono evocare il regno di Dio che sta al centro della predicazione di Gesù, come lo ricorda Matteo fin dai primi capitoli del suo evangelo; quando Gesù comincia il suo ministero, proclama:

Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino! (Mt 4,17).

Questo capitolo risponde essenzialmente a due domande.

Da una parte c’è la domanda sulle parabole: perché Gesù sceglie di presentare gran parte della sua predicazione attraverso queste storielle che talvolta sembrano indovinelli. È ciò che si vede soprattutto nella prima parte del capitolo: dopo che ha narrato la parabola del seminatore, i discepoli gli chiedono: “perché parli loro in parabole?” (13,10). La risposta di Gesù è difficile e non possiamo esaminarla oggi. Riteniamo però dalla risposta di Gesù un insegnamento impor­tante: il regno di Dio fa parte di un “mistero”; Gesù infatti dichiara: “a voi è stato dato di cono­scere i misteri del regno dei cieli, agli altri invece (cioè alla folla) non è stato dato” (13,11). Atten­zione però a non confondere i misteri con ciò su cui non serve riflettere, perché comunque non si comprenderà! Il mistero non è ciò che non si capisce, ma ciò in cui c’è troppo da capire, o ciò che non si finirà mai di capire; è realtà che ci fa andare da scoperte in scoperte… a condizione però che non si smetta di cercare.

L’altra domanda, più direttamente legata al testo di oggi, concerne invece il regno dei cieli in quanto tale: di che cosa Gesù parla quando annuncia il regno dei cieli, o regno di Dio (sappiamo infatti che Matteo parla sempre del “regno dei cieli”, perché condivide con il mondo ebraico la reticenza nel pronunciare il nome di Dio, per non nominarlo invano). Ogni parabola di questo capitolo narra un aspetto particolare del regno.

Allora cosa queste brevissime parabole ci dicono del regno di Dio che Gesù proclama?

1) Ecco un uomo che lavora un campo non suo – probabilmente un bracciante, un operaio agricolo o uno schiavo che lavora per un padrone –; ora, mentre lavora scopre un tesoro. Geloso della sua scoperta, la nasconde, vende tutto ciò che ha e compra il campo. Qui Gesù sottolinea il prezzo inestimabile del regno: è l’equivalente di tutto ciò che uno ha, di tutto ciò che è; il regno è più prezioso della nostra stessa vita. Ma la parabola dice, nel contempo, che questa rinuncia non è un’azione ascetica, né un’opera penosa o faticosa: è “per la gioia” della sua scoperta che quel bracciante rinuncia a tutto, perché il regno vale più di tutto ciò che si possa immaginare.

2) La parabola del mercante che cerca perle è molto simile. Anche qui si “vende tutto” per comprare quella perla. La diversità sta nel fatto che, mentre il lavoratore ha trovato il tesoro mentre era occupato al suo lavoro quotidiano – il che ci ricorda che il Regno è “nascosto” nel nostro ordinario, nelle relazioni che abbiamo quotidianamente con uomini e donne che incontriamo o con i quali viviamo e lavoriamo –, il mercante, da parte sua, “cerca” perle belle e preziose. Qui Gesù sottolinea che il regno di Dio non si trova “per caso”; va cercato giorno per giorno. Ma cosa significa “cercare il regno di Dio”?

La parabola non ce lo dice, tutt’al più ci rende attenti al fatto che quel mercante deve essere attento alle contraffazioni: nel mercato delle perle si trovano infatti anche tutte quelle che non sono vere perle. Lo stesso vale per il Regno: tante cose si presentano come ciò che ci procura la gioia perfetta, ma sono solo trappole per impadronirsi del denaro dell’ignorante o dell’ingenuo, oppure per ingannarli.

3) È proprio ciò che sottolinea con maggior forza la terza parabola, quella della rete. Qui i pescatori prendono di tutto nella loro rete, ma poi occorre fare una cernita per conservare solo il buono, cioè il commestibile, mentre il resto è buttato via. Occorre però a questo punto fare una precisazione importante: la separazione del buono dal cattivo o dall’inutile avviene “alla fine del tempo”, come Gesù aveva già detto quando spiegava la parabola delle zizzanie tra il grano.

Dunque, alla fine vi sarà il giudizio! Questo è un insegnamento dell’evangelo sul quale per secoli si è molto insistito. Basta visitare qualche chiesa medievale o anche più recente: poche sono quelle che non hanno un affresco o un dipinto del giudizio universale con un’attenzione particolare ai supplizi subiti dai cattivi. Si trattava di incutere paura nel cuore dei fedeli per ottenere più facilmente la loro obbedienza.

Eppure questo non è l’intento della parabola narrata da Gesù, come neanche quello della parabola della zizzania. Esse ci ricordano invece che non dobbiamo scandalizzarci dal fatto che il male sia sempre intrinsecamente mescolato al bene, come l’ingiusto al giusto, il brutto al bello. Anzi, non solo non dobbiamo scandalizzarci, ma non dobbiamo nemmeno pretendere di saper fare noi il discernimento tra l’uno e l’altro. Siamo chiamati invece a cercare il bene anche in mezzo a tanti mali, cercare il giusto nonostante l’ingiustizia che colpisce ovunque, persino i giudici e i santi! Questo miscuglio ci deve condurre alla pazienza gli uni verso gli altri.

Insieme, questi tre insegnamenti formano un bell’annuncio del Regno.

Ci viene detto anzitutto che è una realtà nascosta, ma non fuori dalla nostra portata; anzi sta vicinissimo a noi, è magari nascosta in noi stessi, come il Cristo che vive in noi. In quanto tale può spuntare, o manifestarsi, proprio in mezzo alle nostre attività quotidiane, come avvenne con il tesoro scoperto dall’operaio mentre svolgeva il suo lavoro ordinario.

La seconda parabola ci rende invece attenti al fatto che se lo vogliamo trovare, lo si può anche cercare, come Gesù disse una volta: “Chi cerca trova”. E questa ricerca non è un’attività penosa o affaticante: si tratta fondamentalmente di esercitare l’occhio per vedere che, anche quando tutto sembra senza uscita, quando si ha l’impressione che il male prevalga ovunque, quando si è presi dalla disperazione – e sono cose che ci capitano, come ben sappiamo –, spunta qua e là del bene che ravviva la speranza; come dice l’Apostolo che abbiamo sentito nella prima lettura:

Sappiamo che tutto coopera al bene per quelli che amano Dio (Rm 8,28).

Infine queste parabole ci ricordano che il Regno è una cosa così bella e preziosa che prevale su tutta la nostra esistenza, anzi che possiamo lasciar perdere tutto il resto, perché in questo regno sta tutta la nostra gioia. Comprendiamo allora in fin dei conti che il regno – il tesoro o la perla – non è altro che Gesù Cristo, colui che ha dato la sua vita per noi e che per noi è il volto del Dio nel quale crediamo.

A lui, come al Cristo, suo Figlio e allo Spirito, sia lode e gloria, ora e sempre.

Amen.

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