domenica 10 gennaio 2021

Predicazione di domenica 10 gennaio 2021 su Isaia 60,1-6 a cura di Marco Gisola

Domenica 10 gennaio 2021 - Epifania

Isaia 60, 1-6

«Sorgi, risplendi, poiché la tua luce è giunta, e la gloria del SIGNORE è spuntata sopra di te! 

Infatti, ecco, le tenebre coprono la terra e una fitta oscurità avvolge i popoli;

ma su di te sorge il Signore e la sua gloria appare su di te.

Le nazioni cammineranno alla tua luce, i re allo splendore della tua aurora.

Alza gli occhi e guàrdati attorno; tutti si radunano e vengono da te;

i tuoi figli giungono da lontano, arrivano le tue figlie, portate in braccio.

Allora guarderai e sarai raggiante, il tuo cuore palpiterà forte e si allargherà,

poiché l’abbondanza del mare si volgerà verso di te, la ricchezza delle nazioni verrà da te.

Una moltitudine di cammelli ti coprirà, dromedari di Madian e di Efa;

quelli di Seba verranno tutti, portando oro e incenso, e proclamando le lodi del SIGNORE.





«La tua luce è giunta, e la gloria del SIGNORE è spuntata sopra di te!». Le tenebre sono finite, sta spuntando una luce, anzi è spuntata, è spuntata sopra di te, per te, per illuminare la tua vita. La luce è il segno, il simbolo di questa domenica in cui ricordiamo l’epifania, ovvero la manifestazione (l’epifania significa manifestazione) di Gesù agli stranieri, simboleggiata dalla visita dei magi.

Questi stranissimi personaggi, studiosi degli astri, quindi pagani, e dunque lontani, sia geograficamente dalla terra di Palestina, sia spiritualmente dalla fede di Israele. Lontani, eppure vicini, perché avvicinati da Dio, portati vicini da Dio che li va a chiamare parlando la loro lingua, quella delle stelle.

Vengono ad adorare, a portare doni, e se ne vanno come se ne erano venuti, senza fare rumore, senza dare nell’occhio. E disobbedendo al re Erode che voleva essere informato sul “re” che sapeva che doveva nascere, i magi fanno un’altra strada e non passano da lui.

Una luce che illumina chi non sapeva nulla di Dio, ma che viene illuminato e portato, accompagnato fino a Betlemme dove vedono e adorano.

Come accadrà poi dopo la resurrezione di Gesù, quando l’annuncio dall’evangelo arriverà ai pagani grazie al lavoro instancabile dell’apostolo Paolo e di tutti i suoi compagni nell’apostolato e che farà sì che l’autore della lettera agli Efesini possa scrivere quello che abbiamo ascoltato, cioè che «gli stranieri sono eredi con noi, membra con noi di un medesimo corpo e con noi partecipi della promessa fatta in Cristo Gesù mediante il vangelo» (Efesini 3,6).

Il testo che il nostro lezionario indica quest’anno per l’Epifania è un brano del profeta Isaia, che riguarda anch’esso tutti i popoli del mondo. Proprio come i magi vennero da lontano fino a Betlemme per adorare Gesù e portarono in dono oro, incenso e mirra, i popoli della terra, in questa profezia di Isaia, vengono a Gerusalemme per adorare il Dio d’Israele e portano in dono oro e incenso.

I popoli della terra vengono a Gerusalemme perché qui avviene una ‘epifania’, cioè il Signore, il Dio d’Israele e dell’universo, si manifesta in Gerusalemme e tutti i popoli accorrono a lui.

Quando queste parole vengono pronunciate da Isaia, il popolo d’Israele è appena ritornato dall’esilio in Babilonia. Anzi, a dire il vero non sono ancora nemmeno ritornati tutti coloro che erano stati deportati, e si attende ancora il ritorno di molti esiliati.

Il testo preannuncia il loro ritorno quando dice che i figli e le figlie – intesi come figli e figlie di Gerusalemme – torneranno da lontano.

È dunque per Israele un tempo di miseria e di fatica, di ricostruzione, dei villaggi, ma anche del tempio di Dio che era stato distrutto dai Babilonesi. È un tempo di fatica e di tristezza, perché sono sì tornati in patria, ma hanno davanti a loro le macerie materiali e spirituali per cui tutto è da ricostruire.

Potremmo dire che gli Israeliti – o alcuni di loro – sono sì tornati a casa ma sono ancora nelle tenebre, che impediscono loro di vedere il futuro.

In queste tenebre di stanchezza e di rassegnazione Isaia proclama la sua profezia di luce, che annuncia non solo il ritorno di tutti gli esiliati, non solo benessere e sicurezza, ma annuncia anche il pellegrinaggio di tutti i popoli a Gerusalemme.

I popoli pagani non solo non saranno più nemici di Israele, non solo non lo metteranno più in pericolo e non lo domineranno più, ma verranno in pellegrinaggio a Gerusalemme che diventerà il centro del mondo, luogo in cui tutti i re della terra verranno a inchinarsi davanti al Dio d’Israele e a portare doni.

Il testo usa immagini bellissime: le porte della città, che solitamente di notte vengono chiuse per evitare che entrino ospiti indesiderati, rimarranno aperte giorno e notte, tanti saranno i re che verranno a Gerusalemme e i doni e le ricchezze che essi porteranno da tutti i luoghi.

La profezia annuncia anche la giustizia e la pace: “Io ti darò per magistrato la pace, per governatore la giustizia. Non si udrà più parlare di violenza nel tuo paese, di devastazione e di rovina entro i tuoi confini; ma chiamerai le tue mura: Salvezza, e le tue porte: Lode” (v. 18).

Questo è l’annuncio luminoso che Isaia è chiamato a portare ai primi Israeliti che ritornano a Gerusalemme: «Sorgi, risplendi, poiché la tua luce è giunta, e la gloria del Signore è spuntata sopra di te! Infatti, ecco, le tenebre coprono la terra e una fitta oscurità avvolge i popoli; ma su di te sorge il Signore e la sua gloria appare su di te».

La luce non è solo una bella immagine, la luce è ciò che letteralmente permette di vedere ciò che al buio non si vede. La luce dunque rivela, mostra ciò che era nascosto. È appunto una “epifania”, una manifestazione di ciò che non è manifesto.

A Israele rivela e annuncia il regno di giustizia e di pace che Israele ancora non può vedere, annuncia il fatto che i popoli verranno in pellegrinaggio a Gerusalemme portando doni, che verranno dunque in pace e non più per conquistare e distruggere come era accaduto qualche decennio prima.

Agli stranieri, ai pagani rappresentati dai magi d’oriente, la luce di Dio rivela quello che non avrebbero mai potuto vedere e nemmeno immaginare: che a Betlemme è nato il re dei Giudei e che questo re si trova in una mangiatoria e non nel palazzo della capitale Gerusalemme dove in un primo tempo i magi erano andati a cercarlo.

La luce di Dio rivela che il re è proprio quel bambino indifeso che i magi incontrano, e questo fatto va “rivelato”, cioè è necessario che sia Dio a dircelo affinché noi possiamo crederlo, perché questo annuncio va contro ogni evidenza. Solo la luce di Dio può fare questo.

Solo la luce di Dio che risplende la mattina di Pasqua farà credere ai discepoli e alle discepole di Gesù che il crocifisso era davvero il figlio di Dio, perché anche la croce andava contro tutte le evidenze.

Quando la luce di Dio risplende c’è gioia, c’è dono (oro, incenso e mirra), c’è la forza di mettersi in cammino per un lungo viaggio come quello dei magi, c’è speranza. Quando la luce di Dio risplende c’è giustizia e c’è pace.

Quando la luce di Dio risplende riconosciamo, come i magi, in Cristo il nostro re e Signore e in lui troviamo gioia, doni, forza, speranza e possiamo cercare e lavorare per la giustizia e la pace.

E come dice Isaia poche righe più avanti: «Non più il sole sarà la tua luce, nel giorno; e non più la luna t’illuminerà con il suo chiarore; ma il SIGNORE sarà la tua luce perenne, il tuo Dio sarà la tua gloria. Il tuo sole non tramonterà più, la tua luna non si oscurerà più; poiché il SIGNORE sarà la tua luce perenne...».

Luce perenne per la nostra fede e per la nostra speranza è il Signore, luce che irrompe nelle tenebre e le scaccia via.

Ed ancora una cosa ci dicono questo brano e il racconto dei magi, questi – dicevamo – strani personaggi che con Israele e la sua fede non c’entrano nulla. Ci dice che Gesù è venuto anche per gli altri. Gesù è venuto anche per altri, non solo per noi. Come non è venuto soltanto per il suo popolo, ma anche per i pagani, anche per i magi.

Questa di Isaia non è l’unica profezia dell’Antico Testamento che parla del cosiddetto pellegrinaggio delle nazioni a Gerusalemme, ce ne sono anche altre. È la realizzazione della promessa che Dio aveva fatto ad Abramo.

E il racconto dei magi racconta il compimento di queste profezie in Cristo. Anche altri vengono a Gesù. Non solo Israele. E questo vale anche per noi: anche altri vengono a Gesù, o meglio anche da altri va la luce di Gesù, la luce di Dio che fa riconoscere in Gesù il suo figlio e nostro Signore.

La grazia del Signore ha fatto sì che tra questi “altri” ci fossimo anche noi. Anche su di noi è spuntata la luce del Signore, anche per noi la sua gloria e la sua grazia si sono manifestate in Cristo.

Anche noi possiamo allora gioire e lodare il Signore che continua a manifestarsi nella sua parola e a illuminare le nostre vite.


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