domenica 17 gennaio 2021

Predicazione di domenica 17 gennaio 2021 su Giovanni 2,1-12 a cura di Marco Gisola

1 Tre giorni dopo, ci fu una festa nuziale in Cana di Galilea, e c’era la madre di Gesù. 2 E Gesù pure fu invitato con i suoi discepoli alle nozze. 3 Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». 4 Gesù le disse: «Che c’è fra me e te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta». 5 Sua madre disse ai servitori: «Fate tutto quel che vi dirà». 6 C’erano là sei recipienti di pietra, del tipo adoperato per la purificazione dei Giudei, i quali contenevano ciascuno due o tre misure. 7 Gesù disse loro: «Riempite d’acqua i recipienti». Ed essi li riempirono fino all’orlo. 8 Poi disse loro: «Adesso attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. 9 Quando il maestro di tavola ebbe assaggiato l’acqua che era diventata vino (egli non ne conosceva la provenienza, ma la sapevano bene i servitori che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo e gli disse: 10 «Ognuno serve prima il vino buono; e quando si è bevuto abbondantemente, il meno buono; tu, invece, hai tenuto il vino buono fino ad ora». 11 Gesù fece questo primo dei suoi segni miracolosi in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui. 12 Dopo questo, scese a Capernaum egli con sua madre, con i suoi fratelli e i suoi discepoli, e rimasero là alcuni giorni.



Manca qualcosa. Questa è la situazione iniziale che ci presenta il racconto del miracolo che Gesù compie ad una festa di nozze, in un villaggio della Galilea di nome Cana. Manca qualcosa, la cui mancanza può rovinare la festa, perché una festa di nozze in cui il vino finisce prima che la festa sia terminata è un fallimento, o almeno una figuraccia.

Manca qualcosa, manca il vino della festa e Gesù interviene e trasforma l’acqua in vino. Ora il vino c’è, è abbondante, anzi abbondantissimo si parla di una quantità che va dai 500 ai 700 litri! Ed è pure molto buono.

Ma come – potrebbe dire qualcuno – Gesù usa la sua capacità di compiere miracoli per non far mancare il vino ad una festa? Diventando magari complice dell’ubriacatura di qualche invitato che aveva già bevuto un po’ troppo? Con tutti i problemi che ci sono, dalla pandemia, all’ingiustizia economica, ai disastri ambientali… Gesù si occupa di vino?

Questa domanda in fondo ce la facciamo tutti noi. Un miracolo per trasformare dell’acqua in vino ci sembra quasi un miracolo sprecato. Comprendiamo molto meglio le guarigioni, la moltiplicazione dei pani…

Avviciniamoci” allora un po’ al racconto...

Giovanni ci dice che questo è il primo dei «segni miracolosi» che Gesù compie. Nel testo greco la parola «miracolosi» non c’è, l’evangelista Giovanni chiama le opere prodigiose di Gesù semplicemente “segni”.

Che cosa fa un segno? Un segno segnala, indica, i segni che Gesù compie nel vangelo di Giovanni - più ancora che nei sinottici - vogliono indicarci, dirci chi è Gesù; in una parola: vogliono rivelare. I segni rivelano chi è Gesù.

E che cosa rivela questo segno? Rivela, come tutti i segni che incontriamo nel vangelo, che Gesù è il figlio di Dio. E rivela – per dirla con le parole che usa Gesù stesso sempre in Giovanni (10,10) - che Gesù è venuto perché coloro che credono in lui «abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

Non abbondanza di vino (che è anch’esso solo un segno) ma abbondanza di vita, abbondanza di gioia, abbondanza di speranza, abbondanza di perdono… Abbondanza, non solo un po’, non solo un po’ di vita, non solo un po’ di gioia, non solo un po’ di speranza, non solo un po’ di perdono!

Abbondanza di ciò che ci manca, che non possiamo fabbricarci o comperarci; abbondanza di ciò di cui abbiamo bisogno per vivere. Questo ci porta Gesù e di questo è segno il vino della festa delle nozze di Cana.

Giovanni, come abbiamo già detto, dice che questo è il primo segno che Gesù compie, ma si potrebbe anche tradurre con “l’inizio” dei segni. Gli altri segni ci vengono raccontati nei capitoli successivi, ma possiamo chiederci: se questo è il primo segno, quale sarà l’ultimo? Se questo è l’inizio quale sarà la fine dei segni?

L’ultimo segno rivelatore, ovvero che ci rivela che Gesù è il figlio di Dio, inviato dal Padre per rivelare la sua volontà, sarà la croce; la fine dei segni è la fine della vita terrena di Gesù. Ma questa fine per Giovanni non è fine, è compimento: Gesù infatti morendo dirà: «è compiuto».

Quello che umanamente è il punto più basso della vita di Gesù – più basso come sofferenza, abbandono, crudeltà – è interpretato da Giovanni come il punto più alto del ministero terreno di Gesù.

Giovanni infatti chiama la crocifissione “innalzamento”, oppure la chiama “glorificazione”. E anche attraverso il segno compiuto alle nozze di Cana Gesù «manifestò la sua gloria». Lo scopo del segno – dei segni – che Gesù compie è duplice: donare vita e gioia e speranza in abbondanza a chi li riceve e manifestare la sua gloria.

Che questo segno guardi lontano, guardi alla croce lo mostra anche il breve dialogo tra Gesù e Maria: la prima parte del dialogo è molto enigmatico, non è chiaro che cosa Maria voglia chiedere a Gesù con la frase «non hanno più vino» e non è chiara la risposta di Gesù: «Che c’è fra me e te, o donna?», che non è una parola scortese, ma è senz’altro una presa di distanza.

Anche la parola «donna» non è dispregiativa come potrebbe suonare oggi alle nostre orecchie; Gesù chiamerà Maria «donna» anche nel bellissimo gesto che compirà sulla croce quando affiderà a Maria il discepolo prediletto e affiderà Maria al discepolo prediletto, una sorta di adozione reciproca.

Gesù chiama Maria «donna» e non la chiama “madre”. Una possibile significato di questo è che Gesù tratti Maria non da madre, bensì da discepola. Potrebbe voler dire: non rivolgerti a me come una madre fa col proprio figlio, ma come una discepola con il suo Signore.

E Maria infatti si comporta da discepola, nel senso che si fida, ha fiducia che nonostante la sua strana risposta, Gesù farà qualcosa. Inoltre, la conclusione del nostro brano ci dice che Maria va con Gesù, i suoi fratelli e i suoi discepoli; Giovanni inserisce cioè Maria e i fratelli di Gesù nel gruppo dei discepoli.

Più chiara è la frase di Gesù «L’ora mia non è ancora venuta». L’ «ora», nel vangelo di Giovanni è il culmine della missione di Gesù che sarà appunto la passione e la croce. L’ «ora» saranno gli ultimi giorni e ultimi istanti della vita di Gesù, che culminano con quella che - abbiamo detto – Giovanni chiama la glorificazione.

Gesù vuol dire che non è ancora giunto il momento di manifestarsi come lo farà nella sua passione. Maria, qualunque cosa abbia capito della risposta di Gesù, si mostra fiduciosa che Gesù qualcosa farà e chiede ai servi di fare tutto ciò che Gesù dirà loro.

E dunque una manifestazione avviene. Gesù non compie gesti spettacolari, non crea ma trasforma. Trasforma acqua in vino, trasforma qualcosa di comune e quotidiano in qualcosa di straordinario e festoso. Anche il vino è carico di significati simbolici, in alcuni profeti l’abbondanza di vino fa parte dei racconti dei tempi messianici quando Dio viene e porta pace, gioia e abbondanza, anche di vino.

E l’abbondanza è davvero straordinaria, si parla di più di 500 litri di vino che arrivano alla fine – non all’inizio - della festa. E vino molto buono, tanto che si guadagna le lodi del maestro di tavola, che era uno dei servi che organizzavano il banchetto nuziale.

Il miracolo non sembra essere evidente a tutti. Il maestro di tavola non sa che nelle giare prima c’era semplice acqua e infatti diventa il miglior testimone (inconsapevole) del miracolo, e tanto più attendile quanto più inconsapevole. Non è ancora l’ «ora» che tutti sappiano.

Lo sanno solo i servi, che però non prendono parola, e i discepoli, che capiscono che attraverso questo segno si è manifestata la gloria di Gesù. E credono in lui.

A questo serve il segno, questo il suo obiettivo: la fede. Non certo solo a far bere del buon vino agli invitati alle nozze di Cana.

Chi sperimenta l’abbondanza di doni, l’abbondanza di grazia, di vita e di gioia che Gesù porta a chi lo incontra, si affida a lui, crede.

Mancava qualcosa alla festa di nozze di Cana e Gesù è intervenuto per trasformare la mancanza in abbondanza.

Manca qualcosa anche nella nostra vita, sempre alle prese con difficoltà, limiti, incomprensioni… alla nostra vita mancano molte cose, è incompleta, imperfetta…, manca misericordia, manca a volte anche solo la chiarezza e la comprensione reciproca tra sorelle e fratelli…

Il “mancare” di qualcosa è caratteristica ineliminabile della nostra umanità ed è anche conseguenza del nostro peccato.

Non potremmo essere cristiani se non fossimo consapevoli di questo, e se d’altra parte, non fossimo consapevoli che Gesù è venuto proprio per questo, per trasformare la nostra cronica mancanza attraverso l’abbondanza dei suoi doni.

Non potremmo essere cristiani se non sapessimo che ci manca qualcosa e se non sapessimo che ciò che ci manca ci è donato in Cristo, non come possesso ma appunto come dono -

Gioire di questo dono come gli invitati alle nozze di Cana hanno gioito del vino buono; gioire e credere, come hanno fatto i discepoli, del dono della grazia, della gioia e della speranza che ci sono donate in Cristo è ciò che ci invita a fare questa parola di oggi.

Ciò che ci manca possiamo metterlo nelle mani di Gesù e affidarlo alla sua grazia che trasforma e che abbonda.


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