lunedì 17 maggio 2021

Predicazione di domenica 16 maggio 2021 su Giovanni 7,37-39 a cura di Marco Gisola

37 Nell’ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù stando in piedi esclamò: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. 38 Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno». 39 Disse questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui; lo Spirito, infatti, non era ancora stato dato, perché Gesù non era ancora glorificato.


Siamo a Gerusalemme, nell’ultimo giorno della festa ebraica delle capanne – in ebraico Sukkot, che vuol appunto dire capanne - festa che ricorda il cammino di Israele nel deserto. Per questa festa si costruivano – e si costruiscono, perché la festa viene celebrata ancora oggi – delle capanne con frasche e rami di albero, e per i giorni della festa ci si dorme anche dentro, cosa che diventa molto simpatica per i bambini.
Ai tempi di Gesù, ogni mattina dei sette giorni che durava la festa, i sacerdoti guidavano una processione, che si recava presso una fonte di acqua, quella che riempiva la piscina di Siloe (quella di cui parla il vangelo di Giovanni poco più avanti, in cui Gesù manda l’uomo cieco a lavarsi gli occhi ed egli recupera la vista).
Da questa fonte prendevano dell’acqua con una brocca d’oro che poi portavano al tempio, attraversando la porta chiamata appunto porta dell’acqua, mentre la gente cantava dei salmi; infine il sacerdote saliva verso l’altare e ci versava sopra l’acqua; l’ultimo giorno della festa – quello più solenne, in cui è ambientato il nostro episodio - la processione girava sette volte intorno all’altare.
Proprio in questo ultimo giorno Gesù pronuncia queste parole e dunque il contesto della festa e il momento in cui le pronuncia ci aiutano a capirle meglio e a cogliere il senso e la portata delle sue parole:
La festa si riferisce alla permanenza di Israele nel deserto, luogo dove l’acqua manca per definizione e questo rito così solenne dell’acqua fa pensare all’episodio accaduto in quel lungo tempo trascorso dal popolo nel deserto, in cui Dio stesso fa scaturire l’acqua dalla roccia.
Il popolo aveva sete e si era lamentato con Mosè, che si era rivolto a Dio, il quale dice a Mosè di colpire la roccia con il suo bastone e ne fa scaturire l’acqua per dissetare il popolo. È in questo contesto che Gesù dice, anzi proclama, parlando in piedi alla folla che è lui l’acqua che disseta: «se qualcuno ha sete venga a me e beva».

Non l’acqua che scaturisce dalla roccia, non il bastone di Mosè, ma l’acqua che scaturisce da Gesù e la sua Parola dissetano veramente. È sempre acqua che viene da Dio, che è dono di Dio, ma non è acqua che disseta solo il corpo perché viva, ma acqua che disseta la fede, che disseta tutta la persona, perché creda e perché speri. Gesù sta dicendo al suo popolo che lui è la fonte dell’acqua e che lui è in grado di dargli ciò che Dio aveva dato ai loro antenati nel deserto.
Questo è il messaggio centrale di questo breve racconto, che – e apriamo una piccola parentesi - presenta due difficoltà proprio nel testo: la prima è che Gesù dice “come ha detto la Scrittura” ma non c’è nella Bibbia una parola identica a quella che cita Gesù. Per risolvere questa difficoltà, si dice che Gesù si riferisce in modo generico a quei molti testi che parlano dell’acqua come dono di salvezza da parte di Dio.
La seconda difficoltà è sempre nella frase detta da Gesù, ma è più sostanziale, perché ne cambia un po’ il significato. In alcuni manoscritti c’è un punto che si trova qualche parola più in là per cui le frasi sono diverse; senza entrare nei dettagli, mentre nella nostra traduzione il seno (che poi sarebbe il “ventre” cioè l’interno della persona) da cui sgorgano fiumi di acqua viva è quello del credente, con questa variazione il seno o il ventre da cui sgorga l’acqua è quello di Gesù stesso.
La differenza è se questa parola ci vuole dire che i credenti che bevono da Gesù diventano a loro volta fonte per altre persone, oppure se tutto il testo si voglia concentrare su Gesù.
In ogni caso, il credente, “chi crede in me” come dice Gesù, è innanzitutto chi ha sete e trova in Gesù la fonte a cui dissetarsi. Il centro di questa parola mi sembra in questa affermazione: l’acqua, cioè la vita, e la fiducia, la speranza e la libertà di cui abbiamo bisogno per vivere la troviamo in Gesù e in lui soltanto.
Se poi Gesù ha voluto dire che questa acqua che possiamo attingere in lui la possiamo offrire a qualcun altro, questa è una conseguenza, anzi è un dono e una responsabilità. Ma è sempre Gesù colui che disseta.
E dicendo ciò, abbiamo già chiuso la parentesi e siamo tornati al cuore del racconto.


È infatti una parola per chi ha sete quella di oggi, una parola per chi è nel deserto. Se abbiamo sete è una parola per noi, se ci siamo già dissetati altrove, no. Se ci siamo costruiti un oasi nel deserto con scorta di acqua in bottiglia e stiamo lì a prendere il sole non è una parola per noi. È una parola per chi deve camminare nel deserto della vita e affrontare il viaggio della fede.
La parola di Gesù contiene infatti un invito e una promessa. L’invito è quello di andare a lui: chi ha sete venga a me. È lui la fonte e la sua Parola è l’acqua che dà vita. Non dobbiamo dare troppo per scontato questo invito. Ogni invito è un dono.
Se qualcuno ti invita a cena, vuol dire che ti apre la sua casa e prepara qualcosa per te. Poi, certo, tu puoi ricambiare l’invito, ma quando sei tu l’invitato significa che qualcuno ha fatto qualcosa per te e ha deciso di fare qualcosa per te.
Gesù ci invita perché ha deciso di fare qualcosa per noi, di dissetarci, di aprirci la sua casa dove c’è abbondanza di perdono, di speranza e di gioia, tutte cose che ha preparato per noi, tutte cose che riceviamo attraverso la sua parola.
Nel vangelo di Giovanni troviamo, molto più avanti, un particolare che ci aiuta a comprendere questa parola di Gesù: quando Gesù è crocifisso, subito dopo la sua morte, i soldati si avvicinano a lui e «uno dei soldati gli forò il costato con una lancia, e subito ne uscì sangue e acqua» (Giovanni 19,34).
Giovanni è l’unico evangelista che ci racconta questo episodio; e se è normale che dal corpo di Gesù esca sangue, non è normale che esca dell’acqua. E quindi qualcuno collega questi due testi e dice che la parola che Gesù dice durante la festa della capanne sulle acque che sgorgheranno da lui si realizza nella sua morte sulla croce.
Ovviamente l’acqua ha un significato simbolico, rappresenta appunto la vita che scaturisce dalla morte di Gesù, la vita nostra che scaturisce dalla morte sua. Anche perché, come ripetiamo spesso, per Giovanni la crocifissione è un evento meno drammatico rispetto agli altri vangeli e rappresenta già la sua glorificazione di Gesù.
Gesù è glorificato perché dalla sua morte scaturisce immediatamente la vita, la vita per noi, per chi crede in lui, e questo è raffigurato anche fisicamente nell’acqua che esce dal corpo del crocifisso trafitto dalla lancia del soldato romano.

E poi dopo l’invito c’è la promessa: «Disse questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui». L’acqua – cioè la vita, la vita nuova donata a chi crede - continua a scaturire anche dopo la glorificazione di Gesù, cioè anche quando Gesù non sarà più presente in carne e ossa perché sarà risuscitato e tornato al padre.
Allora sarà lo Spirito a continuare a dissetare chi crede in Gesù. O meglio: Gesù continuerà a dissetare chi crede in lui attraverso lo Spirito, che ricorderà ai discepoli e alle discepole tutto ciò che Gesù ha fatto e ha detto e ha insegnato.
Non ci sono due fonti – Gesù e lo Spirito - ce n’è una sola perché Dio è uno solo. E non ci sono due acque, ce n’è una sola, la Parola di Dio è unica, l’evangelo è unico ed è che Gesù è venuto ed è morto e risorto per noi, è sempre Gesù che ci viene annunciato attraverso lo Spirito santo.
Il dono dello Spirito, che avverrà a Pentecoste, è la promessa e l’assicurazione che la fonte della grazia è inesauribile e continua per sempre a dissetare chiunque abbia sete.
È una parola per chi ha sete quella che riceviamo oggi. Una parola per noi, che siamo qui – come molti cristiani nel mondo - ad ascoltarla perché abbiamo sete. E abbiamo sete perché siamo già stati dissetati alla fonte della Parola di Dio.
Ma come abbiamo bisogno ogni giorno dell’acqua, abbiamo bisogno ogni giorno dell’acqua che scaturisce da Gesù e che ci dà la vita nuova in lui. A noi dissetati che abbiamo sete è rivolto l’invito ad andare a lui ed è rivolta la promessa che il dono del suo Spirito non ci farà mai mancare l’acqua che è la sua Parola, che è fonte di vita, di gioia e di speranza.

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