domenica 20 giugno 2021

Predicazione di domenica 20 giugno 2021 su Luca 15,1-10 a cura di Marco Gisola

Luca 15,1-10

Tutti i pubblicani e i «peccatori» si avvicinavano a lui per ascoltarlo. Ma i farisei e gli scribi mormoravano, dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, avendo cento pecore, se ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e non va dietro a quella perduta finché non la ritrova? E trovatala, tutto allegro se la mette sulle spalle; e giunto a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora che era perduta". Vi dico che così ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si ravvede, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento. «Oppure, qual è la donna che se ha dieci dramme e ne perde una, non accende un lume e non spazza la casa e non cerca con cura finché non la ritrova? Quando l’ha trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: “Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta”. Così, vi dico, v’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si ravvede».


Chi di voi – care sorelle e fratelli - avendo cento pecore, se ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e non va dietro a quella perduta finché non la ritrova? Chi di noi non farebbe così? Diciamo la verità: nessuno di noi farebbe così. Nessuno di noi lascerebbe 99 pecore nel deserto per andare a cercarne una, rischiando che le 99, o anche solo alcune di esse, facessero una brutta fine. Nessuno di noi farebbe così, perché non sarebbe logico, non avrebbe alcun senso. Ma siamo davanti a una parabola, non al manuale di un corso di formazione per pastori di pecore. E la parabola vuole annunciare l’evangelo, vuole darci un messaggio chiaro attraverso la breve storia che ci racconta. Che la storia sia logica oppure no, non importa, quello che importa è il messaggio, è – potremmo dire – l’evangelo che vuole annunciarci.

La parabola della donna che cerca la moneta è più logica, più comprensibile: ho perso dei soldi, ho perso la paga di una giornata di lavoro – questo era la dramma – e mi metto a cercarla con tutte le mie forze: accendo la luce (non c’era la luce elettrica ovviamente e i lumi ad olio si accendevano solo quando proprio necessario), spazzo la casa, guardo sotto tutti i mobili, mi do da fare. Notiamo che la donna non ha perso tutti i soldi che ha: ha dieci monete, ne perde una. E il pastore perde una pecora su novantanove. Entrambi non perdono tutto quello che hanno, ma perdono una unità: una pecora, una moneta. Ed entrambi, quando hanno ritrovato rispettivamente la pecora e la moneta fanno una gran festa, invitano amici e vicini, amiche e vicine per far festa e condividere la loro gioia. Anche questo pare esagerato: non si organizza addirittura una festa per aver ritrovato una pecora su cento o una moneta su dieci. 

Ma di nuovo non dobbiamo leggere la parabola con gli occhi della logica ma con gli occhi dell’evangelo. Il messaggio, l’evangelo di questa parabola è che – uscendo dall’immagine – Dio cerca chi si perde e quando lo trova prova grande gioia. Infatti il commento di Gesù è «Così, vi dico, v’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si ravvede». Dio invita gli angeli a una festa per un peccatore che si ravvede. La parabola è tutta incentrata su Dio. Dio cerca, Dio trova, Dio gioisce.

Spesso noi definiamo noi stessi “persone in ricerca”. Usiamo questa espressione per dire che non “possediamo” la verità, per dire che Dio è molto più grande di noi e di tutto ciò che possiamo dire e pensare di lui e che quindi non sappiamo tutto. Questo intendiamo dire quando diciamo che siamo in ricerca. Ma qui invece è Dio che cerca noi, non noi che cerchiamo lui. Noi non lo troveremmo mai se lui non ci avesse trovati per primo. E noi cerchiamo proprio perché siamo stati trovati, ma la nostra ricerca – se proprio la vogliamo chiamare così – non è una ricerca vaga e indefinita, ma è una ricerca in colui che ci ha trovati, in Gesù Cristo che è il pastore che Dio ha mandato a cercarci nelle campagne, che è la donna che Dio a mandato a cercarci in mezzo alla polvere del pavimento. 

È Dio che cerca noi. E quindi forse più che usare la parola “ricerca” per indicare il nostro atteggiamento, potremmo usare il verbo del testo che abbiamo letto al battistero nella veglia ecumenica, il verbo che Gesù usa nel vangelo di Giovanni quando dice ai suoi discepoli di “rimanere” in lui. Dio ci cerca, ci trova, ci ha trovati. La nostra parte è quella di rimanere in lui, rimanendo nella sua parola. Siamo in ricerca perenne – è vero – perché non sapremo e non capiremo mai tutto di Dio e del suo regno, ma non siamo in ricerca di Dio, perché Dio non è da trovare perché ci ha già trovati lui, perché è lui che ha cercato e trovato noi.

Siamo casomai in ricerca per capire meglio la sua volontà, per conoscere meglio la sua parola (che non si finisce mai di imparare), per coltivare la nostra fede, per essere “edificati”, come diceva il testo di domenica scorsa, perché la costruzione non è mai finita. Ma non siamo in ricerca di Dio, perché è Dio che è in ricerca di noi, è Dio che ci cerca e che ci trova.

Anzi: ci aveva trovati anche prima di perderci: la pecora era del pastore e la moneta era della donna. Il pastore non cerca la pecora di un altro pastore e la donna non cerca la moneta di un’altra persona. Il pastore cerca la sua pecora e la donna cerca la sua moneta. Dunque in queste due parabole noi non siamo quelli che cercano, ma quelli che vengono trovati. E dunque salvati. 

Che cosa può accadere a una pecora da sola, sperduta per le campagne? È molto probabile che finisca nello stomaco di qualche animale più grosso di lei. E che succede alla moneta se non viene ritrovata? Rimane sepolta – magari per sempre – dietro a un mobile o in qualche buco del pavimento, inutilizzata e inutilizzabile. Morta la pecora e “morta” la moneta, perché inutilizzabile. Essere trovati è dunque essere salvati dalla morte, è ritornare alla vita. Siamo dunque noi la pecora smarrita e la moneta perduta, fuor di metafora, siamo colui o colei che Dio cerca e trova; siamo il suo discepolo, la sua discepola che si è perso e che Dio cerca e trova.

E per questo, perché ci trova, perché ti trova, Dio gioisce, fa festa. Anche qui di solito diciamo che noi siamo nella gioia quando veniamo trovati, perdonati da Dio, quando l’evangelo ci consola, ci dà gioia e speranza. E invece anche qui la parabola è tutta teo-centrica, c’è Dio al centro, il Dio che cerca, che trova e che gioisce. 

Non è un caso che l’immagine del pastore con la pecora sulle spalle sia una delle immagini più diffuse di Dio perché è un’immagine che rincuora e che consola. È meno diffusa quella della donna, penso perché a noi umani piace di più essere paragonati a una pecora che a una moneta…

Ma nelle due parabole sia il pastore, sia la donna fanno festa. E questa è una bellissima immagine di Dio: Dio che fa festa per noi; anche con noi, potremmo dire, ma il senso delle parabole è sopratutto che Dio fa festa per noi. Fa festa perchè ci ama, perché aveva perso qualcuno che è prezioso ai suoi occhi, perché lo ha cercato e lo ha trovato. 

Un ultima cosa: le due parabole mettono l’accento sul numero uno: una pecora è perduta e ritrovata dal pastore, una moneta viene perduta e ritrovata dalla donna, un peccatore si ravvede, cioè viene ritrovato da Gesù. Una pecora su cento, una moneta su dieci, un peccatore su tanti… Una pecora sola, una moneta sola, una persona sola danno così tanta gioia a Dio e ai suoi angeli!

Perché una sola pecora su cento, una sola moneta su dieci, un solo peccatore su tanti? Perché Dio non fa calcoli, non c’è un numero minimo sotto il quale “non vale la pena”, Dio si dà sempre pena, perché vale sempre la pena. Perché uno vuol dire uno, ma vuol anche dire ognuno. Perché questa è la volontà di Dio, Dio non vuole perdere nessuno, e vuole anzi trovare ognuno.

Per questo Gesù frequenta i peccatori e mangia con loro al punto che si attira i rimproveri dei farisei: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Le due parabole di Gesù rispondono proprio a questa critica; non solo Gesù accoglie i peccatori e mangia con loro, ma li va a cercare, come il pastore cerca la pecora smarrita, come la donna cerca la moneta perduta. 

Come il pastore cerca la sua pecora, come la donna cerca la sua moneta, Gesù cerca noi che siamo suoi discepoli e sue discepole quando ci perdiamo. 

Siamo suoi perché ci aveva già trovati, ma quando ci perdiamo, ci viene di nuovo a cercare – come dice la parabola - “finché non ci ritrova”. 

E allora è grande festa! Per uno di noi, per una di noi, fanno festa Dio e i suoi angeli. Fanno festa per noi, che siamo stati ritrovati e che ora siamo come una pecora sulle spalle robuste del pastore, come una moneta nella mano forte della donna. 

Dio ci cerca, Dio ci trova, Dio ci porta sulle spalle o nella sua mano, Dio fa festa. Per noi, per te. Questo è l’evangelo di oggi, grazie al quale anche noi possiamo fare festa e lodare Dio.

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