lunedì 11 ottobre 2021

Predicazione di domenica 10 ottobre 2021 su Marco 2,1-12 a cura di Daniel Attinger

 

COSA SIGNIFICA CREDERE ?

Testo: Marco 2,1-12

Entrato di nuovo Gesù a Cafarnao, dopo qualche giorno si sparse la voce: “È in casa!”. E si radunarono tanti che non c’era posto nemmeno davanti alla porta, e espo­neva loro la Parola. Vengono a portargli un paralitico, trasportato da quattro perso­ne, e non potendo raggiungerlo a causa della folla scoperchiano il tetto dove era Gesù e, fatto un buco,calano la barella dove era sdraiato il paralitico. Gesù, vista la loro fede, dice: “Figlio, i tuoi peccati sono perdonati!”. C’erano là alcuni degli scribi che stavano seduti e ragionavano in cuor loro: “Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?”. E subito Gesù, compreso nel suo animo che così ragionavano in se stessi, dice a loro: “Perché ragionate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile, dire al paralitico: ‘sono perdonati i tuoi peccati’ o dire: ‘alzati, pren­di la tua barella e cammina?’ E perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha autorità di perdonare i peccati sulla terra – dice al paralitico – dico a te: alzati, prendi la tua barella e vattene a casa tua” E quello si alzò e subito, presa la barella, uscì in presen­za di tutti, tanto che tutti erano strabiliati e davano gloria a Dio dicendo: “Una cosa così non l’abbiamo mai vista”.


Sorelle e fratelli, carissimi,

All’inizio del suo evangelo, Marco ha riassunto l’essenziale della predicazione di Gesù in queste parole: “Il tempo è compiuto, il regno di Dio si è avvicinato, convertitevi e credete nell’evangelo”. Vi è quindi fin dall’inizio del ministero di Gesù un forte invito a credere. Ma cosa significa credere? Sappiamo evidentemente che credere vuol dire aderire a ciò che ci dicono le Scritture su Dio e su Gesù Cristo. Ma il testo che abbiamo letto oggi ci presenta un altro volto della fede. Tra l’altro è significativo rilevare che è qui che si trova la prima men­zione della parola “fede” nell’evangelo secondo Marco. Cosa dunque questo episodio ci dice della fede?

Gesù è a Cafarnao, cittadina che ha scelto per farne il centro della sua attività. La casa che gli serve di luogo di riparo dalle folle che, vedendo i suoi doni di guaritore, lo circondano per farsi guarire da ogni sorta di malattie, è verosimilmente quella di Simon Pietro e di Andrea, suo fratello, i primi che Gesù ha chiamati alla sua sequela. Ma anche in casa, non lo si lascia tranquillo! La folla si accalca e blocca il passaggio ad un gruppo di uomini che cercano di con­durre un paralizzato fino a Gesù. Lungi dal rinunciare alla loro intenzione, intraprendono un percorso piuttosto complesso: salgono sul tetto della casa, vi fanno un buco abbastanza gran­de per poter calare il paralizzato fino ai piedi di Gesù. Non è il caso di chiederci se le cose si sono davvero svolte in questo modo: Marco non intende informare i suoi lettori su un parti­colare della vita di Gesù, vuole invece farci capire cosa sia la fede, non dimentichiamolo!

Quando chi legge questo racconto per la prima volta giunge al momento in cui l’infermo è posto davanti a Gesù sa già che sarà guarito, ma non sa come ciò avverrà. Forse Gesù imporrà le mani sul malato; forse, dopo avergli detto di alzarsi, gli tenderà la mano per aiutarlo; forse si accontenterà di una sola parola. Ora, la guarigione avviene effettivamente, ma in un modo sorprendente. Gesù non dice: “Alzati e cammina!”, ma: “Figlio, i tuoi peccati sono perdonati!”

Si può immaginare la delusione dei portatori e del malato: speravano un miracolo e la guarigione. Invece il racconto va in tutt’altra direzione. Ma non c’è solo un annuncio di perdo­no; Marco scrive infatti: “vista la loro fede, Gesù dice: ‘Figlio, i tuoi peccati sono perdonati!’”.

Ritornerò fra poco su questa “delusione”. Per ora, fermiamoci sulla fede. Marco dice di Gesù che ha “visto la loro fede”. Ma che cosa ha visto in realtà? Quando pensiamo alla fede pensiamo a quella che si proclama in una confessione di fede come il credo che diciamo nel culto. La fede designa essenzialmente per noi un contenuto: si crede in Dio, nella salvezza; fede per noi è ciò che si tiene per vero. Dove sta dunque la fede che Gesù ha “visto” in questi uomini? Non ha sentito alcuna dichiarazione “ortodossa” di fede, ha visto invece lo sforzo e la volontà di questi uomini di condurre ad ogni costo, anche a costo di un’avventura rocambo­lesca, il paralizzato da Gesù perché possa essere guarito.

È forse questa la fede? Certo, la fiducia in Gesù è un elemento importante della fede, e la loro testardaggine sottolinea la forza della loro fiducia, ma in realtà vi è qualcosa di più.

Chiediamoci: di chi è la fede che Gesù ha visto? Certamente dei portatori che non esitano a scavalcare ogni ostacolo, pur di portare il loro amico da Gesù. Ma è anche dell’infermo; al suo posto avremmo forse detto: “Vedete che non ce la facciamo, lasciate perdere... Se Dio vorrà, vi sarà un’altra occasione”. Invece no, si lascia fare. Quando dunque Marco scrive che Gesù ha vi­sto la “loro” fede, non pensa solo a quella dei portatori, ma alla fede dei cinque, paralitico com­preso; ma allora quale fede? La loro perseveranza nel fare qualsiasi cosa pur di arrivare a Gesù è certo l’espressione di una grande fiducia nella sua capacità di guarire il paralitico. Pro­babilmente non vedono in lui il Figlio di Dio, ma il guaritore, quasi lo stregone. È forse questa la loro fede? Probabilmente no. Essa si esprime invece piuttosto nell’amicizia che unisce que­sti uomini e nella solidarietà fuori dal comune che li anima. Fede non è solo credere in Dio e nelle realtà divine, conformemente ad una confessione di fede ortodossa; credere è anche far fiducia al fratello o alla sorella, confidare in ciò che di umano sta nell’altro, chiunque egli sia, essere fedeli gli uni agli altri.

È dunque su questa base che Gesù annuncia il perdono: delusione probabile per i prota­gonisti dell’episodio, ma soprattutto scandalo per gli scribi che stanno osservando Gesù. Ora è proprio questo che Marco intende sottolineare, non la momentanea delusione, ma la differen­za, che potremmo dire “ottica”, esistente tra Gesù e le autorità religiose presenti. Attenzione però, non tra Gesù e gli ebrei… perché il modo di vedere di Gesù è quello di un ebreo, ma non è quello che abitualmente si trova presso le autorità religiose, anche nelle Chiese. Le autorità pensano in categorie legalistiche: cos’è permesso, cos’è proibito? Per loro l’importante è la liceità: a Gesù non è lecito annunciare il perdono, perché questo compete solo a Dio. Gesù è dunque un usurpatore e bestemmia. Invece Gesù ha “visto”… ha visto l’amore che anima que­sti uomini, i portatori come l’infermo: questo amore è la prova che il perdono e la miseri­cordia di Dio già li avvolgono. Gesù non ha quindi neanche bisogno di “perdonare”, constata solo che il perdono c’è già, che Dio ha già perdonato.

C’è però un problema: agli occhi degli scribi – ma anche spesso ai nostri occhi – il perdo­no non si vede! Allora chi sa se davvero il perdono è stato dato. Ancora una volta siamo nella logica degli scribi, non in quella di Gesù, perché lui, come dicevo, ha “visto” il perdono nell’a­micizia che univa questi uomini, amicizia che li ha fatti vincere tutti gli ostacoli. Perciò aggiun­ge la domanda: “Che cosa è più facile? Dire:‘sono perdonati i tuoi peccati’ o dire: ‘alzati, prendi la tua barella e cammina’?”

Non è che ci sia un rapporto immediato tra peccato e paralisi. La paralisi non è la punizio­ne di qualche peccato commesso da quest’uomo. Lo vediamo dal fatto che, dopo aver ricevuto l’annuncio del perdono, l’infermo rimane paralizzato: in quel momento è perdonato e paraliz­zato! No! La domanda di Gesù concerne, una volta ancora, la fede: Gesù intende convincere le autorità religiose che Dio accoglie effettivamente con misericordia chiunque viene a lui, anzi che questo è il giudizio di Dio: la sua misericordia. Per lui, vedere il perdono di Dio o gua­rire un paralizzato sono due realtà di uguale difficoltà, e perciò conferma il primo miracolo, quello della visione del perdono, con il secondo, quello della guarigione del paralizzato.

L’autorità che Gesù rivendica per sé di “perdonare i peccati”, non è una usurpazione, per­ché in realtà non ha rapito a Dio il suo potere di perdonare, ha solo saputo discernere chi, in quel momento, era già stato perdonato da Dio. E la guarigione dell’infermo è l’attestazione che Gesù ha visto giusto. Lo è per la folla che attornia Gesù e che proclama: “Una cosa così non l’abbiamo mai vista”; forse lo è anche per gli scribi che comunque non possono replicare; ma questo messaggio, secondo il quale il giudizio di Dio è la sua misericordia, deve valere soprat­tutto per il lettore di Marco, e dunque per noi, qualunque sia la situazione in cui ci troviamo. È proprio questa convinzione – che poi è la nostra stessa fede – che ci permette di fare di ogni situazione che viviamo, anche situazioni di disagio, di fragilità o di scoraggiamento, un cam­mino di amore che si apra sulla speranza e la gioia dell’evangelo.

Voglia il Signore conservarci in questa fede, affinché attraverso di noi il suo Nome sia sempre glorificato. Amen.

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