sabato 17 agosto 2019

Predicazione di domenica 4 agosto 2019 su Luca 9,28-36 a cura di Daniel Attinger

TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE
Luca 9,28-36
28 Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo, e salì sul monte a pregare. 29 Mentre pregava, l'aspetto del suo volto fu mutato e la sua veste divenne di un candore sfolgorante. 30 Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31 i quali, apparsi in gloria, parlavano della sua dipartita che stava per compiersi in Gerusalemme. 32 Pietro e quelli che erano con lui erano oppressi dal sonno; e, quando si furono svegliati, videro la sua gloria e i due uomini che erano con lui. 33 Come questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bene che stiamo qui; facciamo tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34 Mentre parlava così, venne una nuvola che li avvolse; e i discepoli temettero quando quelli entrarono nella nuvola. 35 E una voce venne dalla nuvola, dicendo: «Questi è mio Figlio, colui che io ho scelto: ascoltatelo». 36 Mentre la voce parlava, Gesù si trovò solo. Ed essi tacquero e in quei giorni non riferirono nulla a nessuno di quello che avevano visto.
 
Care sorelle e cari fratelli,
Dopodomani sarà il 6 agosto, data in cui le chiese celebrano, in Oriente dal V secolo, e in Occidente dal XII secolo, la festa della Trasfigurazione. Per l’Oriente cristiano è festa grande, la chiesa cattolica l’ha quasi dimenticata e le chiese della Riforma ancora di più, nono­stante venga ricordata nel calendario liturgico delle chiese luterana e anglicana. Giacché non è abitudine della chiesa valdese celebrare questa festa, vi propongo tuttavia di meditare oggi su questo evento che fu comunque decisivo nella vita di Gesù, tanto da far dire a Luca che, subito dopo averlo vissuto, Gesù “prese la ferma decisione di recarsi a Gerusalemme” (Lc 9,51), lette­ralmente: “rese duro il suo volto per recarsi a Gerusalemme”, consapevole ormai della sorte che là lo attende.
Non si sa con precisione perché questa festa sia stata fissata al 6 di agosto,: c’è chi la mette in relazione con la festa ebraica del 9 di av, che, in questi giorni, ricorda la distruzione del tem­pio di Gerusalemme: sarebbe un modo di dire ai cristiani che hanno un tempio migliore di quello di Gerusalemme: il Cristo glorioso; altri pensano che sia la cristianizzazione di una festa pagana di Afrodite celebrata in Armenia; altri dicono che questa data dipende dalla festa del­l’Esaltazione della croce: la Trasfigurazione sarebbe stata fissata 40 giorni prima del 14 settem­bre, data della grande festa della Croce, in modo da creare una specie di “quaresima della croce” parallela alla quaresima di preparazione a Pasqua; altri ancora ritengono che questa data era quella della dedicazione, nel IV secolo, della prima chiesa costruita sul monte Tabor che tradi­zionalmente fu designato come il monte della trasfigurazione.
Indipendentemente da questo è significativo che, nel cuore del cosiddetto “tempo ordinario”, che unisce il tempo pasquale all’avvento, venga celebrato questo evento che illumina così questo lungo tempo – che poi è figura della nostra vita ordinaria – con la sua luce particolare. Luce che in fin dei conti rivela il senso vero e profondo, anche se nascosto, di tutta la nostra esistenza, e quindi le dà il suo fondamentale orientamento.
Riflettiamo anzitutto su questo evento che appare tanto straordinario, da farci pensare che si tratta di una pia leggenda che troverà magari degli ascoltatori, ma noi … abbiamo meglio da fare! Ma Luca, e gli altri evangelisti, hanno forse raccontato questo episodio per i soli creduloni? Certamente no! Allora cosa vogliono farci capire?
Notiamo un dettaglio proprio a Luca: la trasfigurazione avvenne, dice, mentre Gesù pre­gava. È un dettaglio importante che permette di vedere in questo episodio l’illustrazione della preghiera di Gesù.
Non conosciamo il contenuto di questa preghiera, ma la sua modalità: Gesù è in conver­sazione con Mosè e Elia, cioè con i rappresentanti della Legge e dei Profeti: la preghiera di Ge­sù è dialogo con Dio a partire dalle Scritture! Ma poi, Luca precisa ancora che la conversazione verte sul “suo esodo che doveva compiersi a Gerusalemme” la nostra traduzione ha esplicitato: sulla “sua morte”. Nella sua preghiera Gesù parla dunque della sua morte, cosa non tanto nor­male per un giovane – ricordiamo che in quel tempo Gesù ha poco più di trent’anni! – ma, e questo è molto significativo, questo dialogo, drammatico e lugubre, si svolge nella luce.
La trasfigurazione indica così il paradosso fondamentale della preghiera di Gesù. Nel suo dialogo con Dio, scrutando le Scritture, Gesù comprende che il suo salire a Gerusalemme lo condurrà alla morte, e a una morte violenta, ma morte che in realtà sarà gloriosa e luminosa. Per questo l’evangelista Giovanni non esiterà a parlare di questa morte in termini di “innalzamento” –“come Mosè alzò il serpente nel deserto, così deve essere innalzato il Figlio dell’uomo” (Gv 3,14) – o, addirittura, di “glorificazione” – “Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te… Io ti ho glorificato sulla terra, perché ho compiuto l’opera che tu mi hai data da fare. E ora tu, Padre, glorificami alla tua presenza di quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse” (Gv 17,1.4-5) –.
Questo episodio, dicevo, illumina la nostra vita ordinaria e le dà senso. Mi sembra che lo faccia almeno in due modi diversi.
La illumina anzitutto, e negativamente, attraverso la reazione di Pietro. Affascinato dallo splendore di Cristo in colloquio con i rappresentanti della Scrittura, si esclama: “Maestro, è bel­lo per noi stare qui. Facciamo tre tende!” L’intervento di Pietro indica il suo rifiuto di prosegui­re per quella via e la sua volontà di rimanere in contemplazione del Cristo luminoso. È la tenta­zione di evadere dall’ordinario. Ma, scrive Luca, “non sapeva quello che diceva”. In realtà, Pietro non rifiuta solo di continuare il cammino, ma vuol addirittura impedire a Gesù di percor­re la sua strada, di vivere quel suo “esodo che stava per compiersi a Gerusalemme”. È il rifiuto che si compia la salvezza del mondo, la quale deve seguire quella logica biblica rivelata dal Ri­sorto: “Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24,26). Allo stesso modo, il nostro ordinario è sì un camminare verso la gloria cui Dio ci chia­ma, ma cammino che attraversa, senza scorciatoie, prove e difficoltà.
La nostra vita quotidiana è poi illuminata, in secondo luogo, dall’“ascoltatelo!” che con­clude l’episodio della trasfigurazione. Per giungere a quella gloria e gioia cui Dio ci chiama, vi è una sola via, quella dell’ascolto: ascolto del Signore – fu già il grande comando che risuonò lun­go tutto il cammino d’Israele nel deserto: “Ascolta Israele, il Signore, il nostro Dio, il Signore è Uno” (Dt 6,4). È questo ascolto che dà il suo senso pieno ad ogni nostro oggi, purché sia ascol­to nel senso forte, quello ricordato da Giacomo nella sua lettera: “Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non solo ascoltatori altrimenti ingannate voi stessi” (Gc 1,22).
A questo punto si pone una volta ancora la questione di sapere come e dove il Signore ci parla, nonché quella di capire ciò che dice, perché tutto non si risolve, quasi miracolosamente, dicendo che occorre leggere la Bibbia! Certo, questa lettura è essenziale, ma ancora occorre leg­gerla con intelligenza e discernimento, che sono doni dello Spirito che si tratta di chiedere a Dio con insistenza e con la fiducia che questa preghiera sarà esaudita. Ma se tutto ciò è importante, qualcosa è ancora più importante e decisivo: occorre soprattutto desiderare veramente, con tutto il cuore, vivere secondo il volere di Dio. Se questo è davvero il nostro desiderio più intimo e la nostra ferma volontà, possiamo far fiducia a Dio: egli troverà il modo di farci capire ciò che vuole che facciamo; mentre se non è questo che desideriamo in profondità, anche se leggiamo tutta la Bibbia mille volte, ci inganneremo noi stessi nell’interpretarla.
Chiediamo allora al Signore questo grande dono dell’ascolto, e confidiamo nel Signore che non ci lascerà senza risposta. A lui la gloria e la lode, ora e sempre.
Amen


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