TRASFIGURAZIONE
DEL SIGNORE
Luca 9,28-36
28 Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo, e salì sul monte a pregare. 29 Mentre pregava, l'aspetto del suo volto fu mutato e la sua veste divenne di un candore sfolgorante. 30 Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31 i quali, apparsi in gloria, parlavano della sua dipartita che stava per compiersi in Gerusalemme. 32 Pietro
e quelli che erano con lui erano oppressi dal sonno; e, quando si
furono svegliati, videro la sua gloria e i due uomini che erano con lui.
33 Come questi si separavano da lui, Pietro disse a
Gesù: «Maestro, è bene che stiamo qui; facciamo tre tende: una per te,
una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34 Mentre parlava così, venne una nuvola che li avvolse; e i discepoli temettero quando quelli entrarono nella nuvola. 35 E una voce venne dalla nuvola, dicendo: «Questi è mio Figlio, colui che io ho scelto: ascoltatelo». 36 Mentre
la voce parlava, Gesù si trovò solo. Ed essi tacquero e in quei giorni
non riferirono nulla a nessuno di quello che avevano visto.
Care
sorelle e cari fratelli,
Dopodomani
sarà il 6 agosto, data in cui le chiese celebrano, in Oriente dal V
secolo, e in Occidente dal XII secolo, la festa della
Trasfigurazione. Per l’Oriente cristiano è festa grande, la chiesa
cattolica l’ha quasi dimenticata e le chiese della Riforma ancora
di più, nonostante venga ricordata nel calendario liturgico
delle chiese luterana e anglicana. Giacché non è abitudine della
chiesa valdese celebrare questa festa, vi propongo tuttavia di
meditare oggi su questo evento che fu comunque decisivo nella vita di
Gesù, tanto da far dire a Luca che, subito dopo averlo vissuto, Gesù
“prese la ferma decisione di recarsi a Gerusalemme” (Lc 9,51),
letteralmente: “rese duro il suo volto per recarsi a
Gerusalemme”, consapevole ormai della sorte che là lo attende.
Non
si sa con precisione perché questa festa sia stata fissata al 6 di
agosto,: c’è chi la mette in relazione con la festa ebraica del 9
di av, che, in questi giorni, ricorda la distruzione del tempio
di Gerusalemme: sarebbe un modo di dire ai cristiani che hanno un
tempio migliore di quello di Gerusalemme: il Cristo glorioso; altri
pensano che sia la cristianizzazione di una festa pagana di Afrodite
celebrata in Armenia; altri dicono che questa data dipende dalla
festa dell’Esaltazione della croce: la Trasfigurazione sarebbe
stata fissata 40 giorni prima del 14 settembre, data della
grande festa della Croce, in modo da creare una specie di “quaresima
della croce” parallela alla quaresima di preparazione a Pasqua;
altri ancora ritengono che questa data era quella della dedicazione,
nel IV secolo, della prima chiesa costruita sul monte Tabor che
tradizionalmente fu designato come il monte della
trasfigurazione.
Indipendentemente
da questo è significativo che, nel cuore del cosiddetto “tempo
ordinario”, che unisce il tempo pasquale all’avvento, venga
celebrato questo evento che illumina così questo lungo tempo – che
poi è figura della nostra vita ordinaria – con la sua luce
particolare. Luce che in fin dei conti rivela il senso vero e
profondo, anche se nascosto, di tutta la nostra esistenza, e quindi
le dà il suo fondamentale orientamento.
Riflettiamo
anzitutto su questo evento che appare tanto straordinario, da farci
pensare che si tratta di una pia leggenda che troverà magari degli
ascoltatori, ma noi … abbiamo meglio da fare! Ma Luca, e gli altri
evangelisti, hanno forse raccontato questo episodio per i soli
creduloni? Certamente no! Allora cosa vogliono farci capire?
Notiamo
un dettaglio proprio a Luca: la trasfigurazione avvenne, dice, mentre
Gesù pregava. È un dettaglio importante che permette di vedere
in questo episodio l’illustrazione della preghiera di Gesù.
Non
conosciamo il contenuto di questa preghiera, ma la sua modalità:
Gesù è in conversazione con Mosè e Elia, cioè con i
rappresentanti della Legge e dei Profeti: la preghiera di Gesù
è dialogo con Dio a partire dalle Scritture! Ma poi, Luca precisa
ancora che la conversazione verte sul “suo esodo che doveva
compiersi a Gerusalemme” la nostra traduzione ha esplicitato: sulla
“sua morte”. Nella sua preghiera Gesù parla dunque della sua
morte, cosa non tanto normale per un giovane – ricordiamo che
in quel tempo Gesù ha poco più di trent’anni! – ma, e questo è
molto significativo, questo dialogo, drammatico e lugubre, si svolge
nella luce.
La
trasfigurazione indica così il paradosso fondamentale della
preghiera di Gesù. Nel suo dialogo con Dio, scrutando le Scritture,
Gesù comprende che il suo salire a Gerusalemme lo condurrà alla
morte, e a una morte violenta, ma morte che in realtà sarà gloriosa
e luminosa. Per questo l’evangelista Giovanni non esiterà a
parlare di questa morte in termini di “innalzamento” –“come
Mosè alzò il serpente nel deserto, così deve essere innalzato il
Figlio dell’uomo” (Gv 3,14) – o, addirittura, di
“glorificazione” – “Padre, è giunta l’ora, glorifica il
Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te… Io ti ho glorificato
sulla terra, perché ho compiuto l’opera che tu mi hai data da
fare. E ora tu, Padre, glorificami alla tua presenza di quella gloria
che avevo presso di te prima che il mondo fosse” (Gv 17,1.4-5) –.
Questo
episodio, dicevo, illumina la nostra vita ordinaria e le dà senso.
Mi sembra che lo faccia almeno in due modi diversi.
La
illumina anzitutto, e negativamente, attraverso la
reazione di Pietro.
Affascinato dallo splendore di Cristo in colloquio con i
rappresentanti della Scrittura, si esclama: “Maestro, è bello
per noi stare qui. Facciamo tre tende!” L’intervento di Pietro
indica il suo rifiuto di proseguire per quella via e la sua
volontà di rimanere in contemplazione del Cristo luminoso. È la
tentazione
di evadere dall’ordinario.
Ma, scrive Luca, “non sapeva quello che diceva”. In realtà,
Pietro non rifiuta solo di continuare il cammino, ma vuol addirittura
impedire a Gesù di percorre la sua strada, di vivere quel suo
“esodo che stava per compiersi a Gerusalemme”. È il rifiuto che
si compia la salvezza del mondo, la quale deve seguire quella logica
biblica rivelata dal Risorto: “Non bisognava che il Cristo
patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc
24,26). Allo stesso modo, il nostro ordinario è sì un camminare
verso la gloria cui Dio ci chiama, ma cammino che attraversa,
senza scorciatoie, prove e difficoltà.
La
nostra vita quotidiana è poi illuminata, in secondo luogo,
dall’“ascoltatelo!”
che conclude l’episodio della trasfigurazione. Per giungere a
quella gloria e gioia cui Dio ci chiama, vi è una sola via, quella
dell’ascolto: ascolto del Signore – fu già il grande comando che
risuonò lungo tutto il cammino d’Israele nel deserto:
“Ascolta Israele, il Signore, il nostro Dio, il Signore è Uno”
(Dt 6,4). È questo ascolto che dà il suo senso pieno ad ogni nostro
oggi, purché sia ascolto nel senso forte, quello ricordato da
Giacomo nella sua lettera: “Siate di quelli che mettono in pratica
la Parola, e non solo ascoltatori altrimenti ingannate voi stessi”
(Gc 1,22).
A
questo punto si pone una volta ancora la questione di sapere come e
dove il Signore ci parla, nonché quella di capire ciò che dice,
perché tutto non si risolve, quasi miracolosamente, dicendo che
occorre leggere la Bibbia! Certo, questa lettura è essenziale, ma
ancora occorre leggerla con intelligenza e discernimento, che
sono doni dello Spirito che si tratta di chiedere a Dio con
insistenza e con la fiducia che questa preghiera sarà esaudita. Ma
se tutto ciò è importante, qualcosa è ancora più importante e
decisivo: occorre soprattutto desiderare
veramente,
con tutto il cuore, vivere secondo il volere di Dio. Se questo è
davvero il nostro desiderio più intimo e la nostra ferma volontà,
possiamo far fiducia a Dio: egli troverà il modo di farci capire ciò
che vuole che facciamo; mentre se non è questo che desideriamo in
profondità, anche se leggiamo tutta la Bibbia mille volte, ci
inganneremo noi stessi nell’interpretarla.
Chiediamo
allora al Signore questo grande dono dell’ascolto, e confidiamo nel
Signore che non ci lascerà senza risposta. A lui la gloria e la
lode, ora e sempre.
Amen
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