lunedì 16 dicembre 2019

Predicazione di domenica 15 dicembre 2019 (terza di avvento) su Luca 3,1-14 a cura di Marco Gisola

Luca 3,1-14
1 Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, quando Ponzio Pilato era governatore della Giudea, ed Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturea e della Traconitide, e Lisania tetrarca dell'Abilene, 2 sotto i sommi sacerdoti Anna e Caiafa, la parola di Dio fu diretta a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.
3 Ed egli andò per tutta la regione intorno al Giordano, predicando un battesimo di ravvedimento per il perdono dei peccati, 4 come sta scritto nel libro delle parole del profeta Isaia: «Voce di uno che grida nel deserto: "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri.
5 Ogni valle sarà colmata e ogni monte e ogni colle sarà spianato; le vie tortuose saranno fatte diritte e quelle accidentate saranno appianate; 6 e ogni creatura vedrà la salvezza di Dio"».
7 Giovanni dunque diceva alle folle che andavano per essere battezzate da lui: «Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire l'ira futura? 8 Fate dunque dei frutti degni del ravvedimento, e non cominciate a dire in voi stessi: "Noi abbiamo Abraamo per padre!" Perché vi dico che Dio può da queste pietre far sorgere dei figli ad Abraamo. 9 Ormai la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero dunque che non fa buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco». 10 E la folla lo interrogava, dicendo: «Allora, che dobbiamo fare?» 11 Egli rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne faccia parte a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». 12 Vennero anche dei pubblicani per essere battezzati e gli dissero: «Maestro, che dobbiamo fare?» 13 Ed egli rispose loro: «Non riscotete nulla di più di quello che vi è ordinato». 14 Lo interrogarono pure dei soldati, dicendo: «E noi, che dobbiamo fare?» Ed egli a loro: «Non fate estorsioni, non opprimete nessuno con false denuncie, e contentatevi della vostra paga».


Il lezionario ci propone oggi la predicazione di Giovanni il battista, il “precursore” colui che precede la venuta di Gesù e la preannuncia.
Gesù si fa battezzare da Giovanni e questo è il segno della sua partecipazione alla nostra umanità, anzi alla parte più bassa della nostra umanità. Gesù, che è senza peccato, fa porre su di sé il segno del battesimo che è segno di conversione, benché non ne abbia bisogno, come per dire: sono con voi, sono come voi, sono qui per voi.
Questo brano ci è proposto ora, in tempo di avvento, perché come Giovanni attende la venuta di Gesù e la prepara, così in avvento si attende il Natale, cioè la nascita, la venuta di Gesù nel mondo e quindi questo brano è un invito a prepararci ad accoglierlo.
Vediamo allora che cosa ci dice questo racconto. Partiamo dai luoghi, che in questo brano non sono secondari:
Giovanni il battista predica nel deserto. Non lo incontriamo a Gerusalemme, nel tempio, nei luoghi del potere politico o religioso. Lo incontriamo nel deserto, dove la tradizione voleva che abitassero i demoni, cioè i nemici di Dio, dove stanno le bestie feroci, dove forse c’erano monaci ed eremiti.
Giovanni è lì, lontano dal centro, dai centri del potere, del commercio, del sacro. E la gente va lì, va da lui. Il deserto nella storia ebraica è anche legato inscindibilmente all’Esodo e allora è come se Giovanni invitasse la gente a un piccolo esodo, a un esodo da sè stessi, a un viaggio fuori di sé per andare ad ascoltare una parola diversa, forse scomoda, ma estremamente liberante.
Ma non solo: il testo ci dice che Giovanni “andò per tutta la regione intorno al Giordano”, cioè Giovanni non sta fermo in un posto, non ha una “sede”, vaga, si sposta, è un profeta itinerante. E la regione intorno a Giordano è regione di confine – e che confine – tra Israele e i territori pagani.
La predicazione di Giovanni non si rivolge solo ed esclusivamente agli ebrei, ma a tutti quelli che cogliono ascoltarlo, come sarà per l’evangelo dopo la Pentecoste e già tante volte durante il ministero di Gesù.
Una predicazione sul confine, lontano dal centro, che chiama a un esodo. Giovanni predica un battesimo di ravvedimento per il perdono dei peccati. Giovanni chiama al cambiamento. La parola tradotta con “ravvedimento” significa “cambiamento di mentalità” e quindi cambiamento di vita.
Non è ravvedimento nel senso di pentirsi per aver fatto qualcosa di male (benché se uno ha fatto qualcosa di male, ovviamente pentirsene è positivo), nel senso di chiedere scusa (benché chiedere scusa sia sempre un atto di sincerità e di umiltà), ma è proprio un cambiamento, nel senso di cambiare modo di vedere gli altri e se stessi.
È questo che chiede Giovanni, è questo che chiederà Gesù tante volte alle molte persone che incontra. Lui che era capace di vedere l’altro con occhi diversi, con gli occhi di Dio. A noi è chiesto di cambiare sguardo e cambiare vita.
È necessario cambiare, dice Giovanni. E perché? Perché sta arrivando il Signore. E cita il profeta Isaia: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Ogni valle sarà colmata e ogni monte e ogni colle sarà spianato; le vie tortuose saranno fatte diritte e quelle accidentate saranno appianate; e ogni creatura vedrà la salvezza di Dio”
Potremmo chiederci: ma c’era proprio bisogno di Giovanni? Non bastava Gesù? Non saranno abbastanza chiare le parole che Gesù dirà, i gesti che compirà? che cosa aggiunge Giovanni a quello che Gesù dirà e farà?
Al ministero di Gesù, Giovanni non aggiunge nulla. Giovanni viene per il suo popolo e per tutti noi ad annunciare la venuta di Cristo e per insegnarci ad accoglierlo.
E poi potremmo chiederci: che cosa vuol dire: “Preparate la via del Signore”? Siamo noi che prepariamo la via al Signore? Siamo noi che accogliamo lui o è lui che accoglie noi? Siamo noi che gli spianiamo la strada? Dio ha bisogno di me e di noi per poter venire?
Dio viene anche senza di noi, anche senza la nostra collaborazione, viene anche se io non gli preparo la strada, se la fa da solo la strada. Dio viene anche senza di me e se è necessario viene anche contro di me, viene anche se io, anziché preparargli la strada, dovessi mettere degli ostacoli alla sua venuta.
La sua venuta non dipende certo da me. Dio viene comunque e nonostante tutti gli ostacoli che noi possiamo mettergli in mezzo alla strada.
Ma non è che Dio ha bisogno di essere accolto per poter venire, viene comunque. Non ha bisogno di essere accolto, ma vuole essere accolto, vuole essere ricevuto. I racconti del Natale ci raccontano subito che Gesù viene accolto e viene respinto. Viene accolto dai pastori e dai magi d’Oriente, viene respinto, per esempio dal re Erode, come ci racconta Matteo. Quando Dio viene lo si può accogliere o respingere.
Perché viene deboli fra i deboli, povero fra i poveri. E non ricco fra i ricchi, non potente fra i potenti. Per questo lo si può respingere, si lascia respingere.
E invece per accoglierlo, è necessario cambiare, farci trasformare dalla Parola e lavorare su noi stessi, su ciò che facciamo e su ciò che abbiamo. Giovanni infatti dà delle indicazioni molto pratiche. Ma prima di vedere che cosa dice, chiediamoci: a chi dà queste indicazioni pratiche?
A quelli che venivano per farsi battezzare. Ovviamente non sappiamo e non possiamo giudicare, ma forse qualcuno di loro avrà pensato che quel battesimo, quel rito, sarebbe stato sufficiente per ottenere il perdono.
E infatti da Giovanni ci vanno le folle. Se avessero pensato che sarebbe stata un cosa difficile, impegnativa, forse non sarebbero accorsi così in tanti. E Giovanni li accoglie così:
«Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire l'ira futura? Fate dunque dei frutti degni del ravvedimento, e non cominciate a dire in voi stessi: "Noi abbiamo Abraamo per padre!" Perché vi dico che Dio può da queste pietre far sorgere dei figli ad Abraamo.
È molto duro Giovanni, ha parole pesanti, ma offre anche una possibilità, la possibilità di cambiare, di fare frutti degni di ravvedimento, ovvero di fare – appunto – delle cose che dimostrino il cambiamento.


Non basta il rito – noi diremmo: non basta il sacramento – non basta nemmeno essere figli di Abramo, appartenere al popolo eletto. Non basta l'appartenenza, né al popolo ebraico, né a una chiesa cristiana. Perché Dio può far nascere dei figli ad Abramo – noi diremmo dei discepoli e delle discepole – persino da delle pietre!
E allora gli chiedono che cosa debbano fare. Forse ci stupisce che le richieste di Giovanni non siano poi così radicali. Almeno due richieste su tre non sono molto radicali: partiamo dagli ultimi, dai soldati: forse noi ci aspetteremmo che Giovanni chiedesse loro di cambiare mestiere, di deporre le armi.
Ci sembrerebbe più coerente con il messaggio che ci ha lasciato Gesù. Nell’antichità si sa che alcuni cristiani rifiutarono di fare parte dell’esercito dell’impero romano per non dover portare armi. E invece Giovanni chiede loro di fare il loro lavoro onestamente e in pratica di non abusare del loro potere.
Nemmeno ai pubblicani Giovanni dice di cambiare mestiere, di non collaborare più con i romani, ma chiede loro di non riscuotere più di quanto devono riscuotere. Chiede quindi loro onestà. Ci sembra poco, ma in fondo se tutti fossero onesti e corretti e nessuno abusasse del suo potere o della sua posizione, il mondo sarebbe già molto diverso.
E invece alla folla che chiede che cosa debba fare Gesù risponde così: «Chi ha due tuniche, ne faccia parte a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Questo non è chiesto a una categoria particolare di persone, è chiesto a tutti. È la condivisione, ma non la condivisione del poco o del superfluo, ma della metà. Questa sì che è una richiesta radicale. Se hai due tuniche, danne una a chi non ne ha.
Se ne ho cinque e ne do una a chi non ne ha, quello ora ne ha una, è vestito e non è più nudo. È già un bel passo avanti.
Ma io ne ho ancora quattro e non c’è quindi uguaglianza tra me e lui. Io ne ho sempre tre in più, quattro volte tanto. La condivisione che propone Giovanni porta all'uguaglianza. La stessa uguaglianza espressa dall’immagine di Isaia, la strada che si apre abbassando i colli e riempiendo le valli, ovvero appianando le differenze tra forti e deboli, tra potenti e emarginati, tra ricchi e poveri, tra degni e indegni...
Per accogliere Dio, per accogliere Gesù bisogna fare qualcosa, bisogna cercare e creare onestà e giustizia, eliminare gli abusi di potere e tutto ciò allo scopo di cercare e creare uguaglianza.
Giovanni il battista vuole dirci che Dio non viene solo a darci delle coccole, e nemmeno a proporci dei riti che lo facciano contento. Ma vuole entrare nella nostra vita e cambiarla, renderla più giusta, affinché rendendo la nostra vita più giusta, possiamo contribuire a rendere il mondo più giusto.
Questo vuole il Dio che viene, questo ci chiede. Poi lui viene lo stesso, viene e verrà a ripeterci le stesse cose che ha detto Giovanni e a dirne di altre, di nuove.
Viene e verrà ad offrirci il suo perdono e il suo amore, ma mai senza la sua parola che chiama al cambiamento: “fate frutti degni del ravvedimento”, fate frutti di onestà, di giustizia, di uguaglianza.
Questo è il programma di Gesù che Giovanni il battista ha anticipato. Questo è il dono di Gesù, che Giovanni ha preannunciato. Il cambiamento è possibile, la scelta di onestà, di giustizia, di uguaglianza è possibile.
È possibile perché Dio viene, perché Dio è venuto in Gesù di Nazaret, il Cristo. Non ha trovato strade spianate, ha ancora trovato tanti colli e tanti avvallamenti, tante ingiustizie, tanti squilibri; eppure è venuto lo stesso a continuare a chiamarci al cambiamento.
Noi non siamo meglio di quella folla che andava da Giovanni il battista. Ma ogni volta che ascoltiamo colui che Giovanni preannunciava, ogni volta che ascoltiamo Gesù riceviamo una parola di grazia e un appello al cambiamento. Ogni volta che lo ascoltiamo può iniziare qualcosa di nuovo.
Per questo ringraziamo il Dio che viene e non smette di venire nelle nostre vite, per cambiarle e riempirle di gioia e speranza.

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