venerdì 27 dicembre 2019

Predicazione di Natale 2019 su Tito 3,4-7 a cura di Marco GIsola

Tito 3,4-7

4 Ma quando la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore per gli uomini sono stati manifestati, 5 egli ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, mediante il bagno della rigenerazione e del rinnovamento dello Spirito Santo, 6 che egli ha sparso abbondantemente su di noi per mezzo di Cristo Gesù, nostro Salvatore, 7 affinché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo, in speranza, eredi della vita eterna.

«La bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore per gli uomini sono stati manifestati». Ecco riassunto in poche parole l’evangelo, il nucleo e il centro dell’evangelo. Leggiamo, oggi, a Natale, questo testo che non parla della nascita di Gesù, ma che comunque parla della sua venuta nel mondo, della sua manifestazione (in greco “epifania”).
Leggere oggi questo testo significa affermare: con la nascita di Gesù la bontà di Dio e il suo amore per gli esseri umani sono stati manifestati. Quando si dice che qualcosa è manifesto si intende dire che tutti lo possono vedere o che tutti lo possono sapere, che è una cosa evidente.
Ma la nascita di Gesù è tutt’altro che una manifestazione pubblica, è una semplice e banale nascita come ne avvengono migliaia tutti i giorni da che mondo è mondo. Anzi, è una nascita che avviene in condizioni non proprio ideali, in una sistemazione di fortuna – la famosa stalla o grotta di Betlemme – senza nemmeno la presenza di una levatrice, di una ostetrica.
Una nascita anonima di un bambino, che allora era assolutamente anonimo; come le migliaia di bambini che nascono oggi, 25 dicembre 2019, in tutto il mondo, come tutti quelli che nascono in condizioni non ideali, anzi magari in circostanze proibitive, non in una sala parto sterile, ma in una casa nella polvere, nel fango o addirittura sotto le bombe di una delle tante guerre che insanguinano il nostro mondo.
Oggi nascono migliaia di bambini che per noi sono e rimarranno totalmente anonimi, come lo era Gesù in quella notte a Betlemme.
Eppure egli era ed è la manifestazione della bontà di Dio e del suo amore per gli esseri umani. Non lo sa nessuno, solo Maria e Giuseppe, a cui lo ha detto direttamente Dio stesso, solo gli angeli del cielo che cantano il “Gloria”, solo i magi avvertiti e guidati da una stella. Solo loro. Il resto del mondo non sa nulla.
La manifestazione di Dio avviene dunque nel nascondimento. Nulla di spettacolare, nulla di eclatante, nulla che sia neppure evidente. Anzi: sub contraria specie;
scusate il latino, ma è Lutero: sotto la specie contraria, ovvero la manifestazione di Dio avviene nel modo contrario a quello che ci aspetteremmo. Lutero parlava soprattutto della croce, ma tra la stalla di Betlemme e la croce di Gerusalemme c’è un collegamento diretto e una coerenza evidente.
Dio viene nel mondo nel modo contrario a quello che ci aspetteremmo: ce lo aspetteremmo potente, e lui viene impotente; ce lo aspetteremmo grande e lui viene piccolo; ce lo aspetteremmo forte e lui viene debole.
Si potrebbe obiettare che Gesù ha poi fatto miracoli e prodigi; ma quanti miracoli hanno generato fraintendimento e non fede? E quante volte Gesù ha rimproverato chi cercava da lui solo miracoli?
Dio viene in Gesù nell’umanità e nella debolezza. Dio viene nella debolezza e si lascia respingere e infatti Gesù è stato respinto, torturato, crocifisso. Chi avrebbe mai visto Dio in un uomo crocifisso? E chi dunque avrebbe mai riconosciuto Dio in un neonato nato in una stalla?
Solo coloro a cui Dio stesso lo dice capiscono che Gesù è un bambino speciale, il figlio di Dio. È così anche per noi: solo se ce lo dice Dio stesso possiamo credere che Gesù è il Figlio di Dio, solo se viene lui stesso con la sua Parola a annunciarcelo possiamo credere, solo l’evangelo ci può convincere di questo grazie all’opera dello Spirito Santo: «che egli ha sparso abbondantemente su di noi per mezzo di Cristo Gesù, nostro Salvatore»
Perché il fatto che Gesù è il figlio di Dio, che questo neonato è il messia di Israele venuto per tutta l’umanità, che la sua nascita e la sua morte sono il modo in cui Dio stesso si dà a noi e prende su di sé le nostre colpe, per darci perdono e speranza, tutto ciò lo possiamo solo credere.
Non lo possiamo verificare scientificamente, non lo possiamo provare o dimostrare con dei fatti evidenti a tutti, lo possiamo solo credere.
Lo crediamo perché Dio stesso ce lo dice, non servendosi di stelle o parlandoci attraverso angeli, ma parlandoci attraverso la sua Parola scritta nella Bibbia, che lo Spirito rende Parola vivente per noi.
E che cosa possiamo credere? Che questa venuta, questa manifestazione, che culminerà nella croce ma che inizia nella stalla di Betlemme, è la nostra salvezza, è la nostra giustificazione, come dice l’apostolo: «affinché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo, in speranza, eredi della vita eterna».
Gesù viene per salvarci, per giustificarci, per donarci speranza. Anzi: ci ha salvato, ci ha giustificato, ci ha donato speranza. Questo è il motivo per cui Gesù viene, per cui è nato a Betlemme.
L’evento della nascita di Gesù, dell’incarnazione della Parola, la decisione di Dio di venire in mezzo a noi come uno di noi, è una evento di salvezza, una decisione di salvezza.
Natale è la decisione di Dio di salvare l’umanità. La venuta di Gesù non è una decisione che Dio ha preso per metterci alla prova, per vedere come l’umanità avrebbe trattato Gesù, se gli avesse creduto oppure no, se avesse messo in pratica ciò che egli ha detto oppure no.
La venuta di Gesù non è un metterci alla prova da parte di Dio, semplicemente perché se quella fosse stata una prova, dovremmo concludere che l’umanità non ha superato la prova. Gesù infatti non è stato accolto, ma è stato respinto, rifiutato, abbandonato, ucciso.
La manifestazione, quella visibile a tutti, a chi non ha gli occhi della fede, è tutta qui. Rifiuto e morte. Invece chi ha ricevuto in dono gli occhi della fede vede salvezza, giustificazione, speranza.
Se la nostra salvezza dipendesse da quanto e da come noi accogliamo Gesù e mettiamo in pratica ciò che egli ha detto, di certo la salvezza noi non l’avremmo ottenuta; con le nostre sole forze non l'avremmo ottenuta. È così ci raccontano i Vangeli ed è ciò che vediamo in ciò che accade quotidianamente intorno a noi.
La salvezza, invece, viene, come dice la lettera a Tito, viene da fuori di noi, viene da Dio; non per niente il testo parla dell’opera dello Spirito e di Gesù, è lui il “Salvatore”, è lui che ci salva.
La venuta di Gesù è già un evento di salvezza fin dalla stalla di Betlemme.
Per questo Natale è una festa gioiosa, che non ha nulla che fare con il fatto che noi siamo buoni o ‘più’ buoni, ma ha a che fare esclusivamente con “la bontà di Dio e il suo amore per gli uomini”.
Questo evento di salvezza ha come prospettiva la vita eterna: “affinché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo, in speranza, eredi della vita eterna”. L’irruzione di Dio nella storia umana ha come conseguenza la speranza. Speranza di vita eterna, ovvero speranza di essere un giorno cittadini del regno di Dio, ma speranza anche che Dio regni e la sua volontà sia fatta già qui ed ora.
La vita eterna non è soltanto un’altra vita, in un aldilà e che dura per sempre, ma è una vita altra da vivere qui ed ora. Una vita che qui ed ora riserva spesso fatiche e dolore ma che è erede della vita eterna, cioè che guarda e si orienta, a quella vita dove dolore non ci sarà più. Una vita che qui ed ora è vissuta in un mondo pieno di ingiustizia, ma che guarda a quella vita dove non ci sarà ingiustizia.
Siamo in speranza, eredi della vita eterna. Ovvero abbiamo qualcosa che ci è promesso – e ce lo abbiamo perché ci è promesso - ma che non abbiamo ancora pienamente e quindi viviamo avendolo lì davanti agli occhi e questo cambia tutto, cambia tutta la nostra vita.
Questa è la speranza cristiana, che è certezza, non vaga speranza affidata al caso, come nel linguaggio comune, ma certezza fondata sulla promessa di Dio.
E come abbiamo bisogno che qualcuno ci venga a dire che Gesù, contro tutte le evidenze, è il figlio di Dio, così abbiamo bisogno di qualcuno che ci venga a dire che, contro tutte le evidenze, possiamo fondare la nostra vita sulla speranza, che possiamo vivere sperando.
Ce lo dice ogni domenica, e ogni volta che la apriamo, la Parola di Dio, che ci porta la buona notizia della venuta di Cristo e della misericordia infinita di Dio.
Quando la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore per gli uomini sono stati manifestati, egli ci ha salvati, ci ha giustificati, ci ha donato speranza.
Oggi noi, riuniti insieme nel suo nome, riceviamo questa parola che parla a noi e parla di noi. Noi siamo stati salvati e giustificati, a noi è data speranza, tu sei stato salvato, a te è data speranza.
Possa questo evangelo accompagnarci non solo il giorno di Natale, ma accompagnarci e darci gioia e speranza ogni giorno della nostra vita.

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