Tito
3,4-7
4
Ma quando la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore per gli
uomini sono stati manifestati, 5 egli
ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua
misericordia, mediante il bagno della rigenerazione e del
rinnovamento dello Spirito Santo, 6
che egli ha sparso abbondantemente su di noi per mezzo di Cristo
Gesù, nostro Salvatore, 7 affinché,
giustificati dalla sua grazia, diventassimo, in speranza, eredi della
vita eterna.
«La
bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore per gli uomini sono
stati manifestati». Ecco riassunto in poche parole l’evangelo, il
nucleo e il centro dell’evangelo. Leggiamo, oggi, a Natale, questo
testo che non parla della nascita di Gesù, ma che comunque parla
della sua venuta nel mondo, della sua manifestazione (in greco
“epifania”).
Leggere
oggi questo testo significa affermare: con la nascita di Gesù la
bontà di Dio e il suo amore per gli esseri umani sono stati
manifestati. Quando si dice che qualcosa è manifesto si intende dire
che tutti lo possono vedere o che tutti lo possono sapere, che è una
cosa evidente.
Ma
la nascita di Gesù è tutt’altro che una manifestazione pubblica,
è una semplice e banale nascita come ne avvengono migliaia tutti i
giorni da che mondo è mondo. Anzi, è una nascita che avviene in
condizioni non proprio ideali, in una sistemazione di fortuna – la
famosa stalla o grotta di Betlemme – senza nemmeno la presenza di
una levatrice, di una ostetrica.
Una
nascita anonima di un bambino, che allora era assolutamente anonimo;
come le migliaia di bambini che nascono oggi, 25 dicembre 2019, in
tutto il mondo, come tutti quelli che nascono in condizioni non
ideali, anzi magari in circostanze proibitive, non in una sala parto
sterile, ma in una casa nella polvere, nel fango o addirittura sotto
le bombe di una delle tante guerre che insanguinano il nostro mondo.
Oggi
nascono migliaia di bambini che per noi sono e rimarranno totalmente
anonimi, come lo era Gesù in quella notte a Betlemme.
Eppure
egli era ed è la manifestazione della bontà di Dio e del suo amore
per gli esseri umani. Non lo sa nessuno, solo Maria e Giuseppe, a cui
lo ha detto direttamente Dio stesso, solo gli angeli del cielo che
cantano il “Gloria”, solo i magi avvertiti e guidati da una
stella. Solo loro. Il resto del mondo non sa nulla.
La
manifestazione di Dio avviene dunque nel nascondimento. Nulla
di spettacolare, nulla di eclatante, nulla che sia neppure evidente.
Anzi: sub contraria specie;
scusate
il latino, ma è Lutero: sotto la specie contraria, ovvero la
manifestazione di Dio avviene nel modo contrario a quello che ci
aspetteremmo. Lutero parlava soprattutto della croce, ma tra la
stalla di Betlemme e la croce di Gerusalemme c’è un collegamento
diretto e una coerenza
evidente.
Dio
viene nel mondo nel
modo contrario a quello che ci aspetteremmo: ce lo aspetteremmo
potente, e lui viene impotente; ce
lo aspetteremmo grande e lui viene piccolo; ce lo aspetteremmo forte
e lui viene debole.
Si
potrebbe obiettare che Gesù ha poi fatto miracoli
e prodigi; ma quanti miracoli hanno generato fraintendimento e non
fede? E quante
volte Gesù ha rimproverato chi cercava da lui solo miracoli?
Dio
viene in Gesù nell’umanità e nella debolezza. Dio viene nella
debolezza e si lascia respingere e infatti Gesù è stato respinto,
torturato, crocifisso. Chi avrebbe mai visto Dio in un uomo
crocifisso? E chi dunque avrebbe mai riconosciuto Dio in un neonato
nato in una stalla?
Solo
coloro a cui Dio stesso lo dice capiscono che Gesù è un bambino
speciale, il figlio di Dio. È così anche per noi: solo se ce lo
dice Dio stesso possiamo credere che Gesù è il Figlio di Dio, solo
se viene lui stesso con la sua Parola a annunciarcelo possiamo
credere, solo l’evangelo ci può convincere di questo grazie
all’opera dello Spirito Santo: «che egli ha sparso
abbondantemente su di noi per mezzo di Cristo Gesù, nostro
Salvatore»
Perché
il fatto che Gesù è il figlio di Dio, che questo neonato è il
messia di Israele venuto per tutta l’umanità, che la sua nascita
e la sua morte sono il modo in cui Dio stesso si dà a noi e prende
su di sé le nostre colpe, per darci perdono e speranza, tutto ciò
lo possiamo solo credere.
Non
lo possiamo verificare scientificamente, non lo possiamo provare o
dimostrare con dei fatti evidenti a tutti, lo possiamo solo credere.
Lo
crediamo perché Dio stesso ce lo dice, non servendosi di stelle o
parlandoci attraverso angeli, ma parlandoci attraverso la sua Parola
scritta nella Bibbia, che lo Spirito rende Parola vivente per noi.
E
che cosa possiamo credere? Che questa venuta, questa manifestazione,
che culminerà nella croce ma che inizia nella stalla di Betlemme, è
la nostra salvezza, è la nostra giustificazione, come dice
l’apostolo: «affinché, giustificati dalla sua grazia,
diventassimo, in speranza, eredi della vita eterna».
Gesù
viene per salvarci, per giustificarci, per donarci speranza. Anzi: ci
ha salvato, ci ha giustificato, ci ha donato speranza. Questo è il
motivo per cui Gesù viene, per cui è nato a Betlemme.
L’evento
della nascita di Gesù, dell’incarnazione della Parola, la
decisione di Dio di venire in mezzo a noi come uno di noi, è una
evento di salvezza, una decisione di salvezza.
Natale
è la decisione di Dio di salvare l’umanità. La venuta di Gesù
non è una decisione che Dio ha preso per metterci alla prova, per
vedere come l’umanità avrebbe trattato Gesù, se gli avesse
creduto oppure no, se avesse messo in pratica ciò che egli ha detto
oppure no.
La
venuta di Gesù non è un metterci alla prova da parte di Dio,
semplicemente perché se quella fosse stata una prova,
dovremmo concludere che l’umanità non ha superato la prova. Gesù
infatti non è stato accolto, ma è stato respinto, rifiutato,
abbandonato, ucciso.
La
manifestazione, quella visibile a tutti, a chi non ha gli occhi della
fede, è tutta qui. Rifiuto e morte. Invece chi ha ricevuto in dono
gli occhi della fede vede salvezza, giustificazione, speranza.
Se
la nostra salvezza dipendesse da quanto e da come noi accogliamo Gesù
e mettiamo in pratica ciò che egli ha detto, di certo la salvezza
noi non l’avremmo ottenuta; con le nostre sole forze non
l'avremmo ottenuta. È così ci raccontano i Vangeli ed è ciò che
vediamo in ciò che accade quotidianamente intorno a noi.
La
salvezza, invece, viene, come dice la lettera a Tito, viene da
fuori di noi, viene da Dio; non per niente il testo parla dell’opera
dello Spirito e di Gesù, è lui il “Salvatore”, è lui che ci
salva.
La
venuta di Gesù è già un evento di salvezza fin dalla stalla di
Betlemme.
Per
questo Natale è una festa gioiosa, che non ha nulla che fare con il
fatto che noi siamo buoni o ‘più’ buoni, ma ha a che fare
esclusivamente con “la bontà di Dio e il suo amore per gli
uomini”.
Questo
evento di salvezza ha come prospettiva la vita eterna: “affinché,
giustificati dalla sua grazia, diventassimo, in speranza, eredi della
vita eterna”. L’irruzione di Dio nella storia umana ha come
conseguenza la speranza. Speranza di vita eterna, ovvero speranza di
essere un giorno cittadini del regno di Dio, ma speranza anche che
Dio regni e la sua volontà sia fatta già qui ed ora.
La
vita eterna non è soltanto un’altra vita, in un aldilà e che dura
per sempre, ma è una vita altra da
vivere qui ed ora. Una vita che qui ed ora riserva spesso
fatiche e dolore ma che è
erede della vita eterna,
cioè che guarda e si orienta, a quella vita dove dolore non ci sarà
più. Una vita che qui ed ora è vissuta in un mondo pieno di
ingiustizia, ma che guarda a quella vita dove non ci sarà
ingiustizia.
Siamo
in speranza, eredi della vita
eterna. Ovvero abbiamo
qualcosa che ci è promesso – e ce lo abbiamo perché ci
è promesso - ma che non abbiamo ancora pienamente e quindi viviamo
avendolo lì davanti agli occhi e questo cambia tutto, cambia tutta
la nostra vita.
Questa
è la speranza cristiana, che è certezza, non vaga
speranza affidata
al caso, come nel linguaggio
comune, ma certezza fondata
sulla promessa di Dio.
E
come abbiamo bisogno che qualcuno ci venga a dire che Gesù, contro
tutte le evidenze, è il figlio di Dio, così abbiamo bisogno di
qualcuno che ci
venga a dire che, contro tutte le evidenze, possiamo fondare la
nostra vita sulla speranza, che
possiamo vivere sperando.
Ce
lo dice ogni domenica, e ogni volta che la apriamo, la Parola di Dio,
che ci porta la buona notizia della venuta di Cristo e della
misericordia infinita di Dio.
Quando
la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore per gli
uomini sono stati manifestati, egli ci ha salvati,
ci ha giustificati, ci ha
donato speranza.
Oggi
noi, riuniti insieme nel suo nome, riceviamo questa parola che parla
a noi e parla di noi. Noi siamo stati salvati e giustificati, a noi è
data speranza, tu sei stato salvato, a te è data speranza.
Possa
questo evangelo accompagnarci non solo il giorno di Natale, ma
accompagnarci e darci gioia e speranza ogni giorno della nostra vita.
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