Romani
13,8-12
Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli
altri; perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge. Infatti il «non commettere adulterio», «non uccidere», «non
rubare», «non concupire» e qualsiasi altro comandamento si
riassumono in questa parola: «Ama il tuo prossimo come te stesso». L'amore non fa nessun male al prossimo; l'amore quindi è
l'adempimento della legge. E questo dobbiamo fare, consci del momento cruciale: è ora ormai che
vi svegliate dal sonno; perché adesso la salvezza ci è più vicina
di quando credemmo. La notte è avanzata, il giorno è vicino; gettiamo dunque via le
opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.
1.
La parola debito non piace a nessuno, eppure Paolo usa proprio questa
parola, il cui significato va dal classico debito da pagare e si
estende fino all’idea di dovere, dell’essere tenuto a fare o dare
qualcosa.
Siamo
debitori, dunque, o siamo tenuti a dare qualcosa al prossimo. Che
cosa? Amore, dice Paolo; e agape è la parola greca che Paolo usa.
Siamo
debitori di amore. Debitori perché abbiamo ricevuto amore in modo
sovrabbondante da Dio e Dio ci chiede di “restituirlo” al nostro
prossimo. “Restituirlo” tra virgolette, perché restituire vuol
dire ridare qualcosa a chi ce l’ha data, e noi questo amore
ovviamente non lo restituiamo a chi ce l’ha donato, cioè a Dio, ma
a chi non ce l’ha donato, al prossimo.
Dio
ci ha donato questo amore gratuitamente, questa è l’agape, l’amore
gratuito, perché – lo diciamo sempre – l’amore o è gratuito o
non è. O meglio: l’agape o è gratuita o non è agape. C’è un
amore, molto umano, che spera sempre di essere ricambiato ed è
normale, è umano, perché ciascuno ha bisogno di essere amato.
Ma
l’amore che ci chiede di vivere il Signore – l’agape, appunto –
questo non si aspetta il contraccambio. Quindi Dio ti ama
gratuitamente e ti chiede di amare gratuitamente. È chiaro che tutti
noi speriamo che da amore nasca altro amore e spesso accade, grazie a
Dio.
Ma
anche se non accade, anche quando non accade rimane valido il
comandamento, perché rimane il debito che abbiamo anche verso chi
non ci ama. L’amore del prossimo in senso biblico cerca non la
soddisfazione di chi ama, ma quella di chi è amato.
E
se siamo debitori significa che non siamo creditori. Paolo vuole che
vediamo noi stessi come debitori prima che come creditori.
Noi
spesso tendiamo a mettere al primo posto ciò di cui noi abbiamo
bisogno, ciò che noi desideriamo, ciò che gli altri potrebbero o
(secondo noi) dovrebbero fare per noi. La Parola di Dio ci invita a
mettere al primo posto ciò che noi possiamo dare e fare per gli
altri.
Anzi,
sembra addirittura che qui Paolo dica che sia l’unica cosa di cui
dobbiamo preoccuparci: non abbiate altro debito se non di amarvi gli
uni gli altri. Letteralmente: “A nessuno di nulla siate debitori,
se non…”.
Nessun
altro debito. Agli altri dovete amore – dice Paolo – non dovete
sottomissione, non dovete farvi dominare, non dovete cieca obbedienza
a nessuno, non dovete adulare nessuno, davanti a nessuno dovete
rinunciare alla vostra dignità e alla vostra libertà. Tutto ciò
non
lo dovete a nessuno. Quello che dovete a tutti, quello di cui siete
debitori a tutti è l’agape, l’amore gratuito.
2.
Noi leggiamo questo brano la prima domenica di avvento che ci spinge
a mettere questo comandamento dell’amore nell’ottica
dell’incarnazione. Gesù viene per amore, per amarci, e come ci
ama? Prendendo la nostra umanità, diventando come noi, scendendo al
nostro livello.
Noi
non siamo il figlio di Dio, non possiamo incarnarci nel prossimo,
rimane per forza di cose una distanza tra noi e le persone che
amiamo, anche dalle persone che amiamo più di ogni altra, anche dai
genitori, dai figli, dal compagno o dalla compagna di vita rimane una
distanza, diciamo pure una salutare distanza, non possiamo
immedesimarci nel prossimo come ha fatto Gesù.
Rimane
però l’indicazione di un criterio, che ci dice che per amare
bisogna scendere e avvicinarsi, come il figlio di Dio è disceso dai
cieli sulla terra, dalla divinità all’umanità. Che ci dice che
per amare qualcuno bisogna cambiare, trasformarsi, come ha fatto Gesù
con noi.
Anche
noi per amare dobbiamo scendere e avvicinarci, ben sapendo che non
possiamo e non dobbiamo identificarci, anche noi per amare dobbiamo
cambiare.
Amare
è andare verso l’altro e lasciarsi trasformare dall’incontro con
l’altro, con quell’altro
che abbiamo davanti, non un altro generico, non “tutti” gli
altri, ma il prossimo che Dio fa incrociare il nostro cammino.
Se
si sta fermi, se non si è disposti a scendere, cioè a cambiare, a
scendere dai nostri preconcetti e dall’idea di sapere a priori quel
che c’è da fare, si rimane lontani e l’amore non è gratuito,
non è agape.
3.
Dopo aver affermato che siamo in debito e che il debito che abbiamo
verso il prossimo è quello dell’amore, Paolo parla del tempo che
stanno vivendo, lui e la sua generazione, la prima generazione
cristiana.
Il
momento
è cruciale: è ora ormai che vi svegliate dal sonno; perché adesso
la salvezza ci è più vicina di quando credemmo. La notte è
avanzata, il giorno è vicino; gettiamo dunque via le opere delle
tenebre e indossiamo le armi della luce.
Il
tempo cruciale è quello che separa il presente che Paolo e i
cristiani di Roma stanno vivendo dal momento del ritorno di Gesù.
Sappiamo bene che loro si attendevano un ritorno imminente di Gesù,
e che per loro era davvero un tempo speciale.
Il
tempo cruciale è il tempo dell’avvento di Cristo, nel senso del
suo secondo avvento, del suo ritorno, e per questo è il tempo
dell’amore, dell’amore come unico debito verso il prossimo.
E
per noi? Per noi il tempo non sembra più essere cruciale, sembra
diventato normale; per noi il tempo si è dilatato, e si è dilatato
così tanto che il rischio è che non aspettiamo nemmeno più.
E
invece no, anche se sono passati duemila anni, anche per noi è
sempre ancora il momento dell'attesa, dell'avvento (il secondo) di
Cristo, e quindi è ancora sempre il tempo dell’amore, dell’amore
come unico debito verso il nostro prossimo.
Il
fatto che il tempo di attesa non sia più breve, non significa che
non sia più il tempo cruciale, che non sia più il tempo dell'amore.
Lo è ancora, è ancora il tempo dell’amore.
Perdere
la consapevolezza che il tempo è cruciale, che il tempo è quel
tempo lì, in cui ci si aspetta il ritorno di Gesù, in cui ci si
aspetta il suo regno significa perdere il tempo dell’amore,
dimenticare che viviamo nel tempo dell’amore. Questo ci sta dicendo
oggi Paolo, lo dice a noi come lo diceva ai cristiani di Roma quasi
duemila anni fa.
Perché
noi potremmo pensare – e molti lo pensano – che non vale la pena
amare, non vale la pena vivere azioni di amore, compiere scelte di
amore, perché tanto non cambia nulla, tanto domani sarà come ieri,
tanto tutto è inutile.
Al
massimo cerchiamo di amare, di agire, di preoccuparci di quelle
relazioni in cui alla fine ci torna indietro qualcosa, in cui vi è
un po’ di contraccambio. Ma l’amore gratuito no, quello è amore
sprecato, fatica sprecata, tempo sprecato. Questo è ciò che pensano
molti.
Queste
però sono le tenebre, questo è il sonno di cui parla Paolo, il
tempo senza amore, senza agape, senza quell’amore gratuito che Gesù
ha avuto per noi e che ci ha insegnato.
Ma
è
ora ormai che vi svegliate dal sonno,
dice Paolo. La
notte è avanzata, il giorno è vicino; gettiamo dunque via le opere
delle tenebre e indossiamo le armi della luce.
La notte è avanzata, a noi forse sembra avanzata troppo, sembra non
finire più, ma finirà, ci è promesso e quindi siamo chiamati a
svegliarci e a indossare le armi della luce.
Le
armi della luce sono le armi di Cristo, che, come è noto, non ha
usato armi se non la parola, e non ha avuto altri obiettivi se non il
perdono, se non la guarigione, se non la liberazione, se non il
riscatto degli emarginati.
Ogni
volta che qualcuno viene perdonato, che qualcuno guarisce – non
solo nel corpo ma anche nell’animo – che qualcuno viene liberato,
che qualcuno viene riscattato, lì splende la luce di Cristo, lì
splende l’agape di Cristo.
Ci
aiuti il Signore a non avere altro debito se non l’amore, perché
questo tempo che ci è dato di vivere è un lungo tempo di avvento, e
quindi un lungo tempo per amare.
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