sabato 4 aprile 2020

Predicazione di domenica 5 aprile 2020 - domenica delle Palme su Marco 14,3-9 a cura di Marco Gisola

5 aprile 2020 – Domenica delle Palme
Marco 14,3-9


1 Mancavano due giorni alla Pasqua e alla festa degli Azzimi; i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di prendere Gesù con inganno e ucciderlo; 2 infatti dicevano: «Non durante la festa, perché non vi sia qualche tumulto di popolo».
3 Gesù era a Betania, in casa di Simone il lebbroso; mentre egli era a tavola entrò una donna che aveva un vaso di alabastro pieno d'olio profumato, di nardo puro, di gran valore; rotto l'alabastro, gli versò l'olio sul capo. 4 Alcuni, indignatisi, dicevano tra di loro: «Perché si è fatto questo spreco d'olio? 5 Si poteva vendere quest'olio per più di trecento denari, e darli ai poveri». Ed erano irritati contro di lei. 6 Ma Gesù disse: «Lasciatela stare! Perché le date noia? Ha fatto un'azione buona verso di me. 7 Poiché i poveri li avete sempre con voi; quando volete, potete far loro del bene; ma me non mi avete per sempre. 8 Lei ha fatto ciò che poteva; ha anticipato l'unzione del mio corpo per la sepoltura. 9 In verità vi dico che in tutto il mondo, dovunque sarà predicato il vangelo, anche quello che costei ha fatto sarà raccontato, in memoria di lei».
10 Giuda Iscariot, uno dei dodici, andò dai capi dei sacerdoti con lo scopo di consegnare loro Gesù. 11 Essi, dopo averlo ascoltato, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Perciò egli cercava il modo opportuno per consegnarlo.


Con questo racconto inizia la passione di Gesù. La passione inizia con la decisione da parte dei capi dei sacerdoti di uccidere Gesù, cui segue questo gesto strano e ricco di significato di questa donna, che rimane anonima.
Come avete sentito, il racconto dell’unzione di Gesù è incastrato tra la decisione dei capi sacerdoti di farlo morire e la scena in cui Giuda va dagli stessi capi sacerdoti per mettersi d’accordo per consegnare loro Gesù. In mezzo c’è questo racconto che narra un fatto molto inconsueto, perché questa donna entra in una stanza dove degli uomini stanno mangiando, ma non per servirli - questo sarebbe stato normale - ma per compiere un gesto molto particolare e totalmente inatteso.
È poi anche interessate dove avviene questa scena: il testo ci dice in casa di Simone il lebbroso; di questo Simone non si è parlato prima di ora nel Vangelo di Marco e non se ne parlerà neppure dopo. Difficile che Gesù e i suoi discepoli pranzassero in casa di un malato di lebbra: qualcuno ipotizza che Simone fosse stato malato e fosse stato guarito da Gesù e forse diventato suo discepolo, o forse solo amico.
Se è così, vuol dire la passione di Gesù inizia in casa di una persona che Gesù ha salvato dall’emarginazione. Mentre chi conta vuole ucciderlo, chi non conta nulla, ma ha ricevuto da lui nuova vita, lo ospita all’inizio della sua passione. Uno sconosciuto ospita Gesù e una sconosciuta lo unge.
Mentre chi non è sconosciuto, e anzi conosce bene Gesù ed è ben conosciuto da Gesù, Giuda, uno dei dodici, decide di “vendere” Gesù, di consegnarlo a chi vuole farlo morire. E notiamo che il racconto non ci dice perché Giuda decida di vendere Gesù…
Altri personaggi della storia sono coloro che condividono il pasto con Simone e Gesù; Marco li definisce semplicemente “alcuni”: erano discepoli? C’erano anche altre persone? Non sappiamo: da parte dei presenti – chiunque essi siano - ci arrivano solo parole di critica nei confronti della donna. Questo è dunque il contesto in cui si svolge la scena.


1. La questione centrale è il significato che dobbiamo dare a questo gesto. Che cosa intendeva fare la donna? il testo non ci dice quali fossero le sue intenzioni. Il testo ci dice quali sono le due interpretazioni di questo gesto: quella di Gesù e quella dei presenti.
Quella dei presenti è un’interpretazione di tipo economico e di tipo morale: la donna unge Gesù con un olio molto prezioso; vendendolo si sarebbero potuti aiutare i poveri. Un discorso logico, che regge perfettamente. Quell’olio profumato sembra davvero sprecato…!
Anche noi siamo sensibili davanti agli sprechi e ci arrabbiamo quando qualcosa di prezioso viene sprecato, tanto più se invece può essere utilizzato per aiutare chi ne ha bisogno. Molto probabilmente tra questi presenti che criticano la donna per lo “spreco” che ha fatto, ci saremmo anche noi.
L’altra interpretazione è quella di Gesù, che vede nel gesto della donna l’unzione anticipata per la sepoltura che, quando sarà morto, il suo cadavere non potrà avere, perché quando le donne, la mattina di Pasqua, andranno al sepolcro, lo troveranno vuoto.
Un gesto molto simbolico, che va oltre il gesto di affetto e che rimanda direttamente – ma solo secondo Gesù, non secondo gli altri che non lo capiscono – alla sua morte imminente. Per Gesù non è uno spreco, e del resto se quell’olio fosse stato usato per ungere un cadavere non sarebbe stato ritenuto uno spreco nemmeno dalle altre persone.
E evidentemente non è un spreco nemmeno per la donna; non sappiamo se fosse consapevole del significato del suo gesto, se avesse capito davvero (sarebbe stata l’unica!) che Gesù andava a morire, oppure se è stato uno strumento inconsapevole nelle mani di Dio.
Possiamo comunque pensare che aveva capito che quel momento era unico, che quell’incontro era unico e che quello era il momento di dare tutto, di “sprecare” ciò che aveva di più prezioso. Qualcuno paragona questa donna alla vedova che dona le sue poche monete, che sono tutto ciò che ha, per la cassa del tempio. L’una dona poco, l’altra dona molto, ma entrambe donano tutto.
L’idea dello spreco suggerisce però ancora un’altra cosa: la morte di Gesù sulla croce per noi, non è forse stato uno “spreco”? Perché “sprecare” (tra virgolette) una vita andando a morire sulla croce per chi in fondo non lo ha mai capito veramente?
Perché “sprecare” (sempre tra virgolette) così tanto amore per chi non sapeva veramente amare, anzi anche per chi sapeva solo odiare, visto quello che Gesù dirà nel vangelo di Luca: “perdona loro perché non sanno quello che fanno?”.
L’evangelo di oggi ci dice che quando si parla di amore, di perdono, di speranza, non bisogna usare il metro o la bilancia, non si può quantificare né monetizzare. Per questo la critica dei presenti al gesto della donna – di per sé logica e sensata – davanti all’amore di Dio non regge.
La passione e la morte di Gesù, raffigurata nel gesto di questa donna che “spreca” (di nuovo tra virgolette) il suo olio per lui, ci dice che l’amore è vero amore solo quando è “sprecato”, ovvero solo quando è gratuito, solo quando è donato e vissuto senza guardare al contraccambio. L’amore non va quantificato, misurato, non va nemmeno conservato, ma va “sprecato”, versato, o riversato, sugli altri senza misurarlo.

2. C’è poi un secondo aspetto nel gesto che compie questa donna. Dobbiamo ricordarci che nella tradizione di Israele chi viene unto con l’olio sul capo è il re. E chi versa l’olio sul capo del re è il profeta. Se Gesù è il re, il messia che Israele attende e questo gesto rappresenta la sua unzione, allora questa donna è la profetessa che unge il messia d’Israele.
Una donna unge il re d’Israele. Uno scandalo quasi più grande dello spreco dell’olio profumato! Gesù però dice che questa donna ha anticipato l’unzione del suo corpo per la sua sepoltura, che non potrà avvenire dopo la sua morte.
L’unzione dunque significa due cose: è sia il segno del re e del messia, sia il segno che preannuncia la morte; se la donna è consapevole di tutto questo, allora possiamo dire che questa donna è la prima persona nel Vangelo di Marco che capisce che il ministero del messia Gesù è strettamente legato alla sua sofferenza e alla sua morte.
E anche se non lo ha capito, il suo gesto significa che il regnare di Gesù comporta anche il suo soffrire e che il modo in cui Gesù regna lo porterà alla morte. L’ingresso trionfale in Gerusalemme è anche – con una drammatica ironia – l’inizio del cammino verso la croce.
La sofferenza e la morte sono parte integrante del ministero di Gesù, del suo modo di “regnare”. Sono la conseguenza del suo essere Figlio di Dio.
Tutto ciò questa donna lo ha espresso con un gesto; non ha detto nulla, non conosciamo neppure il suo nome. Ma questo suo gesto ha colto il centro della fede, questo gesto è una confessione di fede, che Gesù riconosce come giusta, che Gesù approva. Per questo il suo gesto è degno di essere ricordato per sempre, dovunque si predica l’evangelo, «in memoria di lei».
Perché questo gesto ci dice che il regnare di Gesù implica il suo soffrire, perché Gesù regna solo con la forza dell’amore disarmato e “sprecato”.
Il gesto di questa donna va ricordato perché in esso è in fondo riassunto tutto l’evangelo. Esso ci dice che Gesù regna sì, ma solo per amore e solo con amore; e che questo amore non lo ha conservato gelosamente ma, morendo per noi sulla croce, lo ha “sprecato” per noi.
Che questo pensiero ci accompagni in questa settimana e ci aiuti a vivere il tempo della passione di Gesù e andare verso la Pasqua, che sarà il trionfo dell’amore “sprecato”, che ci dirà che solo l’amore e la misericordia riversati senza misura sono la nostra salvezza e la nostra speranza.


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