domenica 16 agosto 2020

Predicazione di domenica 9 agosto 2020 su Geremia 1,4-10 a cura di Marco Gisola

La parola del Signore mi fu rivolta in questi termini: «Prima che io ti avessi formato nel grembo di tua madre, io ti ho conosciuto; prima che tu uscissi dal suo grembo, io ti ho consacrato e ti ho costituito profeta delle nazioni». Io risposi: «Ahimè, Signore, Dio, io non so parlare, perché non sono che un ragazzo». Ma il Signore mi disse: «Non dire: “Sono un ragazzo”, perché tu andrai da tutti quelli ai quali ti manderò, e dirai tutto quello che io ti comanderò. Non li temere, perché io sono con te per liberarti», dice il Signore. Poi il Signore stese la mano e mi toccò la bocca; e il Signore mi disse: «Ecco, io ho messo le mie parole nella tua bocca. Vedi, io ti stabilisco oggi sulle nazioni e sopra i regni, per sradicare, per demolire, per abbattere, per distruggere, per costruire e per piantare».


Geremia
è un profeta fra quelli più importanti dell’Antico Testamento. È un profeta che opera in un momento difficile e che è andato a dire al popolo d’Israele cose scomode. Potremmo quindi immaginarci una grande personalità, un grande oratore, un uomo forte.

I versetti che abbiamo letto sono spesso chiamati la vocazione di Geremia, ma come avete sentito più che una vocazione sembra una semplice “comunicazione”. Geremia racconta qui come Dio gli abbia appunto comunicato che è stato scelto per un compito molto particolare e importante ma anche difficile, ovvero annunciare al popolo d’Israele il suo imminente esilio in Babilonia.

Siamo negli anni che precedono la sconfitta del Regno di Giuda, la parte meridionale di quello che era stato il regno di Davide. La parte settentrionale era già stata conquistata dagli Assiri cento anni prima, ora il regno di Giuda è pizzicato tra gli Egiziani e i Babilonesi, due superpotenze che insidiano la libertà del piccolo regno di Giuda e della sua capitale Gerusalemme. Vinceranno i Babilonesi e conquisteranno il regno di Giuda, deportandone la popolazione.

In questo contesto, Geremia è mandato a dire che non c’è speranza di resistere ai babilonesi, che essi conquisteranno il paese, che non serve a nulla cercare alleanze, per esempio con l’Egitto, nemico storico dei babilonesi.

E anzi Geremia è mandato a dire che questa disfatta sarà la conseguenza della disobbedienza del popolo alla volontà di Dio. Il popolo ha messo la sua fiducia nei popoli stranieri e nei loro dèi e non nel Dio di Israele.

La personalità di Geremia in questi versetti viene fuori solo un attimo nella obiezione che Geremia oppone a Dio:«Ahimè, Signore, Dio, io non so parlare, perché non sono che un ragazzo». Le uniche parole di Geremia di questi versetti.

Però “Obiezione respinta!” si direbbe nella scena di un processo di un film: a Dio non interessa che Geremia sia un ragazzo e non gli interessa che non sappia parlare; perché in fondo farà tutto lui e Geremia non sarà che uno strumento nelle sue mani. Geremia non può dire di no.

La Parola di Dio si impossessa di lui, anzi, prima ancora che Geremia nascesse, Dio lo aveva già scelto per farlo diventare “profeta delle Nazioni”. Profeta delle Nazioni significa che Geremia non deve rivolgersi soltanto al suo popolo, Israele, ma anche ad altri popoli.

Il soggetto di questo brano infatti non è lui, ma è «la Parola del Signore»; è la Parola del Signore che viene rivolta a Geremia, è la Parola del Signore che determinerà non solo la sua predicazione, ma la sua intera vita, vita appunto di “strumento della Parola”, strumento scomodo che incontrerà molte ostilità e difficoltà (Geremia sarà messo in prigione).

Ostilità e difficoltà perché la parola di cui Geremia è strumento è in questo momento una cattiva notizia: l'esilio, dunque la fine. Ci sarà poi anche il ritorno dall’esilio, dunque la buona notizia, ma intanto Geremia deve annunciare - e il popolo deve ricevere - la cattiva notizia.

Quello che Dio dice accadrà, perché la Parola di Dio è più forte dell'infedeltà di Israele e dei suoi re e delle loro strategie. Quello che Dio dice accadrà, ma non per merito di Geremia, che è solo un ragazzo e non sa parlare.

Dio si serve di chi, di suo, non sarebbe in grado di adempiere il compito che gli viene affidato. Dio stende la mano e tocca la bocca di Geremia e gli dice: «Ecco, io ho messo le mie parole nella tua bocca». La bocca è quella di Geremia, ma le parole sono quelle di Dio.

Dunque, la Parola di Dio è efficace non perché Geremia è bravo, ma – potremmo dire - nonostante Geremia. La parola di Dio è efficace nonostante noi, nonostante chiunque tenti di annunciarla, nonostante la chiesa e le chiese. L’efficacia della Parola non si fonda sulle nostre qualità.

Per questo Dio non accetta l’obiezione di Geremia e non accetta le nostre obiezioni: tu andrai da tutti quelli ai quali ti manderò, e dirai tutto quello che io ti comanderò. Andrai e dirai. Punto. Senza se e senza ma.

Ma insieme all’ordine, c’è la promessa: «Non li temere, perché io sono con te per liberarti». Geremia non deve avere paura, soprattutto non deve avere paura di coloro ai quali è mandato a dire cose scomode e spiacevoli.

Geremia ha buone ragioni per avere paura, perché le persone che dovranno ascoltare le parole di giudizio che Dio lo manda ad annunciare sono i re, i potenti, quelli che infatti avranno il potere di metterlo in prigione perché egli non dica le cose che essi non vogliono sentire e non vogliono che il popolo senta.

Il profeta dovrà dire cose scomode; è successo a molti profeti, è successo per esempio a Natan con il re Davide; è successo a Giovanni il battista, che è stato anche lui imprigionato e poi decapitato dal re Erode. E successo ovviamente a Gesù.

«Io sono con te» è la promessa che Dio fa a Geremia, il quale avrà un compito scomodo e difficile, ma sarà accompagnato dalla promessa di Dio, che lo libererà. Geremia sarà, grazie a Dio e alla sua promessa, un uomo libero, anche quando sarà in prigione sarà un uomo libero, più libero di chi lo ha imprigionato, ed è a sua volta prigioniero delle sue illusioni presuntuose.

Dio manda e accompagna chi dice le sue parole, chi annuncia la sua Parola. Un messaggio molto incoraggiante per chiunque tenti di testimoniare la Parola di Dio, che è efficace, nonostante noi.


L’ultimo versetto che abbiamo letto contiene il compito vero e proprio che Dio dà a Geremia: «io ti stabilisco oggi sulle nazioni e sopra i regni, per sradicare, per demolire, per abbattere, per distruggere, per costruire e per piantare».

Sei verbi definiscono il compito di Geremia, quattro di essi negativi e solo due positivi. È una predicazione in tempo di crisi, non in tempi normali e tranquilli. Stanno per accadere cose che cambieranno la storia di Israele e che la sconvolgeranno.

Sradicare, demolire, abbattere e distruggere lo faranno i babilonesi, quando nell’anno 587 a.C. conquisteranno Gerusalemme e deporteranno i suoi abitanti.

Geremia deve dire che questo accadrà a causa dell’infedeltà del suo popolo.

In questi quattro verbi negativi è prefigurata tutta la drammaticità dell’esilio, mentre nei due verbi positivi si intravvede un po’ di luce, la luce del ritorno e del nuovo inizio che seguirà all’esilio. Cinquant’anni Israele sarà esiliato in Babilonia e quando poi i Persiani sconfiggeranno i Babilonesi, il loro re, Ciro, permetterà agli ebrei di tornare a casa.

Sono quindi verbi molto concreti che si riferiscono a eventi molto concreti, che ci dicono però una cosa: la Parola di Dio non è solo una parola che consola, che coccola, che incoraggia; a volte è una parola che sradica e che demolisce.

Sradica le nostre idolatrie, demolisce i falsi dèi in cui a volte ci rifugiamo, abbatte i nostri pregiudizi, distrugge le nostre umane sicurezze. È come una ruspa che demolisce orrendi edifici abusivi per costruire qualcosa di nuovo.

Geremia – a partire dal racconto della sua cosiddetta chiamata – ci viene a dire che non possiamo avere il vecchio e il nuovo contemporaneamente; se il nuovo deve farsi spazio, il vecchio deve sparire. Se lì dove sorge un palazzo abusivo deve nascere un giardino pubblico, il palazzo va prima abbattuto.

La Parola di Dio fa questo con noi: abbatte ciò che ci separa da Dio e non ci rende liberi. La promessa che Dio fa a Geremia è «io sono con te per liberarti» (e pensiamo – appunto - che Geremia starà anni in prigione…!).

Questo brano di oggi ci vuole ricordare che anche questo è compito della Parola di Dio: demolire tutto ciò che è falso, tutto ciò che ci allontana da Dio (e dal prossimo, possiamo aggiungere).

Essa distrugge tutto ciò che ci dà l’illusione di essere liberi ma in realtà ci imprigiona: preconcetti, pregiudizi, a volte persino idee sbagliate che abbiamo su Dio e sul prossimo.

Distrugge per poi ricostruire, per far tornare anche noi dall’esilio delle nostre illusioni alla terra promessa della sua misericordia e della sua libertà.

Che il Signore continui a operare in mezzo a noi con la sua Parola efficace, con la sua promessa di essere con noi, e continui a demolire le nostre illusioni e a ricostruirci secondo la sua volontà.

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