lunedì 31 agosto 2020

Predicazione di domenica 30 agosto su Giovanni 18,33-38 a cura di Pietro Magliola

Predicazione tenuta in italiano a Biella al culto al mattino e in piemontese al culto pomeridiano a Piedicavallo


Giovanni 18,33-39


33 Pilato dunque rientrò nel pretorio; chiamò Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?» 34 Gesù gli rispose: «Dici questo di tuo, oppure altri te l'hanno detto di me?» 35 Pilato gli rispose: «Sono io forse Giudeo? La tua nazione e i capi dei sacerdoti ti hanno messo nelle mie mani; che cosa hai fatto?» 36 Gesù rispose: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero perché io non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui». 37 Allora Pilato gli disse: «Ma dunque, sei tu re?» Gesù rispose: «Tu lo dici; sono re; io sono nato per questo, e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce». 38 Pilato gli disse: «Che cos'è verità?»



Verità: ciò che è vero, in assoluto o relativamente a determinati fatti.

E’ questa la definizione che viene data dal dizionario Garzanti della lingua italiana.

L’evengelista Giovanni utilizza molte volte, molto più degli altri evangelisti, questa parola, in un’accezione molto diversa dalla definizione che abbiamo appena sentito.

In Giovanni, ci dice il dizionario biblico della Claudiana, la verità occupa un posto importantissimo.

Fin dal prologo, la verità è venuta nel mondo per mezzo di Gesù, il quale è venuto per rendere testimonianza alla verità. Egli stesso è la verità.

Se i discepoli persevereranno nella sua parola, conosceranno la verità, e questa darà loro la libertà, la libertà dal peccato.

Dopo che Gesù sarà tornato al Padre, la verità non cesserà di essere presente con i discepoli, lo spirito di verità sarà con loro in perpetuo.

Giovanni dà quindi una definizione teologica di verità.

Possiamo dire che la verità, per Giovanni, è la relaziona giusta con Gesù e con il Padre.

Il Padre è la verità, e il Figlio è venuto nel mondo per testimoniare della verità.

Non solo. Il Figlio stesso è la verità. Ed essendo la verità proprio come lo è il Padre, è anche la via e la vita; la via per conoscere il Padre, ed avere così la vita eterna.

La verità può essere conosciuta soltanto attraverso il Figlio, non altrimenti. Questa conoscenza deriva dalla parola. Anche qui possiamo intendere in due modi complementari “parola” : la parola predicata, annunciata, trasferita poi nella scrittura, e la Parola, cioè Gesù stesso.

E in questa parola è necessario perseverare, per conoscere la verità. Non si tratta di avere una conoscenza graduale e a tappe, oggi so qualcosa e domani qualcosa di più; conoscere vuol dire avere un rapporto intimo, fermo e costante.

Non si può mantenere la fede senza questo rapporto, magari aspettando o cercando qualche nuova rivelazione o insegnamento, qualche nuova dottrina nascosta.

Gesù Cristo ha rivelato pienamente e definitivamente la verità e lo Spirito, Spirito di verità, “prenderà del mio e ve lo annunzierà”.

L’approfondimento della fede, la ricerca teologica sono certamente cose buone e utili, a patto però, che abbiano come base e fondamento la verità così come rivelata dal Signore.

Perseverando nella fede i discepoli saranno liberi dal peccato, cioè non avranno altri riferimenti per la loro vita al di fuori di Dio, non seguiranno altri idoli, idoli che promettono sempre una maggiore libertà ma che, in effetti, riducono l’uomo in schiavitù.

Gesù ha testimoniato in tutta la sua vita la verità, e non ha mancato di farlo neppure davanti al procuratore romano Ponzio Pilato, quando è dovuto comparire davanti a lui per essere processato. Anche in questo frangente Gesù ha, come abbiamo sentito nel brano della lettera a Timoteo, reso una bella confessione di fede.

Fatte queste premesse, possiamo chiederci: la domanda di Pilato “che cos’è verità?” è veramente, come sostengono alcuni, la domanda fondamentale dell’uomo? E’ veramente la questione dalla quale nessuno può prescindere?

Ho parecchi dubbi in proposito.

Prima di tutto, non credo che esista l’uomo assetato di verità e di infinito, alla perenne ricerca di Dio. Penso che questa generalizzazione, vecchia quanto il mondo e pervenuta a noi tramite l’illuminismo, dapprima, e poi il romanticismo, sia priva di fondamento.

Ritengo che la maggioranza degli esseri umani non si ponga questi problemi, ma sia attenta piuttosto all’oggi, senza farsi tante domande.

In secondo luogo, ritengo che porre la domanda in questi termini rischi di ridurre Gesù a colui che può dare un senso alla nostra vita; non che questo non sia vero, per carità, ma bisogna per l’appunto evitare la “riduzione”: Gesù è molto di più, è colui che rivela il Padre e la sua volontà salvifica, molto di più del puro e semplice senso della vita.

La domanda di Pilato assomiglia di più alla domanda dell’uomo che, pur avendo davanti a sé la verità, non la riconosce, che è scettico sulla possibilità stessa che esista una verità.

Per quest’uomo, sentir parlare di un regno non di questa terra, di un re che non pretende di comandare ma che viene a testimoniare la verità, è un non senso, una perdita di tempo. Non vale nemmeno la pena di stare lì ad ascoltare: Molto più facile liquidarlo e farlo fuori senza troppe preoccupazioni.

Per noi cristiani, che abbiamo avuto la grazia di ricevere la Parola e di perseverare, bene o male, con tutti i nostri difetti e i nostri pregi, in essa, la domanda di Pilato “che cos’è verità?” è semplicemente mal posta.

La verità non è qualcosa, ma qualcuno, e questo qualcuno ha parlato una volta per tutte, e continua a parlarci per mezzo della scrittura e della predicazione della Sua chiesa.

Chiediamo la grazia di continuare a perseverare in questa parola, per giungere alla conoscenza della verità.

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