di Paolo Naso
Mentre in Italia si raccolgono le firme contro la sentenza del tribunale europeo di Strasburgo, contraria all’esposizione del crocifisso nelle scuole pubbliche, l'1 dicembre è entrato in vigore il Trattato di Lisbona sul funzionamento dell’Unione europea. In realtà, almeno in Italia, questa grande novità politica ed istituzionale è passata assolutamente in silenzio, sostanzialmente ignorata dai grandi media, quasi che si trattasse di un passaggio puramente formale di ingegneria istituzionale. Che gli italiani – a partire dalla classe dirigente - si sentano poco europei non è una novità; che anche il mondo della cultura e il sistema della comunicazione di massa abbiano ignorato la rilevanza del Trattato di Lisbona e il suo significato politico dà la misura di un preoccupante provincialismo culturale.
Il Trattato, come noto, è frutto di una faticosissima mediazione e non ha lo status di una vera "costituzione europea" come pure qualcuno aveva sognato. Tuttavia delinea un "patto" tra popoli e governi del vecchio continente e rafforza i poteri dell’Unione su importanti settori delle politiche interne dei singoli stati membro; inoltre, istituendo la figura di un "ministro degli esteri", propone la UE come soggetto politico internazionale animato da una propria visione e strategia politica.
Mentre in Italia si raccolgono le firme contro la sentenza del tribunale europeo di Strasburgo, contraria all’esposizione del crocifisso nelle scuole pubbliche, l'1 dicembre è entrato in vigore il Trattato di Lisbona sul funzionamento dell’Unione europea. In realtà, almeno in Italia, questa grande novità politica ed istituzionale è passata assolutamente in silenzio, sostanzialmente ignorata dai grandi media, quasi che si trattasse di un passaggio puramente formale di ingegneria istituzionale. Che gli italiani – a partire dalla classe dirigente - si sentano poco europei non è una novità; che anche il mondo della cultura e il sistema della comunicazione di massa abbiano ignorato la rilevanza del Trattato di Lisbona e il suo significato politico dà la misura di un preoccupante provincialismo culturale.
Il Trattato, come noto, è frutto di una faticosissima mediazione e non ha lo status di una vera "costituzione europea" come pure qualcuno aveva sognato. Tuttavia delinea un "patto" tra popoli e governi del vecchio continente e rafforza i poteri dell’Unione su importanti settori delle politiche interne dei singoli stati membro; inoltre, istituendo la figura di un "ministro degli esteri", propone la UE come soggetto politico internazionale animato da una propria visione e strategia politica.
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