martedì 4 settembre 2018

Predicazione di domenica 2 settembre 2018 su Matteo 5,1-12 tenuta in piemontese da Massimiliano Zegna presso il Tempio di Piedicavallo


Dall’Evangelo di Matteo capitolo 5 versetti 1-12


Gesù, vedendo le folle, salì sul monte e si mise a sedere. I suoi discepoli si accostarono a lui, ed egli, aperta la bocca, insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono afflitti, perché saranno consolati.
Beati i mansueti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché a loro misericordia sarà fatta.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli.
Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia.
Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi.




Care amiche, Cari amici, Care sorelle, Cari fratelli

Il sermone sul monte è probabilmente uno dei testi più famosi dell’Evangelo di Matteo. E’ il brano delle beatitudini che può essere commentato in modi diversi e per molto tempo si è data una interpretazione che ha fatto anche pensare che il cristianesimo fosse un pretesto per allontanare masse di persone povere per tenerle buone in quanto la ricompensa futura sarebbe avvenuta dopo la morte terrena per chi è tribolato in questo mondo.
L’altra interpretazione in cui come evangelici valdesi ci riconosciamo davvero è che Gesù Cristo si è rivolto alla folla che lo stava ascoltando in Galilea per stimolarli a vivere in modo diverso la propria vita ed anche oggi si sta rivolgendo a tutti noi anche se sono trascorsi duemila anni dal momento in cui queste parole sono state pronunciate.
Nei confronti del Regno che viene non saranno avvantaggiati i ricchi di cose materiali, i potenti, i soddisfatti, i duri, gli audaci, ma i poveri nell’animo, i mansueti, i misericordiosi, i cuori trasparenti e sinceri, i riconciliatori cioè proprio quelle categorie di persone che sono regolarmente perdenti nella lotta per la vita e nella corsa al successo, alla ricchezza, al potere. Orbene proprio costoro si trovano in una condizione di privilegio nei confronti del Regno, il Regno dei cieli che ha il significato della definizione e della comprensione di Dio stesso. E chi crede in Gesù può essere felice perché la felicità giunge da Dio stesso e da Gesù Cristo.
Nel Sermone del monte le parole di Cristo capovolgono quelli che oggi sono considerati i valori importanti per una persona di successo: il successo individuale, la potenza, il denaro ad esempio. E per ottenere questi successi non si disdegna di passare sopra la testa e il corpo di altri uomini per raggiungerlo.
Innanzitutto dobbiamo comprendere bene il significato del termine “beato”: dire che una persona è beata non significa dire che è fortunata, che le va tutto bene. Significa piuttosto dire che ha impostato la vita nella direzione che Dio ha indicato, che vive in un corretto rapporto con Dio, come l’uomo giusto di cui parla il Salmo numero uno.
E voglio leggerlo questo primo Salmo perché mi pare molto significativo: “beato l’uomo che non cammina secondo il consiglio degli empi, che non si ferma nella via dei peccatori; né si siede in compagnia degli schernitori; ma il cui diletto è nella legge del Signore, e su quella legge medita giorno e notte. Egli sarà come un albero piantato vicino a ruscelli, il quale à il suo frutto nella sua stagione, e il cui fogliame non appassisce; e tutto quello che fa, prospererà”.
Quindi, paradossalmente, Gesù chiama beati proprio coloro che non possono essere soddisfatti della situazione che vivono e quindi aspettano con ansia il Regno, tendono verso il Regno di Dio. Gesù loda i poveri non perché siano più buoni o portatori di una missione storica nel mondo ma in quanto vivono in due mondi, il mondo presente e quello futuro. E minaccia quei ricchi che vivono in un mondo soltanto per se stessi.
Beati dunque ha anche questo significato: state sempre in piedi! non arrendetevi!
Noi siamo chiamati a vivere in due realtà, in due dimensioni: la storia e il Regno, il mondo attuale e quello promesso. E tutte e due queste dimensioni le dobbiamo vivere con intensità.
Se Cristo è risorto, come noi crediamo, la sua “politica” è la sola vera ed è la sola via per la quale il mondo può trovare liberazione non illusoria e salvezza da quella distruzione ch’esso si prepara con le proprie mani. La seconda, se Cristo è risorto è solo Lui, il Signore, che ci può condurre in comportamenti coerenti e muoverci nei suoi piani di azione.
E’ importante a questo punto credere nel momento più significativo della fede in Gesù Cristo ossia la sua Resurrezione e quindi sapere che dopo la fase drammatica del tradimento e della crocifissione vi è stata una ripresa della vita i cui effetti durano anche oggi.
E gli stessi insegnamenti sono ancora attuali e riguardano sempre il presente ed il futuro.
Del resto la prova dell’esistenza di Dio non è fornita da elementi concreti che possano sancire come in un documento anagrafico che una persona è presente nel certificato di famiglia.
Io, ad esempio, sono convinto della esistenza del Signore perché vi sono testimonianze di fede che continuano attraverso i secoli. Proprio in questo tempio non molte settimane fra è stata ricordata la figura di Martin Luther King che è stato un formidabile esempio di trasmissione della fede in Cristo e nelle sue beatitudini.
Martin Luther King ha detto una fase che ben riassume che cosa significa non violenza “Non solo devi rifiutare di uccidere un uomo, ma devi anche rifiutare di odiarlo”.
Un altro personaggio che io ho sempre amato e che bene ha trasmesso la fede in Gesù Cristo è stato un cattolico piemontese di cui ho apprezzato il suo modo di intendere il sermone del monte.
Si tratta di Pier Giorgio Frassati nato nel 1901 e morto giovanissimo nel 1925. Ebbene pur essendo di famiglia ricca Pier Giorgio ha voluto aiutare i poveri che vivevano nella sua città Torino. Ma quello che mi ha sempre colpito oltre alla sua fede cristiana molto forte, era il suo dedicarsi anche ad attività politiche nella sua epoca nobilitando il termine politico che vuol dire dedicarsi agli altri nella propria epoca e nel proprio territorio.
Anche questo aspetto dimostra che gli insegnamenti di Gesù Cristo possono essere adottati in ogni epoca. L’importante è sapere che l’insegnamento di amare il prossimo significa anche evitare ogni forma di integralismo e fanatismo anche nel professare la propria confessione religiosa.
Sarebbe veramente paradossale e purtroppo lo è stato sia in passato che in tempi attuali che il nome di Dio sia stato accomunato ad azioni violente.
Beato è una parola semplice e difficile nello stesso tempo. Anche felicità può sembrare facile e difficile. Il piemontese viene in aiuto perché la parola italiana felicità può essere tradotta in piemontese come boneur che letteralmente significa buona ora, ma che può significare una cosa buona adesso e per sempre.
Ecco il punto più stimolante: la felicità viene da Dio. Alla chiamata all’azione per la pace, per la non violenza, per la giustizia risponde una promessa, la promessa del regno dei cieli e della giustizia di Dio. La felicità è speranza in un mondo rinnovato dalla fede e dall’azione. In un certo senso, i beati sono quelli che non si affaticano in vano. Forse adesso non vedono nessun risultato per il loro impegno, o forse vengono addirittura perseguitati per la ricerca della giustizia, ma viene il tempo, anzi si è incarnato in Gesù, in cui Dio la speranza è il filo rosso di queste otto beatitudini.
Che cosa si intende con il termine non violenza? Ovviamente non una teoria della non violenza e neanche una strategia. La non violenza caratterizza la visione e soprattutto l’azione dei credenti nel mondo. I poveri in spirito, i mansueti, gli assetati di giustizia, coloro che si adoperano per la pace, tutti sono animati da un’idea non violenta della società e dei rapporti umani.
Ed è innanzitutto a loro che viene promesso il regno dei cieli, è a loro che vengono annunciate la salvezza e la liberazione.
Nel discorso di Gesù troviamo sia un riconoscimento dell’impegno e dell’azione, sia una promessa e un orizzonte. Ciò che Gesù sottolinea è l’attualità dell’azione non violenta, la sua rilevanza. Oggi, dice Gesù, il vostro impegno non è più vano, non cade nel nulla. Oggi il vostro impegno per un mondo giusto e non violento viene riconosciuto, anzi è il segno della venuta del regno dei cieli. L’azione non violenta rispecchia la giustizia di Dio, l’azione non violenta fa parte del piano di Dio per l’umanità.
Coloro che si adoperano per la pace o sono mansueti nei rapporti con gli altri non solo sono salvati ma contribuiscono a salvare altri e diventano protagonisti di dove si trova la felicità!
Non nel mio piccolo, non nella ricerca personale del mio benessere, ma nei rapporti sociali, economici, politici, familiari, rapporti pacifici e governati da un senso di rispetto e di amore per il prossimo. La felicità non dipende solo da me e non riguarda solo me. La felicità è un bene comune, un’opera a più voci, un intreccio di forze e di doni vari. La nostra società dice spesso: la tua felicità dipende da te, dal tuo lavoro, dalle tue ricchezze, dalle tue scelte. Gesù dice invece: non puoi essere felice da solo, la felicità va vissuta nella messa in pratica dell’amore per il prossimo.
Beati quelli che sono afflitti perché saranno consolati” Mi colpisce questa beatitudine, mi colpisce che proprio il secondo annuncio sulla via della felicità parli di consolazione. Gesù si rivolge a quelli che soffrono, a quelli che fanno cordoglio, come dicono le traduzioni più antiche, Gesù parla alle persone in lutto. In altre parole Gesù parla all’essere umano in quanto uomo o donna ferito, colpito dalla morte.
La felicità è quindi anche consolazione. E’ una parola molto importante in tutto il Nuovo Testamento ma soprattutto è una parola fondamentale nelle nostre vite. La via della felicità
annunciata da Gesù non è solo fatta di impegno e di azione ma anche del dono ultimo e vitale della consolazione.
La consolazione viene da Dio, è l’unica speranza, l’unico filo
al quale è appesa la nostra vita quando tutto vacilla intorno a noi. O meglio: la consolazione è questa forza misteriosa che ci accompagna in silenzio attraverso il deserto della morte, della perdita, dell’assenza.
Non la vediamo, non la sentiamo. E forse, a volte solo anche anni dopo, ci rendiamo conto che qualcosa ci ha portato in salvo nostro malgrado, a nostra insaputa.
La consolazione ridà un senso alla vita dei sopravvissuti e li spinge a diventare a loro volta consolatori.
Ho citato molte parole della pastora Janique Perrin perché mi hanno stimolato per questa parola consolazione che anche per me personalmente ha significato nuova forza. Quando ormai molti anni fa sono stato colpito, come molti di noi e di voi, dal distacco di persone care a causa della morte non mi sono rassegnato ma ho trovato in Dio nuova forza, una nuova ragione per continuare a vivere.
Prima ho elencato persone che mi hanno colpito per la loro fede e la loro battaglia quotidiana per il cambiamento.
A queste voglio aggiungere il nostro Tavo Burat a cui dobbiamo la valorizzazione del culto in piemontese. Con Tavo non ero sempre d’accordo nella sua irruenza e nelle sue esternazioni però ho sempre apprezzato la sua fede profonda e la sua insistenza nel dire che vi è differenza fra fede e religione. La fede è libertà di credere in Dio mentre la religione spesso è un legame che viene concepito per tenere unite le persone in modo conformistico.
Anche il culto in piemontese voleva esprimere in modo semplice e popolare il sentimento di fede anche ribellandosi ad una prescrizione che negava la possibilità di recitare alcune preghiere nella lingua più vicina al proprio territorio.
Oggi per fortuna i tempi sono cambiati e vi sono più momenti per pregare insieme nelle lingue e nei modi più disparati tra cattolici, valdesi e fedeli di altre confessioni religiose.
E di questo sarebbe contento anche Tavo Burat che ha insegnato a credere nel valore dell’amicizia e nel rispetto delle idee e delle proprie convinzioni politiche e religiose senza astio.
Mi fa anche piacere che oggi grazie alle amiche ed agli amici del gruppo strumentale Morzano che accompagna con strumenti musicali usati per la prima volta in questo nostro culto in piemontese.
La musica è una delle manifestazioni di fede che accompagnano le nostre cerimonie religiose ed è un modo per manifestare il nostro amore in Dio e nel prossimo. Negli anni scorsi la musica veniva eseguita dal fratello cattolico Biagio Picciau che ancora ringrazio e che esprimeva il suo ecumenismo attraverso il suono della pianola; oggi vi sono altri strumenti, sassofoni, tromboni, flauti insieme ad altre sorelle, altri fratelli, tutti per lodare il nome di Dio.
Care sorelle, cari fratelli spero di avervi trasmesso una briciola del mio amore per Gesù che per me e per tutti noi rappresenta la forza per vivere con dignità ed entusiasmo.



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